La notifica sostitutiva al difensore ex art. 161 comma 4 c.p.p. alla luce delle recenti oscillazioni giurisprudenziali.

04 Novembre 2021

on la sentenza in esame, la Corte di legittimità affronta il tema concernente la regolarità della notifica dell'atto introduttivo del giudizio, effettuata ai sensi dell'art. 161 comma 4 c.p.p., ai fini della instaurazione del contraddittorio e della prosecuzione del giudizio in absentia. Nel caso di specie, il condannato adiva la Corte di Appello per ottenere la rescissione del giudicato, adducendo quali motivi l'essere stato assistito da un difensore d'ufficio (presso il quale aveva eletto domicilio), il non avere avuto mai interlocuzioni con quest'ultimo...
Abstract

Il commento che si propone al lettore, prendendo le mosse da una recente sentenza della Corte di legittimità, tratta della tematica della notifica ex art. 161 comma 4 c.p.p., istituto ispirato da esigenze di speditezza procedimentale che deve confrontarsi col diritto dell'imputato alla conoscenza effettiva del giudizio instaurato a suo carico.

In particolare, si affronterà il problema della perdurante attualità o della parziale abrogazione “giurisprudenziale” della norma in parola, alla luce delle recenti Sezioni unite n. 23948/2020 e della giurisprudenza successiva, nonché si evidenzierà il contrasto tutt'ora esistente sulla nozione di impossibilità della notifica al domicilio eletto o dichiarato.

Il caso e la questione giuridica sottesa

Con la sentenza in esame, la Corte di legittimità affronta il tema concernente la regolarità della notifica dell'atto introduttivo del giudizio, effettuata ai sensi dell'art. 161 comma 4 c.p.p., ai fini della instaurazione del contraddittorio e della prosecuzione del giudizio in absentia.

Nel caso di specie, il condannato adiva la Corte di Appello per ottenere la rescissione del giudicato, adducendo quali motivi l'essere stato assistito da un difensore d'ufficio (presso il quale aveva eletto domicilio), il non avere avuto mai interlocuzioni con quest'ultimo, e pertanto affermava che, pur avendo avuto una primigenia conoscenza dell'esistenza di un procedimento a suo carico, non era stato in grado di difendersi nell'arco della intera vicenda giudiziaria e aveva appreso della sentenza di condanna solo al momento della comunicazione dell'ordine di esecuzione emesso dalla competente Procura.

La Corte di Appello rigettava l'istanza dando la stura al successivo ricorso per cassazione del difensore. Con esso, il ricorrente lamentava che le notifiche effettuate al difensore di fiducia ex art. 161 comma 4 c.p.p. fossero insufficienti a garantire la conoscenza del procedimento, avendo l'allora indagato dichiarato domicilio presso la propria abitazione; altresì rappresentava che l'avere avuto contatto con la polizia giudiziaria nell'ambito della mera compilazione di un verbale di identificazione dovesse intendersi del tutto insufficiente a garantire la piena conoscenza del procedimento penale in corso.

Le doglianze riversate nel ricorso per cassazione dal condannato attengono alla tematica, tornata di dirompente attualità dopo i controversi arresti giurisprudenziali più recenti, della efficacia, ai fini della dichiarazione di assenza dell'imputato, della notifica dell'atto introduttivo del giudizio al difensore ai sensi dell'art. 161 comma 4 c.p.p.

La notifica al difensore ex art. 161 comma 4 c.p.p. alla luce delle Sezioni unite “Ismail” e della recente giurisprudenza

Giova premettere, solo per chiarezza espositiva, che, in occasione del primo contatto con l'autorità giudiziaria, l'indagato è chiamato a comunicare un luogo (eventualmente anche una persona, nel caso di elezione di domicilio) presso cui ricevere le comunicazioni relative al procedimento penale in corso, con l'avviso che, in mancanza, tali comunicazioni verranno effettuate al difensore, di fiducia o di ufficio, ai sensi dell'art. 161 comma 4 c.p.p.; medesimo effetto origina nell'ipotesi in cui, dopo avere dichiarato o eletto domicilio, la notifica ivi tentata si sia rivelata impossibile, per inidoneità o insufficienza dell'indirizzo dichiarato o per irreperibilità del soggetto destinatario, fenomeno quest'ultimo che comprende, secondo una accreditata ma non granitica impostazione ermeneutica, non soltanto la irreperibilità in senso tecnico anche soltanto la temporanea assenza di un destinatario idoneo al momento dell'accesso dell'organo notificatore (Cass. sez. unite, 22 giugno 2017, n. 58120, in C.E.D. Cass., n. 271772; conf. Cass. sez. VI, 6 ottobre 2017, n. 52174, in C.E.D. Cass., n. 271560).

