Trattenimento degli stranieri e arresto differito: le novità introdotte dal decreto “immigrazione-sicurezza”

Leonardo Degl'Innocenti
Alessandro Trinci
16 Giugno 2021

Estendendo al settore dell'immigrazione un istituto controverso e discusso già sperimentato nell'ambito delle manifestazioni sportive, il legislatore, con il dl. n. 130/2020 (c.d. decreto “immigrazione-sicurezza”), convertito nella l. n. 173/2020, ha previsto la possibilità di arrestare in modo differito rispetto alla commissione del reato l'autore di delitti commessi con violenza alle persone o alle cose in occasione o a causa del trattenimento in uno dei centri di permanenza per i rimpatri o durante la permanenza nelle strutture di primo soccorso e accoglienza...
Abstract

Estendendo al settore dell'immigrazione un istituto controverso e discusso già sperimentato nell'ambito delle manifestazioni sportive, il legislatore, con il dl. n. 130/2020 (c.d. decreto “immigrazione-sicurezza”), convertito nella l. n. 173/2020, ha previsto la possibilità di arrestare in modo differito rispetto alla commissione del reato l'autore di delitti commessi con violenza alle persone o alle cose in occasione o a causa del trattenimento in uno dei centri di permanenza per i rimpatri o durante la permanenza nelle strutture di primo soccorso e accoglienza. Alla convalida dell'arresto consegue l'obbligatoria instaurazione del giudizio direttissimo. L'articolo si propone di fornire una prima interpretazione della previsione cercando anche di evidenziarne le criticità.

L'arresto differito per i reati commessi nei centri di permanenza per i rimpatri

Il dl. n. 130/2020 (c.d. decreto “immigrazione-sicurezza”), convertito, con modificazioni, nella l. n. 173/2020, introducendo un comma 7-bis nell'art. 14 d.lgs. 25 n. 286/1998 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero – da ora t.u.imm.), ha previsto la possibilità di un arresto differito, da eseguirsi entro le quarantotto ore dal fatto, di colui che, anche sulla base di documentazione video o fotografica, risulta essere autore di delitti, per i quali sia previsto l'arresto obbligatorio o facoltativo in flagranza di reato ex artt. 380 e 381 c.p.p., commessi con violenza alle persone o alle cose compiuti in occasione o a causa del trattenimento in uno dei centri di permanenza per i rimpatri o durante la permanenza nelle strutture di primo soccorso e accoglienza.

La previsione non è inedita trattandosi di un istituto che il legislatore aveva già sperimentato nel settore delle manifestazioni sportive per consentire l'arresto ritardato dei tifosi violenti (art. 8, comma 1-ter, l. n. 689/1989). Non va taciuto che la deviazione dal modello codicistico, incentrato – anche nella lettura giurisprudenziale offerta dalle Sezioni Unite – su una percezione diretta del fatto da parte degli agenti che operano l'arresto, aveva destato preoccupazioni in dottrina, nonostante la Suprema Corte avesse rigettato, per manifesta infondatezza, un'eccezione di costituzionalità della norma, sollevata in relazione all'art. 13, comma 3, Cost., ritendo ragionevole la previsione che, per effetto di fenomeni eccezionali, giustifica la possibilità di eseguire l'arresto, entro limiti spazio-temporali ben definiti, di persone identificate come autori di un reato sulla base di elementi documentali pur sempre raccolti e acquisiti fin dal momento dell'oggettiva realizzazione del reato (Cass. pen., Sez. VI, 18 aprile 2007, n. 17178).

