Redditi diversi

Pasquale Formica
Caterina Guarnaccia
08 Gennaio 2017

I redditi diversi, individuati dall'art. 67 del d.P.R. n. 917/1986 (“T.U.I.R.”) e disciplinati dai successivi artt. da 68 a 71 del T.U.I.R., sono riconducibili a ipotesi eterogenee e residuali. Infatti, in generale, trattasi di redditi che, per la carenza di taluni requisiti, non possono essere ricondotti all'interno delle altre categorie, previste e disciplinate dal T.U.I.R., ai fini IRPEF (redditi di capitale, redditi fondiari, redditi di lavoro autonomo, redditi di lavoro dipendente, reddito d'impresa).
Inquadramento

L'art. 67 del TUIR forniscel'elenco tassativo dei c.d. “redditi diversi”, i quali, una volta individuati, vengono assoggettati a imposizione nei modi e nei termini stabiliti dai successivi artt. da 68 a 71 del TUIR.

Preliminarmente, occorre evidenziare che non esiste una definizione legislativa, di “redditi diversi”, avente portata generale, in quanto, trattasi di una categoria definibile, esclusivamente, attraverso una individuazione casistica e tipizzata. Più nello specifico, il genus dei redditi diversi assume natura residuale ed eterogenea. Ciò, in quanto, vengono ivi ricondotti tutti quei redditi che, poiché difettano di alcuni requisiti richiesti dalla legge, non possono essere riportati all'interno delle altre categorie previste e disciplinate dal TUIR Per detta ragione, può affermarsi che la disposizione in commento si pone a “chiusura” del sistema di assoggettamento a imposizione dei redditi configurabili in capo ai soggetti IRPEF.

I redditi diversi, di cui al citato art. 67, possono essere identificati e ricondotti, allo scopo di semplificarne la trattazione, in tre macro-categorie:

a) le plusvalenze (immobiliari e da cessione di attività finanziarie);

b) i redditi derivanti dall'esercizio di attività occasionali;

c) altri redditi diversi (i.e., vincite alle lotterie e concorsi a premio dei giochi e delle scommesse, premi derivanti da prove di abilità;

  • redditi di natura fondiaria non determinabili catastalmente;
  • redditi di beni immobili situati all'estero;
  • redditi derivanti dallo sfruttamento di opere dell'ingegno non conseguiti dall'autore;
  • indennità di trasferta, rimborsi spesa, premi e compensi erogati ai direttori artistici ed ai collaboratori tecnici per prestazioni di natura non professionale da parte di cori, bande e filodrammatiche dilettantistiche, nonché dall'esercizio diretto di attività sportive dilettantistiche;
  • redditi derivanti dalla concessione in usufrutto e dalla sublocazione di beni immobili, dall'affitto, locazione noleggio o concessione in uso di veicoli, macchine o altri beni mobili;
  • plusvalenze realizzate in caso di successiva cessione, anche parziale, delle aziende acquisite ai sensi dell'art. 58 del TUIR;
  • redditi derivanti dalla concessione in godimento di beni dell'impresa a soci o familiari dell'imprenditore;
  • plusvalenze realizzate a seguito di trasformazione eterogenea).
Le plusvalenze

La prima macro-categoria, di seguito analizzata, è rappresentata dalle plusvalenze (immobiliari o realizzate a seguito di cessione di attività finanziarie), le quali, in generale, per essere individuate, necessitano della comparazione di due grandezze: il valore (attuale) di scambio del bene ed il suo costo (storico) di acquisizione.

Le plusvalenze immobiliari

Le plusvalenze immobiliari, rientranti nella categoria dei redditi diversi, comprendono quelle di seguito descritte.

  • Le plusvalenze realizzate mediante la lottizzazione di terreni e la successiva vendita, anche parziale, dei terreni stessi (art. 67, comma 1, lett. a) del TUIR). In assenza di una definizione fiscale di “lottizzazione di terreni”, in passato era controverso se, ai fini della configurabilità della fattispecie in analisi, fosse sufficiente un'attività di natura meramente amministrativa ovvero se fosse necessaria anche una fase di concreta esecuzione delle opere. La prassi, nonché la giurisprudenza più recente (cfr., Agenzia delle Entrate, Risoluzione n. 319/E del 2008; Cass. civ., sent. n. 26275/2007) ha puntualizzato che la lottizzazione di un'area si perfeziona con la stipula della Convenzione comunale, la quale diviene condizione di efficacia del provvedimento di autorizzazione alla lottizzazione stessa. Pertanto, il c.d. “piano di lottizzazione” approvato dal Comune assume una importanza dirimente e determinante in quanto “completa” l'iter amministrativo e fa acquisire rilevanza alla fattispecie ai fini della applicabilità della lett. a) dell'art. 67 in analisi.
  • Le plusvalenze realizzate mediante l'esecuzione di opere intese a rendere edificabili i terreni (di cui al precedente punto sub i) e la successiva vendita, anche parziale, degli edifici (art. 67, comma 1, lett. a) del TUIR). Detta ipotesi si configura indipendentemente dal procedimento di lottizzazione e autorizzazione comunale di cui sopra, purché venga posta in essere un'attività idonea alla realizzazione contemporanea o successiva di una pluralità di edifici, costruiti a scopi residenziali, industriali o turistici, insistenti su un'area edificabile. Le attività poste in essere, infatti, a prescindere dal procedimento di lottizzazione, sono dirette a rendere un terreno (qualificato come edificabile), dapprima concretamente inidoneo all'edificazione, in idoneo, aumentandone il valore di mercato. In altri termini, prima della alienazione del terreno, deve essere posta in essere una qualche attività di tipo tecnico diretta al suo frazionamento o, comunque, a renderne possibile l'utilizzazione a scopo edificatorio (c.d. lottizzazione “sulla carta”; cfr., Cass. civ., ord. n. 33511/2018). Ovviamente, affinché si realizzi la plusvalenza, rilevante quale reddito diverso, è necessario che a seguito delle opere di lottizzazione (di cui supra) e/o delle opere di esecuzione in parola, il proprietario del fondo proceda alla relativa vendita, anche parziale.
  • Le plusvalenze realizzate mediante la cessione, a titolo oneroso, di beni immobili acquistati o costruiti da non più di cinque anni, con esclusione:
  1. dei beni acquisiti per successione;
  2. delle unità immobiliari urbane che per la maggior parte del periodo intercorso tra l'acquisto o la costruzione e la cessione sono adibite ad abitazione principale del cedente e dei suoi familiari.

