Rimessa alle SS.UU. la questione sulla natura della cartella ex art. 36-bis
23 Aprile 2021
Massima
Pur aderendosi all'orientamento interpretativo secondo cui, in caso di cartella di pagamento emessa a seguito di controllo automatizzato, l'atto non rappresenta la mera richiesta di pagamento di una somma definita con precedenti atti di accertamento, autonomamente impugnabili e non impugnati, ma riveste anche natura di atto impositivo, appare opportuno l'intervento delle Sezioni Unite che ponga fine al perdurante contrasto giurisprudenziale registratosi in merito alla natura della cartella ex art. 36-bis d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600. Il caso
L'Agenzia delle Entrate impugna la sentenza resa dalla Commissione tributaria regionale della Campania, con la quale è stato rigettato l'appello dell'Ufficio contro la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Napoli aveva accolto il ricorso della società L.P.A. Import Export s.r.I., contro la cartella di pagamento con cui l'Ufficio, a seguito di controllo automatizzato, ex art. 36-bis d.P.R. 29/09/1973 n. 600, del modello Unico 2007, recuperava sanzioni ed interessi per tardivo versamento di Ires ed Irap relativi per l'anno 2006.
Nelle more del giudizio la società ha presentato istanza per la sospensione del processo ai sensi dell'art. 6, comma 10, del d.l. 23 ottobre 2018, n. 119, conv. in L. 17 dicembre 2018, n. 136. 5. In data 17/07/2020 l'Agenzia delle entrate comunica, via pec, alla società contribuente il diniego dell'istanza di condono ritenendo trattarsi di lite non condonabile perché avente ad oggetto sanzioni per ritardato versamento delle imposte indicate in dichiarazione irrogate a norma dell'art. 13 d.lgs. 18 dicembre 1997 n. 471. Con atto del 07/09/2020, la difesa della società contribuente ha impugnato l'atto di diniego chiedendone l'annullamento con estinzione della lite. L'Agenzia delle entrate ha denegato l'istanza di definizione agevolata ritenendo che, in linea generale, l'articolo 6 del d.l. 119/2018, rimasto invariato in sede di conversione nella I. n. 136 del 2018, limita la definizione agevolata alle controversie inerenti agli "atti impositivi" escludendo quelle aventi ad oggetto agli atti di mera riscossione, quali ruoli, cartelle di pagamento e avvisi di liquidazione; nello specifico, trattandosi di giudizio concernente cartella di pagamento ex art. 36-bis d.P.R. n. 600 del 1973 e 54-bis d.P.R. n. 633/1972, relativa all'Unico 2007, riguardante unicamente le sanzioni per omesso o ritardato versamento delle imposte indicate in dichiarazione, irrogate a norma dell'articolo 13 d.lgs. n. 471/1997, la fattispecie andrebbe esclusa dall'ambito di applicazione dell'art.6 d.l. cit. Avverso tale diniego, la società L.P.A. Import Export s.r.I., ha proposto ricorso affidandosi a due motivi. In particolare, con il primo motivo denuncia la violazione e la falsa applicazione dell'art. 6 del d.l. n. 119/2018, deducendo che trattandosi di cartella avente funzione novativa (l'iscrizione a ruolo costituisce titolo per poter percepire la somma intimata e quindi l'atto in cui si afferma la pretesa impositiva) e non riproduttiva (l'iscrizione a ruolo rappresenta un titolo che già è venuto ad esistenza, con funzione meramente liquidatoria), essa non può essere esclusa dall'ambito di applicazione dell'art. 6 d.l. cit.; assume la società ricorrente che la cartella in oggetto è espressione della pretesa impositiva in quanto la lite pendente ha ad oggetto l'esistenza o meno del diritto di proroga del termine per l'approvazione del bilancio, ossia la spettanza di quel diritto vantato dal contribuente, rispetto al quale l'amministrazione ha ipotizzato, per la prima volta, un illecito fiscale a carico della società per tardivo versamento delle imposte, irrogando le relative sanzioni (somme iscritte a ruolo). La questione
La questione sottoposta alla Corte è se l'impugnazione della cartella di pagamento scaturente dal cd. controllo automatizzato ex art. 36-bis d.P.R. n. 600/1973, con cui l'Amministrazione liquida le imposte calcolate sui dati forniti dallo stesso contribuente, dia origine oppure no ad una controversia definibile in forma agevolata, ai sensi dell'art. 6 del d.l. 119/2018, convertito in l. n. 136/2018, e, prima ancora, se la cartella emessa ai sensi del citato art. 36 bis abbia o meno natura impositiva. La soluzione giuridica
