Niente 231 per le imprese individuali

Ciro Santoriello
15 Luglio 2021

Le disposizioni di cui al d.lgs. n. 231/2001 non possono trovare applicazione con riferimento alle imprese individuali, nei cui confronti non possono dunque trovare applicazione le sanzioni ivi previste...
Massima

Le disposizioni di cui al d.lgs. n. 231/2001 non possono trovare applicazione con riferimento alle imprese individuali, nei cui confronti non possono dunque trovare applicazione le sanzioni ivi previste

Il caso

Una impresa individuale veniva tratta a giudizio per rispondere, ai sensi del d.lgs. n. 231/2001, per gli illeciti amministrativi di cui agli artt. 25-bis e 25-bis, n. 1, d.lgs. n. 231/ 2001 in relazione ai reati di cui agli artt. 474 e 517 c.p.

La questione

Il tema della applicabilità o meno delle disposizioni di cui al d.lgs. n. 231/2001 alle imprese individuali è stato affrontato anche dalla Cassazione con esiti contrastanti.

In senso contrario, si è espressa, in tempi ormai risalenti, Cass. pen., sez. VI, 3 marzo 2004, n. 18941, secondo cui la disciplina in esame non si applica alle imprese individuali, in quanto si riferisce ai soli enti collettivi, come indicato dalla mancata previsione di tali soggetti fra quelli destinatari delle prescrizioni contenute nel d.lgs. n. 231/2001; tale conclusione, peraltro, non sarebbe foriera di una disparita di trattamento, stante la diversità netta e sostanziale tra imprenditore individuale ed enti collettivi (più di recente, Cass. pen., sez. VI, 16 maggio 2012, n. 30085). Questa conclusione è presente anche in decisioni di merito in cui si sottolinea come in tali casi l'applicazione della normativa 231 pregiudicherebbe “la ratio di fondo della normativa sulla responsabilità delle persone giuridiche, la quale immagina contegni penalmente devianti tenuti da persone fisiche nell'interesse di strutture organizzative di un certo rilievo di complessità quale centro autonomi di imputazioni di rapporti giuridici distinto da chi ha materialmente operato” ed inoltre il d.lgs. 231/2001 punisce la c.d. “colpa di organizzazione” dell'ente, per cui dove non esiste – e non può esistere – alcuna organizzazione dell'ente, come nelle società unipersonali, non esiste – e non può esistere – la colpa della società ma soltanto, semmai, la condotta della persona fisica (o delle persone fisiche) che hanno commesso il reato presupposto (Trib. Milano, Sez. G.I.P., Sent. 16 luglio 2020, n. 971).

Altre decisioni invece hanno assunto orientamento favorevole sostenendo che anche le imprese individuali devono ritenersi incluse nella nozione di ente fornito di personalità giuridica utilizzata dall'art. 1, comma secondo, d.lgs. n. 231/2001 per identificare i destinatari delle suddette disposizioni» (Cass. pen., sez. III, 15 dicembre 2010, n. 15657, con nota critica PISTORELLI, L'insostenibile leggerezza della responsabilità da reato delle imprese individuali).

In dottrina alcune voci hanno evidenziato che l'art. 1, comma 2, d.lgs. n. 231/2001, recependo le indicazioni contenute nella l. n. 300/2000, stabilisce che sono responsabili dei reati commessi nel proprio interesse o a proprio vantaggio sia gli enti forniti di personalità giuridica, sia le società e le associazioni che di tale personalità siano sfornite; la responsabilità ex d.lgs. n. 231/2001 è, dunque, configurabile nei confronti di tutte le persone giuridiche private in senso proprio (associazioni, fondazioni ed altre istituzioni di carattere privato che non abbiano lo scopo di svolgere attività economica e che acquistano personalità giuridica ai sensi del d.P.R. n. 361/2001, nonché le società di capitali e le società cooperative) nonché di tutti gli enti privati sprovvisti di personalità giuridica (e quindi le società a base personale – comprese le società «di fatto» e quelle «irregolari» – e le associazioni non riconosciute ex art. 36 c.c.) (GENNAI - TRAVERSI, La responsabilità degli enti, Milano, 2001; PECORELLA, in Aa.Vv., La responsabilità amministrativa degli enti, Milano, 2002, 69). In particolare, la formula utilizzata nell'art. 1, comma 2, cit. («società e associazioni anche prive di personalità giuridica») sembra indirizzare l'interprete verso la selezione, come destinatari delle disposizioni in tema di responsabilità da reato, di quegli «enti» che, ancorché privi di personalità, potrebbero ottenerla, e che comunque risultano dotati di una apprezzabile complessità organizzativa in grado di differenziarli dalla persona fisica che commette il reato presupposto, e ciò a prescindere dal fatto che gli stessi perseguano o meno uno scopo di lucro (così DI GIOVINE, Lineamenti sostanziali del nuovo illecito punitivo, in Aa.Vv., Reati e responsabilità degli enti, Lattanzi (a cura di), II edizione, Milano, 2010, 68); si è conseguentemente ritenuto che anche i «comitati» (artt. 39 ss. c.c.) rientrassero tra i destinatari del d.lgs. n. 231/2001.