Ai fini dell'applicazione della norma, dunque, risulta determinante il computo del termine (infra) quinquennale e, in particolare, assume rilevanza, in determinate ipotesi, la decorrenza dello stesso. A titolo di esempio, per quanto concerne i fabbricati in costruzione il dies a quo coincide con il momento in cui l'immobile è stato realizzato. Pertanto, è necessario che sia almeno identificabile un rustico, comprensivo di mura perimetrali e singole unità e che siano, altresì, rispettate le altre condizioni di cui all'art. 2645-bis c.c.. Diversamente, in relazione all'acquisto di beni immobili con riserva di proprietà, l'Agenzia delle Entrate, nella Risoluzione n. 28/E del 2009, ha precisato che il dies a quo, ai fini del computo del quinquennio, decorre dal momento in cui viene corrisposta l'ultima rata, poiché solo in detto momento si verifica l'effetto traslativo della proprietà.

Nel corso del tempo sono sorte problematiche interpretative, poi prontamente risolte dalla prassi erariale, relative alla applicabilità della norma in analisi, in ipotesi peculiari di acquisto della proprietà: l'usucapione (acquisto della proprietà a titolo originario) e la donazione (acquisto della proprietà a titolo derivativo e gratuito). Con riferimento all'usucapione occorre distinguere il caso in cui sia venduto, entro il quinquennio, un fabbricato (usucapito), dal caso in cui sia ceduto un terreno (usucapito), suscettibile di utilizzazione edificatoria. Infatti, la formulazione letterale della disposizione, mentre nel primo caso non consente di comprendere la fattispecie all'interno del proprio alveo applicativo, nel secondo, diversamente, lo consente (cfr., Agenzia delle Entrate, Risoluzione n. 78/E del 2003).

Con riferimento alla donazione, la stessa è equiparata, a tutti gli effetti, per il fine che in questa sede interessa, all'acquisto degli immobili a titolo oneroso. Pertanto, l'eventuale plusvalenza, che si genera dalla cessione infra-quinquennale, rileva ai sensi dell'art. 67, comma 1, lett. b) del TUIR. Inoltre, ai fini del computo del quinquennio, rileva la data di acquisto da parte del donante e non la data di avvenuta donazione (cfr., anche Agenzia delle Entrate, Circolare n. 28/E del 2006).

  • Le plusvalenze realizzate a seguito di cessioni di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione (art. 67, comma 1, lett. b) del TUIR). Dette plusvalenze, assoggettate a tassazione separata (ex art. 17 del TUIR), rilevano se realizzate in relazione ad aree fabbricabili, ossia quelle aree utilizzabili a scopo edificatorio in base allo strumento urbanistico generale che viene adottato dal Comune, indipendentemente dalla effettiva (successiva) approvazione della Regione e dall'adozione di relativi strumenti attuativi (cfr., Legge n. 248/2006).

Non sono considerate plusvalenze quelle realizzate a seguito di cessione a titolo oneroso di terreni sui quali insiste un fabbricato e, quindi, già edificati. Infatti, la ratio della norma tende ad assoggettare ad imposizione la plusvalenze che trovi origine non da un'attività produttiva del proprietario o possessore, ma dall'avvenuta destinazione edificatoria del terreno in sede di pianificazione urbanistica (cfr., Cass. Civ., sez. trib., n. 14113/2018).

Le plusvalenze da cessione di attività finanziarie

Rientrano nella categoria dei redditi diversi anche le plusvalenze realizzate, a seguito della cessione di azioni o altre partecipazioni societarie, nonché quelle derivanti dalla cessione di titoli obbligazionari o di altri strumenti finanziari (art. 67, comma 1, lett. c, c-bis del TUIR).

Per effetto della Legge 27 dicembre 2017, n. 205, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 302 del 29 dicembre 2017 (c.d. “Legge di Bilancio 2018”), con riferimento ai capital gains - realizzati a decorrere dal 1° gennaio 2019, da soggetti che non svolgono attività di impresa - non vi sarà più la distinzione impositiva tra partecipazioni qualificate e non qualificate (cfr., anche art. 68 del TUIR). Infatti, l'ambito di applicazione dell'imposta sostitutiva, pari al 26 per cento, precedentemente applicata unicamente alle plusvalenze realizzate a seguito della cessione di partecipazioni non qualificate, viene esteso, indistintamente, a tutte le plusvalenze finanziarie che costituiscono redditi diversi.

In evidenza: compensazione tra plusvalenze e minusvalenze

Un vantaggio derivante dall'applicazione del “nuovo regime” (introdotto dalla Legge di Bilancio 2018), consiste nel poter compensare, tra loro, le plusvalenze e le minusvalenze derivanti da partecipazioni qualificate e partecipazioni non qualificate - stante la relativa equiparazione, ai fini fiscali - anche qualora si applichino alle stesse i diversi regimi del risparmio amministrato e del risparmio gestito. Infatti, si rammenta che, secondo quanto chiarito dall'Agenzia delle Entrate con la Circolare n. 52/E del 2004, in precedenza, non era possibile effettuare la compensazione, ad esempio, tra una minusvalenza derivante dalla cessione di una partecipazione qualificata e una plusvalenza prodotta dalla cessione di una partecipazione non qualificata, perché assoggettate a differenti regimi di tassazione.

