Conflitto negativo tra giudice civile e penale e regolamento di competenza
29 Giugno 2021
Massima
Si rimettono gli atti al Primo Presidente affinché valuti l'opportunità di affidare la decisione del presente regolamento di competenza all'esame delle Sezioni Unite di questa Corte, ai sensi dell'art. 374, comma 2, c.p.c., trattandosi di questione di massima di particolare importanza e, comunque, «di sistema» perché relativa ad un problema che attraversa trasversalmente l'attività delle Sezioni penali e civili della Corte. In particolare la questione riguarda l'esperibilità del regolamento di competenza qualora entrambi i giudici, civile e penale, abbiano pronunciato in via definitiva declinando la competenza. A questa domanda potrebbe darsi risposta positiva laddove si leggano le norme processual-civilistiche in materia di competenza sulla falsariga dell'art. 28 c.p.p., inteso come norma sistematica, consentendo così anche al giudice civile di dirimere il conflitto negativo tra giudice civile e giudice penale ed evitare la stasi processuale. Il caso
Con ordinanza interlocutoria la VI Sezione ha rimesso gli atti al Primo Presidente affinché valuti l'opportunità di rimettere la questione di cui alla massima alle Sezioni Unite. Il caso origina da indagini preliminari svolte a carico di S.P. e altri soggetti con cui il G.I.P. del Tribunale di Sondrio convalidò, con decreto del giugno 2010 il sequestro preventivo disposto dal P.M. di tutte le somme esistenti su un libretto di deposito bancario aperto presso una banca e intestato congiuntamente a due soggetti, S.P. e M.P. Nel corso del dibattimento, svoltosi innanzi al Tribunale penale di Sondrio in composizione collegiale, con tre diverse ordinanze era stato disposto il parziale dissequestro delle somme e la restituzione in favore di M.P. di una parte di esse. Con ricorso successivo proposto ex art. 702-bis c.p.c. M.P. citava in giudizio Equitalia s.p.a. innanzi al Tribunale civile di Sondrio poiché la convenuta, nel dare esecuzione alle ordinanze di dissequestro, aveva corrisposto gli interessi maturati dalla data del sequestro fino a quella della restituzione, senza restituire gli interessi che a partire dal 1999 le somme avevano maturato fino alla data del sequestro. In questa sede M.P. precisava di aver già rivolto analoga domanda al Tribunale penale sempre di Sondrio il quale però, con ordinanza del giugno 2017 aveva affermato che la questione aveva natura civilistica perché relativa solo alla misura degli interessi dovuti sulle somme dissequestrate sicché la domanda andava rivolta al giudice civile. Il Tribunale civile di Sondrio, con ordinanza del novembre 2019, dichiarava l'inammissibilità del ricorso, ritenendo assorbente il profilo per cui, avendo la ricorrente M.P. contestato il merito dei provvedimenti di dissequestro emessi dal giudice penale, i rimedi impugnatori dovevano essere quelli previsti dall'art. 586 c.p.p., ossia l'impugnazione del capo di sentenza relativo alla confisca delle cose sequestrate. Il Tribunale civile si dichiarava, di conseguenza, incompetente rispetto alla domanda proposta e condannava M.P. alle spese. Contro questa ordinanza la ricorrente propone regolamento di competenza. La questione
La prima questione è l'esclusione della possibilità che il ricorso ponga una questione di giurisdizione dato che il giudice civile e quello penale sono entrambi magistrati ordinari e esercitano lo stesso potere giurisdizionale, ragion per cui la violazione delle norme relative al riparto degli affari civili e penali non pone una questione di giurisdizione bensì di competenza. Ciò posto, la seconda questione è relativa al se la decisione del Tribunale civile di Sondrio sia equiparabile o meno ad una decisione di incompetenza; la Corte, pur in sede interlocutoria, e rimettendo la questione alle Sezioni Unite, tenderebbe a risolvere la questione in senso affermativo, ciò perché, pur avendo il Tribunale emesso una pronuncia di inammissibilità, essa è in sostanza una declinatoria di competenza. In favore di questa soluzione militano sia l'affermazione contenuta nel provvedimento secondo cui il Tribunale adito non ha «competenza funzionale», sia la decisione concretamente adottata e la relativa motivazione che determinano la competenza del giudice penale. Conseguentemente, la terza - e fondamentale - questione è se, in un caso come quello oggetto del ricorso in esame, sia ammissibile o meno il proposto regolamento di competenza dato sia il tenore della pronuncia del Tribunale civile di Sondrio, sia la vicenda pregressa svoltasi davanti al Tribunale penale di Sondrio. Le soluzioni giuridiche
