L'adozione “mite” e la situazione di “semi-abbandono”

Alberto Figone
05 Maggio 2021

Il modello di adozione in casi particolari, può, nei singoli casi concreti e previo compimento delle opportune indagini istruttorie, costituire un idoneo strumento giuridico per il ricorso alla cd. "adozione mite", al fine di non recidere del tutto, nell'accertato interesse del minore, il rapporto tra quest'ultimo e la famiglia di origine?
Massima

L'adozione cd. "legittimante", che determina, oltre all'acquisto dello stato di figlio degli adottanti in capo all'adottato, ai sensi della l. 4 maggio 1983, n. 184, art. 27, comma 1, la cessazione di ogni rapporto dell'adottato con la famiglia d'origine, ai sensi del comma 3, coesiste nell'ordinamento con la diversa disciplina dell'"adozione in casi particolari", prevista dalla l. n. 184 del 1983, art. 44, che non comporta l'esclusione dei rapporti tra l'adottato e la famiglia d'origine; in applicazione dell'art. 8 CEDU, art. 30 Cost., l. n. 184 del 1983, art. 1 e art. 315-bis c.c., comma 2, nonchè delle sentenze in materia della Corte EDU, il giudice chiamato a decidere sullo stato di abbandono del minore, e quindi sulla dichiarazione di adottabilità, deve accertare la sussistenza dell'interesse del medesimo a conservare il legame con i suoi genitori biologici, pur se deficitari nelle loro capacità genitoriali, costituendo l'adozione legittimante un' extrema ratio, cui può pervenirsi nel solo caso in cui non si ravvisi tale interesse; il modello di adozione in casi particolari, e segnatamente la previsione di cui alla l. n. 184 del 1983, art. 44, lett. d), può, nei singoli casi concreti e previo compimento delle opportune indagini istruttorie, costituire un idoneo strumento giuridico per il ricorso alla cd. "adozione mite", al fine di non recidere del tutto, nell'accertato interesse del minore, il rapporto tra quest'ultimo e la famiglia di origine.

Il caso

Il Tribunale per i minorenni pronuncia la decadenza dalla responsabilità genitoriale di entrambi i genitori di una bimba, data in affidamento extra-familiare. Successivamente il medesimo Tribunale dichiara lo stato di adottabilità della minore, con decisione confermata in sede di gravame. Ricorre per la cassazione la madre. La Suprema Corte accoglie il ricorso con rinvio, richiedendo alla Corte d'appello di procedere ad una valutazione circa la possibilità di disporre l'adozione in casi particolari della bimba, quale strumento per mantenere una relazione di fatto con la madre, siccome dotata di risorse genitoriali, pur modeste.

La questione

È praticabile un rimedio alternativo all'adozione piena di un minore, inserito in affidamento familiare, quando i genitori (o uno solo di essi), pur dichiarati decaduti dalla responsabilità genitoriale, siano dotati di un minimo di risorse, da poter svolgere un ruolo complementare a quello degli adottanti? Qual è lo spazio operativo della c.d. adozione mite?

Le soluzioni giuridiche

La l. 184/1983 disciplina tre istituti differenti a protezione del soggetto minore di età: affidamento familiare, adozione piena e adozione in casi particolari. Il primo è finalizzato a garantire al minore un ambiente familiare idoneo, quando ne sia temporaneamente privo; l'adozione piena (già “legittimante” prima della l. 219/2012) consente l'inserimento di un minore in stato di abbandono morale e materiale in una nuova famiglia, composta da due persone unite in matrimonio, di cui assume lo stato di figlio a tutti gli effetti; l'adozione in casi particolari determina, per parte sua, la costituzione di un rapporto “parafamiliare” con il minore, in fattispecie specificamente individuate, senza che sussista stato d'abbandono,

Per molto tempo i tre istituti sono stati considerati “a compartimenti stagni”, escludendosi reciproche interferenze, nel timore di possibili strumentalizzazioni. In particolare, si è inteso evitare che l'affidamento potesse rappresentare un escamotage per giungere all'adozione, saltando la procedura di abbinamento tra il minore, in stato di adottabilità, ed una coppia che fosse stata ritenuta idonea. Per parte sua, l'adozione in casi particolari veniva vista per lo più come l'ultima risorsa per attribuire una famiglia a minori che, per caratteristiche personologiche o fisiche, ovvero per l'età non più tenera, difficilmente avrebbero potuto accedere all'adozione piena.