Tuttavia, preme sottolineare che la distinzione tra partecipazioni qualificate e non qualificate continua a rilevare (in quanto la legge di bilancio 2018 non prevede alcuna abrogazione), sia ai fini della tassazione in Italia degli investitori non residenti, sia ai fini dell'imposizione dei redditi derivanti da investimenti in Piani di risparmio individuale (c.d. “PIR”). Nello specifico, ai sensi dell'art. 1, comma 100, della Legge 11 dicembre 2016, n. 232 (c.d. ”Legge di Bilancio 2018”), non sono soggetti ad imposizione i redditi di capitale di cui all'art. 44 del TUIR diversi da quelli relativi a partecipazioni qualificate e i redditi diversi di cui all'art. 67, comma 1, lettere da c-bis a c-quienquies del TUIRconseguiti al di fuori dell'esercizio di impresa commerciale, da persone fisiche residenti nel territorio dello Stato, derivanti dagli investimenti nei piani di risparmio a lungo termine, con l'esclusione di quelli che concorrono alla formazione del reddito complessivo imponibile”.

Come anche specificato nel paragrafo sub-1, la disciplina concernente i redditi diversi, la quale assume carattere di residualità, non viene applicata qualora le cessioni suddette siano poste in essere nell'ambito dell'esercizio di attività di impresa.

Il relativo regime fiscale:

  • dal punto di vista soggettivo, trova applicazione anche in relazione agli enti non commerciali, per le partecipazioni detenute al di fuori dell'esercizio dell'attività di impresa;
  • dal punto di vista oggettivo, trova applicazione in relazione alle cessioni a titolo oneroso (non rilevano i trasferimenti a titolo gratuito, quali successioni mortis causa e donazioni), a prescindere dalle modalità con le quali viene posto in essere il trasferimento (i.e., a pronti o a termine) e anche in relazione a quelle operazioni assimilate alle cessioni, le quali implicano la costituzione o il trasferimento di diritti reali di godimento.

In evidenza: Redditi diversi/Recesso

In generale, le operazioni di recesso, riduzione del capitale esuberante o liquidazione, anche concorsuale, di un soggetto IRES, non generano redditi diversi, in quanto producono, quale effetto, o una riduzione del costo della partecipazione ovvero redditi di capitale. In conformità con le disposizioni di riferimento (cfr., anche art. 47, comma 7 del TUIR) e con la prassi erariale (cfr., Agenzia delle Entrate, Circolare n. 26/E del 2004) occorre sottolineare, tuttavia, che non tutte le operazioni di rimborso, effettuate in favore dei soci a seguito di recesso, danno luogo a redditi di capitale. Infatti, al di fuori delle ipotesi, nelle quali si ravvisa un recesso c.d. “tipico” o che si configura l'annullamento delle azioni o quote, i proventi/rimborsi che si generano trovano collocazione nella categoria dei redditi diversi di natura finanziaria.

Ciò, si realizza nel caso in cui il recesso avviene mediante l'acquisto delle azioni o quote da parte di altri soci, in proporzione alle partecipazioni detenute ovvero anche da parte di terzi.

Ulteriore modifica è stata apportata all'art. 68 del TUIR, per effetto del D.Lgs. 29 novembre 2018, n. 142 (c.d. “Decreto ATAD”),con cuiè stata data attuazione alla Direttiva UE 2016/1164 (c.d.Anti Tax Avoidance Directive” – breviter, “Atad).

L'art. 5 del Decreto ATAD interviene modificando i commi 4 e 4-bis, dell'art. 68 del TUIR, sebbene in modo marginale e per lo più per finalità di coordinamento normativo con il novellato art. 47-bis e con la nuova nozione di controllo definita ai fini della CFC (dall'art. 167, comma 2, TUIR).

Art. 68, comma 4, del TUIR:

Al comma 4, dell'art. 68 del TUIR, primo periodo, mediante un intervento di mero coordinamento normativo, è stato sostituito il riferimento all'art. 167, comma 4, del TUIR, con il novellato art. 47-bis, del TUIR.

È, dunque, previsto che le plusvalenze di cui all' art. 67, comma 1, lett. c, c-bis, del TUIR, realizzate mediante la cessione di partecipazioni al capitale o al patrimonio, titoli e strumenti finanziari di cui all'art. 44, comma 2, lett. a) e contratti di cui all'art. 109, lett. b), emessi o stipulati da società localizzate in Paesi a fiscalità privilegiata individuati in base ai criteri di cui all'art. 47-bis, comma 1, del TUIR, concorrono a formare il reddito per il loro intero ammontare.

Una modifica più sostanziale ha interessato il secondo periodo del comma 4.

È prevista, difatti, l'equiparazione del trattamento fiscale delle plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni in società quotate, localizzate in Paesi a fiscalità privilegiata, a prescindere dal fatto che siano partecipazioni qualificate o meno.

Nella previgente formulazione era, invece, specificato che la disposizione del primo periodo “non si applica alle partecipazioni, ai titoli e agli strumenti finanziari di cui alla citata lett. c-bis), comma 1, dell'articolo 67, (n.d.a. partecipazioni non qualificate) emessi da società i cui titoli sono negoziati nei mercati regolamentati”.

