La legge applicabile alle cause di famiglia dopo Brexit
29 Aprile 2021
Nelle fattispecie intra-UE, ma anche laddove una delle parti è cittadino di uno Stato terzo (come deve ormai essere considerato il Regno Unito) i giudici italiani fanno normalmente affidamento sul Reg. (UE) n.1259/2010 (c.d. Roma III) che costituisce sin dal 21.06.2012 il punto di riferimento principale per determinare la legge applicabile alla separazione e al divorzio (ma non all'annullamento del matrimonio). Esso non intende armonizzare il diritto sostanziale né obbligare alcuno Stato membro a riconoscere un'unione contratta come matrimonio al fine di emettere una decisione di divorzio o di separazione personale, ma istituisce un quadro giuridico chiaro e completo in materia. La Corte di Giustizia dell'UE ha peraltro chiarito che il regolamento si applica solo a quei divorzi pronunciati da un'autorità giurisdizionale statale, da un'autorità pubblica o con il suo controllo, così escludendo dal suo campo di applicazione i c.d. divorzi privati quali quelli pronunciati con una dichiarazione unilaterale davanti ad un Tribunale religioso (cfr. Sahyouni, 20.12.2017, C-372/16). Le sue norme sul conflitto di leggi sono universali, nel senso che la legge designata dal regolamento in parola si applica anche ove non sia quella di uno Stato membro partecipante o sia quella di uno Stato terzo, e prevedono per i coniugi una limitata possibilità di scelta della legge applicabile, che potrà essere individuata tra quelle di cui all'art. 5(1) – legge dello Stato di residenza abituale della coppia al momento dell'accordo, o dell'ultima residenza abituale comune se uno dei coniugi ancora vi risiede, o della cittadinanza di uno di essi al momento dell'accordo, o legge del foro – per mezzo di un accordo avente determinati requisiti minimi di forma, siglabile e modificabile anche durante il procedimento se consentito dalle regole processuali del foro. In mancanza di scelta della legge ad opera delle parti, il Regolamento offre una serie di criteri di collegamento “a cascata” ordinati gerarchicamente per individuare una legge che può infine subire tre ordini di limitazioni, ovvero: l'applicazione “forzosa” della legge del foro; l'incompatibilità con l'ordine pubblico del foro e la divergenza tra legislazioni nazionali (se uno Stato membro non prevede il divorzio, o non considera valido il matrimonio in questione, il giudice di quello Stato membro non può essere obbligato a rendere una decisione ai sensi del Regolamento).
La legge applicabile alla responsabilità genitoriale in contesto transfrontaliero è invece quella designata dalla Convenzione dell'Aia del 1996, che disciplina separatamente le ipotesi delle misure di protezione, della responsabilità genitoriale derivante dalla legge e della protezione dei terzi di buona fede. Essa abbraccia i principi della universalità (già sopra illustrato) e dell'esclusione del rinvio, grazie al quale ogni riferimento alla legge di uno Stato è sempre limitato alla legge materiale e non alle norme di diritto internazionale privato. Quanto alle misure di protezione, il giudice adito applica il proprio diritto interno, anche perché nella maggior parte dei casi si tratterà di implementarle nello Stato del foro, salvo che il miglior interesse del minore non imponga diversamente. Quanto alla responsabilità genitoriale, va invece fatta una distinzione tra la sua attribuzione e l'esercizio: nel primo caso la Convenzione individua la legge applicabile in quella dello Stato di residenza abituale del minore, ed in caso di mutamento della residenza essa può eventualmente essere integrata con l'attribuzione nel nuovo Stato di una responsabilità ulteriore (ad es. in favore del nuovo coniuge). La legge che invece disciplina l'esercizio della responsabilità genitoriale è sempre quella della residenza abituale del minore, ma le regole della sua attuazione cambiano in funzione del luogo in cui egli si stabilisce (ed ove potrebbero essere necessarie formalità diverse e più rigorose di quelle dello Stato di precedente residenza). Il d. lgs. n.154/2013 ha peraltro introdotto nella nostra legge di riforma del diritto internazionale privato una tipica norma di applicazione necessaria (cfr. art.36-bis l. n.218/1995) in base alla quale in ogni caso le norme italiane in materia di attribuzione congiunta della