Reclamo dell'ordinanza di estinzione dell'espropriazione: atto introduttivo di un procedimento incidentale di cognizione o atto prosecutorio del processo?

16 Settembre 2021

Rimessa al Primo Presidente, per l'assegnazione alle Sezioni Unite, la questione se il reclamo avverso l'ordinanza d'estinzione del processo esecutivo debba essere presentato obbligatoriamente in forma telematica ex art. 16-bis, comma 3 d.l. 179/2012 (conv. in l. 221/2012) ovvero anche in forma cartacea, ritenendosi atto introduttivo di un procedimento incidentale di cognizione estraneo al processo di espropriazione.
Massima

La Terza Sezione Civile ha rimesso al Primo Presidente, per l'eventuale assegnazione alle Sezioni Unite, la questione se il reclamo avverso l'ordinanza d'estinzione del processo esecutivo debba essere presentato obbligatoriamente in forma telematica ex art. 16-bis, comma 3, d.l. 179/2012, conv. in l. 221/2012 ovvero anche in forma cartacea, ritenendosi atto introduttivo di un procedimento incidentale di cognizione estraneo al processo di espropriazione, quantunque ad esso intrinsecamente e funzionalmente collegato. Con la precisazione che, come effetto della prima ipotesi, il reclamo al collegio dovrebbe ritenersi affetto da nullità insanabile o, in alternativa, da inesistenza e, pertanto, le statuizioni successive sarebbero invalidate con conseguente estinzione della procedura esecutiva.

Il caso

I debitori, con separate istanze, avevano eccepito al g.e. del Tribunale di Lamezia Terme l'estinzione della procedura esecutiva esperita nei loro confronti, sospesa ai sensi dell'art. 624 c.p.c. fino al 30 novembre 2015, deducendo che i creditori avevano depositato l'istanza di prosecuzione in data anteriore alla scadenza del periodo di sospensione (27 novembre 2015).

Il g.e., in accoglimento delle predette istanze, dichiarava l'estinzione della procedura esecutiva ed ordinava la cancellazione del pignoramento.

I creditori, procedente ed intervenuti, proponevano reclamo ai sensi dell'art. 630, comma 3, c.p.c.; il Collegio del Tribunale accoglieva l'impugnazione e revocava l'ordinanza del g.e.

La Corte d'appello di Catanzaro rigettava l'impugnazione proposta dai debitori per l'annullamento e/o modifica della sentenza resa a definizione del reclamo.

Avverso la sentenza di secondo grado i medesimi debitori proponevano ricorso per cassazione fondato su tre motivi.

Di particolare interesse è il terzo motivo con il quale i ricorrenti eccepivano la violazione e/o falsa applicazione degli art. 630, comma 3 e 178, commi 3-5, c.p.c., art. 16-bis, comma 2, d.l. 179/2012, artt. 121 e 156, commi 1 e 3, c.p.c. in relazione all'art. 360, comma 1 n. 3, c.p.c..: la sentenza impugnata, affermando che il reclamo avverso l'ordinanza dichiarativa dell'estinzione del processo esecutivo introduce una fase incidentale di un nuovo giudizio di cognizione, qualifica la presentazione in forma telematica meramente facoltativa e non obbligatoria. A dire dei ricorrenti, invece, il reclamo avverso l'ordinanza di estinzione avrebbe natura di atto endoprocedimentale prosecutorio del processo; con la conseguenza che il deposito in modalità telematica sarebbe obbligatorio ai sensi dell'art. 16-bis, comma 2. Il reclamo redatto e sottoscritto in forma cartacea sarebbe, quindi, da considerarsi giuridicamente inesistente, con conseguente insanabilità del vizio (mentre la sentenza gravata aveva ritenuto lo stesso sanato).

La questione

La tematica sottesa al terzo motivo di ricorso costituisce una questione di massima di particolare importanza, che si riverbera sulla validità degli atti del processo, per i quali sia prevista quale unica forma di predisposizione e deposito quella telematica, prodotti o depositati invece in forma tradizionale o analogica.