Se il contribuente intende far valere la c.d. “seconda esimente” di cui all'art. 47-bis, comma 2, lett. b) del TUIR, (i.e., dimostrare che dalle partecipazioni non consegue l'effetto di localizzare i redditi in Stati o territori a regime fiscale privilegiato), la percezione di plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni in imprese ed enti residenti o localizzati in Paesi a fiscalità privilegiata deve essere segnalata nella dichiarazione dei redditi da parte del socio residente. Per poter beneficiare di tale disciplina di favore, è precisato che la condizione di cui all'art. 47, comma 2, lett. b), deve sussistere, ininterrottamente, sin dal primo periodo di possesso.

Anche in tal caso, si è trattato di una modifica di mero coordinamento che ha richiesto la sostituzione della “condizione indicata nella lett. c) del comma 1, dell'art. 87, del TUIR”, prevista nella previgente formulazione, con la “condizione indicata nella lett. b) del comma 2, dell'art. 47-bis”, di cui supra.

Inoltre, conformemente a quanto previsto nella previgente formulazione, è confermata l'applicazione della sanzione amministrativa di cui all'art. 8, comma 3-ter, D.Lgs. n. 471 del 1997, nei casi di mancata o incompleta indicazione nella dichiarazione dei redditi, e non è richiesta la segnalazione in dichiarazione qualora il contribuente abbia presentato istanza di interpello (ai sensi del comma 3, dell'art. 3, dell'art. 47-bis, del TUIR) e ricevuto una risposta favorevole.

Infine, nella nuova e attuale formulazione è stato specificato che per le cessioni di partecipazioni poste in essere nei confronti di controparti “non appartenenti allo stesso gruppo del dante causa”, la condizione prevista dall'art. 47-bis, comma 2, lett. b), deve sussitere, ininterottamente, per i cinque periodi d'imposta anteriori al realizzo stesso. In sostanza, in tali casi, non è richiesta la dimostrazione della seconda esimente sin dall'inizio del periodo di possesso di cui supra, bensì è stato introdotto un “periodo di monitoraggio” di cinque anni.

Art. 68, comma 4-bis, del TUIR:

Con l'art. 5 del Decreto ATAD si è proceduto alla sostituzione del primo periodo del comma 4-bis, dell'art. 68, del TUIR.

Anche in tal caso si è trattato di una modifica di mero coordinamento che ha riguardato la sostituzione del riferimento operato (nella previgente formulazione) all'art. 167, comma 4 e comma 5, lett. a), del TUIR, con il novellato art. 47-bis; rimane ferma l'attribuzione del credito d'imposta ai sensi dell'art. 165 del TUIR.

Dunque, per le plusvalenze realizzate su partecipazioni in enti residenti o localizzati in Stati o territori a regime fiscale privilegiato (di cui all'art. 47-bis) per i quali sussiste la c.d. “prima esimente” di cui all'art. 47-bis, comma 2, lett. a), del TUIR, (i.e., è dimostrato che il soggetto non residente svolga un'attività economica effettiva, mediante l'impiego di personale, attrezzature, attivi e locali), è attribuito al cedente controllante ovvero alle cedenti residenti sue controllate, un credito d'imposta ai sensi dell'art. 165 del TUIR, in ragione delle imposte assolte dalla società partecipata sugli utili maturati durante il periodo di possesso della partecipazione, in proporzione delle partecipazioni cedute e nei limiti dell'imposta italiana relativa a tali plusvalenze.

Le plusvalenze da cessione di partecipazioni qualificate

All'interno della categoria delle plusvalenze derivanti da cessioni di attività finanziarie, la disposizione in esame, al comma 1, lett. c), individua quelle che si generano per effetto della cessione di partecipazioni qualificate. A tal ciò, si precisa che una partecipazione si identifica come qualificata quando essa rappresenta una percentuale superiore al 2 o al 20 per cento dei diritti di voto esercitabili nell'assemblea ordinaria, ovvero al 5 o al 25 per cento del capitale o del patrimonio, secondo che si tratti, rispettivamente, di titoli quotati in mercati regolamentati o di altre partecipazioni. I summenzionati criteri (i.e., della partecipazione al capitale e al patrimonio ovvero dei diritti di voto nell'assemblea) operano alternativamente tra loro.

La disposizione chiarisce che rientrano nell'operatività della stessa, non solo le azioni, bensì, anche le partecipazioni al capitale o al patrimonio delle società di cui all'art 5 del TUIR (i.e., società di persone, con esclusione delle associazioni professionali, di cui al comma 3, lett. c) del medesimo art. 5) nonché dei soggetti di cui all'art. 73, comma 1, lett. a), b) e d), tra i quali rientrano anche gli enti commerciali o gli enti non residenti.

La lettera della norma prevede espressamente che possono dare luogo a cessione di partecipazioni qualificate, non solo le mere partecipazioni, ma anche i diritti o titoli attraverso i quali possono essere acquistate le partecipazioni stesse. In altri, termini ai fini della verifica delle soglie sancite dalla disposizione (i.e., una partecipazione è qualificata quando rappresenta una percentuale superiore al 2 o al 20 per cento dei diritti di voto esercitabili nell'assemblea ordinaria, ovvero al 5 o al 25 per cento del capitale o del patrimonio), occorre considerare, non soltanto le partecipazioni, ma anche i diritti e i titoli che attribuiscono il diritto a sottoscrivere o acquistare partecipazioni (p.es. obbligazioni convertibili, diritti di opzione).

Ai fini del calcolo delle soglie di legge (cfr., supra), previste per identificare una partecipazione come qualificata o non, la norma in parola stabilisce che occorre considerare le cessioni effettuate nell'arco di dodici mesi, anche se nei confronti di soggetti diversi. Detto termine decorre, per il predetto computo, dalla data in cui le partecipazioni, i titoli e i diritti posseduti rappresentano una percentuale di diritti di voto o di partecipazione superiore alle percentuali summenzionate.

