La maestra si rifiuta di indossare la mascherina: il licenziamento è legittimo
30 Settembre 2021
Massima
In considerazione della normativa pandemica e della qualificazione della mascherina protettiva delle vie aeree quale dispositivo di protezione individuale, il reiterato rifiuto dell'insegnante di indossarla durante l'espletamento delle mansioni è condotta che legittima il licenziamento disciplinare, in assenza di certificazione medica che attesti l'incompatibilità del suo uso con le specifiche situazioni di salute dell'interessata. Il caso
Un'insegnante della scuola dell'infanzia, dipendente della Provincia Autonoma di Trento, ha impugnato il licenziamento senza preavviso intimatole nel novembre 2020 e seguìto alla contestazione disciplinare, con cui le era stato addebitato di non aver indossato, già dal settembre dello stesso anno, la mascherina protettiva delle vie aeree durante lo svolgimento delle proprie mansioni.
La docente ha sostenuto l'illegittimità del recesso, in via principale, per insussistenza del fatto materiale contestato e, in via subordinata, per assenza della giusta causa, chiedendo, altresì, il risarcimento dei danni morali ed all'immagine, discendenti dall'adozione del provvedimento impugnato.
A suo avviso, infatti, la sanzione disciplinare sarebbe stata irrogata in maniera superficiale, posto che l'utilizzo della mascherina avrebbe aggravato le proprie già difficoltose capacità respiratorie, con ciò adducendo documentazione relativa ad esami clinici ed interventi chirurgici cui era stata sottoposta a seguito di un incidente d'auto, studi che attesterebbero la dannosità delle mascherine e, infine, producendo altro studio di carattere pedagogico secondo cui i dispositivi che celano parte del volto cagionerebbero disturbi psicologici su bambini di età tra uno e cinque anni.
La Provincia Autonoma di Trento si è costituita in giudizio sostenendo l'infondatezza del ricorso, evidenziando la debolezza delle tesi della ex dipendente, anche alla luce della persistenza dei rifiuti, reiterati anche a seguito di specifico ordine di servizio alla stessa indirizzato.
Il Tribunale di Trento, analizzando le risultanze processuali, ha ritenuto che, per la gravità oggettiva e soggettiva della condotta tenuta – anche in considerazione delle specifiche mansioni svolte, il licenziamento per giusta causa sia pienamente legittimo, così respingendo il ricorso. La questione
La sentenza in commento affronta un argomento che, a causa della nota pandemia da Covid-19, si appalesa di grande attualità e, cioè, della legittimità o meno del rifiuto del dipendente di indossare, durante l'espletamento delle mansioni, la mascherina protettiva delle vie aeree, chirurgica o ffp2.
L'insegnante, in giudizio, ha sostenuto che la sua condotta sia giustificata, dal momento che soffrirebbe di difficoltà respiratorie permanenti, cagionate da un grave sinistro stradale verificatosi nel 2007, che le avrebbe cagionato serie problematiche di salute e, in particolare, un trauma toracico e gravi contusioni polmonari bilaterali con falda di pneumotorace: nella sua tesi, quindi, l'utilizzo della mascherina aggraverebbe tali problemi respiratori. A sostegno dell'assunto, ha richiamato studi medici secondo cui il dispositivo aumenterebbe l'insufficienza respiratoria, l'afflusso di anidride carbonica nel sangue e diminuirebbe l'ossigeno in circolo, producendo, altresì, documentazione attestante gli esami clinici e le operazioni chirurgiche cui è stata sottoposta negli anni.
Infine, la stessa ha argomentato in ordine alla negatività per bambini di età compresa tra uno e cinque anni di interazione con soggetti con il volto parzialmente coperto, giacché, sotto il profilo pedagogico, ciò potrebbe fare insorgere disturbi psicologici.
La Provincia Autonoma di Trento, nel sostenere la legittimità del licenziamento, ha rammentato la gravità del comportamento della maestra, che nel mese di settembre ed ottobre 2020 ha svolto le proprie mansioni non indossando la mascherina protettiva delle vie aeree e, addirittura, ha rifiutato di ottemperare all'ordine di servizio della Dirigente del Servizio, emanato proprio in esito alle sue pregresse inadempienze.