L'istituto della notifica all'indagato o imputato mediante consegna dell'atto al difensore ex art. 161 comma 4 cit. muove dall'esigenza di garantire la speditezza del procedimento e, a tal fine, implicitamente ascrive al soggetto sottoposto a quest'ultimo un onere di attivarsi per conoscere le comunicazioni relative agli step procedurali, dapprima reperendole presso l'indirizzo da lui stesso indicato, personalmente o tramite i soggetti che vi dimorano e ai quali a norma di legge può essere consegnato l'atto; in subordine, richiedendole al proprio difensore, col quale è onerato di relazionarsi per essere informato sullo stato del procedimento e sulla difesa tecnica.

La tematica è ritornata sotto i riflettori in seguito alla nota sentenza Cass. sez. un., 28 novembre 2019 (dep. 17 agosto 2020), n. 23948, Ismail, la quale si è pronunciata ratione temporis sulla questione, poi risolta dal legislatore con la modifica dell'art. 162 c.p.p. con l. 23 giugno 2017, n. 103 «Se, ai fini della pronuncia della dichiarazione di assenza di cui all'art. 420-bis cod. proc. pen., integri di per sé presupposto idoneo l'intervenuta elezione da parte dell'indagato di domicilio presso il difensore di ufficio nominatogli o, laddove non lo sia, possa comunque diventarlo nel concorso di altri elementi indicativi con certezza della conoscenza del procedimento o della volontaria sottrazione alla predetta conoscenza del procedimento o di suoi atti».

Nel tessuto motivazionale della sentenza in parola, infatti, si rinvengono significativi richiami al principio della piena conoscenza, in capo all'imputato, del giudizio e dell'atto che lo introduce, principio la cui valorizzazione transita per la rilettura degli indici sintomatici della conoscenza, di cui all'art. 420 bis c.p.p., in chiave di effettività.

La Corte di cassazione, infatti, afferma che, ai fini della celebrazione del processo in absentia, la conoscenza del mero “procedimento” è insufficiente, dovendo invece essere assicurata all'imputato la conoscenza del “processo”, che transita attraverso la contezza dell'addebito cristallizzato nella vocatio in iudicium e della data e del luogo in cui si terrà il giudizio; a tal fine, annovera tra le modalità comunicative dell'atto introduttivo valide per la dichiarazione di assenza: a) la notifica a mani proprie dell'imputato; b) la notifica a mani di persona convivente o addetta alla ricezione, qualora sussistano altri indici sintomatici della conoscenza ex art. 420-bis c.p.p.; c) la notifica al domiciliatario nel caso di elezione di domicilio, o a persona idonea convivente nel caso di dichiarazione di domicilio.

In particolare, sulla tematica della dichiarazione o elezione di domicilio, il supremo Consesso riunito volge lo sforzo argomentativo su due ordini di questioni. Quanto al momento della dichiarazione o elezione di domicilio, occorre che il dichiarante abbia un effettivo legame col luogo o con la persona indicata.

Con riferimento, invece, alla sufficienza della notifica ex art. 161 comma 4 c.p.p. ai fini della dichiarazione di assenza, la suprema Corte pone un veto.

Infatti, dagli obiter dicta della sentenza in parola, si trae l'argomento secondo cui andrebbero espunti dagli strumenti comunicativi disciplinati dal codice di procedura vigente per la notifica dell'atto introduttivo del processo tutti quelli incentrati su una fictio iuris di conoscenza, vale a dire la notifica eseguita ai sensi dell'art. 157 comma 8 c.p.p. e la consegna dell'atto al difensore ex art. 161 comma 4 c.p.p., trattandosi in questo secondo caso di una notifica a soggetto diverso dall'imputato e da altri soggetti a questo assimilati; il meccanismo comunicativo testé indicato tornerebbe invece adoperabile per le notifiche successive alla citazione in giudizio.

