E' costituzionalmente legittima l'iscrizione obbligatoria alla gestione separata INPS dell'avvocato non iscritto alla Cassa Forense?
10 Agosto 2021
Massima
Vanno rimesse alla Corte costituzionale le questioni di legittimità costituzionale relative: in via principale, all'art. 2, comma 26, l. 335/1995, come interpretato dall'art. 18, comma 12, d.l. 98/2011, nella parte in cui prevede, a carico degli avvocati del libero foro non iscritti alla Cassa di previdenza forense per mancato raggiungimento delle soglie (di reddito o di volumi di affari) ex art. 22 l. 576/1980, l'obbligo di iscrizione presso la gestione separata INPS; in via subordinata, all'art. 18, comma 12, d.l. 98/2011, nella parte in cui non prevede che l'obbligo di iscrizione alla gestione separata dell'INPS, a carico degli avvocati del libero foro non iscritti alla Cassa di previdenza forense per mancato raggiungimento delle soglie (di reddito o di volumi di affari) ex art. 22 l. 576/1980, decorra per i periodi successivi alla sua entrata in vigore. Il caso
Due avvocati del libero foro non tenuti all'iscrizione alla Cassa di previdenza forense per motivi reddituali ex art. 22, l. 576/1980 hanno impugnato, innanzi al Tribunale di Catania, gli atti emessi dall'INPS, con i quali l'Istituto previdenziale ha comunicato loro l'iscrizione d'ufficio alla gestione separata con decorrenza dal 1 gennaio 2010, intimando il pagamento dei relativi contributi per la medesima annualità ai sensi dell'art. 2, comma 26, l. 335/1995. La questione
Ci si chiede se l'Inps possa iscrivere d'ufficio alla gestione separata avvocati che non sono tenuti all'iscrizione alla Cassa di previdenza forense per motivi reddituali ex art. 22, l. 576/1980 e intimar loro il pagamento dei relativi contributi. Le soluzioni giuridiche
Il Tribunale di Catania ha ritenuto che la questione relativa alla legittimità dell'iscrizione dei due avvocati alla gestione separata da parte dell'Inps non possa essere decisa senza lo scrutinio di costituzionalità, in via principale, dell'art. 2, comma 26, l. 335/1995, come interpretato dall'art. 18, comma 12, d.l. 98/2011, nella parte in cui prevede l'obbligo di iscrizione alla gestione separata dell'INPS ex art. 2, comma 26, l. 335/1995 a carico degli avvocati del libero foro, non obbligati all'iscrizione alla Cassa di previdenza forense per mancato raggiungimento delle soglie (di reddito o di volumi di affari) ex art. 22 L. 576/1980, o, in via subordinata, dell'art. 18, comma 12, d.l. 98/2011, nella parte in cui non prevede che il predetto obbligo di iscrizione decorra solo per i periodi successivi alla sua entrata in vigore. Osservazioni
Il regime previdenziale forense prima dell'entrata in vigore dell'art. 21, comma 8, l. 247/2012, recante la «Nuova disciplina dell'ordinamento della professione forense» e, dunque nel periodo preso in esame dalla sentenza in oggetto, era regolato dalla l. 576/1980. Quest'ultima, in particolare, all'art. 22, comma 1, disponeva che l'iscrizione alla Cassa di Previdenza Forense era obbligatoria solo per gli «avvocati e procuratori che esercitavano la libera professione con carattere di continuità, ai sensi dell'art. 2 della l. 319/1975». Pertanto, in virtù della suddetta disposizione, l'obbligo di iscrizione sorgeva quando il professionista avesse raggiunto «il minimo di reddito o il minimo di volume di affari, di natura professionale, fissati dal comitato dei delegati per l'accertamento dell'esercizio continuativo della professione» (art. 22, comma 3) e veniva disposta d'ufficio dalla Giunta esecutiva qualora il professionista non avesse proposto domanda nei termini fissati (art. 22, comma 2). Proseguiva l'art. 22 citato, stabilendo al comma 6 che «L'iscrizione alla Cassa era facoltativa per i praticanti abilitati al patrocinio». Da tale quadro normativo si riteneva, in assenza di un espresso divieto, facoltativa anche l'iscrizione degli avvocati