Esecuzione per rilascio e legislazione emergenziale
04 Maggio 2021
Massima
L'art. 13 del d.l. 183/2020, portante proroga della sospensione delle procedure di rilascio al 30 giugno 2021, nel riferirsi espressamente ai provvedimenti adottati per mancato pagamento del canone alle scadenze e ai provvedimenti conseguenti all'adozione del decreto di trasferimento, non è applicabile ai provvedimenti diversi tenuto conto della sua natura eccezionale, ed in particolare non trova applicazione all'ipotesi di ordinanze di assegnazione della casa famigliare rese dal presidente del Tribunale nell'ambito di procedimenti adottati nei giudizi aventi ad oggetto la crisi famigliare. Con riferimento al precetto per rilascio, il termine di cui all'art. 481, comma 1, c.p.c., in base al quale l'esecuzione dev'essere iniziata entro novanta giorni dalla notifica del precetto stesso, deve ritenersi sospeso non solo in ipotesi di proposizione di opposizione, ma altresì allorché sia sospesa l'efficacia esecutiva del titolo esecutivo per qualsiasi causa (nella specie in virtù della legislazione emergenziale varata in relazione all'emergenza pandemica Covid). Il caso
La vicenda è originata da un'opposizione proposta dall'obbligato al rilascio di un immobile ai sensi degli artt. 608 e ss c.p.c. Premesso che l'esecuzione è originata da un provvedimento di assegnazione della casa famigliare nell'ambito di un procedimento di separazione o divorzio, in favore del coniuge collocatario di prole, nell'opposizione si allega: 1) la nullità dell'avviso di rilascio perché sorretto da precetto perento; 2) la sospensione dell'esecuzione per rilascio a seguito della legislazione emergenziale in vigore; 3) l'appartenere il bene oggetto di esecuzione alla comunione legale de residuo tra avente diritto ed obbligato. Opina infatti l'opponente: Sub 1) che l'avviso di sloggio presupponga l'efficacia del precetto, ma questa deve escludersi allorché l'esecuzione sia principiata decorso il termine di cui all'art. 481, comma 1, c.p.c. (novanta giorni dalla notificazione del precetto), a meno che non sia stata proposta opposizione, e nella specie se il precetto era stato notificato in data 10 luglio 2020, laddove l'avviso di sloggio (che effettivamente segna l'inizio del processo esecutivo per rilascio, art. 608, comma 1., c.p.c.) è stato richiesto in data 7 gennaio 2021, ed evidentemente notificato in data successiva. Sub 2) l'opponente ha ritenuto che, a seguito dell'entrata in vigore dell'art. 103, d.l. 18/2020, tutte le esecuzioni per rilascio sarebbero state soggette a sospensione prima dal 9 marzo al 30 giugno 2020, quindi con l. 27/2020 il termine sarebbe stato prorogato al 1 settembre 2020; ulteriormente prorogato al 31 dicembre 2020 dal d.l. 34/2020; ed infine al 30 giugno 2021 dal d.l. 183/2020. A fronte di tutto ciò, e dopo la costituzione dell'avente diritto, il Tribunale col provvedimento in commento ha respinto tutte le eccezioni sollevate dall'opponente, revocando il provvedimento di sospensione in un primo tempo concesso inaudita altera parte. La questione
Il provvedimento, caratterizzato da una particolare accuratezza motivazionale, affronta varie questioni, alcune caratteristiche della tipologia del titolo, altre di natura squisitamente processuale e infine altre inerenti la portata della disciplina (anch'essa processuale) della legislazione emergenziale. Le soluzioni giuridiche