Afferma infatti il Collegio che «risultare sloggiato al domicilio eletto non consente di procedere in assenza sulla scorta della notifica quale soggetto irreperibile o presso la casa comunale; inoltre risultare irreperibile non consente che la pur valida notifica ai sensi dell'art. 161 comma 4 c.p.p. prevalga sul dato sostanziale della non conoscenza» (testualmente a pag. 26 della sentenza delle Sezioni unite).

In effetti, la Corte pare accomunare sia la situazione di momentanea irreperibilità, alla luce della pregressa giurisprudenza di legittimità che vi includeva la temporanea assenza del soggetto legittimato alla ricezione; sia uno stato di definitiva irreperibilità (“risultare sloggiato”). Entrambe le condizioni paiono essere ostative alla notifica ex art. 161 comma 4 c.p.p.

Le conseguenze pratiche di una simile riflessione sono perciò l'impossibilità per il giudice – in questi casi – di dichiarare l'assenza durante il compimento degli atti introduttivi al dibattimento, e la consequenziale necessità di disporre notifica ai sensi dell'art. 420-quater comma 1 c.p.p., eventuale preludio alla sospensione del processo a carico di irreperibili.

La pronuncia delle Sezioni unite ha subìto una prova di resistenza ad opera della giurisprudenza successiva, con particolare riferimento al valore degli obiter dicta espressi, tra i quali spicca – come anticipato – l'impossibilità di notificare l'atto introduttivo del giudizio ai sensi dell'art. 161 comma 4 c.p.p. con consegna al difensore, ai fini della dichiarazione di assenza dell'imputato.

Sul punto, si sono formati due filoni giurisprudenziali.

Da un lato, in alcune pronunce, la sentenza delle Sezioni unite è stata valorizzata e applicata integralmente, di fatto portando a compimento non solo il principio di diritto espresso in materia di domiciliazione al difensore d'ufficio ante novella 2017, ma altresì gli obiter dicta sopra esposti, in questo modo giungendo ad affermare che «la notifica della vocatio in iudicium, effettuata ai sensi dell'art.161 comma 4 cod. proc. pen., in quanto eseguita in luogo diverso dal domicilio indicato, non consente di ritenere la sicura conoscenza del procedimento da parte dell'imputato» (Cass. sez. VI, 18 giugno 2020, n. 21997, in CED Cass., n. 279680).

Il tentativo di consolidare questo versante giurisprudenziale, ispirato al principio eurocentrico di cui all'art. 6 CEDU, si è tuttavia arenato quasi nell'immediatezza.

Un orientamento conservatore, attualmente dominante, ha affermato che «nel caso in cui la notifica all'imputato nel domicilio da questi dichiarato o eletto abbia avuto esito negativo per una ragione “definitiva” (ad es. per trasferimento dell'imputato o inesistenza del suo nominativo nel luogo indicato) che renda impossibile l'esecuzione della notifica, tale situazione deve considerarsi acquisita e valida per ogni fase e grado del procedimento, per evidenti ragioni riconducibili alla unitarietà del procedimento penale nonché ad esigenze di economia e di speditezza processuale; con la conseguenza che, qualora l'imputato non ottemperi all'obbligo – imposto dall' art. 161, comma 1, cod. proc. pen. – di comunicare il mutamento del domicilio, le successive notificazioni nel corso dell'intero procedimento potranno essere eseguite al difensore ai sensi dell'art. 161, comma 4, cod. proc. pen.» (Cass. sez. IV, 12 gennaio 2021, n. 3930).

Questa recente impostazione ermeneutica si pone in parziale attrito col principio traibile da Sezioni unite “Ismail”, in quanto, da un lato, sostiene l'operatività della notifica ex art. 161 comma 4 c.p.p. per la comunicazione all'imputato – mediante il suo difensore – dell'atto introduttivo del giudizio, con ciò ponendosi in rotta di collisione con la sentenza del supremo Consesso riunito, che al contrario pare escludere in toto l'operatività di questa modalità di notificazione; dall'altro, restringe la vocazione funzionale della disposizione, consentendole di trovare applicazione nel solo caso in cui l'impossibilità di notifica sia definitiva [«… abbia avuto esito negativo per una ragione “definitiva” (ad es. per trasferimento dell'imputato o inesistenza del suo nominativo nel luogo indicato) …», v. supra], implicitamente escludendo l'ipotesi della temporanea assenza del destinatario da un luogo idoneo ed effettivamente collegato alla sua persona.