E difatti, per il Collegio, « …l'esito positivo dello scrutinio del terzo motivo comporterebbe che il reclamo al collegio del Tribunale dovrebbe ritenersi affetto da nullità insanabile o, in alternativa, da inesistenza e, con effetto a cascata, le statuizioni successive, rese in forma di sentenza dal Tribunale in composizione collegiale e dalla Corte di Appello, sarebbero conseguentemente invalidate e ne conseguirebbe l'estinzione della procedura esecutiva, così come originariamente statuito dal giudice dell'esecuzione immobiliare».

La giurisprudenza della S.C. non ha ancora risolto il tema sottoposto all'esame di legittimità con il terzo motivo del ricorso, né con riferimento all'ambito dell'esecuzione forzata, né, in generale, con riguardo alla tematica delle conseguenze derivanti dall'inosservanza delle forme di deposito degli atti processuali in via telematica.

Se manca uno specifico orientamento sul punto in materia esecutiva, nella materia dell'esecuzione concorsuale si esclude che all'inosservanza del deposito telematico consegua la nullità insanabile e comunque l'inesistenza dell'atto. Con la sentenza. n. 19151/2019 la S.C. ha affermato che «il ricorso in opposizione allo stato passivo, ai sensi dell'art. 16-bis, comma 3, del d.l. 179/2012, conv., con modif., dalla l. 221/2012, può essere depositato in forma cartacea, essendo le modalità telematiche previste in via esclusiva soltanto per gli atti del curatore, del commissario giudiziale, del liquidatore, del commissario liquidatore e del commissario straordinario, fermo restando che l'eventuale vizio dell'atto introduttivo del giudizio è sanabile per raggiungimento dello scopo della costituzione del rapporto processuale, eventualmente mediante concessione di un termine all'altra parte per svolgere le proprie difese». Tale decisione non può certamente ritenersi dirimente, posto che nella materia fallimentare vi è una specifica indicazione degli atti che devono essere compiuti in via telematica e dei soggetti che devono compierli.

La Corte, inoltre, con riferimento ai cd. procedimenti speciali di cognizione, con la sentenza n. 2930/2019 ha ritenuto che «nel rito cd. Fornero, il giudizio di primo grado, pur unitario, si articola in due fasi procedimentali e l'introduzione della fase di opposizione richiede un'autonoma costituzione delle parti, come è dimostrato dal fatto che l'art. 1, commi 51 e 53, della l. 92/2012 preveda a loro carico gli stessi incombenti che caratterizzano l'introduzione del giudizio nel rito del lavoro; ne consegue che il ricorso in opposizione può essere depositato in forma cartacea, non ricorrendo i presupposti per l'applicazione dell'art. 16-bis del d.l. 179/2012 (conv., con modif., in l. 221/2012), secondo cui il deposito degli atti processuali delle parti precedentemente costituite ha luogo esclusivamente con modalità telematiche».

La mancanza di un orientamento univoco in relazione all'applicazione dei principi di cui agli artt. 121 e 156, comma 3, c.p.c., di libertà delle forme degli atti processuali e della sanatoria della nullità dell'atto per raggiungimento dello scopo, se non in generale, comunque in caso di atto endoprocedimentale - quale quello di proposizione del reclamo al collegio in ordine all'estinzione della procedura esecutiva - in forma soltanto cartacea e senza che siano osservate le formalità telematiche di cui all'art. 16-bis del d.l. 179/2012 conv., con modif., in l. 221/2012, ha indotto la terza sezione della S.C. a rimettere gli atti al Primo Presidente ai sensi dell'art. 374, comma 2, c.p.c.

Le soluzioni giuridiche

L'art. 16 bis, comma 3, del d.l. 179/2012, conv., con modif., dalla l. 221/2012 recita «Nei processi esecutivi di cui al libro III del codice di procedura civile la disposizione di cui al comma 1 si applica successivamente al deposito dell'atto con cui inizia l'esecuzione. A decorrere dal 10 marzo 2015, il deposito nei procedimenti di espropriazione forzata della nota di iscrizione a ruolo ha luogo esclusivamente con modalità telematiche, nel rispetto della normativa anche regolamentare concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici. Unitamente alla nota di iscrizione a ruolo sono depositati, con le medesime modalità, le copie conformi degli atti indicati dagli articoli 518, sesto comma, 543, quarto comma e 557, secondo comma, c.p.c. Ai fini del presente comma, il difensore attesta la conformità delle copie agli originali, anche fuori dai casi previsti dal comma 9-bis e dall'art. 16-decies»”.