Il Tribunale di Napoli ha dovuto affrontare le questioni sopra rassegnate ed ha ritenuto che quanto alla perenzione del precetto la stessa non si fosse verificata tenuto conto dell'applicabilità del principio di sospensione del termine di cui all'art. 481, comma 1, c.p.c., anche all'ipotesi di sospensione dell'efficacia del titolo, oltre che a quella espressa di opposizione. Quanto poi alla questione inerente alla non possibilità di procedere all'esecuzione dell'ordine di rilascio della casa famigliare, ritenuta sulla base della legislazione emergenziale da parte dell'opponente, il Tribunale ha invece ritenuto che, a partire dall'entrata in vigore della proroga di cui all'art. 13 d.l. 183/2020, la portata della stessa sia molto più limitata e quindi l'ostacolo all'esecuzione in parola non sia più sussistente. Infine, il Tribunale ha smentito l'assunto secondo cui il rilascio non possa essere eseguito nei confronti del comproprietario. A voler così concludere, ritiene la curia partenopea, sarebbe sufficiente invocare il disposto degli artt. 1102 e ss. c.c. per pregiudicare l'effettiva attuazione di un provvedimento di assegnazione della casa famigliare. Mentre la valutazione dell'ingiustizia e della disumanità del provvedimento, in quanto adottato in favore di chi disponeva di molti altri immobili, non apparterrebbe al giudice adito, dell'opposizione a precetto, sebbene a quello che ha emesso il titolo. Osservazioni
Il provvedimento, caratterizzato da una particolare accuratezza motivazionale, affronta come visto varie questioni, alcune caratteristiche della tipologia del titolo, altre di natura squisitamente processuale e infine altre inerenti la portata della disciplina (anch'essa processuale) della legislazione emergenziale. La questione dell'asserita «disumanità ed ingiustizia» dell'esecuzione in quanto intrapresa da un soggetto titolare di una pluralità di beni, offre il destro per censurare un'usuale difesa del tutto impropria allorché ci si opponga a un'esecuzione (o al suo annuncio) fondata su titolo giudiziale. In effetti con la riferita censura non è tanto l'esecuzione ad essere posta in discussione, quanto la formazione del titolo esecutivo, e giustamente il Tribunale ricorda che in tal caso la sede per far valere tale censura era costituita dal giudizio di separazione (o divorzio). Ciò in quanto come noto, in ipotesi di esecuzione fondata su titoli giudiziali, nell'opposizione possono essere fatti valere solo fatti modificativi o estintivi sopravvenuti, tra l'altro purché non deducibili nel giudizio di «impugnazione» del titolo (ad esempio in questo caso l'ordinanza presidenziale era ricorribile con reclamo in appello), oltre che ad ipotesi di inesistenza del titolo stesso o di regolarità formale dell'atto (precetto) (Cass. civ., n. 24027/2009). Più collegata alla tipologia del titolo la questione inerente alla contitolarità del bene fra avente diritto ed obbligato. Certo anche qui si finisce per censurare il provvedimento giudiziale di rilascio (la valutazione delle ipotesi in cui lo stesso può essere emesso appartiene infatti al giudice che lo ha emesso), ma nel merito è facile osservare che il provvedimento stesso tende proprio a costituire un possesso esclusivo in capo all'assegnatario a fronte di una situazione di contitolarità o di compossesso o co-detenzione, tipicamente propria dei coniugi sulla casa famigliare. Al proposito è piuttosto l'ipotesi opposta a destare dubbi applicativi in sede esecutiva, quella cioè in cui il giudice revochi il provvedimento di assegnazione per mutate condizioni, essendosi ritenuto da più parti che in tal caso non si fa che ripristinare l'antefatta situazione di pari poteri gestori da parte dei comproprietari, regolata in virtù dell'art. 1102 c.c., parendo così applicabile la giurisprudenza di legittimità in base alla quale, non potendosi richiedere il rilascio della quota ideale di un immobile, sia consentito al comunista di richiedere - in caso del venir meno di un titolo di detenzione esclusiva - il rilascio in favore della comunione, dopodiché si legittima l'assunzione delle determinazioni sull'uso, anche con lo strumento di cui all'art. 1105 c.c. (Cass. civ., n. 19488/2015). A parere di chi scrive tale interpretazione evita che il venir meno del titolo che legittima l'uso esclusivo, determini la sostituzione dello