Redazione Scientifica
25 Agosto 2021

In tema di danno per mancato riconoscimento di paternità, l'illecito endofamiliare attribuito al padre che abbia generato ma non riconosciuto il figlio, presuppone la consapevolezza della procreazione che, pur non identificandosi con la certezza assoluta derivante esclusivamente dalla prova ematologica, presuppone comunque la maturata conoscenza dell'avvenuta procreazione.

Una donna adiva il tribunale ex art. 269 c.c. per ottenere la dichiarazione giudiziale di paternità del convenuto, che per anni aveva rifiutato il suo riconoscimento ed il versamento dei mezzi di sussistenza. L'attrice chiedeva inoltre il risarcimento del danno, patrimoniale e non, subito. La domanda veniva accolta quanto alla dichiarazione giudiziale di paternità, accertata a seguito di CTU immunogenetica, ma veniva rigettata la richiesta risarcitoria, in particolare per il danno morale, per difetto della prova della consapevolezza del convenuto dell'effettiva esistenza della figlia. La questione è giunta dinanzi alla Corte di Cassazione.

L'illecito endofamiliare. Il Collegio ricorda che «in ordine alla sussistenza dell'illecito endofamiliare dedotto in giudizio, attinente al rapporto filiale, nell'ipotesi in cui alla procreazione non segua il riconoscimento e l'assolvimento degli obblighi conseguenti alla condizione di genitore, con disinteresse, protratto nel tempo, del genitore nei confronti del figlio, deve osservarsi che la violazione dei doveri di mantenimento, istruzione ed educazione dei genitori verso la prole può integrare gli estremi dell'illecito civile, ove cagioni la lesione di diritti costituzionalmente protetti, in primis l'art. 30 Cost., così dandosi luogo ad un'autonoma azione volta al risarcimento dei danni non patrimoniali ai sensi dell'art. 2059 cod. civ. esercitabile anche nell'ambito dell'azione per la dichiarazione giudiziale di paternità e maternità ed anche per il periodo anteriore alla dichiarazione giudiziale di paternità o maternità naturale, sorgendo, sin dalla nascita, il diritto del figlio naturale ad essere mantenuto, istruito ed educato nei confronti di entrambi i genitori (Cass. 5652/2012)».
Ciò posto, il mancato riconoscimento dei figli deve avere i caratteri tipici dell'illecito civile e dunque essere causalmente determinante, colpevole e cagionare un danno ingiusto.
Il presupposto per configurare una responsabilità aquiliana da illecito endofamiliare, con conseguente diritto al risarcimento del danno per il figlio, è infatti costituito dalla «consapevolezza del concepimento, che non si identifica con la certezza assoluta derivante esclusivamente dalla prova ematologica, ma si compone di una serie di indizi univoci, quali, nella specie, la indiscussa consumazione di rapporti sessuali non protetti all'epoca del concepimento» (Cass. 26205/2013).

La consapevolezza della procreazione. In conclusione, la pronuncia cristallizza il principio di diritto secondo cui «in tema di danno per mancato riconoscimento di paternità, l'illecito endofamiliare attribuito al padre che abbia generato ma non riconosciuto il figlio, presuppone la consapevolezza della procreazione che, pur non identificandosi con la certezza assoluta derivante esclusivamente dalla prova ematologica, presuppone comunque la maturata conoscenza dell'avvenuta procreazione, non evincibile tuttavia in via automatica dal fatto storico della sola consumazione di rapporti sessuali non protetti con la madre ma anche da altri elementi rilevanti, specificatamente allegati e provati da chi agisce in giudizio».
Nel caso di specie, i giudici di merito hanno accertato che la madre dell'attrice – deceduta nelle more del procedimento – non aveva avuto più contatti con il convenuto dall'anno di nascita della figlia e non vi era alcuna circostanza da cui desumere, anche a livello indiziario, che l'uomo potesse essere consapevole del fatto di avere una figlia. Per questi motivi, il ricorso viene rigettato.

(Fonte: DirittoeGiustizia)

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