Sulla questione se la cartella di pagamento scaturente dal cd. controllo automatizzato rientri o meno nella nozione di “atto impositivo” si registrano tre orientamenti tra loro contrastanti. Secondo un primo orientamento, l'atto non rappresenta la mera richiesta di pagamento di una somma definita con precedenti atti di accertamento, autonomamente impugnabili e non impugnati, ma «riveste anche natura di atto impositivo, trattandosi del primo ed unico atto con cui la pretesa fiscale è stata esercitata nei confronti del dichiarante, con conseguente sua impugnabilità, ai sensi dell'art. 19 del d.lgs. n. 546 del 1992, anche per contestare il merito della pretesa impositiva» (cfr., ex multis, Cass., 25 gennaio 2016, n. 1295 e Cass., 22 gennaio 2014, n. 1263). Un secondo orientamento afferma che non può essere considerato atto impositivo la cartella di pagamento, formata ai sensi dell'art. 36-bis d.P.R. n. 600 del 1973, in quanto è atto che deriva, per quanto attiene ai versamenti, da una mera liquidazione dei tributi già esposti dal contribuente in dichiarazione e, per quanto attiene alle sanzioni, da un riscontro meramente formale dell'omissione «senza alcuna autonomia e discrezionalità da parte dell'Amministrazione» (cfr., ex multis, Cass., 2 novembre 2018, n. 14344; Cass., 15 gennaio 2016 n. 548). Un terzo orientamento, che si pone come mediano rispetto agli altri due delineati innanzi, ritiene che la controversia è condonabile sempre che la cartella costituisca primo atto impositivo e vi sia controversia effettiva, e non apparente, sulla legittimità, sotto qualsiasi profilo della pretesa medesima, tranne che su aspetti relativi a meri errori di calcolo (cfr., ex multis, Cass., 29 novembre 2017, n. 28611; Cass., 27 febbraio 2017, n. 4967). Nonostante la diversa posizione “monolitica” dell'Agenzia delle Entrate, che esclude la natura impositiva delle cartelle, il Collegio ritiene di condividere il primo orientamento alla luce non tanto della stretta interpretazione delle norme agevolative in parola, quanto invece della aleatorietà degli altri orientamenti che si basano su una valutazione in concreto "caso per caso" del "contenuto" della cartella ex art. 36-bis, e/o delle "contestazioni" svolte, "caso per caso", dal contribuente in sede di opposizione, in contrasto per ciò stesso con la finalità del condono stesso già rappresentata (più celere definizione delle controversie tributarie e riduzione dell'arretrato), oltre che (ex artt. 3 e 97 Cost.) con i principi di buon andamento e imparzialità dell'azione amministrativa e di pari trattamento per il contribuente. Tuttavia, l'adesione al primo orientamento interpretativo non esime il Collegio dall'invocare un intervento delle Sezioni Unite che ponga fine al perdurante contrasto sezionale come sopra rappresentato. Osservazioni
L'attività di controllo della dichiarazione presentata dal contribuente è disciplinata, per quanto riguarda le imposte sui redditi, dagli artt. 31 ss. del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600.
Con il d.lgs. 9 luglio 1997, n. 241, emanato in attuazione della delega contenuta nell'art. 3, comma 134, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, sono state apportate considerevoli modifiche al sistema di gestione delle dichiarazioni. In particolare sono stati riformulati gli artt. 36-bis e 36-ter del d.P.R. n. 600/1973. La nuova disciplina si applica alle dichiarazioni presentate a decorrere dal 1° gennaio 1999 (art. 16 del d.lgs. n. 241/1997). I diversi livelli di controllo previsti dalla normativa sulle dichiarazioni presentate dai contribuenti possono schematicamente individuarsi in:
Il primo livello di controllo della dichiarazione ad opera dell'Amministrazione finanziaria è rappresentato dal controllo automatizzato dell'art. 36-bis del d.P.R. n. 600/1973, eseguito in maniera generalizzata su tutte le dichiarazioni presentate. La norma prevede specificamente che la liquidazione di imposte, contributi e premi dovuti, nonché dei rimborsi spettanti in base alle dichiarazioni presentate dai contribuenti e dai sostituti d'imposta, sia effettuata con procedure automatizzate entro l'inizio del periodo di presentazione delle dichiarazioni relative all'anno successivo.