responsabilità genitoriale e di pari obbligo di mantenimento devono prevalere anche quando la legge richiamata dal regolamento o dalla Convenzione sia una legge straniera che non le prevede. La complessiva sistemazione delle questioni economiche connesse alla dissoluzione del vincolo familiare è invece affidata alla legge designata dal Protocollo dell'Aia del 2007, per quanto attiene alle obbligazioni alimentari, ed alla forza espansiva del Reg. (UE) n. 1103/2016 per quanto riguarda il regime patrimoniale del matrimonio. Il primo strumento si affianca, completandoli, al Reg. (CE) n.4/2009 e alla Convenzione dell'Aia del 2007, ma si estende a tutte le obbligazioni alimentari derivanti da qualsiasi rapporto familiare condividendone peraltro il carattere universale ed aggiungendo una serie di norme che consentono alle parti di scegliere la legge applicabile. Questa, è bene rimarcarlo, non regola la natura o la qualificazione dei rapporti di famiglia da cui discendono le obbligazioni, che rimangono disciplinati dal diritto interno degli Stati che hanno aderito al Protocollo. In linea generale le obbligazioni alimentari sono disciplinate dalla legge dello Stato di residenza abituale del creditore, di modo che vi sia la maggiore aderenza possibile con il tessuto sociale ed economico nel quale l'emolumento sarà riconosciuto e goduto; di conseguenza, al variare della residenza abituale cambierà anche la legge applicabile, ma il beneficiario potrà avvalersi della legge più favorevole laddove – ad esempio – quella del foro adito riconosca una prestazione che non è riconosciuta nello Stato di residenza abituale. Il creditore ed il debitore possono tuttavia designare quale applicabile la legge della cittadinanza o residenza abituale di una delle parti, oppure quella da loro scelta per il regime patrimoniale o per la separazione o divorzio. Quanto alle obbligazioni alimentari tra coniugi ed ex-coniugi, atteso il diverso modo in cui esse sono intese e disciplinate negli Stati aderenti, il criterio principale può essere disatteso su richiesta delle parti e se il matrimonio presenta un collegamento più stretto con la legge di un altro Stato (art.5). Il Protocollo stabilisce, infine, che l'applicazione della legge stabilita dalle parti o dal regolamento può essere esclusa solo nella misura in cui produca effetti manifestamente contrari all'ordine pubblico dello Stato del foro. Al regime patrimoniale del matrimonio si applica invece la legge scelta dalle parti o designata dal Reg. (UE) n. 1103/2016, che ha a sua volta recepito i due principi generali che caratterizzano la legge applicabile negli strumenti di cooperazione: ovvero quelli dell'applicazione universale (già sopra illustrata) e dell'unità della legge applicabile, nel senso che essa si applica a tutti i beni soggetti a tali effetti a prescindere dal luogo in cui essi si trovano. Il regolamento in questione consente la scelta della legge applicabile al regime patrimoniale, indipendentemente dalla natura o dall'ubicazione dei beni, tra le leggi che presentano uno stretto collegamento con i coniugi in ragione della residenza abituale o della cittadinanza dei medesimi; in mancanza di scelta, esso introduce norme sul conflitto di leggi armonizzate basate su una serie di criteri di collegamento successivi (a cascata) che permettono di designare la legge applicabile all'insieme dei beni dei coniugi. Si tratta di fattori di collegamento “classici”, quali la legge della prima residenza abituale comune dopo il matrimonio, o la cittadinanza comune (o dello Stato che vanta il collegamento più stretto) al momento del matrimonio, abbinati alla possibilità che il giudice su richiesta di parte possa applicare la legge di uno Stato in cui i coniugi abbiano risieduto più a lungo o sulla quale abbiano fatto affidamento nell'organizzare o pianificare i loro rapporti patrimoniali. Una volta individuata, la legge applicabile determina diversi aspetti del regime patrimoniale tra cui la classificazione dei beni in varie categorie, il loro passaggio da una categoria all'altra, le responsabilità dei coniugi per attività e passività, diritti ed obblighi riguardo ai beni, lo scioglimento del regime e la distribuzione dei beni, gli effetti del regime patrimoniale sui rapporti giuridici tra un coniuge ed i terzi, la validità sostanziale di una convenzione matrimoniale.