La disposizione, inoltre, prevede talune assimilazioni alla categoria in esame. In particolare, costituiscono plusvalenze realizzate su partecipazioni qualificate anche quelle relative ai:

  1. contratti di associazione in partecipazione, diversi da quelli il cui apporto sia rappresentato dal solo lavoro, quando il valore dell'apporto stesso:
  • supera il 5 per cento (nel caso in cui si tratti di società i cui titoli sono negoziati in mercati regolamentati) o il 25 per cento del valore del patrimonio netto e contabile (nel caso di altre partecipazioni) risultante dall'ultimo bilancio approvato prima della data di stipula del contratto;
  • sia superiore al 25 per cento del valore individuato al comma 2 dell'art. 47 del TUIR, qualora l'associante determini il reddito di impresa secondo le disposizioni sulle imprese minori (art. 66 de TUIR). Nell'ipotesi in cui l'apporto non superi le predette percentuali, si applica il trattamento fiscale previsto per le partecipazioni non qualificate (cfr., infra).
  1. contratti di associazione in partecipazione, con associante non residente, laddove non sussista la condizione di cui all'art. 44, comma 2, lett. a), ultimo periodo. Pertanto, la cessione del contratto dà luogo ad una plusvalenza “qualificata”, indipendentemente dalla circostanza che l'apporto di capitale abbia o meno superato le soglie percentuali di legge (cfr., supra), quando la remunerazione dei contratti stipulati con società estere sia deducibile dal reddito dell'associante ovvero non sia dimostrabile l'indeducibilità della stessa.

Ai fini del trattamento impositivo delle plusvalenze da cessione di partecipazioni qualificate, si rinvia a quanto specificato nel paragrafo sub-2.2, nonché all'art. 68 del TUIR, così come modificato dalla legge di bilancio 2018.

Le plusvalenze da cessione di partecipazioni non qualificate

L'art. 67, comma 1, lett. c-bis) del TUIR include nella categoria dei redditi diversi anche le plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni, diritti e titoli, nonché fattispecie assimilate (cessione di contratti di associazione in partecipazione e strumenti finanziari partecipativi) che rappresentano percentuali di diritti di voto ovvero di partecipazione al capitale o al patrimonio, inferiori rispetto a quelle fissate per le partecipazioni qualificate (cfr., par. sub-2.2.1).

Le plusvalenze derivanti dalla eventuale cessione sono assoggettate ad imposta sostitutiva pari al 26 per cento del rispettivo ammontare (cfr., par. sub-2.2).

Le plusvalenze derivanti dalla cessione o rimborso titoli, certificati di massa quote di fondi comuni, valute e metalli preziosi

L'art. 67, comma 1, lett. c-ter) del TUIR individua, quali redditi diversi, le plusvalenze, diverse da quelle di cui alla lett. c) e c-bis) della medesima norma, derivanti sia dalla cessione a titolo oneroso, sia dal rimborso di titoli non rappresentativi di una partecipazione al capitale o al patrimonio e quelle derivanti dalla cessione di titoli obbligazionari, cambiali finanziarie e certificati di investimento, nonché certificati di deposito e di massa (quelli non “di massa” potrebbero rientrare nella qualificazione prevista dalla successiva lett. c-quinquies della norma in commento; cfr., infra). Occorre precisare che, mentre la cessione di questi strumenti finanziari assume sempre rilevanza, in quanto la plusvalenza viene assoggettata a tassazione quale reddito diverso, il rimborso rileva unicamente (ai fini della operatività della disposizione) se allo stesso segue un acquisto sul mercato dello strumento finanziario stesso. Diversamente, il provento viene qualificato come reddito di capitale, ai sensi dell'art. 44 del TUIR.

Inoltre, rilevano quali redditi diversi, individuati dalla summenzionata lett. c-ter), anche:

(i) le plusvalenze che si generano dalle quote di partecipazioni a soggetti ad azionariato diffuso, quali gli organismi di investimento collettivo del risparmio, quando sono oggetto di negoziazione tra privati. Ciò, in quanto se la partecipazione viene sottoscritta e successivamente riscattata dall'investitore, si realizza un reddito di capitale, ai sensi dell'art. 44, comma 1, lett. g) del TUIR;

(ii) le plusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso di valute e quelle derivanti dalla cessione a titolo oneroso di metalli preziosi allo stato grezzo o monetato.

Proventi derivanti da contratti derivati e da contratti a termine

L'art. 67, comma 1, lett. c-quater) del TUIR ricomprende nel genus dei redditi diversi quei proventi riconducibili agli effetti economici dei contratti derivati.

In particolare, relativi ai:

  1. contratti a termine di tipo traslativo, nei quali le parti contraenti stabiliscono l'obbligo di cedere o acquistare, a termine, strumenti finanziari, valute estere, metalli preziosi o merci (p.es. i contratti future e contratti di opzione su titoli, valute, merci o metalli preziosi; cfr., Circolare ministeriale n. 165/E del 1998);
  2. contratti a termine di tipo differenziale, nei quali le parti contraenti stabiliscono l'obbligo di effettuare o ricevere a termine uno o più pagamenti commisurati a tassi di interesse, a quotazioni o valori di strumenti finanziari, di valute estere, di metalli preziosi o merci ovvero altri parametri di natura finanziaria (p.es. i contratti future e contratti di opzione su tassi di interesse, indici e altri parametri di carattere finanziario; cfr., Circolare ministeriale n. 165/E del 1998).
I redditi derivanti dalla chiusura di rapporti produttivi di redditi di capitale

L'art. 67, comma 1, lett. c-quinquies) del TUIR ha una portata, a sua volta, residuale. Ciò, in quanto attrae nel proprio ambito applicativo:

(i) tutte le plusvalenze realizzate attraverso la cessione o chiusura di rapporti produttivi di redditi di capitale, i quali essendo privi della veste giuridica di titoli, certificati di massa o strumenti finanziari potrebbero non essere tassabili ai sensi della lett. c - ter);

(ii) i proventi derivanti dai contratti aleatori, i quali, in virtù della sussistenza dell'alea, non possono essere ricondotti all'interno dell'alveo applicativo della lett. c - quater) della norma in analisi.