Rispetto terza questione, la Corte muove, con l'ordinanza in rassegna, dall'analisi della giurisprudenza sia civile che penale della Corte. La S.C. ha più volte ribadito che il problema della ripartizione del potere di giudicare, nell'ambito della giurisdizione ordinaria, tra giudice civile e giudice penale, non pone una questione di competenza che è invece configurabile solo con riferimento a contestazioni relative all'individuazione del giudice cui, tra i vari organi di giurisdizione civile, è devoluta la cognizione di una data controversia, sicché la violazione delle norme ad esse relative non può essere oggetto di istanza di regolamento di competenza né è configurabile un conflitto negativo ex art. 45 c.p.c. (Cass. civ., 2 agosto 2019, n. 20830; Cass. civ., 28 maggio 2019, n. 14573; Cass. civ., 26 luglio 2012, n. 13329). Le ragioni per cui la giurisprudenza civile è giunta a questa affermazione sono varie: - In una prima ipotesi si afferma che il regolamento di competenza non è esperibile perché in tale ambito rientrano le sole questioni relative all'identificazione, tra gli organi investiti della giurisdizione civile, di quello che ha la cognizione della controversia (Cass. civ., 6 febbraio 1971, n. 316); - In una seconda ipotesi si sottolinea che la violazione delle norme che regolano la potestas iudicandi tra giudice civile e penale non pone una questione di competenza né quando si verifica tra giudici dello stesso ufficio né quando si verifica tra giudici diversi (secondo una tesi che riecheggia, a parere della Corte in commento, la decisione della Cass. civ., sez. un., 31 ottobre 2008 n. 26296); - In una terza ipotesi (Cass. civ., n. 2019/20830) si ritiene che il regolamento di competenza è istituto interno solo al processo civile, sicché il possibile conflitto tra giudice civile e giudice penale non pone una questione di ripartizione della potestas iudicandi ma, semmai, può determinare una interferenza tra giudizi che si traduce poi in un limite alla proposizione della domanda (tesi quest'ultima che è modulata sulla Cass. civ., sez. un., 14 novembre 2003, n. 17206 pronunciata però in una ipotesi del tutto diversa); - Infine, con riferimento al riparto di competenza, all'interno dello stesso tribunale tra sezione ordinaria e sezioni specializzate, la giurisprudenza ha detto, con riguardo al riparto tra sezione ordinaria e specializzata agraria che può dar luogo ad una questione di competenza con proposizione del regolamento di competenza (Cass. civ., 16 luglio 2008 n. 19512 e successive); con riferimento al riparto tra la sezione ordinaria e quella specializzata in materia di impresa, laddove entrambe facciano parte del medesimo ufficio giudiziario, che essa non riguarda la competenza bensì la ripartizione degli affari interni allo stesso ufficio giudiziario, con conseguente inammissibilità del regolamento di competenza; mentre rientra nella competenza in senso proprio il rapporto tra la sezione specializzata in materia di impresa e l'ufficio giudiziario diverso da quello ove la prima sia istituita (Cass. civ., 23 luglio 2019 n. 19882). Con riguardo alla giurisprudenza penale la situazione è del tutto differente. Ciò perché nel c.p.p. esiste un complesso di norme, gli artt. 28-32 che regolano l'istituto del conflitto di competenza e stabiliscono che esso deve essere risolto dalla Corte di legittimità. In particolare l'art. 28, comma 1, lett. B) stabilisce che vi è conflitto di competenza quando «due o più giudici ordinari contemporaneamente prendono o ricusano di prendere cognizione del medesimo fatto attribuito alla stessa persona». Secondo la giurisprudenza di legittimità penale vanno in questa fattispecie ricompresi i casi di conflitto di competenza tra giudice civile e giudice penale