che non avessero raggiunto le soglie di reddito o di volume d'affari previste ai fini dell'iscrizione obbligatoria (in tal senso anche la nota informativa della Cassa di previdenza forense del 23 dicembre 2020, prot. 504628). Ne conseguiva che gli avvocati iscritti all'albo e i praticanti avvocati iscritti alla Cassa dovevano corrispondere solo il contributo integrativo previsto dall'art. 11, mentre gli avvocati iscritti alla Cassa di previdenza e quelli che erano obbligati ad iscriversi dovevano corrispondere anche il contributo soggettivo previsto dall'art. 10 della l. 576/1980. Tuttavia, a seguito dell'entrata in vigore dell'art. 18, comma 12, d.l. 98/2011, convertito, con modificazioni, in l. 111/2011 e, dunque, della conseguente interpretazione dell'art. 2, comma 26, l. 335/1995, si è posto il problema dell'applicabilità agli avvocati delle norme sulla gestione separata. L'art. 2, comma 26, l. 335/1995 prevede che «a decorrere dal 1 gennaio 1996, sono tenuti all'iscrizione presso una apposita Gestione separata presso l'INPS, e finalizzata all'estensione dell'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti, i soggetti che esercitano per professione abituale, ancorché non esclusiva, attività di lavoro autonomo, di cui al comma 1 dell'art. 49 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi, approvato con d.P.R. 917/1986 e successive modificazioni ed integrazioni, nonché i titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, di cui al comma 2, lettera a), dell'art. 49 del medesimo Testo Unico e gli incaricati alla vendita a domicilio di cui all'art. 36 della l. 426/1971». Prima dell'intervento dell'art. 18, comma 12, d.l. 98/2011 cit., la norma di cui all'art. 2, comma 26, appena riportata non appariva riferibile alla categoria degli avvocati, posto che quest'ultima fruiva, sotto il profilo previdenziale, del regime previsto dalla l. 576/1980, nonché della Cassa di Previdenza Forense. Tuttavia, con l'introduzione dell'art. 18, comma 12, del d.l. 98/2011 il quadro giuridico è mutato, in quanto quest'ultimo ha previsto che «L'art. 2, comma 26, della l. 335/1995, si interpreta nel senso che i soggetti che esercitano per professione abituale, ancorché non esclusiva, attività di lavoro autonomo tenuti all'iscrizione presso l'apposita gestione separata INPS sono esclusivamente i soggetti che svolgono attività il cui esercizio non sia subordinato all'iscrizione ad appositi albi professionali, ovvero attività non soggette al versamento contributivo agli enti di cui al comma 11, in base ai rispettivi statuti e ordinamenti, con esclusione dei soggetti di cui al comma 11». Pertanto, sebbene la disposizione sembrasse escludere la categoria degli avvocati dall'obbligo di iscrizione alla gestione separata (trattandosi di professionisti iscritti in albi, tenuti a versare, anche in caso di mancata iscrizione alla Cassa forense, il contributo integrativo al proprio ente previdenziale di riferimento), negli ultimi anni la Suprema Corte si è orientata diversamente con riguardo, dapprima, agli avvocati iscritti presso altri enti di previdenza e, successivamente, agli avvocati del libero foro non iscritti presso alcun ente di previdenza, per i quali non operava alcun divieto di iscrizione nella Cassa di previdenza forense. In particolare, la Cassazione ha ritenuto che anche gli avvocati iscritti all'albo e non alla cassa di previdenza forense, benché abbiano adempiuto al pagamento del solo contributo integrativo siano tenuti all'iscrizione alla gestione separata, in quanto, in virtù del principio di universalizzazione della copertura assicurativa ex artt. 35 e 38 Cost., l'unico versamento contributivo rilevante ai fini dell'esclusione dell'obbligo di iscrizione alla Gestione Separata presso l'Inps è quello suscettibile di costituire in capo al lavoratore autonomo una correlata prestazione previdenziale (Cass. civ., sez. lav., 12 dicembre 