Nello specifico, le fattispecie ivi contemplate sono:

  1. le plusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso e dal rimborso di crediti pecuniari e strumenti finanziari, nonché dalla cessione a titolo oneroso e la chiusura di contratti produttivi di redditi di capitale;
  2. i proventi derivanti dai contratti attraverso cui possono essere conseguiti differenziali positivi e negativi, in dipendenza di un evento incerto.
Redditi derivanti dall'esercizio di attività occasionali

Rientrano nella categoria dei redditi diversi anche quei redditi riconducibili all'esercizio di attività commerciali ovvero di lavoro autonomo, non effettuate abitualmente, e, dunque, occasionalmente (art. 67, comma 1, lett. i) del TUIR), nonché quei redditi derivanti dall'assunzione di obblighi di fare, non fare e permettere (art. 67, comma 1, lett. l) del TUIR).

Con riferimento al primo gruppo di redditi sopra menzionati (art. 67, comma 1, lett. i) del TUIR) e, in particolare, a quelli riconducibili all'esercizio di attività commerciali si precisa che, in conformità con l'orientamento fornito dalla prassi erariale (cfr., Agenzia delle Entrate, Risoluzione n. 204/E del 2002), la qualifica di imprenditore commerciale viene acquisita anche nel caso in cui venga effettuato un unico affare, a patto che lo stesso sia complesso e rilevante dal punto di vista economico/operativo. Pertanto, in detta ipotesi, i proventi che si generano sono idonei ad essere “attratti” nella categoria dei redditi d'impresa e non in quella dei redditi diversi, ravvisandosi, il requisito dell'abitualità. Inoltre, giova sottolineare anche che all'interno della categoria di redditi riconducibili all'esercizio non abituale, di lavoro autonomo, vengono collocati anche i redditi prodotti dai c.d. “procacciatori di affari” (occasionali), nonché i redditi derivanti dallo svolgimento, nell'ambito dell'immobile di residenza, di attività di fornitura a terzi di alloggio e prima colazione (attività occasionale di c.d. “bed and breakfast”). Tuttavia, i redditi scaturenti dall'esercizio di una determinata attività, per l'esercizio della quale sia richiesta (dalla legge) l'iscrizione ad un albo professionale, anche se conseguenti ad una sola prestazione e/o di importo minimo, non possono essere qualificati come redditi diversi, bensì come redditi di lavoro autonomo.

All'interno del secondo gruppo di redditi sopra menzionati (art. 67, comma 1, lett. l) del T.U.I.R.), ossia quelli derivanti dall'assunzione di obblighi di fare, non fare e permettere, rientrano anche:

  • le cessioni o concessioni in uso di marchi di fabbrica e di commercio non effettuate da imprenditori;
  • il corrispettivo derivante dalla costituzione del diritto di superficie non acquisito a titolo oneroso (cfr., Agenzia delle Entrate, Circolare n. 36/E del 2012);
  • i corrispettivi percepiti dalla cessione di un contratto preliminare di acquisto di un immobile. Il contratto preliminare, infatti, non produce effetti reali (poiché non è idoneo a trasferire la proprietà del bene oggetto del negozio), bensì effetti obbligatori, ossia comporta il sorgere di determinati impegni in capo ai contraenti (cfr., Agenzia delle Entrate, Risoluzione n. 6/E del 2015);
  • le quote dei canoni imputate ad acconto-prezzo, nell'ambito dei contratti c.d. “rent to buy” (contratto di godimento e successiva alienazione), trattenute dal proprietario del bene (non imprenditore), nell'ipotesi in cui le parti non procedano alla conclusione del contratto di compravendita per mancato esercizio del diritto di acquisto dell'immobile e per inadempimento contrattuale del conduttore (cfr., Agenzia delle Entrate, Circolare n. 47/E del 2015).
Altri redditi diversi

Rientrano in questa ulteriore macro-categoria redditi riconducibili a una tipologia variegata, privi di un collegamento tra loro. Nello specifico, trattasi dei redditi individuati al paragrafo sub-1, di seguito descritti.

1) Vincite e premi

L'art. 67, comma 1, lett. d) stabilisce che costituiscono redditi diversi le vincite delle lotterie, dei concorsi a premio, dei giochi e delle scommesse organizzati per il pubblico e i premi derivanti da prove di abilità o dalla sorte, nonché quelli attribuiti in virtù di particolari meriti artistici, scientifici o sociali (cfr., anche Risoluzione n. 8/1251 del 28 ottobre 1976).

In evidenza:
Come precisato dalla Risoluzione n. 141/E del 30 dicembre 2010, rientrano nell'alveo applicativo della lett. d), art. 67 del T.U.I.R anche le vincite conseguite a seguito della partecipazione di giochi on-line

2) Redditi di natura fondiaria e non determinabili catastalmente e redditi di immobili situati all'estero

L'art. 67 in esame, al comma 1, lett. e) e lett. f), comprende i redditi di natura fondiaria non determinabili catastalmente, ivi compresi quelli dati in affitto per usi non agricoli, come anche i redditi derivanti da beni immobili situati all'estero.

