Sulla tassabilità delle somme percepite a seguito di accordo transattivo

10 Giugno 2021

Nel caso di somma percepita a seguito della stipulazione di un accordo conciliativo, con il quale si rinunci a far valere la qualità di unico erede, l'Agenzia delle Entrate potrà procedere a tassare la predetta?

Nel caso di somma percepita a seguito della stipulazione di un accordo conciliativo, con il quale si rinunci a far valere la qualità di unico erede, l'Agenzia delle Entrate potrà procedere a tassare la predetta?

L'art. 6 TUIR, dopo aver individuato, al primo comma, le singole categorie reddituali tassativamente individuate dalla normativa tributaria, dispone espressamente, nella prima parte del suo secondo comma, che “i proventi conseguiti in sostituzione di redditi, anche per effetto di cessione dei relativi crediti, e le indennità conseguite, anche in forma assicurativa, a titolo di risarcimento di danni consistenti nella perdita di redditi, esclusi quelli dipendenti da invalidità permanente o morte, costituiscono redditi della stessa categoria di quelli sostituiti o perduti”.

La norma in oggetto (art. 6 , comma 2, TUIR), laddove assurge a disposizione di chiusura fissando il cosiddetto “principio sostitutivo”, che esclude dalla tassazione fenomeni che:

  • in primis, non presentano il requisito materiale del reddito, id est, l'incremento di ricchezza;
  • in secondo luogo, non sono riconducibili ad una categoria tra quelle indicate all'art. 6 , comma 1, TUIR.

In altre parole la comprensione del fenomeno reddituale connesso ad erogazioni risarcitorie va esaminato mediante una lettura a contrario della disciplina positiva.

Stante il quadro normativo delineato, con riferimento alle somme percepite a titolo di risarcimento danno, l'interprete deve operare secondo una “logica progressiva”, dapprima deve qualificare la natura di tale risarcimento (rif.to art. 1223 c.c. – “danno emergente” o “lucro cessante”); successivamente, se trattasi di lucro cessante (se invece trattasi di danno emergente l'indagine si ferma in quanto non si sostanzia alcuna ipotesi di tassabilità come si vedrà in appresso) deve individuare questo a quale categoria di redditi di cui all'art. 6 comma 1 TUIR si ricollega.

In merito all'interpretazione della norma citata, assume rilievo la distinzione tra “danno emergente” e “lucro cessante”. In specie, le somme corrisposte ai fini del risarcimento del c.d. “danno emergente” non hanno alcuna rilevanza dal punto di vista dell'imposizione, stante la loro funzione di mera reintegrazione patrimoniale che, logicamente, non produce nel patrimonio del percettore alcun incremento di ricchezza. Al contrario, la quota dell'indennità diretta a risarcire un mancato guadagno (c.d. “lucro cessante”), in quanto sostitutiva di reddito, deve essere compresa nel reddito complessivo da assoggettare a tassazione, ai sensi dell'art. 6, 2° comma, TUIR.

Le conclusioni di cui innanzi appaiono in linea con le numerose posizioni di prassi (AdE Risoluzioni 27/5/2002 n. 155/E, 7/12/2007 n.356/E, 22/4/2009 n.106/E) nonché con la posizione della prevalente giurisprudenza della Corte di Cassazione (Sez. V Ordinanza 3/10/2018 n. 24055 e Sez. V 26/4/2017 n. 10244).

Sul punto, si segnala, peraltro, essere intervenuta per un caso analogo la Risposta ad Interpello 27 dicembre 2018, n. 129 dell'Agenzia delle Entrate.

Gli interpellanti hanno rappresentato di avere acquistato un immobile a seguito di un atto di transazione a composizione di una vertenza avente ad oggetto la lesione della quota di eredità spettante ex lege; l'atto transattivo ha avuto quale esito la rinuncia al giudizio in corso ed il trasferimento della proprietà dell'immobile ai rinunzianti. Trascorso un anno dell'acquisizione del bene, gli istanti avevano manifestato l'intenzione di alienarlo ponendosi, pertanto, il problema dell'applicazione dell'art. 67, comma 1, lettera b) del TUIR.