Inoltre, il comma 1, richiamato dal comma 3, dell'art. 16-bis stabilisce: «salvo quanto previsto dal comma 5, a decorrere dal 30 giugno 2014 nei procedimenti civili, contenziosi o di volontaria giurisdizione, innanzi al tribunale, il deposito degli atti processuali e dei documenti da parte dei difensori delle parti precedentemente costituite ha luogo esclusivamente con modalità telematiche, nel rispetto della normativa anche regolamentare concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici. Allo stesso modo si procede per il deposito degli atti e dei documenti da parte dei soggetti nominati o delegati dall'autorità giudiziaria. Le parti provvedono, con le modalità di cui al presente comma, a depositare gli atti e i documenti provenienti dai soggetti da esse nominati. Per difensori non si intendono i dipendenti di cui si avvalgono le pubbliche amministrazioni per stare in giudizio personalmente. In ogni caso, i medesimi dipendenti possono depositare, con le modalità previste dal presente comma, gli atti e i documenti di cui al medesimo comma».

Nel caso in esame, fondamentale è la qualificazione del reclamo al collegio ex art. 630, comma 3, c. p.c.: atto introduttivo di un autonomo procedimento contenzioso, e, pertanto, escluso, in quanto primo atto del procedimento, dall'obbligo della proposizione in via telematica, ovvero atto che si inserisce nel procedimento esecutivo già iniziato, con la conseguenza che esso dovrebbe seguire la forma degli atti successivi al primo, e, quindi, essere proposto in via telematica.

Ove si optasse per quest'ultima ipotesi, l'atto depositato in forma soltanto cartacea – pur in difetto di specifica sanzione di nullità – non sarebbe sanabile ex art. 156, comma 3, c.p.c..

Va, a questo punto, ricordato che il codice di rito prevede il reclamo al collegio avverso il provvedimento di estinzione del giudizio di cognizione (art. 308 c.p.c.) e quello avverso il provvedimento che dispone l'estinzione del procedimento esecutivo (art. 630 c.p.c.).

Si evidenzia che il reclamo ex art. 178 c.p.c. va proposto necessariamente in modalità telematica, rientrando a pieno titolo tra gli atti di cui all'art. 16-bis, comma 1, d.l. 179/2012. A differenza del reclamo ex art. 669-terdecies c.p.c., tuttavia, esso non determina l'apertura di un nuovo procedimento contenzioso. Anzi, in ragione dei possibili esiti di tal fatta di reclamo (sentenza per il rigetto, ordinanza per l'accoglimento), non dovrebbe procedersi neanche all'apertura di un subprocedimento, quanto alla mera annotazione dell'evento di proposizione del reclamo ed alla conseguente fissazione dell'udienza collegiale.

Diversamente dal reclamo avverso l'ordinanza di estinzione ex art. 308 c.p.c., quello avverso l'ordinanza che pronuncia l'estinzione del procedimento esecutivo non può essere proposto nel fascicolo dell'esecuzione, trattandosi evidentemente di un procedimento avente natura contenziosa, non gestibile dal SIECIC. Ne consegue che, analogamente a quanto accade per il reclamo ex art. 669-terdecies c.p.c. avverso i provvedimenti ex art. 624 c.p.c., tale atto andrà depositato nel registro contenzioso.

Al di là della qualificazione del reclamo, appare però preminente il tema dell'applicabilità della sanatoria di cui all'art. 156 c.p.c.

Non vi è dubbio che la ristrutturazione digitale del processo civile ha riacceso il dibattito sullo scopo dell'atto del processo, in particolare ponendo la questione delle conseguenze della violazione della disciplina di settore e, pertanto, dell'applicabilità della regola della sanatoria oggettiva prevista dall'art. 156, comma 3, c.p.c., norma centrale proprio nella definizione del regime delle nullità per vizi formali.