Al contrario, si è escluso che vi rientrassero gli imprenditori individuali, anche se operanti attraverso institori e con ampi supporti materiali, nonché i consorzi di gestione, i fondi patrimoniali tra coniugi, i condomini, le imprese familiari, le associazioni in partecipazione e le associazioni temporanee di imprese (CERQUA, La responsabilità amministrativa degli enti collettivi: prime applicazioni giurisprudenziali, in Riv. Resp. Amm. Enti, 1/2006, 181; BRUNELLI - RIVERDITI, in PRESUTTI-BERNASCONI-FIORIO, La responsabilità degli enti, Padova, 2008, 77). Con riferimento agli imprenditori individuali, si è ritenuto mancare il carattere della collettività che costituisce la ragion d'essere della responsabilità da reato degli enti (ZANNOTTI, Il nuovo diritto penale dell'economia. Reato societari e reati in materia di mercato finanziario, Milano 2008, 61; STORTONI-TASSINARI, La responsabilità degli enti: quale natura? Quali soggetti?, in Ind. Pen., 2006, 22), ed anzi in tali ipotesi il cumulo delle sanzioni penali e delle sanzioni del diritto punitivo degli enti rischierebbe di risolversi in una duplicazione che integrerebbe una violazione del fondamentale divieto del ne bis in idem sostanziale (DI GERONIMO, La Cassazione esclude l'applicabilità alle imprese individuali della responsabilità da reato prevista per gli enti collettivi: spunti di diritto comparato, in Cass., Pen., 2004, 4047).

Le soluzioni giuridiche

Secondo di tribunale di Ravenna, le disposizioni di cui al d.lgs. n. 231/2001 non possono trovare applicazione con riferimento alle imprese individuali nei cui confronti non possono dunque trovare applicazione le sanzioni ivi previste.

La pronuncia osserva che la lettera dell'art. 1 d.lgs. n. 231/2001 già dovrebbe condurre a ritenere le imprese individuali escluse dal novero dei soggetti destinatari della disciplina, posto che nella lettura di tale disposizione – in disparte la nozione di “società” o di “associazioni anche prive di personalità giuridica”, cui pacificamente non può essere associata l'impresa individuale – residua il solo lemma di “ente”, categoria per vero non definita dal punto di vista normativo, a differenza di quanto accade per quelle di società (art. 2247 c.c.) e associazione (artt. 14 ss. c.c.). Tuttavia, si legge nella decisione «la scelta del termine “ente” deve essere letta – stante l'impossibilita di formulare un elenco tassativo di soggetti – in sinergia con la espressa indicazione di soggetti nominati, quali le “società” o le “associazioni anche prive di personalità giuridica”, di guisa da “indirizzare l'interprete verso la considerazione di enti che, seppur sprovvisti di personalità giuridica, possano comunque ottenerla». In altri termini, «il discrimine deve essere individuato in tutti quei soggetti giuridici meta-individuali che siano tuttavia – ed almeno – degli autonomi centri di imputazione di rapporti giuridici, destinatari dunque degli atti compiuti dalla persona fisica che agisca nel loro interesse o a loro vantaggio, ma da questa senz'altro distinti». Il principio di legalità, dunque, porta ad escludere che l'impresa individuale (meglio, l'imprenditore individuale) sia destinataria della disciplina prevista dal d.lgs. n. 231/2001, poiché essa si applica ai soli soggetti meta-individuali e d'altronde «nell'impresa individuale, imprenditore ed attività coincidono e non ricorre quella duplicità di centri di imputazione necessaria ai fini che occupano. Dunque, stante, l'assenza di una tale scissione soggettiva tra persona fisica e soggetto meta-individuale, con l'applicazione all'impresa individuale del d.lgs. n. 231/2001 – che lo si ricorda, si aggiunge alle disposizioni recate dal codice penale nei confronti della persona fisica – si finirebbe per dar luogo ad una doppia punizione del medesimo soggetto per il medesimo fatto, con violazione del principio del ne bis in idem sostanziale: la persona fisica, difatti, sarebbe punito quale autore materiale del reato e quale titolare dell'impresa che con lui, alfine, si immedesima».

D' altra parte – si conclude – la ratio del d. lgs. n. 231/2001 è «quella di sanzionare quei soggetti collettivi che siano colpevolmente disorganizzati, ossia reprimere quelle situazioni riconducibili alla c.d. colpa di organizzazione, che rappresenta il terreno fertile per quelle prassi illecite che si annidano proprio nei meandri delle organizzazioni complesse, caratterizzate dalla moltiplicazione dei centri decisionali. Colpa di organizzazione che non sarebbe possibile ravvisare nell'ambito dell'impresa individuale, in ragione di quella sostanziale coincidenza tra persona fisica ed attività imprenditoriale esplicata».