Il differimento dell'arresto è legato all'impossibilità di procedervi nell'immediatezza per ragioni di sicurezza o incolumità pubblica. Come suggerito dalla Relazione dell'Ufficio del Massimario della Suprema Corte di Cassazione (cfr. pag. 17 della Relazione), l'esempio tipico è quello del delitto commesso durante una manifestazione di protesta all'interno del centro, con il rischio di non poter eseguire la misura precautelare per ragioni di sicurezza degli operanti. In ogni caso, l'impossibilità di procedere all'arresto nell'immediatezza deve essere desunta da specifici elementi di fatto, essendo, altresì, necessaria la ricorrenza di motivi di necessità e di urgenza tali da imporre un intervento oltre i termini previsti per l'arresto immediato, senza la possibilità di attendere l'attivazione dell'ordinario procedimento di richiesta di emissione di una misura cautelare (così Cass. pen., Sez. VI, 16 aprile 2015, n. 2633, in tema di manifestazioni sportive, che, facendo applicazione del principio, ha ritenuto illegittima l'ordinanza di convalida di un arresto differito motivata solo in relazione alla identificazione tardiva dell'imputato, avvenuta dopo la visione dei filmati).

La finzione di flagranza (“si considera in stato di flagranza ai sensi dell'art. 382 c.p.p.”, recita la norma) è fondata sull'identificazione dell'autore del reato che può avvenire “anche” sulla base di “documentazione video o fotografica”. Stando al tenore letterale della norma, la prova documentale può essere alternativamente fornita da rilievi fotografici o riprese video, ma anche da altri elementi, come, ad esempio, l'annotazione di polizia giudiziaria attestante l'avvenuta identificazione della persona (così Cass. pen., Sez. VI, 18 aprile 2007, n. 17178, in tema di manifestazioni sportive, che ha ritenuto idonea l'annotazione di servizio attestante l'avvenuta identificazione della persona, arrestata fuori della flagranza per motivi di ordine pubblico, che insieme ad altre stava tentando di distruggere il fuoristrada della polizia nel corso di disordini scoppiati in occasione di un incontro di calcio).

Il limite spaziale

Occorre, quanto alla individuazione del limite spaziale della flagranza c.d. differita o prolungata, evidenziare che i delitti in esame devono essere commessi con violenza alle persone o alle cose in occasione o a causa del trattenimento in un centro di permanenza per i rimpatri (CPR) di cui allo stesso art. 14 t.u.imm. (e cioè in uno dei centri ove è trattenuto lo straniero giunto irregolarmente nel territorio dello Stato che non ha presentato domanda di protezione internazionale o non ne ha i requisiti e del quale non è possibile eseguire con immediatezza l'espulsione mediante accompagnamento alla frontiera o respingimento a causa di situazioni transitorie che ostacolano la preparazione del rimpatrio o l'effettuazione dell'allontanamento) o durante la permanenza in una delle strutture di cui all'art. 10-ter stesso t.u.imm. e cioè in uno degli appositi punti di crisi istituiti nell'ambito dei c.d. hot spot o dei centri di prima accoglienza (CPA) previsti dall'art. 9 d.lgs. n. 142/2015 ovvero in una delle strutture appositamente costituite ove è condotto per le esigenze di soccorso e di prima accoglienza lo straniero rintracciato in occasione dell'attraversamento irregolare della frontiera interna o esterna oppure giunto nel territorio nazionale a seguito di operazione di salvataggio in mare.

In proposito deve essere aggiunto come nel caso in cui la disponibilità di posti all'interno di uno dei centri di prima accoglienza sopra indicati sia temporaneamente esaurita a causa di arrivi consistenti e ravvicinati di richiedenti, l'accoglienza degli stessi può, ai sensi dell'art. 11 d.lgs. n. 142/2015, essere disposta dal Prefetto, sentito il Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione del Ministero dell'Interno, in strutture temporanee appositamente allestite e cioè nei centri accoglienza straordinaria (CAS).

Deve, pertanto, ritenersi che sia effettuabile l'arresto in flagranza differita o prolungata anche qualora uno dei predetti delitti sia stato commesso durante la permanenza in un CAS.