stesso con uno analogo in favore dell'altro comunista, in questo caso ex coniuge. Nel caso in cui il titolo sia poi costituito dalla revoca dell'assegnazione, la condanna al rilascio anche ove non espressa dovrebbe intendersi appunto implicita ed in favore della comunione (Cass. civ., n. 1367/2012). Peraltro, un orientamento, forse determinato dalle particolarità della fattispecie esaminata, ritiene invece che proprio in caso di revoca dell'assegnazione si debba ottenere l'effetto esatto contrario (cioè il rilascio in favore esclusivo dell'altro coniuge) (Cass. civ., n. 1367/2012). Tornando alle questioni direttamente affrontate dall'ordinanza, pare condivisibile il provvedimento in commento laddove stabilisce che il termine di cui all'art. 481, comma 1, c.p.c. sia da intendersi sospeso non solo in ipotesi di pendenza dell'opposizione, ma anche laddove più in generale sia sospesa l'efficacia esecutiva del titolo (pur non trattandosi di un termine interno al processo esecutivo, ma posto a monte dello stesso), del resto in conformità con l'orientamento di legittimità (Cass. civ., n. 9360/2008). In base al ragionamento della Corte emergono elementi che differenziano le due situazioni (quella presa in considerazione della Corte era la sospensione ai sensi dell'art. 373 c.p.c.): se nel caso previsto dall'art. 481 c.p.c. l'iniziativa oppositiva produce un effetto legale di sospensione del decorso del termine a favore di chi la subisce (che dunque non è impedito dall'iniziare l'esecuzione); nel caso della sospensione dell'efficacia esecutiva del titolo, l'impugnazione provoca (può provocare) una sospensione che si impone a chi la subisce. Ciò che non pare a prima vista del tutto condivisibile è però l'accostamento tra sospensione dell'efficacia esecutiva del titolo e sospensione disposta dalla richiamata legislazione emergenziale, che infatti attiene più propriamente al processo esecutivo, ammettendone così l'instaurazione (almeno dopo il venir meno del disposto dell'art. 83, 2 comma, del già citato d.l., che invece direttamente contemplava i termini in parola laddove stabiliva la sospensione di quelli per «la proposizione degli atti introduttivi…dei procedimenti esecutivi», e dunque nel nostro caso dell'avviso di sloggio di cui all'art. 608 c.p.c.). A ben vedere però se è evidente che ove una norma disponga la sospensione del processo d'espropriazione è tutt'altro che insensato introdurre ugualmente il relativo processo tramite un (efficace) pignoramento, per i suoi effetti conservativi, come accade in relazione all'ipotesi della sospensione di cui all'art. 54-ter più volte citata, viceversa l'avente diritto al rilascio ha ben poco interesse a far inoltrare l'atto introduttivo costituito come detto dall'avviso di sloggio a fronte di una norma che dispone anche qui la sospensione del processo esecutivo. Per meglio dire, se in generale in caso di sospensione il cui dies ad quem è incerto l'avviso di sloggio non può neanche essere posto in essere (infatti non potendosi indicare una data, che invece ne costituisce elemento essenziale) la sospensione (come quella di cui all'art. 103 d.l. 18/2020 e s.m.i.) a termine fisso consente solo teoricamente di indicare un giorno ed un'ora del rilascio successivi al termine di sospensione;. Ed allora esattamente il Tribunale ritiene che quantomeno considerazioni di economia di atti giuridici giustifichino l'estensione dei surriferiti principi, espressi con riferimento alla sospensione dell'efficacia del titolo, anche all'ipotesi della sospensione del processo, ma forse - almeno al di fuori della sospensione a termine fisso - si potrebbe pensare ad una completa equiparazione per tal sorta di esecuzione, tra effetti della sospensione del processo ed effetti della sospensione dell'efficacia esecutiva del titolo. Ora nella specie, e così si viene agli aspetti involgenti propriamente