«Sulla base dei dati e degli elementi direttamente desumibili dalle dichiarazioni presentate e di quelli in possesso dell'anagrafe tributaria, l'Amministrazione finanziaria provvede a: a) correggere gli errori materiali e di calcolo commessi dai contribuenti nella determinazione degli imponibili, delle imposte, dei contributi e dei premi; b) correggere gli errori materiali commessi dai contribuenti nel riporto delle eccedenze delle imposte, dei contributi e dei premi risultanti dalle precedenti dichiarazioni; c) ridurre le detrazioni d'imposta indicate in misura superiore a quella prevista dalla legge, ovvero non spettanti sulla base dei dati risultanti dalle dichiarazioni; d) ridurre le deduzioni dal reddito esposte in misura superiore a quella prevista dalla legge; e) ridurre i crediti d'imposta esposti in misura superiore a quella prevista dalla legge, ovvero non spettanti sulla base dei dati risultanti dalle dichiarazione; f) controllare la rispondenza con la dichiarazione e la tempestività dei versamenti delle imposte, dei contributi e dei premi dovuti a titolo di acconto e di saldo e delle ritenute alla fonte operate in qualità di sostituto d'imposta.».
Come si nota dalla lettera della legge, si tratta di un controllo di tipo contabile, che mira a verificare la correttezza dei calcoli fatti dal contribuente, sia in senso di presenza di eventuali errori materiali, sia di corrispondenza fra le deduzioni e le detrazioni esposte in dichiarazione con quelle spettanti per norma. La legge non entra nel merito della sussistenza effettiva del diritto in capo al contribuente. L'ultimo comma dell'art. 36-bis, infatti, conclude che «i dati contabili risultanti dalla liquidazione prevista nel presente articolo si considerano, a tutti gli effetti, come dichiarati dal contribuente e dal sostituto d'imposta». Il controllo ex art. 36-bis assicura, dunque, la quadratura contabile del risultato esposto in dichiarazione dal contribuente con il risultato che l'Amministrazione (ri)calcola sulla base dell'esame dei dati presenti nella dichiarazione medesima.
Le comunicazioni da inoltrarsi al contribuente nell'ambito del controllo cartolare automatizzato hanno la triplice finalità di «evitare la reiterazione di errori», «consentire la regolarizzazione degli aspetti formali e la comunicazione all'Amministrazione finanziaria di eventuali dati ed elementi non considerati nella liquidazione». L'apprezzabile scopo della valorizzazione del contraddittorio tra Amministrazione finanziaria e contribuente, mediante anticipazione dell'instaurazione alla fase istruttoria pre-contenziosa, informa anche le comunicazioni previste in sede di controllo formale delle dichiarazioni. Non viene chiarito, peraltro, se l'invio delle comunicazioni costituisca un obbligo o una mera facoltà per gli Uffici. Nell'assenza di un'espressa previsione normativa, tuttavia, è arduo ritenere che l'omesso invio delle comunicazioni possa pregiudicare la ritualità dell'iscrizione diretta a ruolo eventualmente conseguente all'effettuato controllo. Con specifico riferimento ai controlli automatici, è disposto che «l'esito della liquidazione è comunicato al contribuente o al sostituto d'imposta per evitare la reiterazione di errori e per consentire la regolarizzazione degli aspetti formali e la comunicazione all'Amministrazione finanziaria di eventuali dati ed elementi non considerati nella liquidazione». La circolare ministeriale in esame chiarisce, inoltre, che «l'invio della comunicazione, oltre a quanto esplicitato nella norma, ha lo scopo di instaurare un rapporto più diretto e trasparente con il contribuente, di ridurre il contenzioso evitando le iscrizioni a ruolo ed i conseguenti ricorsi e di sanare le eventuali incongruenze ininfluenti ai fini della dichiarazione».
La ratio dell'espressa previsione delle comunicazioni, dunque, è triplice. Innanzitutto, le comunicazioni sono funzionalmente dirette a prevenire il ripetersi di errori da parte del contribuente o del sostituto d'imposta, in sede di compilazione delle dichiarazioni relative al successivo periodo d'imposta. Lo scopo perseguito dal legislatore, dunque, finirebbe per essere inevitabilmente frustrato, qualora gli Uffici finanziari non provvedessero alle prescritte comunicazioni entro il termine legislativamente sancito, ovvero «entro l'inizio del periodo di presentazione delle dichiarazioni relative all'anno successivo».