Di pari avviso è stata, nel recente passato, Cass. sez. III, 8 novembre 2017, n. 18910, che già affermava «non sempre, né necessariamente, la "irreperibilità" del domiciliatario attestata […] comporta la automatica impossibilità di procedere alla notifica dell'atto nel domicilio eletto; occorre che tale irreperibilità determini l'inidoneità del domicilio eletto» (pag. 3 della sentenza). Secondo questo insegnamento giurisprudenziale, il parametro della “inidoneità” del domicilio dichiarato o eletto, unico a consentire la notifica al difensore ex art. 161 comma 4 c.p.p., non può coincidere con la temporanea assenza, ma va rintracciato in una situazione di fatto definitivamente ostativa.

E tuttavia, di recente, un filone giurisprudenziale ha nuovamente statuito che «l'impossibilità della notificazione al domicilio dichiarato o eletto, che ne legittima l'esecuzione presso il difensore secondo la procedura prevista dall'art. 161, comma 4, cod. proc. pen., è integrata anche dalla temporanea assenza dell'imputato al momento dell'accesso dell'ufficiale notificatore o dalla non agevole individuazione dello specifico luogo, non occorrendo alcuna indagine che attesti la sua irreperibilità, doverosa invece qualora non sia stato possibile eseguire la notificazione nei modi previsti dall'art. 157 cod. proc. pen.» (Cass. sez. V, 21 giugno 2021, n. 34043).

L'elezione di domicilio e la notifica ex art. 161 comma 4 c.p.p. nella prospettiva della rescissione del giudicato

In questo panorama giurisprudenziale, si inserisce la sentenza Cass. 24846/2021 che qui si annota. Come si è già evidenziato in premessa, la pronunzia affronta, nella prospettiva postuma della rescissione del giudicato, la possibilità che si proceda in assenza dell'imputato dopo che lo stesso non sia stato reperito nel domicilio dichiarato presso la propria residenza e sia stata effettuata la notifica sostitutiva al difensore.

Nel caso di specie, l'imputato, assistito da un difensore di fiducia, aveva dichiarato domicilio presso la propria abitazione all'atto della redazione del verbale di identificazione, prima ancora della venuta ad esistenza di un procedimento penale a suo carico, ma in quel luogo era poi risultato “sconosciuto al civico”; tanto era bastato per disporre la consegna dell'atto al difensore.

La Corte di legittimità pone alla base della riflessione l'interrogativo in merito alla sussistenza del requisito fondamentale utile ad addivenire alla rescissione del giudicato, vale a dire che l'assenza sia dovuta alla incolpevole mancata conoscenza della celebrazione del processo.

Il principio generale espresso nella pronuncia è quello per cui, in ossequio al tradizionale insegnamento, l'indagato, sin dal momento in cui abbia indicato un luogo ove ricevere le notifiche, anche laddove tale scelta sia stata effettuata in una fase pre-procedimentale, assume un preciso onere di attivarsi per conoscere le sorti del procedimento.

La portata di detto onere si manifesta, a ben vedere, in due fasi.

La prima fase si snoda dal momento della dichiarazione o elezione di domicilio sino al momento dell'accertata inidoneità del domicilio da parte dell'organo notificatore. Sul punto, afferma la Corte, la dichiarazione o elezione di domicilio, alla luce dei controlli effettuati in sede di notificazione, deve essere attentamente vagliata al fine di comprendere se si tratti di un espediente per sottrarsi al processo, in particolar modo laddove egli abbia indicato un recapito «inesistente, inveritiero o inadeguato per l'impossibilità di reperirvi lui stesso od altre persone legittimate alla ricezione». In questo caso, l'onere ascritto all'indagato di impegnarsi per assumere contezza del procedimento si concretizza nella esigenza che egli si renda reperibile al recapito fornito o che ivi vengano rintracciati altri soggetti legittimati alla ricezione, dai quali l'indagato assumerà le informazioni relative al procedimento.

