Basta la ‘dichiarazione sostitutiva’ da parte dello straniero per beneficiare del patrocinio a spese dello Stato

Redazione Scientifica
22 Luglio 2021

Non è ragionevole, e contrasta con l'effettività del diritto di difesa, che il cittadino di un Paese non aderente all'Unione europea non abbia diritto al patrocinio a spese dello Stato soltanto perché si trova nell'impossibilità di produrre la certificazione dell'autorità consolare richiesta per i redditi prodotti all'estero.

Non è ragionevole, e contrasta con l'effettività del diritto di difesa, che il cittadino di un Paese non aderente all'Unione europea non abbia diritto al patrocinio a spese dello Stato soltanto perché si trova nell'impossibilità di produrre la certificazione dell'autorità consolare richiesta per i redditi prodotti all'estero.

Due cittadini indiani proponevano opposizione al provvedimento di diniego del permesso di soggiorno per lavoro stagionale, non potendo usufruire del beneficio del patrocinio a spese dello Stato, in quanto «l'Ambasciata e il Consolato indiano in Italia non avevano dato riscontro alla loro richiesta di certificare la mancanza di redditi all'estero».

Per questo motivo la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 157/2021, depositata oggi, ha affermato che «non è ragionevole, e contrasta con l'effettività del diritto di difesa, che il cittadino di un Paese non aderente all'Unione europea non abbia diritto al patrocinio a spese dello Stato soltanto perché si trova nell'impossibilità di produrre la certificazione dell'autorità consolare richiesta per i redditi prodotti all'estero».

La Consulta ha, quindi, dichiarato illegittimo l'art. 79, comma 2, d.P.R. n. 115/2002, nella parte in cui non permette al cittadino di Stati non appartenenti all'UE «di dimostrare di aver fatto tutto il possibile, in base a correttezza e diligenza, per presentare la richiesta documentazione, e quindi di produrre una dichiarazione sostitutiva di tale documentazione», uniformando, così, la disciplina sul patrocinio a spese dello Stato nei processi civile, amministrativo, contabile e tributario a quanto già previsto per il processo penale, «non essendoci alcuna ragione per differenziarli».

Fonte: Diritto e Giustizia

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