Occorre, quindi, rilevare come rispetto alla fattispecie di arresto differito introdotta dall'art. 10, comma 6-quater, dl. n. 14/2017, convertito con modificazioni nella l. n. 48/2017, la cui efficacia in origine limitata alla data del 30 giugno 2020 è stata resa definitiva dall'art. 15 l. n. 77/2019 di conversione con modificazioni del dl. n. 53/2019, la normativa in esame non richieda che il delitto sia stato commesso alla presenza di più persone e si estende anche ai fatti di reato per i quali l'arresto è soltanto facoltativo.

La violenza alle persone o alle cose

Per quanto concerne il significato della locuzione “con violenza alle persone o alle cose” deve essere ricordato come giusto il disposto del secondo comma dell'art. 392 c.p., norma che prevede il delitto di esercizio arbitrario delle proprie ragioni appunto con violenza alle cose, ricorre detta ipotesi quando “la cosa viene danneggiata o trasformata o ne è mutata la destinazione”.

La norma in questione non sembra contemplare tutti i casi in cui si verifica una situazione legittimante l'arresto in flagranza differita mentre il disposto del terzo comma della stessa non assume rilevanza nella fattispecie in esame in quanto relativa ai programmi informatici e/o ai sistemi informatici o telematici.

Per ciò che attiene, invece, alla ipotesi della violenza alle persone, nell'impossibilità di desumere un concetto unitario della stessa dalla vigente normativa, è stato ipotizzato nella menzionata Relazione dell'Ufficio del Massimario della Suprema Corte di Cassazione (cfr. pag. 18 della Relazione), di “ricorrere” alla giurisprudenza di legittimità formatasi in tema di obbligo di notifica alla persona offesa della richiesta di revoca o sostituzione delle misure cautelari personali previste dagli artt. 282-bis (allontanamento dalla casa familiare), 282-ter (divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa), 283 (divieto e obbligo di dimora), 284 (arresti domiciliari), 285 (custodia cautelare in carcere) e 286 (custodia cautelare in luogo di cura) c.p.p. applicate nei procedimenti aventi ad oggetto delitti commessi con violenza alla persona, a tenore della quale tale locuzione, utilizzata dal legislatore nell'art. 299, comma 2-bis, c.p.p., “evoca non già una categoria di reati le cui fattispecie astratte siano connotate dall'elemento della violenza (sia essa fisica, psicologica o morale) alla persona, bensì tutti quei delitti, consumati o tentati, che, in concreto, si sono manifestati con atti di violenza in danno della persona offesa” (così espressamente Cass. pen., Sez. V, 12 giugno 2017, n. 43103; cfr., nello stesso senso, Cass. pen., Sez. I, 29 ottobre 2015, n. 49339, e Cass. pen., Sez. II, 24 giugno 2016, n. 30303).

La connessione con il trattenimento

Secondo quanto già ricordato i delitti de quibus devono essere commessi in occasione o a causa del trattenimento di un cittadino straniero in un centro di permanenza per i rimpatri o durante la permanenza in una delle altre strutture sopra indicate.

La locuzione “in occasione o a causa del trattenimento”, di frequente utilizzazione in ambito assicurativo-infortunistico, conosce due analoghe formulazioni in sede codicistica posto che l'art. 61, comma 1, n. 11-septies, c.p. prevede una circostanza aggravante comune qualora il fatto sia stato commesso in occasione o a causa di manifestazioni sportive o durante i trasferimenti da o verso i luoghi in cui si svolgono dette manifestazioni e l'art. 131-bis, comma 2, c.p. stabilisce che l'offesa non può essere ritenuta di particolare tenuità, ai fini della esclusione della punibilità, tra le altre ipotesi quando si procede per delitti, puniti con una pena superiore nel massimo a due anni e sei mesi di reclusione, commessi in occasione o a causa di manifestazioni sportive.