3) Utilizzazione economica di opere dell'ingegno, brevetti e formule know how

L'art. 67, comma 1, lett. g) del T.U.I.R. comprende, tra i redditi diversi, quelli derivanti dall'utilizzazione economica di opere dell'ingegno, di brevetti industriali e di processi, formule e informazioni relativi ad esperienze in campo industriale, commerciale o scientifico, salvo il disposto dell'art. 53, comma 2, lett. b) del T.U.I.R. che riguarda tutti i soggetti che cedono i diritti d'autore diversi dagli autori ed inventori (es. eredi o cessionari dei diritti). Ovviamente, per quanto specificato al paragrafo sub-1, detti redditi, rientrano nella categoria dei redditi diversi sempre che siano conseguiti al di fuori dell'esercizio di attività di impresa.

4) Affitto, locazione e sublocazione

L'art. 67, comma 1, lett. h) del T.U.I.R. individua quali redditi diversi, quelli derivanti:

  • dalla concessione in usufrutto e dalla sublocazione di beni immobili;
  • dall'affitto, locazione, noleggio o concessione in uso di veicoli, macchine e altri beni mobili;
  • dall'affitto e dalla concessione in usufrutto di aziende. La disposizione precisa espressamente che l'affitto e la concessione in usufrutto, da parte dell'imprenditore, dell'unica azienda non si considerano effettuati nell'ambito dell'esercizio di impresa e in caso di successiva vendita (totale o parziale), la plusvalenza eventualmente realizzata concorre a formare il reddito complessivo quale reddito diverso.

In evidenza:

L'Amministrazione finanziaria, a precisazione del dato normativo, afferma, con la Risoluzione n. 374/E del 28 novembre 2002 - anche in coerenza con la precedente sentenza della Corte di Cassazione n. 14196/2000 – che, in concreto, con l'affitto o con la concessione dell'unica azienda cessa l'attività di impresa per la durata del contratto di affitto e che, pertanto, qualificando i redditi derivanti dalle predette attività quali redditi diversi (come anche la eventuale plusvalenza che si realizza a seguito di cessione), non si pone una deroga al principio della c.d. “forza di attrazione” al reddito di impresa.

5) Cessione di aziende acquisite per causa di morte o per atto gratuito da familiari

L'art. 67, comma 1, lett. h-bis del TUIR, individua, quali rientranti all'interno della categoria residuale dei redditi diversi, anche le plusvalenze realizzate in caso di successiva cessione, anche parziale, delle aziende acquisite ai sensi dell'art. 58 del medesimo TUIR, per causa di morte o atto gratuito.

Preliminarmente, occorre puntualizzare che la disposizione in analisi prevede che le plusvalenze maturate sui beni dell'impresa non siano assoggettate a tassazione in capo al soggetto che ha trasferito i beni stessi, bensì in capo al soggetto beneficiario, il quale decide di trasferire, a sua volta, i beni medesimi. Infatti, non costituisce operazione realizzativa il trasferimento dell'azienda per causa di morte o per atto gratuito a familiari (nel qual caso, l'azienda viene assunta ai medesimi valori fiscalmente riconosciuti nei confronti del dante causa). Il regime di neutralità fiscale summenzionato è applicato anche laddove, a seguito dello scioglimento della società tra gli eredi, entro cinque anni dall'apertura della successione, la predetta società resti acquisita da uno solo di essi.

In evidenza:

Il regime di neutralità fiscale, a seguito dell'entrata in vigore dell'art. 16, comma 2 della Legge n. 383/ 2001, è stato esteso alle ipotesi in cui il trasferimento dell'azienda, per causa di morte o per atto gratuito, sia disposto a favore di soggetti diversi dai familiari, a condizione che l'attività di impresa sia proseguita.

Le plusvalenze in esame - le quali, come detto, sono prodotte a seguito della eventuale cessione, anche parziale, delle aziende acquisite, a loro volta, in regime di neutralità fiscale, per causa di morte o atto gratuito, - sono realizzate nell'ambito dell'esercizio dell'attività di impresa, e subiscono una riqualificazione - in quanto concorrono a formare il reddito complessivo non come redditi di impresa ma come redditi diversi - a condizione che, come anche precisato dall'Agenzia delle Entrate, con la Circolare n. 78/E del 2015, gli eredi o i donatari non abbiano proseguito l'attività di impresa.

6) Beni concessi in godimento a soci o familiari

L'art. 67, comma 1, lett. h-ter del T.U.I.R., qualifica come “diversi” quei redditi derivanti dal godimento dei beni relativi all'impresa, che si realizzano in capo ai soci della società o loro familiari. La norma è stata inserita con il D.L. n. 138 del 2011, poi convertito dalla Legge n. 148 del 2011, allo scopo di contrastare il fenomeno della concessione in godimento dei beni relativi all'impresa, per fini estranei all'impresa stessa, ai soci o familiari, a condizioni più favorevoli di quelle applicabili nell'ambito del mercato ordinario.

Nello specifico, costituisce reddito diverso, per il socio o per il familiare, la differenza tra il valore normale del diritto di godimento del bene stesso e il corrispettivo annuo pattuito. Detto provento - a differenza di quanto accade per le altre tipologie di reddito diverso, le quali, rilevano fiscalmente secondo il principio di cassa - diviene fiscalmente rilevante al momento della relativa maturazione.

In evidenza:

L'Agenzia delle Entrate, con la Circolare n. 24/E del 2012 ha precisato che l'ipotesi in analisi, si differenzia dall'autoconsumo familiare, dall'assegnazione dei beni ai soci nonché dalla destinazione degli stessi a finalità estranee all'esercizio dell'impresa, in quanto, i beni non fuoriescono dal regime di impresa.

