Condanna all'Italia per il mancato rispetto del rapporto nonni - nipoti

Sabina Anna Rita Galluzzo
23 Marzo 2021

Il comportamento delle competenti autorità degli Stati membri, che non garantisce la piena realizzazione del diritto attribuito agli ascendenti, viola la Convenzione europea dei diritti umani?
Massima

Lo Stato che non consente ai nonni di esercitare il loro diritto di visita nei confronti dei nipoti viola l'articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo. Gli Stati hanno non solo obblighi negativi di non ingerenza ma anche obblighi positivi attinenti a un effettivo rispetto della vita privata o familiare. Devono in particolare adottare misure idonee a riunire il genitore e il figlio, anche in caso di conflitto tra i due genitori, e lo stesso vale quando si tratta, delle relazioni tra il minore e i nonni. Le autorità hanno pertanto l'obbligo di attivarsi al fine di adottare rapidamente misure concrete e utili volte all'instaurazione di contatti effettivi tra nonni e nipoti, tenendo conto, in particolare, degli interessi superiori del minore.

Il caso

La vicenda riguarda una bambina, di etnia Rom, cresciuta dalla nascita con i nonni ai quali era stata affidata dai genitori, ai sensi dell'art. 9 l. 184/1983. La nonna, nel corso degli anni aveva accumulato diverse condanne per traffico di stupefacenti, resistenza a pubblico ufficiale e traffico di esseri umani. Il raggiungimento dell'età delle scuole dell'obbligo e la mancanza di un documento di identità della bambina hanno portato la situazione all'attenzione dei servizi sociali. Ne sono seguiti controlli dei servizi e vari interventi giurisdizionali. Dopo un primo periodo in cui la piccola era rimasta a vivere con la nonna, pur affidata al comune, è stata nel 2016 collocata in istituto e successivamente dichiarata in stato di abbandono, nel 2018. Durante il periodo in cui la minore è vissuta in istituto la nonna non ha mai potuto incontrarla, nonostante le sue continue richieste e, nonostante gli incontri fossero stati autorizzati dal tribunale. La donna si è altresì opposta alla dichiarazione di adottabilità, instaurando un giudizio, nel corso del quale una perizia aveva accertato la contrarietà all'interesse della bambina dell'interruzione degli incontri. La donna ha proposto allora ricorso alla Corte dei diritti dell'uomo invocando la violazione del diritto al rispetto della vita privata e familiare (art.8) causata dall'allontanamento della bambina e la violazione del divieto di discriminazione (art. 14) in seguito alla stigmatizzazione della famiglia in quanto di etnia Rom.

La questione

La c.d. riforma sulla filiazione (l. 219/2012 ; d.lgs. n. 154/2013) ha espressamente introdotto con l' art. 317-bis c.c., il diritto degli ascendenti a mantenere rapporti con i nipoti. Speculare al diritto del minore di crescere in famiglia e di mantenere rapporti significativi con i parenti, previsto dall'art. 315-bis c.c., è dunque il diritto degli ascendenti a mantenere rapporti con i propri nipoti, diritto azionabile in giudizio, ai sensi dell'art. 336 c.c..

La questione che si pone nel caso in esame è se il comportamento delle competenti autorità che non garantisce la piena realizzazione del diritto attribuito agli ascendenti comporta la violazione da parte dello Stato aderente della Convenzione europea dei diritti umani.

Le soluzioni giuridiche

La Corte, all'unanimità, accoglie il ricorso, in relazione alla violazione dell'art. 8, respingendo invece la domanda relativa all'art. 14. Richiamando i precedenti in materia dichiara che il rapporto tra nonni e nipoti rientra nella tutela di cui all'articolo 8 della convenzione relativa diritto al rispetto della vita privata e familiare. Si applicano pertanto alla specie i principi più volte affermati dalla giurisprudenza CEDU secondo i quali l'art. 8, in particolare, non si limita a prevenire ingerenze arbitrarie dei poteri pubblici nella vita familiare ma impone agli stessi di intraprendere azioni positive e che garantiscano il rispetto effettivo della vita familiare nonché di predisporre strumenti giuridici volti a garantire l'effettività dei diritti degli interessati e in particolare il rapporto con i minori, anche in caso di conflitto tra i genitori.

