L'adozione del minore è praticabile quando ci sia un forte legame affettivo con un familiare?
25 Ottobre 2021
Massima
L'adozione del minore rappresenta una misura eccezionale a carattere residuale cui è possibile ricorrere nel caso in cui si siano dimostrate impercorribili diverse misure volte a favorire il ricongiungimento del figlio con i genitori biologici. Solo l'analisi concreta e attuale della obiettiva situazione esistente, adeguatamente provata, permette di accertare lo stato di abbandono, presupposto della dichiarazione di adottabilità, ed individuare le gravi ragioni che impediscono al nucleo familiare di origine di garantire una crescita normale e adeguata al minore nel suo interesse superiore ed esclusivo.
Il caso
Con sent. n. 158/2018 il Tribunale per i Minorenni di Milano aveva dichiarato lo stato di adottabilità della minore, la decadenza dalla responsabilità genitoriale dei genitori, la nomina di un tutore, disponendo l'interruzione di ogni rapporto tra la minore e i suoi familiari, con collocazione della stessa presso una famiglia avente i requisiti di idoneità per l'adozione. La Corte meneghina rigettava l'appello proposto avverso detta sentenza dai genitori e dalla nonna, confermando lo stato di abbandono della minore, mettendo in evidenza che i genitori non si erano mai interessati alla figlia, venendo meno ai loro doveri, mentre la nonna escludeva quelle funzioni vicariali che avrebbero potuto impedire lo stato di adottabilità. La Suprema Corte ha accolto il ricorso principale proposto dal curatore speciale della minore, per violazione o falsa applicazione di norme di diritto in relazione all'art. 8 CEDU, agli artt. 3 e 32 della Cost., oltre al vizio motivazione, non avendo la Corte d'Appello esaminato il grave rischio per la salute psico-fisica della minore in caso di mancata riattivazione degli incontri con la nonna, ed ha altresì accolto i primi tre motivi del ricorso incidentale proposto dalla nonna, per violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 8 comma 1, 12 comma 4 e 15, l. 184/1983, oltre all'art. 8 CEDU, all'art. 30 della Conv. ONU per i diritti del fanciullo e all'art. 14 CEDU, cassando la sentenza impugnata con rinvio. La questione
I Giudici di seconde cure avevano dichiarato lo stato di adottabilità della bambina a fronte delle caratteristiche del contesto familiare, i cui componenti erano pregiudicati, ivi compresa la nonna alla quale la bambina era particolarmente legata. Nel caso che ci occupa la Suprema Corte si pronuncia sulla sussistenza dei presupposti per la dichiarazione di adottabilità nel caso dell'esistenza di un legame tra la minore e la nonna, stante il disinteresse dei genitori biologici. La verifica della sussistenza delle condizioni di abbandono morale e materiale della minore deve essere incentrata sulla rilevanza del legame tra la bambina ed il familiare con cui la stessa presenta un legame affettivo, valutando se l'interesse della fanciulla a non recidere il legame con la nonna debba prevalere o recedere rispetto ad una valutazione di inidoneità della nonna ad educare e crescere la nipote. Solo il bilanciamento di dette circostanze permette di formulare un giudizio prognostico sulla intenzione della nonna di abbandonare del tutto la minore. Se, infatti, un parente garantisce quel carico di affettività di cui ha bisogno il bambino, non può parlarsi di abbandono e conseguentemente non sussistono i presupposti della adozione legittimante. Le soluzioni giuridiche
Nel caso de quo si pone l'accento sulla necessità di una concreta valutazione del legame tra nonna e nipote e sulla possibilità che la recisione della relazione familiare possa arrecare un grave pregiudizio evitabile alla minore. Gli Ermellini evidenziano la necessità di operare in concreto una valutazione di bilanciamento, nell'interesse esclusivo della fanciulla, tra le ridette circostanze. L'interesse superiore del minore può essere limitato solo ove si configuri un endemico e radicale stato di abbandono, la cui dichiarazione è l'estrema ratio, a causa della irreversibile incapacità dei genitori e dei parenti ad allevarlo e curarlo per loro totale inadeguatezza. L'esame rigoroso delle circostanze non deve discendere da un mero apprezzamento circa l'inidoneità, ma deve tener conto dei possibili ed irreversibili gravi danni sulla crescita del minore e sul normale sviluppo psico-fisico dello stesso, potendo ritenersi tutelanti i vincoli che affondano le radici nella tradizione familiare (Cass. 4568/99). Osservazioni
