Dalla Corte di Cassazione ancora parole chiare sull'uso della PEC nel processo penale

Luigi Giordano
17 Marzo 2021

L'impedimento del difensore, se legittimo e motivato in coerenza con le indicazioni offerte dalla giurisprudenza di legittimità, costituisce causa di rinvio dell'udienza ove tempestivamente comunicato con qualunque mezzo, ivi inclusa la posta elettronica certificata.
Massima

L'impedimento del difensore, se legittimo e motivato in coerenza con le indicazioni offerte dalla giurisprudenza di legittimità, costituisce causa di rinvio dell'udienza ove tempestivamente comunicato con qualunque mezzo, ivi inclusa la posta elettronica certificata.

Il caso

La Corte di appello di Messina ha confermato la responsabilità dell'imputato per i reati di truffa e tentata estorsione.

Avverso questa sentenza, il difensore ha proposto ricorso per Cassazione, deducendo, tra l'altro, che la Corte di appello non aveva preso in considerazione l'istanza di legittimo impedimento inviata quattordici giorni prima della celebrazione dell'udienza attraverso la posta elettronica certificata. In particolare, è stata lamentata l'omessa motivazione nonostante l'istanza - che era stata regolarmente ricevuta come emergeva dalla ricevuta di consegna - fosse stata stampata ed allegata al fascicolo cartaceo.

La questione

E' ammissibile la presentazione di una richiesta di rinvio per legittimo impedimento a mezzo PEC?

Le soluzioni giuridiche

La Corte di cassazione ha ritenuto fondato il motivo di ricorso illustrato, rilevando che, al fine della presentazione di istanze di legittimo impedimento, l'idoneità di strumenti di comunicazione "atipici", cioè non riconducibili al "deposito in cancelleria" previsto in via generale dall'art. 121 c.p.p. ha trovato diverse conferme nella giurisprudenza di legittimità. In particolare, sono state ritenute ricevibili le istanze trasmesse a mezzo telefax e posta elettronica ordinaria, con la precisazione che tali modalità di trasmissione "atipiche" comportano l'onere, per la parte che intenda dolersi dell'omesso esame dell'istanza, di accertarsi dell'arrivo della comunicazione in cancelleria e della sua tempestiva sottoposizione all'attenzione del giudice (Cass. pen., sez. II, 5 novembre 2013, n. n. 9030; Cass. pen., sez. II, 7 novembre 2014, n. 47427; Cass. pen., sez. V, 16 ottobre 2014, n. 7706; Cass. pen., sez. II, 22 maggio 2015, n. 24515).

Con riguardo specifico all'istanza di rinvio trasmessa a mezzo posta elettronica certificata è stato affermato che, ove il giudice ne abbia notizia, ha l'obbligo di valutare l'impedimento allegato, anche disponendo gli opportuni accertamenti (Cass. pen., sez. VI, 16 ottobre 2018, n. 54427); nello stesso senso si è deciso che le istanze trasmesse con la posta elettronica certificata non sono "irricevibili", ma possono essere prese in considerazione dal giudice se poste alla sua attenzione (Cass. pen., sez. VI, 25 settembre 2019, n. 2951).

Il fondamento delle aperture della giurisprudenza sulla idoneità della trasmissione "telematica" delle istanze di rinvio per legittimo impedimento, secondo la decisione in esame, è stato ravvisato nella valorizzazione della natura preminente della verifica della corretta instaurazione del contraddittorio processuale per mezzo dell'accertamento - anche ex officio - di eventuali impedimenti delle parti necessarie (art. 420-ter, comma 5, c.p.p.).

Alla luce di tali emergenze giurisprudenziali, la Corte ha ritenuto che la interpretazione secondo cui l'utilizzo della posta elettronica certificata non è mai consentito alle parti private debba essere rivista avendo riguardo alle caratteristiche specifiche della "istanza" trasmessa via PEC (si sono espresse per la generale irricevibilità delle istanze inviate via PEC, tra le altre, Cass. pen., sez. I, 20 marzo 2019, n. 26877; Cass. pen., sez. V, 1 ottobre 2018, n. 48911).