La corte inoltre ricorda che in una situazione come quella in esame, l'adeguatezza di una misura si giudica sulla base della rapidità della sua realizzazione, il trascorrere del tempo può avere infatti delle conseguenze irrimediabili per quel che riguarda la relazione tra il bambino e il genitore che non vive con lui (in tal senso P.B. c. Francia, 28 febbraio 2006). Si sottolinea altresì che nelle questioni in cui sono in gioco l'affidamento di un minore e le limitazioni al diritto di visita l'interesse dello stesso deve essere tenuto in primaria considerazione.

Punto centrale pertanto, nella specie, è capire se concretamente le autorità nazionali hanno assunto tutte le misure necessarie che si poteva ragionevolmente richiedere da loro per mantenere il legame tra la bambina e la nonna che è stata nella specie per la piccola, come una madre. In proposito la Corte afferma che nonostante la sussistenza di vari provvedimenti giudiziari che stabilivano il diritto di visita, e nonostante le continue richieste della nonna, non era stato organizzato alcun incontro tra la stessa e la bambina, nel periodo in cui la piccola era collocata in istituto.

Lo Stato italiano ha un sistema giuridico adeguato ad adempiere alle obbligazioni derivanti dall'art. 8 della Convenzione, afferma la Corte, nonostante ciò, nella specie, le autorità hanno consentito che si consolidasse una situazione di fatto in contrasto con le decisioni emesse dai tribunali, ignorando gli effetti a lungo termine che potrebbero derivare dalla separazione permanente di un minore dalla persona che se prede cura. In conclusione, la Corte, pur riconoscendo la difficoltà della situazione, riscontra la violazione, da parte dello Stato italiano del diritto della ricorrente al rispetto della sua vita familiare tutelato dall'art. 8 della convenzione europea.

Non sussiste invece, si afferma nella sentenza, violazione dell'art. 14 relativo al divieto di discriminazione. Non è stato infatti provato, si sostiene, che le misure di allontanamento erano state assunte sulla base dell'appartenenza all'etnia rom delle persone coinvolte. L'allontanamento della ragazza infatti era stato piuttosto motivato dalle perizie che avevano dimostrato l'inadeguatezza della donna ad occuparsi di un minore e dall'ambiente criminale in cui la bambina era cresciuta.

Il rapporto nonni nipoti è stato già varie volte al centro dell'attenzione della giurisprudenza europea. In particolare in varie occasioni la Corte europea dei diritti dell'uomo ha sottolineato l'importanza di tutelare tale rapporto. Il significativo legame affettivo instauratosi tra ascendente e nipote rientra, si afferma, nella “vita familiare” tutelata dall'art. 8 Cedu, anche quando non c'è coabitazione.

In particolare in una vicenda che coinvolgeva, come nella specie, l'Italia la Corte europea dei diritti dell'uomo ha affermato che il diritto alla frequentazione tra i minori e gli ascendenti deve essere garantito a entrambe le parti e realizzato assicurando contatti frequenti. Gli Stati pertanto sono tenuti a predisporre misure positive e a rendere effettivi i provvedimenti che assicurano i rapporti in esame, agendo con rapidità nell'attuazione degli strumenti individuati. Come molteplici volte affermato dalla giurisprudenza CEDU infatti il decorrere del tempo può avere conseguenze irrimediabili nei rapporti familiari, sia a carico dei nipoti che dei nonni (CEDU, 20/01/ 2015, M. e No. C. Italia ric. 107/10).

Si sostiene altresì che le decisioni con cui viene limitato il diritto di visita, degli ascendenti come dei genitori, rappresentano un'interferenza con il diritto al rispetto della vita familiare, ex art. 8 Cedu, laddove venga oltrepassato il margine di apprezzamento riconosciuto in materia di affidamento. Al fine di tutelare il diritto alle relazioni familiari, va esercitato pertanto il massimo controllo su restrizioni aggiuntive in tema di garanzie giuridiche riconosciute dall'ordinamento e il giudice non può basarsi su semplici sospetti per limitare il diritto di visita (CEDU, 9 febbraio 2017, S. c. Italia, ric. 76171/2013). La Corte inoltre rammenta che, secondo i principi elaborati in questa materia, le misure che portano ad una rottura dei legami tra un minore e la sua famiglia possono essere applicate solo in circostanze eccezionali (CEDU, 7 dicembre 2017, B. e R. c. Italia, ric. 63190/16). Addirittura la Corte EDU ha riscontrato la violazione dell'art. 8 nel comportamento di quel Paese membro che non ha garantito la prosecuzione del rapporto tra nonni e nipote pur in presenza di un'adozione del piccolo da parte di un'altra famiglia e dunque della rescissione dei legami familiari d'origine (CEDU 05marzo 2019, B. c. Russia, ric. n. 38201/16).

