L’assicurazione contro gli infortuni mortali rientra nell’assicurazione danni o nell’assicurazione sulla vita?
27 Aprile 2021
Massima
L'assicurazione contro gli infortuni mortali rientra nell'assicurazione sulla vita e non in quella contro i danni.
All'assicurazione contro gli infortuni mortali non si applica il principio indennitario in base al quale l'assicurato non può locupletare dall'adempimento dell'obbligazione indennitaria dell'impresa di assicurazione, anche nell'ipotesi in cui avesse pattuito un massimale più elevato, un risultato che lo ponga in una situazione patrimoniale più vantaggiosa di quella in cui versava precedentemente alla verificazione dell'evento-rischio.
Nel caso di assicurazione contro gli infortuni mortali l'indennità si cumula con il risarcimento perché si è di fronte ad una forma di risparmio posta in essere dall'assicurato che sopporta l'onere dei premi mentre l'indennità, vera e propria contropartita di quei premi, svolge una funzione diversa da quella risarcitoria ed è corrisposta per un interesse che non è quello di beneficiare il danneggiante. Il caso
Un elicottero, durante una missione di soccorso in montagna, precipita e provoca, tra l'altro, la morte del medico-trasportato. Questi era soggetto assicurato in virtù di una polizza assicurativa cumulativa infortuni per il caso di morte stipulata dal vettore aereo per conto di chi spetta, ex art. 1891 c.c., con impresa di assicurazione italiana a favore del personale navigante e delle persone trasportate sugli aeromobili dello stesso vettore ed a beneficio degli eventuali eredi avente massimale di € 1.113.500,00.
Il figlio ed erede del de cuius (e da qui in poi, per brevità, beneficiario), in sede stragiudiziale, raggiunge un accordo transattivo con l'impresa di assicurazione straniera della R.C. del vettore aereo e:
Il beneficiario, successivamente, richiede ed ottiene dal Tribunale di Belluno decreto ingiuntivo nei confronti dell'impresa di assicurazione italiana per il pagamento del massimale previsto dalla polizza cumulativa infortuni per il caso di morte. L'impresa di assicurazione italiana propone opposizione avverso tale decreto ingiuntivo che viene rigettata dal Tribunale.
La Corte di Appello di Venezia, adita dall'impresa di assicurazione italiana, accoglie parzialmente l'appello e:
Il beneficiario propone ricorso per cassazione avverso tale pronuncia affidato a cinque motivi. Il beneficiario, per quello che qui rileva, con il terzo motivo lamenta l'errore compiuto dalla Corte territoriale nella parte in cui ha ritenuto sussistere il diritto di surrogazione in favore dell'impresa di assicurazione italiana in quanto, così facendo, ha erroneamente applicato al contratto di assicurazione contro gli infortuni anche mortali la diversa disciplina propria del contratto di assicurazione contro i danni. L'impresa di assicurazione italiana resiste con controricorso e propone ricorso incidentale, affidato a due motivi.
La Suprema Corte con la sentenza in esame (Cass., 8 aprile 2021 n. 9380):
La questione
La questione giuridica è la collocazione sistematica del contratto di assicurazione contro gli infortuni mortali nell'ambito della dicotomia del tipo negoziale disciplinata dall'art. 1882 c.c. che distingue tra:
Nel primo caso, infatti, il contratto di assicurazione rientrerebbe nell'assicurazione contro i danni disciplinata dagli artt. 1904 e segg. c.c. caratterizzata dalla previsione di un “sinistro”. Nel secondo caso, invece, il contratto di assicurazione rientrerebbe nell'assicurazione sulla vita disciplinata dagli artt. 1919 e segg. c.c. caratterizzata dalla previsione di un “evento attinente alla vita umana”.
Conseguenza dell'esatta collocazione di tale contratto di assicurazione è l'applicazione (nel primo caso) o l'esclusione (nel secondo caso) del principio indennitario desumibile dal combinato disposto di cui agli artt. 1223, 1905, comma 1, 1909, comma 2, 1910, comma 3 e 1916, comma 1, c.c. in base al quale:
Le soluzioni giuridiche
La Suprema Corte esamina funditus la questione e, per pervenire alla soluzione del problema, confronta la sua giurisprudenza con le novità legislative introdotte dal d.lgs. n. 209/2005 per verificarne la correttezza e l'attualità.
La Suprema Corte rileva che la questione della collocazione sistematica del contratto di assicurazione infortuni invalidanti o mortali nell'assicurazione contro i danni o in quella sulla vita è risalente ed ha ricevuto soluzioni differenti sia dalla dottrina che dalla giurisprudenza.
