La gestione delle preclusioni processuali nei giudizi riuniti per continenza
08 Luglio 2021
La Corte d'appello penale dichiarava G.P. responsabile del reato di associazione per delinquere finalizzata alla commissione di alcuni reati fine (dichiarati prescritti) e la condannava, in solido con terzi, al risarcimento dei danni in favore del comune di Busto Arsizio, da liquidarsi in sede civile. In forza di tale sentenza, l'ente provvedeva ad iscrivere ipoteca su alcuni immobili di proprietà della donna condannata. Ne scaturivano tre distinti giudizi civili, due dei quali promossi da G.P. e finalizzati all'accertamento dell'illegittimità dell'iscrizione ipotecaria, per intervenuta prescrizione del credito, mentre il terzo veniva promosso dall'Ente, per la liquidazione del danno alla propria immagine. I tre giudizi, proposti innanzi al medesimo giudice, venivano riuniti e si concludevano con il rigetto delle domande avanzate da G.P., poiché ritenute inammissibili. Tale sentenza veniva impugnata in appello, ove i giudici di secondo grado confermavano quanto già precedentemente deciso, precisando che l'inammissibilità delle domande presentate dall'appellante in due separati giudizi, poi riuniti, era dovuta al fatto che, stante l'identità del loro petitum e della causa petendi, l'unica ragione della loro proposizione in due diversi momenti era quella di superare, col secondo giudizio, le decadenze e preclusioni già maturate nel primo, traducendosi ciò «in un'inammissibile frammentazione dell'unica domanda di accertamento dell'estinzione del credito dell'amministrazione comunale in una pluralità di iniziative processuali». Avverso tale provvedimento G.P. proponeva ricorso per cassazione, contestando tale ultima statuizione della Corte territoriale.
La Corte ha ritenuto la censura fondata. Invero, il caso in esame non ha alcun punto di contatto con quello in relazione al quale il principio è stato affermato: l'ipotesi cioè di azioni dirette all'accertamento positivo della sussistenza di un credito unitario e già interamente sorto al momento della prima domanda, oggetto di frazionamento. Nel caso in esame, ben diversamente si è in presenza di domande di accertamento negativo di un credito, nella sua interezza, da altri vantato nei confronti di chi agisce, separatamente proposte sulla base di fatti estintivi in parte diversi. In tal caso il frazionamento non riguarda il fatto posto a fondamento della domanda, ma semmai la strategia difensiva, in relazionale alla quale un intento strumentale può, in ipotesi, correlarsi solo all'effetto di eludere le eventuali preclusioni maturate nel primo giudizio. La questione posta va più precisamente ricondotta al tema delle possibili interferenze tra l'istituto della riunione di cause in rapporto di continenza e il regime delle preclusioni. In relazione ad essa la Corte afferma il seguente principio: «nel caso di riunione di cause, in rapporto di continenza, pendenti davanti al medesimo giudice, le preclusioni maturate nel giudizio preveniente anteriormente alla riunione rendono inammissibili nel giudizio prevenuto – in osservanza del principio del ne bis in idem e allo scopo di non favorire l'abuso dello strumento processuale – solo le attività, soggette alle scansioni processuali a pena di decadenza, svolte con riferimento all'oggetto di esso che sia comune al giudizio preveniente e non si comunicano, pertanto, né alle attività assertive che, come le mere difese ed eccezioni in senso lato, non soggiacciono a preclusione, né alle attività assertive e probatorie che, pur soggette a preclusione, concernono la parte del giudizio prevenuto non comune con quello preveniente».
Tratto da: www.dirittoegiustizia.it |