L'attuale normativa in tema di adozione dei minori è costituita dalla l. 184/1983, novellata dalla l. 149/2001, e dalla l. 476/1998, con la quale l'Italia ha dato esecuzione alla Conv. de L'Aia del 1993 sulla cooperazione interstatuale nei procedimenti di adozione internazionale. Il fine cui è orientata la disciplina dell'adozione dei minori, sia nel caso dell'adozione c.d. domestica che di quella c.d. internazionale, è di assicurare ai fanciulli che ne siano sprovvisti lo sviluppo psichico-fisico in un ambiente familiare idoneo che divenga la loro famiglia sia esistenzialmente che giuridicamente, pur se lo status di filiazione non derivi dal rapporto biologico. La natura di extrema ratio dell'adozione è sancita dal principio di priorità del minore ad essere educato nell'ambito della propria famiglia di sangue (Conv. N. York 20/11/1989 e Aia 1993). I limiti di detto principio si rinvengono nell'impossibilità del fanciullo di essere educato nella propria famiglia di origine dando luogo ad uno stato di abbandono che andrà accertato giudizialmente oltre ogni ragionevole dubbio. Il Giudice, assumendo anche d'ufficio mezzi istruttori, non potendo decidere illico et immediate, può dichiarare il minore adottabile una volta effettuata la prognosi sulla possibilità di un recupero delle competenze genitoriali, estendendo la verifica anche al nucleo familiare extra domum. Dovrà, quindi, verificarsi, in concreto, che la recisione del legame familiare è l'unico strumento idoneo ad evitare al minore un più grave pregiudizio in difetto di assistenza e stabile affettività. Solo successivamente potrà essere dichiarato lo stato di abbandono. L'inidoneità obiettiva del nucleo familiare originario ad allevare ed educare il figlio non favorendone lo sviluppo della personalità - protetto dal principio direttivo di cui all'art. 2 Cost. -, fa sorgere la reazione dell'ordinamento giuridico all'inadempimento dei doveri genitoriali scaturenti dall'art. 30 della Carta Costituzionale. Il quadro dei principi costituzionali afferenti al rapporto tra il minore e la famiglia riceve, in via programmatica, un rafforzamento dall'art. 31, a termini del quale il Costituente ha vincolato il legislatore a sostenere le famiglie in condizioni economiche e sociali sfavorevoli ed a contribuire positivamente all'assolvimento dei compiti che derivano ai genitori dal rapporto di filiazione, senza carattere sostitutivo. Ne deriva una conferma del programma normativo volto a favorire la crescita del minore nella famiglia d'origine. Tra le fonti extra statuali incidenti sulla materia l'art. 8 CEDU sancisce il diritto al rispetto della vita privata e familiare in forza del best interests of the child, principio cardine a tutela dell'infanzia contenuto nell'art. 3 della Dichiarazione dei diritti del fanciullo, approvata all'unanimità dall'assemblea dell'O.N.U. il 20/11/1959, in cui si accentua, altresì, la necessità per il fanciullo di vivere in un ambiente familiare idoneo per lo sviluppo armonioso della personalità. Il concetto di vita familiare di cui all'art. 8 CEDU è stato interpretato in senso ampio dalla Corte Edu, con sent. 13/07/2000 - Scozzari e Giunta c/ Italia – ricomprendendovi l'inclusione anche della parentela tra nonni e nipoti, se provata l'esistenza di legami personali affettivi, quali coabitazione o visite frequenti. La finalità è la difesa dell'individuo da ingerenze arbitrarie dei pubblici poteri, salvo specifiche espresse deroghe ex lege o motivate da una delle esigenze imperative di cui al comma 2. Il rispetto della vita familiare comporta, in capo allo Stato, l'obbligo di agire in modo da consentire il normale sviluppo dei legami affettivi che vi risiedono. Il sistema normativo nazionale non delinea chiari ed efficaci strumenti di protezione del minore nell'ipotesi in cui la condizione di bisogno del bambino non integra lo stato di abbandono e non si connota il carattere di temporaneità che giustifica l'affidamento. Con la carenza dell'ordinamento a rispondere all'esigenza di tutela dei fanciulli in condizione di semiabbandono permanente si è dovuta confrontare la giurisprudenza minorile che ha sperimentato forme di adozione caratterizzate dall'assenza di una totale recisione dei legami con la famiglia biologica. La c.d. adozione mite trova il proprio appoggio nell'interpretazione estensiva della costatata impossibilità di affidamento preadottivodi cui art. 44, comma 1, lett. d), l. n. 184/1983. Un'impossibilità giuridica che consentirebbe il ricorso all'adozione nei casi in cui, stante l'inadeguatezza della famiglia d'origine, persiste un ruolo attivo e positivo nella vita del bambino. L'istituto, di creazione giurisprudenziale, ha incontrato resistenze e perplessità per la difficoltà di ancorare questa forma di adozione ad elementi normativi univoci, nonché al rischio di un'eccessiva discrezionalità del giudice e all'esposizione di confusione e sovrapposizione di ruoli e rapporti tra famiglia adottiva e genitore biologico. La giurisprudenza di legittimità è andata progressivamente sviluppandosi in armonia con le indicazioni dei Giudici di Strasburgo a tutela dei legami familiari e dopo una battuta d'arresto con la pronuncia n. 22292/2013, che aveva aderito all'interpretazione restrittiva dell'art. 44, tale atteggiamento di chiusura è andato scemando con riguardo a fattispecie in cui ricorreva un interesse al riconoscimento giuridico di legami genitoriali aggiuntivi (Cass. n. 12193/2019). La Suprema Corte recentemente ha aderito all'interpretazione estensiva dell'art. 44, comma 1, lett. d), nell'intento di salvaguardare il legame con i genitori biologici quando ciò risponda all'interesse del minore (Cass. n. 3643/2020). La perpetuazione di una relazione che è destinata a recidersi definitivamente con l'assunzione di un diverso status finale mediante l'adozione non è compatibile con la finalità dell'istituto dell'adozione. |