2018, n. 32167; Cass. civ., sez. lav., 17 dicembre 2018, n. 32608; Cass. civ., sez. lav., 11 gennaio 2019, n. 519; Cass. civ., sez. VI, 10 gennaio 2020, n. 317; Cass. civ., sez. VI, 10 gennaio 2020, n. 318; Cass. civ., sez. VI, 17 gennaio 2020, n. 1000; Cass. civ., sez. VI, 17 novembre 2020, n. 26021; sul punto v. anche la recente Cass. civ., 15 marzo 2021 n.7227, per la quale per l'obbligatoria iscrizione alla gestione separata è necessario l'esercizio abituale della professione, requisito dell'abitualità che va accertato in fatto, in quanto la percezione di un reddito inferiore a 5 mila euro annui non è sufficiente per fare scattare l'obbligo dell'iscrizione). Quindi, deve ritenersi che l'art. 18, comma 12, d.l. 98/2011 vada interpretato nel senso che i soggetti tenuti all'iscrizione alla gestione separata di cui all'art. 2, comma 26, l. 335/1995, si intendono sia i soggetti che svolgono attività il cui esercizio non è subordinato all'iscrizione ad appositi albi professionali o elenchi, sia i soggetti che (ancorché esercenti attività che richiedono l'iscrizione in albi o elenchi) non sono sottoposti all'obbligo di versamento del contributo c.d. soggettivo in quanto non iscritti ad alcun ente di gestione, essendo irrilevante il mero versamento del contributo integrativo alla cassa previdenziale di categoria. Ne consegue che anche gli avvocati che non incorrano nell'obbligo di iscrizione alla Cassa di previdenza forense, per aver maturato redditi o volumi d'affari sotto le soglie ex art. 22 l. 576/1980, devono essere iscritti alla gestione separata ex art. 2, comma 26, l. 335/1995. Tuttavia, il Tribunale di Catania ha ritenuto che l'art. 2, comma 26, l. 335/1995, come interpretato a seguito dell'introduzione dell'art. 18, comma 12, d.l. 98/2011, introduce un elemento di oggettiva incoerenza normativa, che rende la norma illogica, irrazionale e, dunque, irragionevole, in violazione dell'art. 3 Cost., nella parte in cui prevede l'obbligo di iscrizione alla gestione separata dell'INPS a carico degli avvocati del libero foro non iscritti alla Cassa di previdenza forense per mancato raggiungimento delle soglie (di reddito o di volume d'affari) ex art. 22 l. 576/1980, dal momento che, come si è già detto, nei periodi anteriori alla sua entrata in vigore, il sistema previdenziale forense risultava regolato dalla l. 576/1980, la quale prevedeva che solo gli avvocati che avessero raggiunto determinate soglie (di reddito o di volume d'affari) incorrevano nell'obbligo di iscrizione alla cassa di previdenza e, quindi, nell'obbligo di pagamento del contributo soggettivo ex art. 10 l. 576/1980, mentre coloro che si trovano al di sotto di tali soglie fossero tenuti al pagamento del solo contributo integrativo ex art. 11 l. 576/1980 senza, peraltro, alcun obbligo di iscrizione. Le affermazioni del Tribunale di Catania partono, in primo luogo, dal presupposto che lal. 576/1980, costituendo lex specialis dell'ordinamento previdenziale forense, non può ritenersi implicitamente abrogata, neppure parzialmente, da norme, come l'art. 2, comma 26, l. 335/1995, che, ancorché successive, non riguardano espressamente tale sistema e, in secondo luogo, dall'evidente antinomia, irrazionalità e incoerenza che quest'ultima crea nel sistema normativo. Infatti, applicando l'interpretazione fornita dall'art. 18, comma 12, d.l. 98/2011, si determina la disgregazione del regime previdenziale dell'avvocato sotto soglia ex art. 22 l. 576/1980, il quale dovrà rapportarsi alla cassa forense per il pagamento del contributo integrativo e per la fruizione di eventuali prestazioni assistenziali (art. 9 l. 576/1980) e all'Inps per il pagamento dei contributi ex art. 2, comma 26, l. 335/1995, con la conseguenza di assoggettare le fasce di professionisti più deboli e con minori capacità reddituali ad un regime previdenziale sui generis, frammentario e disorganico, non in grado di