Con riferimento all'ambito oggettivo della norma, giova precisare che i beni rientranti nel relativo alveo applicativo sono quelli strumentali, nonché i beni-merce e gli immobili-patrimonio, posseduti a titolo di proprietà o in base a un diritto reale ovvero detenuti in locazione, anche finanziaria, noleggiati o ricevuti in comodato.

Si sottolinea che allo scopo di individuare il valore di mercato, richiesto dalla norma al fine di individuare il reddito da assoggettare ad imposizione, in via generale, occorre fare riferimento ai criteri dettati dall'art. 9 del TUIR.

Tuttavia, nelle ipotesi in cui non sia possibile utilizzare detti criteri, il valore di mercato, da confrontare con il corrispettivo pattuito, dovrà risultare da apposita (puntuale) perizia di stima.

In assenza di un corrispettivo contrattualmente stabilito, se il bene è concesso in godimento per l'intero periodo di imposta, costituisce reddito diverso, per l'utilizzatore, l'intero valore di mercato del diritto di godimento. Diversamente, se il periodo di godimento risulta essere inferiore all'anno, il reddito diverso si individua nel valore di mercato commisurato in ragione del periodo effettivo di godimento.

Pertanto, come anche si evince dalla lettura della Circolare n. 36/E del 2012, dell'Agenzia delle Entrate, per esigenze di certezza e documentabilità, è consigliato che le condizioni contrattuali risultino da apposita certificazione, anche se, in difetto della stessa, è comunque concessa la facoltà al contribuente di dimostrare, con altra modalità, i termini essenziali dell'accordo, compreso il corrispettivo pattuito.

7) Indennità o rimborsi agli sportivi dilettanti

L'art. 67, comma 1, lett. m) del TUIR individua, tra i redditi diversi, le indennità di trasferta, i rimborsi forfetari di spesa, i premi e i compensi erogati ai direttori artistici e ai collaboratori tecnici per prestazioni di natura non professionale (i.e., dilettantistica), da parte di cori, bande musicali e filodrammatiche, nonché quelli erogati nell'esercizio diretto di attività dilettantistiche, dal CONI, dalle Federazioni sportive Nazionali, dall'Unione Nazionale per l'incremento delle razze equine (UNIRE), dagli enti di promozione sportiva e da qualunque organismo, comunque denominato che persegua finalità dilettantistiche e che sia dai primi riconosciuto. Allo scopo di rientrare, dal punto di vista soggettivo, nell'ambito applicativo della norma in analisi, è necessario che i proventi percepiti siano “provenienti” da soggetti in possesso di determinati requisiti. In particolare, è necessario che, dalla ragione sociale e dallo Statuto delle associazioni e delle società sportive dilettantistiche, emerga evidente la finalità sportiva/dilettantistica oltre che l'assenza del fine di lucro. Il rispetto delle predette condizioni garantisce ai menzionati soggetti la possibilità di beneficiare delle agevolazioni previste dalle disposizioni fiscali.

Invero, dal punto di vista oggettivo, occorre precisare che, per effetto delle modifiche apportate dalla Legge n. 289/2002, la norma deve essere applicata estensivamente. Ciò, in quanto, rientrano tra i redditi diversi anche i compensi percepiti in relazione a rapporti di collaborazione coordinata e continuativa di carattere amministrativo gestionale di natura non professionale, resi in favore di società sportive dilettantistiche. Infatti, con la locuzione normativa “esercizio diretto” deve farsi riferimento non solo a quei soggetti “direttamente” incaricati della realizzazione delle manifestazioni sportive (p.es. dirigenti, rappresentanti delle federazioni o anche giudici di gara) ma anche al personale amministrativo (p.es. personale di segreteria) che collabora con l'associazione o la società sportiva dilettantistica e, più in generale, la norma include le forme di collaborazione previste dal D.Lgs. n. 276/2003.

8) Plusvalenze derivanti da trasformazione eterogenea

Ai sensi dell'art. 67, comma 1, lett. n) del TUIR, costituiscono redditi diversi le plusvalenze realizzate a seguito di trasformazione eterogenea, prevista dall'art. 171, comma 2 del TUIR, ove ricorrono i presupposti previsti alle lettere precedenti di cui al medesimo art. 67.

Nello specifico, la tipologia di trasformazione che rileva ai fini dell'applicazione della disposizione in esame è quella relativa a un soggetto non commerciale che si trasforma in una società di capitali e, dunque, si configura l'ipotesi in cui un soggetto IRPEF si trasforma in un soggetto IRES. In tal caso, infatti, si realizza un vero e proprio conferimento, quale operazione realizzativa, del soggetto non commerciale. La plusvalenza derivante dal conferimento di beni (p.es., partecipazioni, immobili, terreni) - i quali una volta immessi nella società vengono iscritti al valore normale (e non al costo storico), quale valore fiscalmente riconosciuto - viene assoggettata a imposizione come reddito diverso, ai sensi della citata lett. n) dell'art. 67.

Riferimenti

Normativi:

D.Lgs. 29 novembre 2018, n. 142

Direttiva UE 2016/1164

Legge 4 agosto 2006, n. 248

artt. 5, 6 e 7, D. Lgs. 21 novembre 1997, n. 461

Legge 18 ottobre 2001, n. 383

art. 44, d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917

art. 47, comma 7, d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917

art. 73, comma 1, d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917

Giurisprudenziali:

Cass. civ., sez. V, 27 dicembre 2018, n. 33511

Cass. civ., sez. VI, 1 giugno 2018, n. 14113

Cass. civ., sez. I., 14 dicembre 2007, n. 26275

Cass. civ., sez. V, 27 ottobre 2000, n. 14196

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