il diritto emergenziale, non era dato all'avente diritto, in base alla relativa legislazione, il diritto di procedere esecutivamente. Infatti il già richiamato art. 103 del d.l. 18/2020, come modificato dalla legge di conversione n. 27 e poi dal d.l. n. 34, entrambi del 2020, aveva disposto al comma 6 che «L'esecuzione dei provvedimenti di rilascio degli immobili, anche ad uso non abitativo, è sospesa…». Si tratta di una sospensione ex lege, portata in una disposizione di carattere eccezionale e derogatorio, soggetta come tale a stretta interpretazione. Però la sua portata è evidentemente molto ampia, e senza meno si applica anche all'ipotesi di procedimenti esecutivi di rilascio aventi ad oggetto le ordinanze di assegnazione della casa famigliare. Si era piuttosto discusso in dottrina se tale disposizione si applicasse altresì agli ordini di liberazione emessi ai sensi dell'art. 560 c.p.c., nella misura in cui gli stessi non fossero a loro volta impediti dalla sospensione prevista dall'art. 54-ter del citato d.l. 18/2020 (infatti limitato ai procedimenti di espropriazione immobiliare aventi ad oggetto l'abitazione principale del debitore), ma l'art. 103 fa riferimento letterale al «rilascio», dunque alle procedure di cui agli artt. 608 segg., mentre l'ordine di liberazione è soggetto alla mera attuazione endo-procedimentale. Pertanto la natura eccezionale della norma non consentiva quindi un'estensione analogica. Peraltro un principio di ragionevolezza, secondo una certa interpretazione, consentiva se non imponeva al giudice dell'esecuzione di far uso del proprio potere di direzione del processo esecutivo ai sensi dell'art. 484 c.p.c., disponendo di non attuare per lo stesso periodo di tempo i provvedimenti in questione. Si deve poi condividere il provvedimento anche ove ritiene che nonostante la rubrica legis dell'art. 17-bis del d.l. 34/2020, portante proroga del termine di sospensione in parola dalli 1 settembre al 31 dicembre, intitolata infatti «Proroga della sospensione dell'esecuzione degli sfratti di immobili ad uso abitativo e non abitativo», la portata della disposizione non sia cambiata affatto. Non solo la pronuncia richiama il noto adagio rubrica legis non est lex, rispondente del resto ad un vigente principio dell'ordinamento circa la non vincolatività della rubrica stessa (Cass. civ., n. 15036/2017), ma esattamente si osserva che a fronte di un tenore della disposizione rimasta inalterata se non nel termine, anche la rubrica legis del precedente art. 103 destava altrettante e forse ancor più forti perplessità, essendo intestata a «Sospensione dei termini nei procedimenti amministrativi ed effetti degli atti amministrativi in scadenza», e inserita in un contesto decisamente inerente alla materia pubblicistica. Dunque il riferimento agli «sfratti» deve imputarsi all'abituale imprecisione del linguaggio legislativo. Ben diversa la situazione di cui alla luce dell'ultima proroga, portata dall'art. 13 del d.l. 183/20, che invece (intitolata, per non smentire quella che ormai rischia di divenire un tratto distintivo della normazione, «Proroga dei termini in materia di infrastrutture e trasporti») recita «La sospensione dell'esecuzione dei provvedimenti di rilascio degli immobili, anche ad uso non abitativo, prevista dall'art. 103 (…), è prorogata sino al 30 giugno 2021 limitatamente ai provvedimenti di rilascio adottati per mancato pagamento del canone alle scadenze e ai provvedimenti di rilascio conseguenti all'adozione, ai sensi dell'art. 586, comma 2, c.p.c., del decreto di trasferimento di immobili pignorati ed abitati dal debitore e dai suoi familiari». Anzitutto la norma non può dunque più trovare applicazione nei casi di licenza di finita locazione, attesa la limitazione alle ipotesi di «mancato pagamento del canone alle scadenze». Giustamente si è criticata la scelta di non ricollegare