Inoltre, ha versato in atti la nota redatta dal medico competente ad agosto 2020, secondo cui la ricorrente è risultata idonea all'espletamento delle mansioni a contatto con i bambini, con raccomandazione all'utilizzo regolare di mascherina tipo ffp2 piuttosto che di quella chirurgica. Le soluzioni giuridiche
Il Tribunale di Trento, nella pronuncia in esame, ha dato innanzitutto atto dei dati pacifici in causa - vale a dire il reiterato rifiuto dell'insegnante di indossare la mascherina durante lo svolgimento delle proprie mansioni e la sussistenza di un'ordinanza provinciale che impone un tale obbligo, richiamando la normativa emergenziale e quella – più generale – in ordine all'obbligo di indossare i dispositivi di protezione individuale, e, ritenendo grave il comportamento tenuto, ha concluso per la legittimità del licenziamento per giusta causa.
Il giudice trentino, infatti, ha rammentato come l'ordinanza del Presidente della Provincia Autonoma di Trento datata 25 agosto 2020 disponga l'osservanza delle Linee di indirizzo per la tutela della salute e sicurezza – Scuole dell'Infanzia, secondo cui “tutte le persone che entrano nei servizi socio – educativi […] devono indossare la mascherina…la deve indossare tutto il personale e chiunque entri nella struttura”, evidenziando, poi, come la stessa debba essere letta in una al decreto con cui il Ministro dell'Istruzione ha adottato, sulla base delle note valutazioni espresse dal Comitato Tecnico Scientifico, il Documento di indirizzo e orientamento per la ripresa delle attività in presenza dei servizi educativi e delle scuole dell'infanzia per l'anno scolastico 2020/2021, che ribadisce come il personale educativo sia tenuto ad indossare la mascherina e, successivamente, il Protocollo d'intesa per garantire l'avvio dell'anno scolastico nel rispetto delle regole di sicurezza per il contenimento della diffusione di Covid-19.
Tali atti e provvedimenti amministrativi, secondo il Tribunale, trovano fondamento giuridico nella volontà legislativa espressa ad inizio pandemia, posto che l'art. 16 comma 1 D.L 18/2020, conv. in L. 27/2020 ha prescritto che “Per contenere il diffondersi del virus Covid-19, fino al termine dello stato di emergenza […] sull'intero territorio nazionale, per tutti i lavoratori e i volontari, sanitari e no, che nello svolgimento della loro attività sono oggettivamente impossibilitati a mantenere la distanza interpersonale di un metro, sono considerati dispositivi di protezione individuale (DPI), di cui all'articolo 74, comma 1, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, le mascherine chirurgiche reperibili in commercio”.
Sulla scorta di tali considerazioni e preso atto del fatto che le mascherine protettive delle vie aeree costituiscono dispositivo di protezione individuale, richiamando costante giurisprudenza di legittimità secondo cui un persistente rifiuto del lavoratore ad utilizzare i dpi giustifichi il licenziamento, il giudice di merito ha analizzato il caso concreto.
Nei fatti, in verità, l'incompatibilità dell'utilizzo delle mascherine da parte della maestra non è stato in alcun modo documentato, emergendo, al contrario, sulla scorta del giudizio del medico competente, che nessuna specifica ragione medica le impedisca di indossare il dispositivo, il cui uso è stato dallo stesso addirittura consigliato, non potendo assumere alcun rilievo gli studi dalla ricorrente versati in atti, in quanto, oltre che generali ed astratti, non dotati di sufficiente attendibilità scientifica.