Successivamente, la prospettiva è del tutto mutata, per intervento del legislatore e dell'interpretazione giurisprudenziale. La recente l. 173/2017, novellando l'art. della l. 184/1983, in nome della tutela della continuità affettiva, ha previsto che, ove il minore sia dichiarato in stato di adottabilità durante un prolungato periodo di affidamento, la coppia affidataria abbia un titolo preferenziale per adottarlo (sempre che abbia fatto domanda e sia in possesso di tutti i requisiti); la l. 149/2001 ha ampliato le fattispecie di cui all'art. 44 della l. adoz., attribuendo autonomia alla situazione del minore affetto da handicap, con conseguente nuova linfa al caso della constatata impossibilità di affidamento preadottivo; il d.P.R. 154/2013 ha poi novellato l'art. 15 della l. adoz., subordinando la declaratoria dello stato di adottabilità di un minore alla provata l'irrecuperabilità delle capacità dei genitori in un tempo ragionevole. A sua volta la giurisprudenza ha riscoperto la portata dell'art. 44 cit., attribuendo un crisma giuridico a progetti di filiazione da parte di coppie omoaffettive (si è così parlato, utilizzando impropriamente una terminologia anglosassone, di stepchild adoption), ma ancor prima elaborando la figura della c.d. adozione mite.

Sorta come modello operativo presso il Tribunale dei minorenni di Bari (sotto l'allora presidenza del Dr. Occhiogrosso), l'adozione mite rappresenta una forma adozionale in cui il minore non recide i rapporti di fatto con i familiari d'origine, ma li mantiene, in quelle ipotesi in cui la situazione di abbandono, pur esistente, non sia talmente grave da escludere l'esistenza di capacità accuditive in capo ai genitori biologici (cfr. Trib. min. Bari 7 maggio 2008, in Fam. dir., 2009, 4, 393; più di recente, v. Trib. min. Bari 6 novembre 2019, Ardito L., L'adozione mite: dalla sperimentazione all'applicazione, in IlFamiliarista). Si tratta di situazioni di c.d. semi-abbandono, in presenza delle quali si avrà solo la recisione dei rapporti giuridici tra il minore e la famiglia. Questo modello applicativo ha trovato in più occasioni il favore della Corte di Strasburgo che in numerose pronunce ha attribuito all'adozione piena il carattere di extrema ratio, praticabile solo in situazioni di endemico e radicale stato di abbandono del minore (in dottrina, v. Montaruli, Affidamento del minore e adozione mite: la continuità affettiva come nuova frontiera in tema di adozione, in IlFamiliarista; Dogliotti, Affidamento e adozione, in Trattato Cicu-Messineo, Milano, 1990).

Osservazioni

La sentenza in commento dimostra come sia mutato in questi ultimi tempi l'atteggiamento della Suprema Corte, investita di ricorsi avverso declaratorie di stato di adottabilità di un minore. In precedenza, accadeva infatti assai di frequente che tali ricorsi fossero dichiarati inammissibili, involgendo valutazioni di fatto, come tali di competenza esclusiva del giudice di merito. Le pronunce della Corte Edu hanno profondamente inciso sulla giurisprudenza nazionale, come si evince proprio dalla decisione in esame, la cui prima parte è una sintesi dei principi relativi all'interpretazione dell'art. 8 Cedu. Si è così elaborata una nozione che l'ordinamento non conosce, quella del c.d. semi-abbandono, rappresentativa di una situazione in cui la famiglia del minore è più o meno insufficiente rispetto ai suoi bisogni, ma ha un ruolo attivo e positivo che non è opportuno venga cancellato totalmente. In questo modo si realizza il diritto del minore all'inserimento in un nucleo familiare pienamente idoneo a curarne la crescita ed il mantenimento, garantendogli nel contempo il rispetto dell'identità e delle proprie origini. Il semiabbandono, che attesta l'impossibilità di far luogo ad adozione piena, in difetto del presupposto di cui all'art. 8 della l. 184, legittima invece l'adozione ai sensi dell'art. 44 lett. d). In questo senso la Suprema Corte tiene a rimarcare come essa «integra, invero, una clausola di chiusura del sistema, intesa a consentire l'adozione tutte le volte in cui è necessario salvaguardare la continuità affettiva ed educativa della relazione tra adottante ed adottando, come elemento caratterizzante del concreto interesse del minore a vedere riconosciuti i legami sviluppatisi con altri soggetti che se ne prendono cura, con l'unica previsione della "condicio legis" della "constatata impossibilità di affidamento preadottivo"».

Si realizza così una vera e propria compenetrazione tra i due modelli adozionali, non più contrapposti, ma concorrenti per la miglior realizzazione dell'interesse del minore nel caso concreto. Nel contempo, si realizza una rinnovata stagione per l'adozione in casi particolari nella fattispecie di cui all'art. 44 lett, d), per più aspetti assimilabile ad una sorta di affidamento familiare sine die, se pur supportato da un titolo di status. Il tutto in un momento in cui l'importanza dell'istituto, quale strumento per costituire un rapporto “paragenitoriale” all'interno delle coppie same sex, è messo in discussione, attribuendo al minore uno status, che non può essere comunque equiparato a quello del figlio “naturale”, con una discriminazione a danno del genitore “d'intenzione” (cfr. in tal senso, da ultimo, i rilievi di Corte cost. 9 marzo 2021 n. 32 e Corte cost. 9 marzo 2021, n. 33, Red. Scient., Le motivazioni della Consulta su maternità surrogata e fecondazione eterologa: ecco perché deve intervenire il legislatore, in IlFamiliarista).

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