la persistente sospensione alle mere esigenze determinate dalla situazione pandemica, che può attingere anche soggetti deboli pur non necessariamente morosi e non sotto il profilo meramente economico; così come il non aver distinto all'interno della morosità fra chi vede la propria condizione di inadempienza come mera conseguenza della crisi determinata dalla pandemia (quantomeno con un riferimento temporale che potesse collegare la sospensione ad una presunzione di dipendenza della morosità appunto alla suddetta crisi) e coloro che invece risultano morosi da tempi ben anteriori. Quanto all'ambito applicativo, se dubbi erano rimasti circa la riferibilità della sospensione agli ordini di liberazione, facendosi espresso richiamo ora all'ingiunzione di cui all'art. 586 c.p.c. peraltro limitatamente all'abitazione del debitore, l'equivoco può sdirsi spazzato via. Si tratterà peraltro di ben pochi casi, visto che frattanto le procedure espropriative aventi ad oggetto immobili costituenti l'abitazione principale del debitore continuano ad essere sospesi fino a giugno 2021, e tali sono evidentemente anche quelle in cui il decreto di trasferimento non era ancora stato emesso al 9 marzo 2020. In altri termini se oggetto della sospensione di cui all'art. 54-ter d.l.18/20 erano le procedure espropriative aventi ad oggetto immobili adibiti ad abitazione principale, è evidente che il mutamento di oggetto (dall'immobile al denaro) si ha solo con l'emanazione del decreto di trasferimento (che tra l'altro dispone la cancellazione del pignoramento). Se pertanto esso alla data della sospensione (9 marzo 2020) non era ancora stato emesso, nonostante l'aggiudicazione l'espropriazione era colpita da sospensione e quindi il decreto non poteva essere emesso, con la conseguenza che neppure si pone per tali casi, ad avviso di chi scrive, la questione della sospensione dell'ingiunzione, limitata così ai decreti emessi anteriormente a tale data. Per completezza peraltro occorre dar atto di un orientamento di diverso segno, secondo il quale poiché con l'aggiudicazione l'offerente acquisisce uno ius ad rem, egli avrebbe comunque diritto all'emissione del decreto nonostante la sospensione, ed allora aderendo a tale prospettiva (a parere di chi scrive però contrastante con la disposizione sopra richiamata) l'ambito di applicazione di cui all'art. 13 del d.l. 183/20 si amplierebbe, però con il risultato di imporre all'aggiudicatario di versare il prezzo nel termine (che invece nell'altra prospettiva rimarrebbe sospeso), ma non ottenere il rilascio. Peraltro alla luce di quanto sopra è evidente che la disposizione stessa non è applicabile neppure ai provvedimenti di assegnazione della casa famigliare. Infatti, fermo ancora il carattere eccezionale e derogatorio della disposizione, essa inerisce ormai (a parte la richiamata ingiunzione ex art. 586 c.p.c.) ai soli casi di ordine di rilascio per morosità determinata dal mancato pagamento del canone, per nulla assimilabili al rilascio disposto sulla base di un provvedimento di assegnazione nell'ambito di un giudizio di separazione o divorzio, che invece trae origine dalla regolazione dell'uso della casa in ipotesi di crisi della famiglia. Se è così, col 1 gennaio 2021, siffatti provvedimenti di rilascio possono essere portati ad esecuzione, e quindi per essi ha ripreso a decorrere il termine di cui al citato art. 481 c.p.c. Ma le argomentazioni che precedono rendono giustizia anche dell'altra questione affrontata dal provvedimento, relativa all'insussistenza di un titolo esecutivo idoeno a sorreggere l'esecuzione. Infatti essendo i provvedimenti di assegnazione della casa famigliare ormai (da gennaio 2021) perfettamente eseguibili, non c'è ragione di non intimare lo sloggio e conseguentemente ben si potrà eseguire l'escomio. Riferimenti
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