Il secondo momento è quello successivo all'accesso infruttuoso del notificatore presso il luogo indicato. In questo caso, stante l'accertata impossibilità di notificare al destinatario, l'indagato o imputato è onerato di attivarsi per ottenere il dato conoscitivo presso il proprio difensore, sia d'ufficio che di fiducia, col quale è chiamato a interloquire per essere informato della progressione procedurale.

Pertanto, conclude la Corte, il mancato assolvimento di questo onere, da parte di un soggetto che abbia fornito un indirizzo al quale sia poi risultato sconosciuto, e si sia comunque disinteressato della vicenda procedimentale non interagendo col proprio difensore, rende l'eventuale ignoranza del processo ascrivibile a colpa dell'imputato, con conseguente rigetto della domanda di rescissione del giudicato.

La sentenza in esame conforta l'opinione, invero particolarmente accreditata nella sedimentazione giurisprudenziale successiva alle Sezioni unite “Ismail”, che, nel caso appaia impossibile per motivi definitivi la notifica al destinatario presso il domicilio dichiarato o eletto, la inidoneità originaria o sopravvenuta (o la non veridicità) dello stesso consente la notifica sostitutiva al difensore e la celebrazione del processo in absentia, in ossequio alla esigenze di speditezza del procedimento e all'onere, in capo all'indagato/imputato, di assumere, sin dal primo momento in cui si interfaccia con l'autorità giudiziaria, adeguata contezza degli step procedurali in essere; onere che, se da costui non assolto per causa a lui imputabile non può che generare, ex ante, il corretto svolgimento del processo in assenza e, ex post, il rigetto della eventuale domanda di rescissione del giudicato a cagione della carenza del presupposto operativo fondamentale, i.e. la incolpevole ignoranza del processo.

La pronunzia tenta di compendiare in un sistema circolare il requisito, di cui all'art. 420-bis c.p.p., della conoscenza del procedimento o della volontaria sottrazione alla stessa, e quello di cui all'art. 629+-bis c.p.p. della incolpevole mancata conoscenza del processo nella specifica ipotesi di dichiarazione di domicilio poi rivelatosi inidoneo.

In questo senso, la notifica all'imputato che consentirebbe, in uno, la celebrazione del processo in assenza e la paralisi della norma in materia di rescissione, potrà fondarsi, sul piano della regolarità formale della comunicazione, sulla consegna dell'atto al difensore ex art. 161 comma 4 c.p.p.; e, sotto il profilo applicativo degli indici ex art. 420-bis c.p.p., se non sulla conoscenza del procedimento in senso stretto (claudicante nel caso di conoscenza di fasi pre-procedimentali), almeno sulla volontaria sottrazione alla conoscenza del medesimo.

Infatti, sotto quest'ultimo versante, una volta rafforzato l'onere di attivazione in capo all'imputato allo scopo di tenersi aggiornato sull'andamento della procedura, appare ragionevole assumere che, nel caso di dichiarazione di domicilio inveritiera o definitivamente inidonea cui non sia seguita una nuova comunicazione, questa volta corretta, all'autorità giudiziaria del recapito ove ricevere le notificazioni, egli si sia sottratto alla conoscenza del procedimento.

Trattasi di presunzione relativa, superabile dall'analisi attenta della fattispecie concreta, laddove essa presenti caratteri che non consentono di ascrivere all'indagato o imputato profili di colpa in ordine alla ignoranza del processo in corso.

Difatti, con una recente pronunzia, la Corte di legittimità, pronunciandosi sul caso della elezione di domicilio presso il difensore di fiducia in una fase molto anticipata del procedimento, ha argomentato nel senso che gli indici di cui all'art. 420-bis c.p.p., quali l'elezione di domicilio, la nomina di un difensore di fiducia oppure l'arresto, il fermo o la sottoposizione a misura cautelare generano una presunzione di conoscenza dell'esistenza del procedimento a suo carico, «derivando da ciò un onere di diligenza di mantenere i contatti con il proprio difensore, ancor più se nominato di fiducia» (Cass. sez. II, 20 novembre 2020, n. 34041, in C.E.D. Cass., n. 280305), sicché l'imputato, in linea di principio, non potrà addurre l'ignoranza incolpevole del processo, rilevante ai sensi dell'art. 6 della CEDU.