“Altro è che ad essere trasmessa via PEC sia una impugnazione, altro che sia trasmessa una comunicazione tra parti private, altro che sia inviata una richiesta di rinvio per legittimo impedimento”.

Più precisamente:

- è incontrastata l'affermazione secondo cui la posta elettronica certificata non può essere utilizzata per la trasmissione in cancelleria delle impugnazioni, che è assistita da un rigido statuto di deposito formale (Cass. pen., sez. V, 5 marzo 2015, n. 24332; Cass. pen., sez. III, 13 aprile 2018, n. 38411). Tali regole formali per la presentazione dell'impugnazione, limitatamente al periodo emergenziale, sono state poi, superate dalla l. 176/2020 che ha espressamente previsto la possibilità di proporre l'impugnazione via PEC;

- si è affermato, aprendo all'uso della PEC per le comunicazioni tra i soggetti processuali coinvolti nell'incidente cautelare, che, ai fini della ammissibilità della richiesta di revoca o di sostituzione del provvedimento applicato nei procedimenti per reati commessi con violenza alla persona, è valida la notifica tramite posta elettronica effettuata, ai sensi dell'art. 299, comma 4-bis, c.p.p., dal difensore dell'imputato a quello della persona offesa, essendo l'utilizzo di tale mezzo giustificato dalle esigenze di celerità della trattazione dell'istanza "de libertate";

- con riguardo al caso di specie, relativo all'invio a mezzo PEC dell'istanza di rinvio per legittimo impedimento, è decisiva la preminente rilevanza della verifica della legittima instaurazione del contraddittorio processuale.

In tale materia, non è prevista una modalità particolare di trasmissione delle istanze di rinvio, sicché può ritenersi operativa la disposizione contenuta dell'art. 121 c.p.p. che prescrive le modalità "tipiche" del deposito in cancelleria.

L'impedimento del difensore, tuttavia, può essere rilevato anche d'ufficio, con la conseguenza che lo stesso può essere tratto da ogni elemento disponibile, comunque lo stesso giunga alla conoscenza del giudice, dunque anche attraverso un atto trasmesso con modalità atipiche, ovvero con la posta elettronica.

Peraltro, mentre il deposito in cancelleria, essendo una modalità di comunicazione "tipica", esonera il richiedente dall'onere di verificare che l'istanza giunga effettivamente a conoscenza del giudice, la richiesta inviata tramite posta elettronica non essendo - allo stato - inquadrabile come comunicazione "atipica", onera il giudice a prenderla in considerazione solo quando la stessa sia portata a sua effettiva conoscenza.

Nel caso in esame, l'istanza di differimento era giunta presso l'indirizzo di posta elettronica della cancelleria quattordici giorni prima dell'udienza della quale si chiedeva, motivatamente, il rinvio ed era stata inserita nel fascicolo e posta all'attenzione del relatore, che ciononostante non la prendeva in considerazione.

Si è verificata perciò una violazione del diritto di difesa inquadrabile nella categoria delle nullità generali a regime intermedio che è stata tempestivamente eccepita con il ricorso per cassazione, essendo l'impedimento riferito all'unica udienza svoltasi in grado di appello.

Per tale ragione, pertanto, la sentenza impugnata va annullata con rinvio alla Corte di appello per un nuovo giudizio.

Osservazioni

1. La sentenza illustrata si segnala per la chiarezza con la quale ha illustrato i limiti entro cui le parti possono utilizzare la PEC nel processo penale per il deposito di istanze o memorie e per la proposizione di impugnazioni (L'art. 16, comma 4, del d.l. 179/2012, invece, come è noto, disciplina l'uso della PEC da parte delle cancellerie per le notificazioni, stabilendo che, nei procedimenti penali, la modalità telematica è riservata alle notificazioni a persona diversa dall'imputato a norma dell'art. 148, comma 2-bis, 149, 150 e 151, comma 2, c.p.p.).