E' forma in senso stretto quell'insieme di elementi richiesti per l'esistenza e l'efficacia dell'atto e generalmente individuati nelle condizioni di luogo, di tempo e di espressione cui le attività delle parti e degli organi giurisdizionali devono sottostare. In senso più ampio, invece, sono considerate forme «le stesse attività necessarie al processo, in quanto che, essendo esse coordinate all'attuazione di un diritto sostanziale, hanno carattere di forma rispetto alla sostanza».

Si tratta di requisiti formali tendenzialmente vincolati, perché fissati direttamente dalla legge a garanzia delle parti di una reciproca posizione di uguaglianza e della regolarità del contraddittorio, ma anche di un migliore e più ordinato andamento dei processi.

L'invalidità dovrebbe, in ogni caso, conseguire ad un giudizio di indispensabilità del requisito formale ai sensi dell'art. 156, comma 2, c.p.c., fermo in ogni caso l'accertamento sul raggiungimento dello scopo.

L'essenza di un atto processuale va, difatti, colta alla luce della sua natura e della sua destinazione, sicché solo quando manchino gli elementi indispensabili, ovvero le condizioni e i mezzi, «perché non degradi in un atto diverso e inidoneo a realizzare l'obiettivo per il quale era stato previsto e posto in essere, esso può considerarsi carente di una forma essenziale e, per l'effetto, nullo».

D'altronde, l'art. 156, commi 2 e 3, c.p.c., riferendosi, rispettivamente, all'atto mancante dei requisiti formali indispensabili allo scopo ovvero a quello che «ha raggiunto lo scopo a cui è destinato» pare chiaramente postulare l'idea della necessaria considerazione del fine ultimo di ogni singolo atto del processo, da ricercare con approccio casistico.

Così si è sostanzialmente espressa anche la Corte di cassazione sul tema della qualificazione del vizio derivante dalla violazione delle disposizioni dettate in punto di modalità (cartacee ovvero telematiche) del deposito, affermando il principio per cui la regola dell'art. 156, comma 3, c.p.c. deve continuare a trovare applicazione e declinazione alla luce del criterio per cui lo scopo va rintracciato «nella presa di contatto fra la parte e l'ufficio giudiziario dinanzi al quale la controversia è instaurata e nella messa a disposizione (dell'atto) delle altre parti processuali».

In conclusione, il processo telematico certamente richiede la massima adesione alle regole tecniche, ma non appare ragionevole che possa essere sovvertito il principio di «scopo dell'atto».

L'atto processuale telematico formato in violazione delle disposizioni di settore è, sì, un atto recante un vizio formale, ma il giudizio sulla sua validità non può che passare «da un accertamento, rapportato alle caratteristiche del caso concreto, della sua idoneità a raggiungere lo scopo suo proprio; non, quindi, quello della legge che ha voluto il processo digitale, ma quello ricollegabile al singolo atto e recuperabile nella capacità di inserirsi comunque nella sequenza procedimentale permettendone la prosecuzione».

Lo scopo dell'atto, anche nel processo telematico, resta - dunque - quello di consentire lo svolgimento del procedimento senza pregiudicare il diritto alla difesa della controparte, poiché non può ammettersi la tesi di uno scopo dell'atto telematico che finirebbe altrimenti per non valorizzare il dato della conoscibilità per il giudice e le altri parti.

Osservazioni

Le motivazioni addotte dalla Corte, volte ad ottenere un unico orientamento in ordine all'applicazione dei principi di cui agli artt. 121 e 156, comma 3, c.p.c., di libertà delle forme degli atti processuali e della sanatoria della nullità dell'atto per raggiungimento dello scopo, se non in generale, comunque in caso di atto endoprocedimentale - quale quello di proposizione del reclamo al collegio in ordine all'estinzione della procedura esecutiva - in forma soltanto cartacea e senza che siano osservate le formalità telematiche di cui all'art. 16-bis del d.l. 179/2012 conv., con modif., in l. 221/2012, si fondano su principi precedentemente espressi.

Riferimenti
  • M. Frediani, Errore nel deposito telematico e supremazia del principio di economia conservativa, in Il lavoro nella giur., 2017, II, p. 191;
  • G. G. Poli, Sulle (nuove forme di) nullità degli atti ai tempi del processo telematico, in Giur. it., 2015, II; p. 312;
  • E. Zucconi Galli Fonseca, L'incontro tra informatica e processo, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2015, IV, p. 1214.

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