In secondo luogo, le comunicazioni sono finalizzate a consentire la regolarizzazione «degli aspetti formali», evitando, con riguardo alle «eventuali incongruenze ininfluenti ai fini della liquidazione», il ricorso al c.d. ravvedimento operoso, implicante l'applicazione di sanzioni, viceversa irrogabili, come chiarito nella citata circolare ministeriale n. 100/E del 2000, «sulle somme che, a seguito della liquidazione automatizzata, risultano dovute e non versate o versate in ritardo». Le comunicazioni sono dirette, infine, all'auspicata instaurazione del contraddittorio con il contribuente nella fase istruttoria pre-contenziosa, al fine di evitare iscrizioni dirette a ruolo illegittime, contestabili attraverso l'impugnazione in sede giudiziale della cartella di pagamento: è evidente, dunque, il perseguimento della finalità di deflazione del contenzioso. In dottrina si è molto discusso in merito alla natura giuridica dell'attività di controllo cartolare ex art. 36-bis, d.P.R. n. 600/1973, essendo controversa la sua riconducibilità o meno nell'area dell'attività di accertamento.
Difatti, secondo parte della dottrina (F. Tesauro, Istituzioni di diritto tributario. Parte generale, cit., 183; A. Fantozzi, Gli schemi teorici di attuazione del tributo, in A. Fantozzi (a cura di), Diritto tributario, Torino, 2013, 405; I. Manzoni, Potere di accertamento e tutela del contribuente, Milano, 1993, 84. Si veda anche E. De Mita, Crisi dell'accertamento, in Rass. trib., 1986, 348, secondo il quale l'attività di «controllo cartolare») l'attività di controllo cartolare in esame avrebbe natura di mera liquidazione del tributo, rimanendo, quindi, estranea all'area dell'attività di accertamento propriamente intesa (caratterizzata dal compimento di «attività valutative»). In tal senso, è stato affermato che l'attività di liquidazione delle imposte dovute in base alle dichiarazioni, così come anche l'attività di controllo formale ex art. 36- ter, d.P.R. n. 600/1973, rappresentano «attività distinte sia da quella di accertamento (che sfocia nella emissione di un avviso di accertamento), sia da quella di riscossione (che si realizza con l'iscrizione a ruolo). Tali attività, in sintesi, sono dirette alla determinazione del debito d'imposta derivante dal reddito dichiarato. E se da esse non segue l'esatto adempimento da parte del contribuente, l'amministrazione provvede (entro un termine più ampio) ad iscrivere a ruolo le somme dovute». Ed ancora, altra parte della dottrina, seppure in termini non sempre perfettamente coincidenti, si è invece, espressa nel senso della sostanziale riconducibilità dell'attività di controllo cartolare ex art. 36-bis, d.P .R. n. 600/1973 (così come - a maggior ragione - di quellaex art. 36-ter, d.P.R. n. 600/1973 ) nell'area dell'attività di accertamento (Sulla natura accertativa di entrambe le tipologie di attività di controllo cartolare - quellaex art. 36- bis , d.P.R. n. 600/1973 e quellaex art. 36- ter , d.P.R n. 600/1973 - si vedano, tra gli altri, S. La Rosa, Principi di diritto tributario, cit., 345; P. Russo - G. Fransoni - L. Castaldi, Istituzioni di diritto tributario, cit., 144; G. Falsitta , Manuale di diritto tributario. Parte generale, cit., 400; C. Glendi, Accertamento e processo, in Boll. trib., 1986, 771).
Diversamente, secondo altra parte della dottrina (A. Carinci, La riscossione del tributo a mezzo ruolo nell'attuazione del tributo, Pisa, 2008, 180 ss.) la natura dell'attività di controllo cartolare in esame andrebbe individuata in ragione del diverso oggetto di tale attività, nel senso che a quest'ultima andrebbe riconosciuta natura esattiva ogniqualvolta si risolva in un mero controllo della corrispondenza tra quanto dichiarato e l'esattezza e la tempestività dei relativi versamenti, mentre alla stessa andrebbe riconosciuta natura accertativa ogniqualvolta finisca per determinare un risultato diverso rispetto ai dati dichiarati dal contribuente. In tal senso, ad esempio, è stato sottolineato come «ferma restando la specificità e la limitatezza di questa attività, in essa sembra esprimersi talvolta un potere di imposizione: al di là degli errori materiali e di calcolo, a fronte dei quali la dichiarazione viene corretta per ricostruire il suo effettivo contenuto, l'inammissibilità di deduzioni o detrazioni per mancanza di requisiti formali, per estraneità alle ipotesi di legge o per superamento dei limiti in cui sono consentite, comporta comunque una determinazione diversa, per ragioni di diritto, da quella fornita dal contribuente» (In questi termini G. Falsitta, Manuale di diritto tributario. Parte generale, cit., 400;).