Il diritto applicabile nel Regno Unito
Con l'eccezione della Convenzione dell'Aia del 1996, il Regno Unito non ha mai inteso partecipare ad alcuno strumento – internazionale o anche solo regionale – in materia di legge applicabile: non ha infatti preso parte alla cooperazione rafforzata con cui sono stati adottati dapprima il Reg. Roma III ed in seguito i Reg. (UE) n.1103 e 1104 del 2016, né ha ratificato le Convenzioni dell'Aia del 1956 sulla legge applicabile alle obbligazioni alimentari nei confronti dei minori o del 1973 relativa alle obbligazioni nei confronti degli adulti, del 1978 sulla legge applicabile ai regimi matrimoniali, né infine il Protocollo alla Convenzione del 2007 sopra citato. Ed invero, è noto che in materia di famiglia le Corti del Regno Unito applicano solo il diritto nazionale, che può peraltro essere inteso come un distillato di decisioni giudiziali, modificato nel tempo attraverso successive precisazioni delle Corti medesime che in materia godono della più ampia discrezionalità; per questa ragione, connessa alla difficoltà stessa di individuare un corpus normativo a cui fare riferimento, all'epoca del negoziato del Reg. (CE) n.4/2009 l'impasse che si era creata sulla determinazione della legge applicabile fu risolta tramite il rinvio al Protocollo dell'Aia del 2007 e la creazione di un “doppio binario” per il riconoscimento delle decisioni a seconda che le stesse provenissero o meno da uno Stato parte del Trattato. Ciò posto, può sommariamente rilevarsi che in materia matrimoniale la domanda di divorzio non può essere introdotta prima di un anno dal matrimonio (one year rule) e deve obbligatoriamente basarsi su uno o più dei seguenti cinque presupposti: adulterio che dia luogo ad una intollerabilità della convivenza; altro comportamento del coniuge che abbia lo stesso effetto; l'abbandono (desertion) di un coniuge per almeno due anni; una separazione di fatto che duri da almeno due anni prima della domanda, con il consenso dell'altro coniuge; una separazione di fatto per almeno cinque anni prima della domanda. A seguito dell'entrata in vigore del Children and Families Act 2014, attualmente la decisione della causa di divorzio non è più vincolata alla sorte dei provvedimenti sui figli, che possono dunque formare oggetto di separato giudizio. In alternativa al decreto di divorzio le parti possono ottenere un decreto di separazione giudiziale, basato sugli stessi motivi sopra elencati, che non dissolve il matrimonio ma libera le parti dall'obbligo di coabitazione. La procedura di divorzio è introdotta con la compilazione di un ricorso (petition) su un modulo prestampato, di facile comprensione, firmato dalla parte o dal suo difensore, accompagnato dai documenti eventualmente necessari per supportare la domanda e consegnato per posta, di persona o via e-mail ad uno degli undici centri nazionali individuati per area di competenza geografica (sistema che sarà sostituito da un unico centro per tutto il Paese). In caso di mancata risposta del convenuto entro 7 giorni dall'avvenuta ricezione del ricorso, il ricorrente può ottenere un primo decreto di divorzio che non dissolve il matrimonio (decree nisi) e dopo sei settimane un decreto definitivo (decree absolute). Con riguardo alle questioni economiche tra coniugi va intanto chiarito che il diritto inglese non conosce il concetto di “regime patrimoniale”, per cui la decisione delle Corti in materia può abbracciare beni non compresi tra quelli considerati “comuni” negli ordinamenti di civil law e portare ad una significativa redistribuzione dei redditi tra i coniugi; ragione per cui la giurisdizione inglese è sempre stata considerata più generosa nei confronti delle parti deboli della coppia. In linea generale i provvedimenti adottabili si dividono nelle due categorie degli income orders (assegni di mantenimento in costanza di causa; assegni periodici; assegni garantiti da rendite o da beni vincolati allo scopo) e capital orders (con cui