L'Amministrazione implicitamente esclude la natura di “danno emergente” dell'importo corrispondente al valore dell'immobile oggetto di transazione, affermando che “Nel caso in esame, mediante la transazione, gli istanti hanno rinunciato a far valere i propri diritti di legittimari pretermessi e rinunciato ad ogni pretesa o azione connessa o derivante dalla successione, a fronte del trasferimento di un immobile ad uso abitazione e del locale deposito, di valore non necessariamente equivalente alla quota di eredità agli stessi teoricamente spettante (…) Pertanto, poiché gli istanti non hanno assunto la veste di eredi, l'importo di euro... che è il valore degli immobili (appartamento e locale deposito) trasferiti a titolo transattivo, valore risultante dal medesimo atto transattivo, costituisce una componente reddituale riconducibile alla disposizione di cui all'art 67, comma 1, lettera l) del TUIR, secondo cui vanno assoggettati a tassazione quali redditi diversi quelli derivanti “dall'assunzione di obblighi di fare, non fare o permettere”.

Al di là della considerazione non secondaria, anzi primaria, che l'atto transattivo su cui si è pronunciata l'AdE sia un atto in cui le parti individuano l'oggetto della stessa nella rinunzia di una delle parti “ad ogni pretesa o azione connessa o derivante dalla successione”, quello che non convince della Risposta dell'AdE è che sembra affermare (anche se la circostanza non è chiaramente esplicitata ma la si potrebbe intuire) che ogni qualvolta si sia in presenza di una transazione, le indennità a titolo risarcitorio ivi previste assumerebbero ex se la natura di corrispettivo tassabile rientrando nel disposto dell'art. 67 comma 1 lett. l) TUIR.

Tale assunto non appare sostenibile (sul punto si veda anche la CTR Marche, sez. III, con sentenza 5 aprile 2016, n. 214 ove si legge “E' ovvio, infatti, che i redditi percepiti in esecuzione di accordi contrattuali in genere devono necessariamente essere inclusi nelle più specifiche ed appropriate categorie reddituali. Diversamente argomentando, in tale categoria – il riferimento è all'art. 67 comma 1 lett. l)- rientrerebbero tutti i redditi derivanti da accordi contrattuali i quali generano sempre obblighi di fare, di non fare o tollerare (art. 1173 e ss c.c. )”.) in quanto la natura di “redditi diversi” delle indennità corrisposte a titolo risarcitorio non dipende dalla mera forma dell'accordo contrattuale con cui viene disposta la corresponsione delle stesse, bensì in virtù della “causa” per la quale detta corresponsione avviene, “causa” che determina la funzione reintegrativa o sostitutiva del reddito del percipiente.

Del resto, come già detto in precedenza, è questa la posizione che è costantemente emersa nei documenti di prassi dell'Amministrazione finanziaria, i quali si sono succeduti nel corso degli anni, confermata dall'orientamento della S.C.

Con riferimento alla fattispecie che ne occupa, è ragionevole ritenere che la somma percepita in virtù della raggiunta conciliazione non sia soggetta ad imposizione fiscale ai fini Irpef in quanto non rappresenta alcuna reintegrazione di reddito patrimoniale non percepito (id est, “lucro cessante”), bensì ha il precipuo scopo di ristorare il soggetto che rinuncia a far valere la propria qualità di erede della perdita patrimoniale subita e, quindi, rappresenta la reintegrazione di un pregiudizio patrimoniale riconducibile alla figura del “danno emergente”. Solo conseguenzialmente ed in via accessoria all'accordo raggiunto in sede di Verbale di conciliazione le Parti rinunceranno ad ogni domanda o pretesa di cui alle premesse del verbale stesso.

Paiono sussistere validi elementi da eccepire in un eventuale contenzioso tributario per corroborare il convincimento del giudice, al cui prudente apprezzamento è rimessa la valutazione della causa attribuita alle somme incassate, circa la non tassabilità delle stesse.

Fermo ciò, tuttavia non si può escludere in toto che l'Agenzia delle Entrate in sede di eventuale controllo possa pensare di procedere alla riqualificazione delle stesse riportandosi alle conclusioni di Risposta all'interpello citata (n. 129 del 27/12/2018) richiedendo la tassazione Irpef per le somme incassate.

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