Tuttavia, il dato della conoscenza va pur sempre calato nella realtà concreta dei fatti, al fine di verificare se sussistano fattori di portata dimostrativa contraria, quali ad esempio – nella fattispecie al vaglio della suprema Corte – la conoscenza del procedimento in una fase del tutto embrionale, seguita, nel brevissimo periodo, dall'espulsione dell'indagato dal territorio italiano; tali fattori avrebbero dovuto indurre il giudice a ragionare sulla esclusione della effettiva instaurazione del rapporto professionale con il difensore da cui validamente trarre informazioni sullo stato del procedimento (Cass. sez. I, 24 giugno 2021 n. 27629).

I persistenti dubbi sulla notifica sostitutiva al difensore e sulla nozione di irreperibilità (anche nel caso di notifica effettuata dal servizio postale)

Ad ogni buon conto, resta evidente il contrasto tra le Sezioni unite 2020 “Ismail” e la giurisprudenza successiva, contrasto che si sostanzia: a) in una difformità di vedute sulla possibilità di adoperare, per la notifica all'imputato dell'atto introduttivo del giudizio, l'agile strumento comunicativo di cui all'art. 161 comma 4 c.p.p. che ne permette la consegna al difensore, trattandosi di possibilità che pare essere stata integralmente esclusa dalle Sezioni unite in quanto rientrante in una fictio iuris di conoscenza; b) nella incertezza in merito al perimetro da assegnare alla nozione di “irreperibilità” del destinatario, occorrendo chiarire se per irreperibilità debba intendersi una condizione ostativa definitiva o se, per essa, possa pure intendersi la temporanea assenza del soggetto legittimato alla ricezione dal luogo dichiarato o eletto.

Da un lato, si staglia l'esigenza di garantire, in ossequio ai princìpi forniti dalle Corti europee, la conoscenza piena ed effettiva del processo in capo all'imputato con modalità che non si fondino su una presunzione di conoscenza, rendendosi così opportuno disinnescare “a tempo” la portata operativa di alcune norme, tra le quali si annovera proprio l'art. 161 comma 4 c.p.p., in quanto trattasi di notifica a persona diversa dall'imputato o da altra persona equiparata.

Dall'altro, occorre tenere in debito conto la prospettiva della speditezza procedimentale e ragionare sulla perdurante necessità di ascrivere al soggetto sottoposto alla vicenda giudiziaria un onere di attivazione e di interesse per la stessa, che lo solleciti ad assumere contezza dello stato della procedura interfacciandosi con tutti i soggetti ritenuti dall'ordinamento in grado di assicurargli le dovute informazioni, tra i quali è annoverabile il difensore.

Da ultimo, è stata rimessa alle Sezioni unite la connessa questione «se è legittima la notificazione eseguita mediante consegna al difensore, ai sensi dell'art. 161 comma 4 cod. proc. pen., nel caso in cui l'addetto al servizio postale incaricato della notificazione attesti l'irreperibilità del destinatario nel domicilio dichiarato o eletto»(Cass., Sez. VI, 23 settembre 2021, ord. n. 35944).

La Corte di legittimità ha infatti rilevato un ulteriore conflitto giurisprudenziale sull'applicazione dell'art. 170 comma 3 c.p.p., che, nel caso di notifica effettuata dall'addetto al servizio postale il quale abbia attestato l'irreperibilità del destinatario, impone che la notificazione della vocatio in iudicium venga effettuata dall'ufficiale giudiziario nei modi ordinari (Cass. sez. I, 5 maggio 2021, dep. 17 giugno 2021, n. 23880). La portata funzionale della norma in esame ha riverberi sulla notificazione al difensore ai sensi dell'art. 161 comma 4 c.p.p.; infatti, posto che la “irreperibilità” è astrattamente uno dei presupposti che fondano la possibilità di eseguire la notifica all'imputato mediante consegna al difensore, occorre sciogliere il nodo se, a tal fine, sia sufficiente l'attestazione di irreperibilità formata dall'addetto al servizio postale o, in ossequio all'art. 170 co. 3 cit., occorra dapprima transitare per una ulteriore attività, svolta dall'ufficiale giudiziario, che pervenga alle medesime conclusioni.