le reciproche pretese sono definite una volta per tutte: pagamento di somme una tantum; divisione dei beni; ordine di vendita di beni per assicurare il pagamento di un emolumento; divisione degli assegni pensionistici una volta iniziata la percezione da parte del titolare). Il giudice inglese può dunque prendere in considerazione tutti gli assets ai fini della successiva divisione o redistribuzione, alla luce di tutte le circostanze del caso di specie e dei principi posti dalle pronunce più significative: divieto di discriminazione in favore del coniuge lavoratore rispetto a quello non lavoratore, e scostamento dal criterio dell'uguaglianza solo laddove lo imponga la ragionevolezza della decisione (cfr. White [2000] UKHL) ma anche il principio che nella divisione dei beni a seguito di divorzio vanno considerate le esigenze personali direttamente correlate alla relazione familiare, la compensazione per ogni svantaggio economico dalla stessa generato, e la condivisione dei frutti della relazione matrimoniale (cfr. Miller vs McFarlane [2006] UKHL) al fine di consentire alle parti una equa “ripartenza” nel cammino verso una nuova vita. Detti principi possono essere superati solo in ragione di specifiche circostanze tra cui la durata minima del matrimonio (cfr. Sharp vs Sharp [2017] EWCA) o contributi realmente eccezionali apportati al matrimonio da una delle parti (cfr. Cooper-Hohn vs Hohn [2014] EWHC). Sul quantum dell'emolumento accordato, vi è parimenti grande discrezionalità ed il bilanciamento dei rispettivi interessi è – nelle parole della Corte in McFarlane – “an art and not a science”. Il concetto di responsabilità genitoriale, analogo a quello che noi conosciamo, è stato invece introdotto solo dal Children Act 1989 con l'obiettivo di spostare il focus dai diritti dei genitori sul bambino alle loro responsabilità sul medesimo. Mentre, tuttavia, i genitori coniugati hanno entrambi la responsabilità genitoriale sulla prole, in caso di genitori non sposati è solo la madre ad averla ed il padre può acquistarla: attraverso la registrazione nel certificato di nascita del bambino, con il consenso della madre; concludendo con questa un accordo sulla responsabilità genitoriale; chiedendo alla Corte un provvedimento che gli attribuisca detta responsabilità, in caso di disaccordo della madre; se nominato tutore dalla madre o dalla Corte, sebbene in tal caso la responsabilità genitoriale possa essere esercitata solo al decesso della prima; ottenendo un provvedimento della Corte relativo all'esercizio dell'affidamento; dopo il matrimonio con la madre del minore. La Corte può adottare tre diversi tipi di provvedimenti relativi all'esercizio della responsabilità genitoriale: a) child arrangements orders, per individuare il genitore con cui il minore deve convivere e le modalità del diritto di visita dell'altro genitore, o di altri soggetti; b) prohibited steps orders, a seguito di domanda con cui un genitore chiede che sia inibito all'altro il compimento di una determinata attività non già inclusa in un ordine di cui sopra; c) specific issue orders, per dirimere un contrasto sull'esercizio della responsabilità genitoriale in merito ad un aspetto non già disciplinato da un child arrangement order (es. la scelta della scuola). Nell'adozione di qualunque tra i provvedimenti sopra indicati, la Corte deve considerare il migliore interesse del minore – considerato prevalente rispetto ad interessi concorrenti, ma da valutarsi in funzione dell'età e del grado di maturità – e la presunzione per cui il coinvolgimento di entrambi i genitori è da considerarsi come benefico per il medesimo. Tuttavia, nel dubbio sull'utilità di un intervento, la Corte applica la no order presumption e si astiene dall'intervenire. Quanto alle obbligazioni alimentari nei confronti dei minori, il Child Support Act 1991 ha sostanzialmente privato le Corti della competenza a decidere, devolvendola al Child Maintenance Service (CMS) che ne calcola