Pertanto, ravvisando una gravità del comportamento sia sul piano oggettivo – mancato adempimento di un obbligo prescritto ex lege – sia su quello soggettivo – anteposizione all'interesse generale di convinzioni personali allo stato non suffragate da conoscenze scientifiche verificate – il Tribunale ha respinto il ricorso, sussistendo la giusta causa di licenziamento. Osservazioni
Le conclusioni cui è giunto il Tribunale di Trento appaiono assolutamente condivisibili. Ciò si afferma in quanto sono indiscutibili gli obblighi imposti dalla legge e dagli atti amministrativi settoriali in ordine all'utilizzo delle mascherine protettive delle vie aeree nell'espletamento di mansioni a contatto con altri soggetti. Parimenti indiscutibile, in quanto pacifico in causa, è la condotta materialmente tenuta dalla maestra ricorrente, che in più occasioni – anche dopo richiami informali e formali – ha manifestato il proprio rifiuto ad indossare quello che, per espressa volontà legislativa, è un dispositivo di protezione individuale. Non è sfuggita, in proposito, al giudicante la contraddittorietà degli assunti che l'insegnante ha utilizzato per fondare le ragioni del proprio diniego, dal momento che in sede di audizione disciplinare, la stessa ha affermato di non indossare la mascherina per “obiezione di coscienza”, in quanto le provocherebbe “gravi danni alla salute”, così esplicitando due esigenze di segno palesemente differente. Anche solo volendo considerare quanto poi argomentato in ricorso – e cioè la dannosità alla salute - correttamente il Tribunale ha ritenuto tale assunto destituito di qualsivoglia fondamento, posto che la ex dipendente non ha prodotto documentazione medica attestante la sua impossibilità ad indossare la mascherina protettiva (ma solo referti medici attestanti gli esami e gli interventi cui è stata sottoposta a seguito dell'incidente stradale del 2007), avendo esclusivamente richiesto di provare per testimoni tale circostanza, inammissibile, giacché implicante una valutazione di ordine tecnico-scientifico, non avendo neppure dedotto alcun elemento oggettivamente apprezzabile che giustificasse il licenziamento di una ctu medica. Parimenti condivisibili, appaiono, poi, le considerazioni in ordine all'inattendibilità degli studi medici prodotti in atti, non sottoposti alle necessarie verifiche e confutazioni da parte della comunità scientifica, nonché alla non pertinenza dello studio pedagogico richiamato, giacché elaborato al di fuori di contesti pandemici quale quello in atto, il tutto tenendo conto del fatto che all'epoca in cui si sono verificati i fatti la situazione sanitaria si manifestava in tutta la sua gravità. Inoltre, ad avviso di chi scrive, il comportamento tenuto dalla ricorrente, oltre che potenzialmente rischioso per i colleghi e i bambini affidati alle sue cure, appare fortemente diseducativo, in quanto incentiva – in soggetti altamente plasmabili – una disobbedienza alle regole giuridiche.
Da ultimo, poi, deve rilevarsi come il datore di lavoro, a fronte di condotte siffatte, non possa fare altro che sanzionare disciplinarmente il dipendente, posto che, quale garante dell'obbligo di tutela della salute dei lavoratori, è tenuto ad adottare tutte le misure necessarie e opportune per prevenire eventi dannosi all'interno dei luoghi di lavoro.
Tale obbligo, a causa della pandemia da Covid-19, infatti, è cristallizzato nel già menzionato D.L. 18/2020, conv. in L. 27/2020, secondo cui sono considerati infortuni sul lavoro i casi accertati di Coronavirus contratto sul luogo di luogo, tanto è vero che, in tale contesto, il Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro siglato da Governo, sindacati ed imprese e le sue successive integrazioni prevedono espressamente l'obbligo di fornire ai lavoratori mascherine e altri dispositivi individuali, laddove debbano essere espletate attività ad una distanza interpersonale minore di un metro, ma di cui può comunque essere imposto riutilizzo in relazione alle specifiche realtà organizzative.
Se davvero la maestra avesse avuto fondati motivi di ordine medico per essere esonerata dall'utilizzo della mascherina protettiva delle vie aeree, la stessa ben avrebbe dovuto e potuto farle valere preventivamente, ad esempio opponendo il giudizio del medico competente o, comunque, rappresentando tali circostanze al datore di lavoro, al fine di trovare una soluzione alternativa e non certo ponendo in essere una disobbedienza all'ordine di servizio impartitole, peraltro conforme alla normativa vigente.
In senso conforme: - in ordine all'illegittimità del rifiuto di indossare la mascherina: Tribunale Venezia, 4 giugno 2021, Legittimità della sanzione disciplinare per il mancato utilizzo della mascherina; - in ordine alla legittimità di servire un cliente che non indossa la mascherina: Tribunale Arezzo, 13 gennaio 2021 con nota di F. Puglisi, Licenziamento per giusta causa e protezione della salute del lavoratore ai tempi della pandemia: autotutela e stato di necessità; - in ordine alla legittimità del licenziamento in caso di rifiuto del lavoratore di indossare i dpi: Cass., sez. lav., n. 25392/2013; Cass., sez. lav., n. 18615/2013. Non si rinvengono precedenti in senso difforme. Bussole di inquadramento |