Nella decisione, infatti, è stato precisato, fissando in tal modo una chiara delimitazione, che occorre distinguere tre ipotesi diverse: “Altro è che ad essere trasmessa via pec sia una impugnazione, altro che sia trasmessa una comunicazione tra parti private, altro che sia inviata una richiesta di rinvio per legittimo impedimento”.

2. In relazione all'istanza di impedimento, secondo la Corte, va data continuità all'orientamento secondo cui esso costituisce causa di rinvio dell'udienza qualora tempestivamente comunicato con qualunque mezzo, ivi inclusa la posta elettronica certificata (così, di recente, Cass. pen., sez. I, 17 luglio 2020, n. 21981).

L'argomento decisivo che sorregge tale conclusione è rappresentato dal fatto che l'impedimento del difensore o dell'imputato può essere rilevato anche d'ufficio.

Tale profilo si rivela decisivo perché impone al giudice di valutare l'istanza di rinvio per legittimo impedimento comunque giunga alla sua conoscenza, anche per mezzo di un atto trasmesso con modalità atipiche ovvero con la posta elettronica.

La verifica della corretta instaurazione del contraddittorio processuale per mezzo dell'accertamento - anche ex officio - di eventuali impedimenti delle parti necessarie (art. 420-ter, comma 5, c.p.p.) ha rilievo preminente. Tale accertamento costituisce fondamento delle aperture della giurisprudenza sulla idoneità della trasmissione "telematica" delle istanze di rinvio per legittimo impedimento.

3. L'utilizzo della porta elettronica certificata, tuttavia, non è senza rischi per colui che propone l'istanza per mezzo di tale strumento.

L'invio tramite posta elettronica, costituendo una modalità atipica di inoltro dell'istanza, onera il giudice a prenderla in considerazione solo quando la stessa sia portata a sua effettiva conoscenza.

L'impiego della modalità tipica di deposito dell'istanza prevista dall'art. 121 c.p.p., invece, esonera il richiedente dall'onere di verificare che la stessa giunga effettivamente a conoscenza del giudice.

4. La sentenza, poi, chiarisce che il tema dell'uso della PEC per la presentazione di un'impugnazione è del tutto diverso, perché in tale ambito bisogna rispettare alcune regole processuali che impongono l'uso delle forme previste dall'art. 582 e 583 c.p.p.

L'indirizzo giurisprudenziale assolutamente consolidato, infatti, esclude l'ammissibilità della spedizione di un atto di impugnazione a mezzo PEC, sulla base dei seguenti argomenti:

a) la tassatività delle modalità di presentazione e di spedizione dell'impugnazione, disciplinate dall'art. 583 c.p.p., che permettono, in alternativa alla presentazione in cancelleria ex art. 582 c.p.p., soltanto la possibilità di spedizione dell'atto mediante lettera raccomandata o telegramma;

b) la ratio che ispira l'inderogabilità di tali modalità, che sono funzionali a garantire l'autenticità della provenienza e la ricezione dell'atto;

c) la mancanza di una norma che prevede la trasmissione mediante PEC dell'atto di impugnazione;

d) la previsione dell'art. 16 del d.l. 179/2012, che consente l'utilizzo della PEC nel processo penale alla sola cancelleria e per le sole notificazioni a persone diverse dall'imputato;

e) l'esclusione dell'uso di tale mezzo informatico di trasmissione per la parte privata nel processo penale;

f) la mancata istituzione del fascicolo telematico a causa della quale mancherebbe lo strumento di ricezione – “il contenitore” – dell'atto, che potrebbe ricevere l'atto e renderlo fruibile al giudice ed alle altre parti del processo (su questo punto, si veda Cass. pen., Sez. IV, 23 gennaio 2018, n. 21056, D'Angelo, Rv. 272740; Cass. pen., sez. V, 5 marzo 2020, n. 12949, in CED Cass. n. 279072).