Anche la Corte di Giustizia europea è intervenuta in materia stabilendo che la nozione di “diritto di visita” prevista nel regolamento n. 2201/2003 relativo alla competenza, al riconoscimento e all'esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e sulla responsabilità genitoriale deve essere interpretata nel senso di includere tra i beneficiari del diritto non solo coloro che esercitano la responsabilità genitoriale, ma anche i nonni (C.d.G. 31 maggio 2018, n. C-335/17).

Osservazioni

Il richiamo alla Convenzione europea dei diritti umani a tutela del rapporto nonni nipoti è presente anche nella giurisprudenza italiana. In particolare un recente intervento della Cassazione ha sostenuto che ciascuno degli ascendenti è titolare di un proprio diritto a mantenere rapporti significativi con i nipoti minorenni, come previsto dall'art. 317-bis c.c. Tale diritto, si specifica, coerentemente con l'interpretazione dell'articolo 8 Cedu fornita dalla Corte europea dei diritti dell'uomo, non ha un carattere incondizionato, ma il suo esercizio è subordinato ad una valutazione del giudice avente di mira “l'esclusivo interesse del minore”. La sussistenza di tale interesse, nel caso in cui i genitori dei minori contestino il diritto dei nonni a mantenere tali rapporti, è configurabile quando il coinvolgimento degli ascendenti si sostanzi in una fruttuosa cooperazione con i genitori per l'adempimento dei loro obblighi educativi, in modo tale da contribuire alla realizzazione di un progetto educativo e formativo volto ad assicurare un sano ed equilibrato sviluppo della personalità del minore (Cass. 9144/ 2020). Il diritto dei nonni a costruire e mantenere rapporti significativi con i nipoti, secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale, è un diritto soggettivo autonomo, ma è recessivo nei confronti del superiore interesse del minore, che deve essere considerato preminente in ogni atto relativo allo stesso, come stabilito dall'art. 24 della Carta di Nizza. Si tratta pertanto affermano i giudici, di un diritto pieno esclusivamente nei confronti dei terzi, mentre costituisce una posizione soggettiva recessiva di fronte al preminente interesse dei minori che è, in ogni caso, destinato a prevalere, laddove la frequentazione con i nonni non si esplichi in funzione di una loro crescita serena ed equilibrata, ma si traduca, al contrario, in una ragione di turbamento e di disequilibrio affettivo. (Cass. 19779/2018; Cass.15238/2018).

Andando oltre la Cassazione ha in varie occasioni specificato che il diritto degli ascendenti, azionabile anche in giudizio, di instaurare e mantenere rapporti significativi con i nipoti minorenni, non va riconosciuto ai soli soggetti legati al minore da un rapporto di parentela in linea retta ascendente, ma anche ad ogni altra persona che affianchi il nonno biologico del minore (c.d. nonno sociale), sia esso il coniuge o il convivente di fatto, e che si sia dimostrato idoneo ad instaurare con il minore medesimo una relazione affettiva stabile, dalla quale quest'ultimo possa trarre un beneficio sul piano della sua formazione e del suo equilibrio psico-fisico (Cass. 9144/ 2020; Cass.19780/ 2018). Si attribuisce così, come fa notare autorevole dottrina, un'accezione ampia al concetto di famiglia, in relazione al quale la “Corte EDU non opera, tuttavia, alcuna distinzione tra legami di sangue e rapporti “sociali”, purché connotati da una stabile relazione affettiva tra l'adulto ed il minore” (Dosi, Nonni, Lessico di diritto di famiglia, 2018).