Osservazioni

Le conclusioni assunte nella decisione sono condivisibili ed a ben vedere anche quella giurisprudenza che, come sopra detto, sembra approdata a conclusioni di segno opposto in realtà, nel riconoscere l'applicabilità della normativa 231 anche alle imprese individuali e alle società unipersonali, fa riferimento a strutture imprenditoriali in cui comunque sembrava residuare uno spazio per una valutazione del giudice sull'esistenza di due soggetti con centri di interessi autonomi e distinti. Non a caso, in alcune delle suddette pronunce si legge che “spesso [tali società] ricorrono ad un'organizzazione interna complessa che prescinde dal sistematico intervento del titolare della impresa per la soluzione di determinate problematiche e che può spesso involgere la responsabilità di soggetti diversi dall'imprenditore ma che operano nell'interesse della stessa impresa individuale”; quindi anche secondo queste pronunce nelle imprese individuali la disciplina troverebbe applicazione solo nel caso in cui vi sia l'intervento e la responsabilità di soggetti ulteriori rispetto all'imprenditore - e quindi - sostanzialmente nel caso in cui non ci fosse identità tra l'ente e le persone fisiche che lo compongono e che avrebbero commesso il reato presupposto.

In sostanza, non si tratta di escludere o ammettere in termini generali l'estraneità delle imprese individuali al sistema 231, dovendosi piuttosto individuare il discrimen “non già nella “metaindividualità”, bensì nella organizzazione pluripersonale interna, che viene pertanto ad assumere il rango di vero e proprio “in sé” della responsabilità amministrativa da reato... [per cui] la valutazione dell'assoggettabilità delle imprese individuali alle disposizioni del decreto 231 non [può] essere effettuata aprioristicamente in ragione della sola forma giuridica assunta per l'esercizio dell'attività di impresa, ma [deve] necessariamente fare i conti con le specifiche del caso concreto, avuto riguardo, cioè, alla dimensione e all'articolazione interna della singola impresa individuale oggetto di indagine” (MORGESE, L'ente come soggetto di diritto metaindividuale: l'archetipo dell'imputazione soggettiva della responsabilità 231 tra dato letterale, esigenze di sistema e prospettive comparatistiche, in Giurisprudenza Penale Web, 2021, 1-bis. Si veda anche ID. SRL unipersonali e 231: un connubio non sempre possibile,ivi, 2018, 12. In senso contrario SCARCELLA, La Cassazione ribadisce l'inapplicabilità del d.lgs. 231/2001 alle imprese individuali: scongiurata la rimessione alle Sezioni Unite?, in Riv. Resp. Amm. Enti,1/2012, 175, secondo cui la posizione della giurisprudenza è nel senso di escludere in radice l'applicazione del d.lgs. n. 231/2001 alle imprese individuali).

Da ultimo va infine evidenziato come quanto asserito con riferimento alle imprese individuali non può invece ritenersi operante in relazione alle società unipersonali. Si tratta in effetti di forme giuridiche del tutto differenti: l'impresa individuale fa riferimento a un solo titolare, l'imprenditore, il quale è l'unico responsabile e anche l'unico promotore della sua iniziativa imprenditoriale; la società unipersonale (che può essere anche una s.r.l. ovvero una s.p.a.) è caratterizzata solo dalla circostanza che le quote sociali sono detenute da un unico socio (sia esso una persona fisica ovvero una persona giuridica). Di conseguenza, come peraltro ritenuto dalla stessa Cassazione, nulla impedisce di ritenere applicabile la normativa di cui al d.lgs. n. 231 del 2001 anche alle società unipersonali, in quanto trattasi di “soggetto di diritto distinto dalla persona fisica che ne detiene le quote” e perciò “autonomo centro di interessi e di rapporti giuridici” (Cass., sez. VI, 25 ottobre 2017, n. 49056. In senso favorevole a tale orientamento, D'ARCANGELO, La responsabilità da reato delle società unipersonali nel d.lgs. 231/2001, in Riv. Resp. Amm. Enti, 3/2008, 148; BELTRAMI, La responsabilità da reato delle società unipersonali e delle società fallite, ivi, 2/2018, 219. Contra, invece,LUGLI, Esclusa la responsabilità 231 di società unipersonale priva di un autonomo centro di interessi in Giurisprudenza Penale Web, 2020, 9; D'ARCANGELO, La responsabilità da reato delle società unipersonali nel d.lgs. 231/2001, in Riv. Resp. Amm. Enti, 3/2008, 148; BELTRAMI, La responsabilità da reato delle società unipersonali e delle società fallite, ivi, 2/2018, 219).

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