Secondo altra parte della dottrina, entrambe le tipologie di controllo cartolare (quella ex art. 36- bis, d.P.R. n. 600/1973 e quella ex art. 36- ter, d.P.R. n. 600/1973) appartengono all'area dell'attività di accertamento, distinguendosi dall'attività di accertamento «generale» solo in ragione della diversa natura e intensità dell'attività istruttoria da cui deriva la rettifica (P. Russo - G. Fransoni - L. Castaldi, Istituzioni di diritto tributario, cit., 144, secondo cui «allo stato, l'attività di accertamento non è più collegabile in modo esclusivo ad un atto specifico (l'avviso di accertamento). Detta attività va piuttosto esaminata nell'ottica di procedure differenziate, che possono sfociare in atti tipologicamente diversi in ragione dell'oggetto del controllo, che, nelle procedure di cui agli artt. 36-bis e 36- ter, riguarda l'attività di autoliquidazione del tributo operata dal contribuente nella propria dichiarazione». In particolare, è stato osservato come la chiave di volta vada individuata non nell'oggetto della rettifica in sé, ma nel carattere dell'istruttoria del quale l'oggetto della rettifica finisce con il rappresentare solo un riflesso. Al decrescere del carattere "limitato" dell'istruttoria (secondo parametri normativamente predeterminati) - cioè man mano che si passa da una rettifica fondata sulla correzione infratestuale della dichiarazione, a quella dipendente da conoscenze acquisite dalla anagrafe tributaria ovvero ancora da più complesse elaborazioni di conoscenze effettuate con carattere di generalità - aumenta la tendenziale stabilità dell'accertamento (anche in termini di "pregiudizio" all'ulteriore attività accertatrice), risultano più estesi i termini per l'accertamento, si ampliano le possibilità di definizione concordata, si rafforzano le garanzie procedurali per quanto attiene all'irrogazione delle sanzioni e così via» (G. Fransoni, op. ult. cit., 605. Peraltro, proprio con riferimento al «tipo» di attività istruttoria svolta dagli Uffici in sede di controllo cartolare ex art. 36- bis, d.P.R. n. 600/1973, è stato osservato da altra autorevole dottrina come la vera differenza tra «liquidazione in base al dichiarato» e «accertamento in rettifica» vada ravvisata non tanto nella presenza o meno dell'attività istruttoria, quanto, soprattutto, nell'oggetto della stessa, poiché nel primo caso «le valutazioni da compiere attengono esclusivamente al dato formale» della dichiarazione in sé considerata, mentre nel secondo caso le valutazioni da compiere «prevedono un confronto tra i dati dichiarati e le realtà storiche degli elementi fattuali presupposto della dichiarazione», (confronto) che presuppone lo svolgimento di un'attività (istruttoria) di ricostruzione e valutazione di elementi esterni alla dichiarazione attraverso lo svolgimento «di più ampie attività conoscitive» (M. Basilavecchia, La liquidazione dell'imposta dovuta in base al dichiarato nella valutazione della Corte costituzionale, cit., 563.).
Ciò spiegherebbe anche il perché nei casi di controllo cartolare delle dichiarazioni (non solo quelli ex art. 36-bis, d.P.R. n. 600/1973, ma anche quelli ex art. 36-ter, d.P.R. n. 600/1973) la sanzione amministrativa comminata non è quella (più onerosa) prevista per le ipotesi di infedele dichiarazione, bensì quella (meno onerosa) di omesso o insufficiente versamento. Difatti, tale trattamento sanzionatorio «più favorevole» trova la propria giustificazione in quanto in questi casi la maggiore imposta dovuta («accertata») viene determinata sulla base di dati ed elementi che lo stesso contribuente ha messo a disposizione dell'Ufficio (mancando, dunque, i presupposti per configurare un'«infedeltà» della dichiarazione). |