l'ammontare sulla base di criteri predeterminati, ed a prescindere dalla condizione (coniugati o meno) dei genitori. Nel corso dell'eventuale procedimento di divorzio può invece farsi ricorso anche agli strumenti di cui al Matrimonial Causes Act 1973 che prevede la corresponsione di somme una tantum e l'adozione di provvedimenti sulla proprietà del minore, sebbene l'attività del CMS copra la maggior parte delle richieste, incluse quelle eventualmente presentate durante il matrimonio. Quanto, infine, ai genitori non coniugati, il Children Act 1989 consente loro di ottenere dalla Corte uno tra i seguenti provvedimenti in favore del minore: a) un pagamento periodico; b) una somma una tantum; c) la divisione del patrimonio; d) il trasferimento di una proprietà. In tutti questi casi il giudice avrà specifico riguardo a vari fattori, tra i quali il reddito attuale e futuro delle parti, le necessità economiche del minore e del genitore esercente la responsabilità genitoriale, eventuali disabilità o bisogni particolari del minore, il suo presumibile fabbisogno rispetto al percorso di istruzione. La sorte degli accordi di scelta della legge applicabile
Nel contesto dell'elaborazione normativa europea si è consolidata la tendenza a riconoscere alle parti una certa libertà di scelta della legge applicabile, in modo da far sì che le stesse potessero contare – in caso di divorzio o di controversia sulle questioni economiche – sul fatto che un giudice straniero avrebbe quantomeno applicato una legge che meglio rispecchiava le scelte di vita compiute e le tradizioni sulla cui base esse erano state fatte. In linea di principio, tali accordi dovrebbero conservare la loro validità ed essere recepiti dai giudici inglesi laddove gli stessi siano competenti. Tuttavia, non si è mancato di far notare in dottrina che da un lato il diritto inglese è stato in qualche misura permeato dal diritto europeo (e non è detto che lo rimanga in futuro, per cui molto dipenderà da quanta parte del secondo verrà replicata nel primo) e dall'altro nella scelta della legge inglese fatta dalle parti può essere stata determinante proprio la considerazione dell'appartenenza del Regno Unito all'UE ed al suo spazio di libertà, sicurezza e giustizia (con quanto ne consegue, ad esempio, in termini di facilità di circolazione delle decisioni). Non può dunque escludersi che un accordo di scelta della legge inglese fatto prima della Brexit possa ora essere rimesso in discussione da una delle parti, se addotte convincenti ragioni in base alle quali tale scelta non sarebbe stata fatta in caso di diverso status giuridico del Regno Unito. In conclusione
La comune appartenenza all'Unione Europea dell'Italia e del Regno Unito ha comportato anche nel diritto di famiglia una cross-fertilization benefica per entrambe le parti, e la garanzia di una sovrastruttura normativa deputata a regolare i rapporti tra le due culture giuridiche ha permesso che le stesse si evolvessero internamente senza smettere di interagire. Nel campo della legge applicabile questa interazione è stata forse meno evidente laddove le controversie sono approdate sullo scranno dei giudici inglesi, giacché il Regno Unito non ha mai abdicato alla propria pretesa di applicare solo la legge inglese, e la stessa – più generosa in punto di complessiva sistemazione delle poste patrimoniali all'interno della famiglia – ha indubbiamente favorito le parti più deboli nelle controversie in cui l'elemento patrimoniale della disputa era preponderante. Ne consegue che a partire dal 1.0l.2021, ancor più di prima, sarà determinante capire quale giudice sarà competente, atteso che – se validamente radicata la causa nel Regno Unito e scongiurata l'ipotesi di una litispendenza internazionale – la giurisdizione della Corte inglese implicherà senza dubbio l'applicazione della legge nazionale, con tutte le conseguenze che ne derivano in punto di discrezionalità nella decisione e di parametri su cui la stessa si baserà. |