Merita, poi, di essere segnalata al riguardo la ormai consolidata giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione in tema di misure di prevenzione applicabili ai soggetti che si siano resi responsabili di atti di violenza in occasione o a causa di manifestazioni sportive giusta la quale non occorre che tali atti siano stati commessi durante la manifestazione stessa potendo essere perpetrati anche in un momento diverso e non contestuale, a condizione che tali atti siano in rapporto di immediato ed univoco nesso eziologico con la manifestazione sportiva (cfr., tra le tante, Cass. pen., Sez. III, 20 novembre 2019, n. 7224).

Con riferimento ad un provvedimento di DASPO disposto dal Questore in relazione a condotte tenute durante l'allenamento di una squadra di calcio partecipante alle competizioni previste dalle federazioni sportive, anche il Consiglio di Stato ha avuto occasione di chiarire che l'espressione “a causa di manifestazioni sportive” si riferisce agli episodi violenti verificatisi in contesti – come appunto gli allenamenti – strettamente collegati con le “manifestazioni sportive” secondo un rapporto di diretta causalità (Cons. St., 6 maggio 2021, n. 4123).

Siffatte interpretazioni appaiono estensibili anche ai delitti commessi in occasione o a causa del trattenimento in un centro di permanenza per i rimpatri anche se risulta evidente il rischio di dilatare in modo eccessivo l'ambito di operatività della norma (si pensi, per esemplificare, ad un reato commesso con violenza alle persone o alle cose compiuto, per protestare contro il trattenimento in un CPR di cittadini extracomunitari, in una località diversa da quella ove è stato effettuato il trattenimento stesso).

Per quanto riguarda, invece, l'altra ipotesi di arresto in flagranza differita occorre, stante l'inequivocabile tenore letterale della disposizione, che il delitto sia necessariamente commesso durante la permanenza in una delle indicate strutture di primo soccorso ed accoglienza.

Per concludere occorre osservare come i reati in oggetto possono essere commessi tanto da cittadini stranieri quanto in danno degli stessi.

Il giudizio direttissimo

Sul piano processuale, il nuovo comma 7-ter, inserito nell'art. 14 t.u.imm., introduce un'ipotesi di giudizio direttissimo atipica stabilendo che per i delitti di cui al comma 7-bis si proceda sempre con tale rito contratto, “salvo che siano necessarie speciali indagini”.

La previsione non stupisce se si considera che il settore dell'immigrazione costituisce da sempre uno dei terreni più proliferi di ipotesi extra-codicistiche di giudizio direttissimo (artt. 10, comma 2-quinquies, 12, comma 4, 13, comma 13-ter, 14, comma 5-quinques, t.u.imm.; art. 20, comma 16, d.lgs. n. 30/2007; artt. 235, comma 3, e 312, comma 1, c.p.).

Rispetto ad altre ipotesi atipiche del rito, svincolate dalla ricorrenza di una situazione di evidenza qualificata della prova (e anzi talvolta fondate su una deroga espressa alle condizioni codicistiche del rito: “anche fuori dei casi previsti dall'art. 449 c.p.p.”), l'ipotesi in esame si innesta pur sempre su un arresto convalidato, sia pure non eseguito nell'immediatezza per ragioni di sicurezza o incolumità pubblica. Dunque, il nuovo rito introdotto dal novellatore conserva quell'evidenza qualificata della prova che nella sistematica del codice ha indotto il legislatore ad amputare e comprimere alcuni passaggi del rito ordinario per ottenere un processo breve e semplice che giunga rapidamente al risultato. Pare, quindi, potersi escludere che, a differenza di altre ipotesi, si sia voluto introdurre l'ennesimo rito esemplare, che, distorcendo la pubblicità del dibattimento quale forma di controllo dei cittadini sulla gestione degli affari penali, realizzi una sorta di punizione sussidiaria e anticipata per colui che viene immediatamente tratto a giudizio, in modo da placare sul nascere l'allarme sociale generato dal suo comportamento.

