Redazione scientifica
19 Maggio 2021

Il processo esecutivo che sia stato dichiarato sospeso ai sensi dell'art. 601 c.p.c., a causa d'una divisione endoesecutiva, va riassunto entro tre (oppure sei) mesi dalla pronuncia dell'ordinanza di cui all'art. 789 c.p.c., comma 3, in assenza di contestazioni; oppure dal passaggio in giudicato della sentenza che risolva le eventuali contestazioni.

Il fallimento di una S.p.a. iniziava l'esecuzione forzata per l'espropriazione di un immobile appartenente per metà alla propria debitrice P.P. e per l'altra metà al marito di questa, L.V.

Il giudice dell'esecuzione disponeva successivamente con ordinanza di procedere alla divisione del bene pignorato.

Il fallimento instaurava il giudizio di divisione dinanzi al Tribunale di Ancona che, accertata la non divisibilità del bene pignorato, dichiarava lo scioglimento della comunione e rimetteva la causa sul ruolo per procedere alla vendita.

Tale sentenza, appellata da L.V., veniva confermata dalla Corte d'Appello di Ancona; il ricorso proposto dal medesimo L.V. veniva rigettato.

Nelle more del giudizio d'appello, L.V. (comproprietario del bene pignorato) chiedeva al giudice dell'esecuzione di pronunciare l'estinzione della procedura, deducendo che dal deposito della sentenza di rigetto dell'appello avverso la decisione con cui il Tribunale aveva dichiarato lo scioglimento della comunione era inutilmente decorso il termine di sei mesi per la riassunzione del processo esecutivo sospeso, stabilito dall'art. 627 c.p.c. Tale istanza veniva rigettata dal g.e. sul presupposto che, non essendo ancora avvenuta la vendita nel separato giudizio di divisione, il processo doveva ritenersi ancora sospeso.

In seguito, la Corte d'Appello di Ancona, adita dal soccombente, dichiarava estinta la procedura esecutiva iniziata dalla società fallita, traendo dall'art. 601, comma 2, c.p.c. la regola secondo cui il giudice al quale è domandata la divisione non può procedere alla direttamente alla vendita del bene, spettando tale adempimento al g.e. dinanzi al quale il processo dovrà proseguire.

Tale sentenza veniva impugnata per cassazione dal fallimento; resisteva con controricorso L.V.

La Corte di cassazione rileva preliminarmente che i due precedenti gradi di giudizio sono stati inficiati da una nullità processuale rilevabile d'ufficio. Al giudizio di divisione, infatti, non ha partecipato il debitore esecutato, e cioè P.P. E' dunque impossibile, ad avviso della Corte, decidere il merito del ricorso, senza che a questo abbia partecipato il debitore esecutato, vale a dire uno dei soggetti indefettibili del processo della cui sorte si discute. Si richiama, in proposito, il consolidato principio del carattere necessario del litisconsorzio necessario del debitore esecutato in tutte le cause connesse alla procedura esecutiva (Cass. civ., n. 1316/2012; n. 7213/1994). La sentenza, dunque, deve essere dichiarata nulla ex art. 102 c.p.c. e cassata con rinvio al Tribunale di Ancona, dinanzi al quale il processo andrò assunto, previa integrazione del contradditorio.

Il Collegio, peraltro, ritiene nondimeno doveroso, al fine di prevenire ulteriore contenzioso e ne lites paene immortales fiant, rilevare quale debba essere la corretta interpretazione delle norme che disciplinano i giudizi di divisione dei beni assoggettati ad espropriazione forzata. Il Collegio evidenzia che il codice di rito prevede tre ipotesi di sospensione del processo di esecuzione: a) la sospensione per accordo delle parti (art. 624-bis c.p.c.); b) la sospensione che potremmo definire «cautelare» (ex art. 283-351 c.p.c. o art. 624 c.p.c.); c) la sospensione per divisione (art. 601 c.p.c.). Solo per le ipotesi sub a) e sub b) il legislatore detta le modalità di riassunzione del processo mentre nel caso di sospensione per divisione, invece, la legge non prevede espressamente alcuna disciplina ad hoc, disciplina che va di conseguenza individuata dall'interprete, e che appare nel caso di specie agevole. Invero, la sospensione del processo esecutivo nelle more della divisione dei beni pignorati, ex art. 601 c.p.c., costituisce un'ipotesi speciale di sospensione per pregiudizialità necessaria, prevista in via generale dall'art. 295 c.p.c. Di conseguenza il processo andrà riassunto secondo le previsioni di cui all'art. 297 c.p.c. e, dunque, entro tre mesi (oppure sei mesi, secondo la disciplina applicabile ratione temporis) «dal passaggio in giudicato della sentenza che definisce la controversia civile di cui all'art. 295 c.p.c.». Nel caso di giudizio di divisione endoesecutiva – precisa la Corte – la sentenza che definisce il giudizio è l'ordinanza di cui all'art. 789, comma 3, c.p.c.

*fonte: www.dirittoegiustizia.it

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