assicurare una copertura assicurativa certa o utile. Al contrario, la disposizione normativa contenuta nell'art. 22 l. 576/1980 è stata introdotta con l'intento di riconoscere un regime di maggior favore nei riguardi degli avvocati che non abbiano potuto produrre redditi o volume d'affari apprezzabili. Il Tribunale di Catania, inoltre, dubita anche della costituzionalità dell'art. 18, comma 12, d.l. 98/2011, nella parte in cui esplica effetti retroattivi, non prevedendo che l'obbligo di iscrizione nella gestione separata, a carico degli avvocati del libero foro non iscritti alla Cassa di previdenza forense per mancato raggiungimento delle soglie (di reddito o di volumi di affari) ex art. 22 l. 576/1980, decorra dalla sua entrata in vigore. In particolare, il tribunale di Catania ritiene che l'applicazione retroattiva della suddetta normativa, incidendo retroattivamente e irragionevolmente sulle condizioni giuridica ed economica degli avvocati, vada a ledere il legittimo affidamento (ex art. 3 Cost.) in ordine al regime previdenziale e contributivo ad essi applicabile. Infatti, poiché la disciplina vigente prima dell'entrata in vigore dell'art. 18, comma 12, d.l. 98/2011 stabiliva, come si è già detto, che solo gli avvocati iscritti in albi che raggiungevano determinate soglie (di reddito o di volume d'affari) fossero obbligati all'iscrizione all'ente di previdenza e al conseguente pagamento del contributo soggettivo ex art. 10 della l. 576/1980 e di quello integrativo ex art. 11 l. 576/1980, mentre coloro che non superassero le suddette soglie fossero tenuti a corrispondere il solo contributo integrativo, si era formata nei professionisti la convinzione di non dover essere sottoposti ad alcun ulteriore onere previdenziale e di poter scegliere se iscriversi o meno alla propria cassa di previdenza. Ne consegue, come sostiene il tribunale di Catania, che l'art. 18, comma 12, d.l. 98/2011, nel rendere applicabili agli avvocati gli obblighi sulla gestione separata anche per i periodi pregressi alla sua introduzione, «lede il loro legittimo affidamento, incidendo retroattivamente sulla loro condizione giuridica e patrimoniale, attraverso oneri ed imposizioni originariamente non previsti, rispetto ai quali i diretti interessati non hanno potuto effettuare alcuna preliminare valutazione o scelta». Da quanto appena riportato, si desume l'importanza delle questioni di costituzionalità sollevate; infatti, ove venisse dichiarata illegittima quella principale, relativa all'art. 2, comma 26, l. 335/1995, per come interpretato dall'art. 18, comma 12, d.l. 98/2011, verrebbe meno la fonte da cui trae fondamento l'obbligo di iscrizione degli avvocati non iscritti alla cassa di previdenza forense per mancato raggiungimento delle soglie (di reddito o di volume d'affari) ex art. 22 l. 576/1980 alla gestione separata dell'INPS, nonché l'antinomia prodotta dalla medesima con conseguente applicazione esclusiva dell'art. 22, l. 576/1980. Del pari, laddove non venisse reputata preliminare e fondata la prima questione, appare rilevante anche quella sollevata in via subordinata, in relazione all'art. 18, comma 12, d.l. 98/2011, ovvero relativa alla sua efficacia retroattiva. Infatti, laddove tale norma venisse dichiara illegittima, nella parte in cui esplica effetti retroattivi, e dunque nella misura in cui non prevede che l'obbligo di iscrizione alla gestione separata per gli avvocati possa decorrere solo dalla sua entrata in vigore, verrebbe ugualmente meno il fondamento normativo dell'obbligo di iscrizione degli avvocati alla gestione separata. E' chiaro l'interesse che la questione suscita dal punto di vista non solo sistematico ma soprattutto pratico, in quanto, come è evidente, dalla pronuncia della Consulta dipenderanno gli esiti di molti giudizi pendenti tra l'Inps e i liberi professionisti. Riferimenti
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