Non va trascurato, poi, come sottolinea la Relazione dell'Ufficio del Massimario della Suprema Corte di Cassazione (cfr. pag. 19 della Relazione), che sul punto richiamata la relazione di accompagnamento alla novella, che una rapida definizione della re giudicanda consente di non intralciare gli adempimenti amministrativo connessi alla procedura espulsiva del cittadino straniero trattenuto nei CPR.

Tratto caratteristico del giudizio in esame, come per tutte le ipotesi atipiche, è la sua obbligatorietà, intesa quale assenza di discrezionalità in capo al pubblico ministero circa il quomodo del giudizio: verificata la presenza dei requisiti fissati dal legislatore, all'organo di accusa non residua alcuna alternativa all'immediata instaurazione del dibattimento.

L'assunto trae linfa dal tenore letterale della norma che declina al tempo indicativo presente il verbo “procedere”, affiancandovi un avverbio di inequivoco significato (“sempre”).

Tuttavia, un'attenta esegesi delle condizioni legali dovrebbe portare a concludere che l'obbligatorietà del rito è più apparente che reale. Infatti, presupposto dell'ipotesi in esame è la specialità ratione materiae (e intuitu personae, trattandosi di reati prevalentemente legati alla condizione di straniero), a cui si affianca la “non necessità di speciali indagini”, entrambe frutto di una valutazione del pubblico ministero.

Ora, mentre il sindacato sulla qualificazione giuridica del fatto appare piuttosto vincolato, estremamente fluido è il secondo presupposto, ancorato ad un parametro dai contorni assai elastici.

In definitiva, l'esperibilità del procedimento è rimessa ad una valutazione discrezionale del pubblico ministero che, anche in questo settore, recupera un certo ambito di “disponibilità” dello schema processuale. Qualora i tempi contratti del rito siano incompatibili con le esigenze investigative, il pubblico ministero dovrà richiedere al giudice per le indagini preliminari la convalida dell'arresto differito.

Quanto alla clausola sulla non necessità di speciali indagini, ne va proposta una interpretazione stringente, legata ad un canone oggettivo di evidenza probatoria, che ne escluda la ricorrenza solo quando vi sia una effettiva incompatibilità ontologica tra gli accertamenti cui procedere e i termini a disposizione del pubblico ministero per instaurare il rito speciale.

Spostando l'attenzione sul versante del controllo giudiziale, quando il pubblico ministero procede con il giudizio direttissimo in esame l'accertamento sulla natura del reato contestato rientra fra le verifiche che il giudice del dibattimento deve condurre per stabilire se il rito sia stato validamente instaurato. Trattandosi di un modello difforme da quello ordinario, e parzialmente derogatorio di un rito già a sua volta “speciale”, il giudizio direttissimo atipico deve rimanere confinato ai soli casi espressamente previsti dalla legge.

Analogo controllo dovrebbe essere operato anche sul presupposto della compatibilità del rito con le esigenze investigative del caso concreto, ma la Suprema Corte sterilizza la clausola di salvaguardia escludendo che la carenza investigativa rientri tra i presupposti del rito direttissimo, potendo le lacune essere colmate dal giudice all'esito dell'istruttoria dibattimentale (Cass. pen., Sez. VI, 8 febbraio 2012, n. 7933).

Per il resto, il rito in esame non presenta peculiarità degne di nota e per esso possono richiamarsi tutte le problematiche da tempo sondate in dottrina e giurisprudenza in tema di giudizi direttissimi atipici: applicabilità o meno delle regole codicistiche (prima fra tutte la disciplina sui tempi di instaurazione del rito), estensibilità del rito al delitto tentato, interpretazione della clausola di salvaguardia delle indagini e sua sindacabilità da parte del giudice, ecc.; ma anche le problematiche connesse all'imputato alloglotta (assai ricorrenti nei reati di cui si discute), come, ad esempio, la possibilità di convalidare l'arresto in assenza di un interprete (che deve essere procurato dal pubblico ministero o dal giudice?) e la possibilità di tradurre oralmente, anziché per iscritto, l'eventuale ordinanza cautelare.

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