Pertanto, è stato ritenuto inammissibile: il ricorso per cassazione proposto mediante l'uso della posta elettronica certificata (Cass. pen., sez. IV, 27 novembre 2019, n. 52092, in CED Cass. n. 277906; Cass. pen., sez. VI, 5 dicembre 2017, n. 55444; Cass. pen., sez. IV, 30 marzo 2016, n. 18823); il ricorso per cassazione trasmesso a mezzo PEC nel periodo dell'emergenza epidemiologica in difetto di una previsione specifica nell'art. 83, comma 1, del d.l. n. 18 del 2020; l'impugnazione cautelare a mezzo PEC (Cass. pen., sez. III, 13 aprile 2018, n. 38411, in CED Cass. n. 276698); l'opposizione a decreto penale di condanna presentata a mezzo di posta elettronica certificata (Cass. pen., sez. III, 11 luglio 2017, n. 50932). Analogamente, l'inammissibilità è stata pronunciata nel caso di presentazione di motivi nuovi nel giudizio di cassazione a mezzo PEC (Cass. pen., sez. V, 13 dicembre 2017, n. 12347, dep. 2018, in CED Cass. n. 272781; Cass. pen., Sez. I, 15 novembre 2019, n. 2020, dep. 2020, in CED Cass. n. 278163); invio di motivi aggiunti nel giudizio di appello a mezzo PEC (Cass. pen., sez. V, 5 marzo 2020, n. 12949, in CED Cass. n. 279072); opposizione alla richiesta di archiviazione (Cass. pen., sez. IV, 23 gennaio 2018, n. 21056, in CED Cass. n. 272740; Cass. pen., sez. III, 11 luglio 2017, n. 50932, in CED Cass. n. 272095); richiesta di rimessione in termini (Cass. pen., sez. I, 28 gennaio 2015, n. 18235, in CED Cass. n. 263189).

5. Nella decisione è stato rilevato che le regole che il codice prescrive per la presentazione dell'impugnazione non sono state superate neppure durante la pandemia.

È stato ritenuto inammissibile, pertanto, il ricorso per cassazione trasmesso mediante posta elettronica certificata in quanto l'uso di tale mezzo informatico è riservato alle sole comunicazioni degli atti del giudice, né alcuna deroga a tale disposizione è stata introdotta dall'art. 83, comma 11, del d.l. 18/2020, contenente disposizioni per contrastare l'emergenza epidemiologica da Covid-19, conv. nella l. 27/2020, che ha limitato tale possibilità ai soli ricorsi civili (Cass. pen., sez. I, 15 settembre 2020, n. 28540; Cass. pen., n. 28541/2020).

6. Le regole codicistiche sulla presentazione dell'impugnazione sono state ribadite anche dalla normativa emergenziale introdotta con d.l. 137/2020 e, poi, essere superate dalla l. 176/2020 che ha espressamente previsto la possibilità di proporre - limitatamente al periodo emergenziale - la impugnazione via PEC (con riguardo alla normativa emergenziale, cfr. Cass. pen., sez. I, 3 novembre 2020, n. 32566; Cass. pen., sez. I, 15 settembre 2020, n. 28540).

La sentenza ha colto che la disciplina introdotta dalla legge di conversione del d.l. 137/2020potrebbe aprire la strada a modifiche di sistema”, volte, evidentemente, a permettere anche oltre il periodo emergenziale, la presentazione dell'impugnazione a mezzo PEC.

7. Quanto infine all'uso della PEC per le comunicazioni tra i soggetti processuali coinvolti nell'incidente cautelare, la sentenza rileva che, ai fini della ammissibilità della richiesta di revoca o di sostituzione del provvedimento applicato nei procedimenti per reati commessi con violenza alla persona, è valida la notifica tramite posta elettronica effettuata, ai sensi dell'art. 299, comma 4-bis, c.p.p., dal difensore dell'imputato a quello della persona offesa. L'uso di tale mezzo non solo è giustificato dalle esigenze di celerità della trattazione dell'istanza "de libertate", ma soprattutto è privo di incompatibilità sistematiche con le disposizioni del processo penale telematico, in quanto rende effettive le facoltà processuali riconosciute alla parte, senza sacrifici per altri interessi contrastanti (Cass. pen., sez. V, 3 luglio 2020, n. 23127).