se ciò determini una situazione di stasi processuale che è eliminabile solo con l'intervento della Corte (Cass. pen., 2 aprile 2004 n. 19547 e 15 marzo 2019, n. 31843). In entrambi i casi oggetto delle due sentenze riportate in motivazione si trattava di risolvere il conflitto sorto tra giudice civile e penale in relazione al recupero delle spese processuali penali poste a carico dell'imputato condannato con sentenza definitiva e in entrambi i casi la soluzione è stata dettata dalla necessità di evitare la stasi processuale che si crea allorché entrambi i giudici declinano la competenza. Rileva la Corte in commento come la «stasi processuale» sia il vero pericolo che la giurisprudenza penale avverte come reale allorché giudice civile e giudice penale, declinino successivamente la propria competenza l'uno in favore dell'altro; pericolo che necessita di una risposta per sbloccare la situazione di stasi, risposta che può essere fornita solo dalla Corte di Cassazione. Osservazioni
La S.C., nell'ordinanza interlocutoria in commento, afferma che dopo l'introduzione nella Costituzione dell'art. 111, comma 2, che pone il principio della ragionevole durata del processo, il rischio della stasi processuale sia il «reale nemico da combattere». In nome del principio di ragionevole durata la stessa Corte costituzionale in più occasioni ha del resto dichiarato l'illegittimità di norme del c.p.p. che consentivano il realizzarsi di una situazione di stasi processuale per un tempo indefinito (Corte cost., n. 354/1996 sull'art. 75, comma 3, c.p.p. e Corte cost., n. 10/1997 sulla reiterazione strumentale e abusiva delle istanze di ricusazione del giudice). In conclusione e, proprio in virtù della necessità di evitare la stasi processuale determinatasi nella fattispecie in oggetto, la Corte ritiene condivisibilmente che vi siano ragioni di opportunità per cui la decisione del regolamento di competenza venga rimessa alle Sezioni Unite. Se, infatti, la Corte di cassazione desse seguito alla giurisprudenza civilistica sopra ricordata che nega, in ipotesi del genere, il regolamento di competenza, la vicenda processuale entrerebbe in una situazione di stallo poiché non vi sarebbe alcun giudice investito del potere di giudicare sulla domanda proposta avendo entrambi i giudici, penale e civile, declinato la propria competenza. La situazione sarebbe paradossale, sia per il sistema che per la ricorrente che sarebbe costretta a riproporre la domanda al Tribunale penale per ottenerne nuovamente una pronuncia declinatoria; impugnare quest'ultima davanti alla Corte di cassazione in sede penale e ottenere, tramite l'applicazione dell'art. 28 c.p.p. una decisione sulla competenza. Ciò però porta all'assurda conseguenza che il conflitto negativo sia denunciabile e risolvibile solo in sede penale, cioè solo nel caso in cui l'ultima declinatoria di competenza sia stata pronunciata dal giudice penale. Né, sempre condivisibilmente, sottolinea nell'ordinanza in rassegna la Corte la Corte il problema è risolvibile ritenendo che il provvedimento impugnato con il regolamento di competenza debba, invece, essere impugnato in appello; in questo caso, infatti, il rischio della stasi processuale permane laddove il giudice d'appello confermi la declinatoria del giudice di primo grado. La soluzione potrebbe invece risiedere nella rilettura del complesso delle norme processual-civilistiche sulla competenza che, se modulata sulla falsariga dell'art. 28 c.p.p., inteso in tal senso come norma di “sistema”, potrebbe consentire anche al giudice civile di risolvere il conflitto negativo tra giudice penale e giudice civile ed evitare la situazione di stallo. Ciò potrebbe farsi ove la Corte di Cassazione - a Sezioni Unite - ammettesse, in ipotesi del genere, l'esperibilità del regolamento di competenza, individuando a quale giudice la parte debba rivolgersi. In quest'ottica il superamento del tradizionale orientamento negativo sopra ricordato sarebbe funzionale a superare la stasi processuale che si determina in ipotesi del genere indipendentemente dalla anteriorità o posteriorità della pronuncia declinatoria della competenza da parte del giudice civile rispetto al giudice penale. |