Orbene, secondo la tesi maggioritaria, gli artt. 161 c.p.p. e 170 c.p.p. possono essere letti in combinato disposto: le nuove ricerche dell'ufficiale giudiziario si rendono, in altri termini, necessarie anche in caso di domicilio dichiarato o eletto. Dunque, valorizzando il dato letterale dell'art. 170 co. 3 c.p.p., se l'addetto al servizio postale dovesse attestare l'irreperibilità del destinatario, l'attività dovrebbe essere replicata dall'ufficiale giudiziario e, solo all'esito, l'atto potrebbe essere consegnato al difensore ex art. 161 comma 4 c.p.p., sulla scorta di una ridotta capacità dimostrativa attribuibile all'attività dell'operatore postale. La violazione della sequela procedurale darebbe origine ad una nullità assoluta (Cass., Sez. V, 9 febbraio 2021, n. 9320; Cass., Sez. III, 30 settembre 2020, n. 37168, in C.E.D. Cass., n. 280820; conf. Cass., sez. II, 29 novembre 2018, n. 57801, in C.E.D. Cass., n. 274892).

Altro orientamento, sostenuto da una singola pronunzia della Corte di legittimità, ma ritenuto preferibile dalla Sezione rimettente, volge in senso opposto. L'art. 170 comma 3 c.p.p. sarebbe riferibile esclusivamente alla prima notificazione all'imputato non detenuto, mentre, nel caso di domicilio dichiarato o eletto, prevarrebbe il dato sostanziale della impossibilità di notificare al destinatario, integrato anche soltanto dalla temporanea assenza al momento dell'accesso dell'organo notificatore (Cass., Sez. I, 5 maggio 2021, n. 23880, in C.E.D. Cass., n. 281419). In questo senso, l'attestazione di irreperibilità formata dall'addetto al servizio assumerebbe medesima dignità giuridica rispetto agli esiti infruttuosi attestati dall'ufficiale giudiziario, sino a configurare il presupposto che legittima la consegna dell'atto al difensore ex art. 161 comma 4 c.p.p. (in questo senso, Cass. sez. II, 23 giugno 2020, n. 24107; Cass. sez. I, 10 aprile 2019, n. 26696; Cass. sez. III, 11 gennaio 2019, n. 9072).

Come si anticipava, la sesta Sezione aderisce a questo secondo orientamento.

In particolare, si condivide l'argomento secondo cui l'art. 170 comma 3 c.p.p. si riferisce alla sola notificazione ex art. 157 c.p.p., in quanto adotta una nozione di irreperibilità in senso stretto, che rappresenta il possibile esito delle ricerche in base alla disciplina ordinaria.

L'art. 161 c.p.p. costituirebbe una norma derogatoria, caratterizzata dalla peculiare esistenza di un primo contatto tra indagato e autorità giudiziaria e dalla dichiarazione o elezione di domicilio effettuata dal primo, sicché la “impossibilità” (nozione diversa e più ampia della “irreperibilità”) di notificare in detto luogo, divenuto pertanto “inidoneo”, consente la consegna dell'atto al difensore ex art. 161 comma 4 c.p.p., anche nel caso in cui il destinatario sia temporaneamente assente dal recapito indicato, non implicando una successiva reiterazione del tentativo di notifica orientata a certificare una vera e propria irreperibilità (cfr. Cass., Sez. unite., 22 giugno 2017, n. 58120, cit.).

La Corte adduce altresì un argomento di tipo “storico”, evidenziando come l'art. 170 co. 3 c.p.p. riproponga precisamente i medesimi termini del testo contenuto nell'art. 178 co. 3 c.p.p. del 1930, interpretato dalla dottrina nel senso che «il riferimento alle “notificazioni nei modi ordinari” altro non era che un rinvio agli artt. 169 e 170 del codice di rito abrogato, vale a dire alle ipotesi di prima notificazione all'imputato non detenuto e di notificazioni all'imputato irreperibile».

In conclusione

È auspicabile che l'intervento risolutore delle Sezioni unite, nel pronunciarsi sulla questione rimessa, fornisca indicazioni chiare sulla materia della notifica sostitutiva ex art. 161 comma 4 c.p.p., chiarendone la portata funzionale e i presupposti operativi, resi incerti da una normativa (artt. 157 e ss. e 420-bise ss., 629-bis c.p.p.) scarsamente armonizzata e dal susseguirsi di pronunce di legittimità in contrasto, spesso sfumato, tra loro.

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