La Suprema Corte rileva, in particolare, che la stessa giurisprudenza, dopo un iniziale propensione all'inclusione del contratto di assicurazione contro gli infortuni nell'ambito della fattispecie negoziale nel tipo dei contratti di “assicurazione sulla vita” - determinata soprattutto dalla considerazione della natura del “bene vita” compromesso dall'evento-rischio infortunio - è venuta, successivamente:
La Suprema Corte, quindi, rileva che il contrasto giurisprudenziale concernente l'inquadramento dell'assicurazione contro gli infortuni “invalidanti e mortali” nell'ambito dell'assicurazione contro i danni o in quello dell'assicurazione sulla vita, ai fini dell'applicabilità o meno dell'art. 1910 c.c., è stato sanato dalle Sezioni Unite oltre tre lustri orsono (Sez. Un 10 aprile 2002 n. 5119, che è opera dello stesso relatore delle sentenze gemelle di San Martino del 2008).
Le Sezioni Unite, in tale occasione:
La Suprema Corte rileva, ancora, che le conclusioni raggiunte dalle Sezioni Unite non vengono poste in discussione, né potrebbero, dalla successiva disciplina speciale dettata dal d.lgs. n. 209/2005 ed, in particolare, dalla classificazione operata dei rami assicurativi riconducibili rispettivamente alle “assicurazioni sulla vita” (art. 2, comma 1) ed alle “assicurazioni contro i danni” (art. 2, comma 3).
Le conclusioni non vengono poste in discussione in quanto il d.lgs. n. 209/2005 ha chiaramente inteso recepire il discrimine, fondato sull'aspetto funzionale del contratto, tra le due differenti categorie di assicurazioni contro gli infortuni “mortali” ed “invalidanti”, non riproponendo espressamente tra i rischi assicurati dalle polizze del “ramo danni” anche il rischio di “morte a seguito di infortunio”.
Le conclusioni non potrebbero essere poste in discussione in quanto:
La Suprema Corte, pertanto, ritiene che la soluzione giuridica raggiunta dalle Sezioni Unite risulta confermata anche dopo l'introduzione del d.lgs. n. 209/2005 e, quindi, ad essa va data continuità in quanto non vi sono “nuove ragioni…per discostarsi dalle conclusioni raggiunte in ordine all'affermazione della irriducibilità della causa del contratto assicurativo per il rischio di ‘infortunio mortale' alla funzione indennità aria che accomuna, invece, la causa delle altre polizze contro gli infortuni invalidanti a quella propria dei contratti assicurativi ‘contro i danni, con conseguente applicazione, alle due tipologie di polizze infortuni, delle distinte discipline normative che regolano l'assicurazione sulla vita e l'assicurazione contro i danni”.
La Suprema Corte, applicando tali principi al caso ad essa sottoposto, rileva sostanzialmente che:
La Suprema Corte, pertanto, conclude condividendo il principio affermato dalle Sezioni Unite pochi anni prima secondo cui “nel caso di assicurazione sulla vita, l'indennità si cumula con il risarcimento, perché si è difronte ad una forma di risparmio posta in essere dall'assicurato sopportando l'onere dei premi, e l'indennità, vera e propria contropartita di quei premi, svolge una funzione diversa da quella risarcitoria ed è corrisposta per un interesse che non è quello di beneficiare il danneggiante” (Sez. Un. 22 maggio 2018, n. 12564; conf. Sez. Un. 22 maggio 2018 n. 12567; Sez. Un. 22 maggio 2018 n. 12566; Sez. Un. 22 maggio 2018 n. 12565; conf., per quanto concerne le sezioni semplici, Cass., 5 luglio 2019, n. 18050). Osservazioni
La decisione in commento:
Il contratto di assicurazione contro gli infortuni mortali, infatti, a differenza del contratto di assicurazione contro gli infortuni non mortali, rientra nell'assicurazione sulla vita disciplinata dagli artt. 1919 e segg. c.c.. Questo comporta che ad esso non si applica il principio indennitario desumibile dal combinato disposto di cui agli artt. 1223, 1905, comma 1, 1909, comma 2, 1910, comma 3, e 1916, comma 1, c.c. e, pertanto, l'indennità si cumula con il risarcimento perché si è di fronte ad una forma di risparmio posta in essere dall'assicurato che sopporta l'onere dei premi mentre l'indennità, vera e propria contropartita di quei premi, svolge una funzione diversa da quella risarcitoria ed è corrisposta per un interesse che non è quello di beneficiare il danneggiante. |