Perplessità costituzionali sulla difesa personale dell'intimato nel procedimento per convalida di sfratto

Roberto Masoni
21 Dicembre 2021

La Corte costituzionale ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità avente ad oggetto la compatibilità con il diritto di difesa e i principi del giusto processo del procedimento per convalida di sfratto nel quale è prevista, per il solo intimato, la facoltà di partecipare personalmente (i.e. senza l'avvocato).
Massima

E' inammissibile la questione di legittimità costituzionale degli artt. 660, comma 6, e 663 c.p.c., nonché dell'art. 55, comma 5, della l. 392/1978, in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 Cost., sollevata dal Tribunale di Modena.

Il caso

Intimato sfratto per morosità, alla prima udienza di comparizione, i convenuti non costituitisi in giudizio col ministero del difensore ma comparsi personalmente in udienza, hanno eccepito il rifiuto dei locatori a sottoscrivere il modulo per accedere al fondo per la morosità incolpevole. di cui all'art. 6, comma 5, d.l. 102/2013. Alla successiva udienza il giudice, ex officio, ha ordinato l'esibizione del modulo, ordine rimasto inevaso e reiterato alla successiva udienza. In quella sede i convenuti hanno richiesto la concessione del termine di grazia. In sede di udienza di verifica, con ordinanza pronunziata in data 3 ottobre 2019, il giudice ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 660, comma 6 e 663 c.p.c., nonché dell'art. 55 l. 392/1978, in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 Cost.

Il giudice rimettente ha esposto che la convalida dello sfratto, a fronte di mancata purgazione della morosità per termine di grazia, contrasterebbe con i richiamati dettati costituzionali, determinando una situazione processuale sfavorevole al conduttore dipendente dalla non necessità della difesa tecnica, che gli «avrebbe impedito di dedurre adeguatamente sul piano giuridico».

La questione

L'ordinanza di rimessione dubita della legittimità costituzionale della previsione processuale (ex art. 660, comma 6, c.p.c.) nella parte in cui facultizza il convenuto, comparso personalmente all'udienza del procedimento per convalida di sfratto, a difendersi personalmente.

Le soluzioni giuridiche

La pronuncia della Corte Costituzionale è pervenuta ad una declaratoria di inammissibilità per difetto di rilevanza della questione sollevata.

Dato che le questioni di legittimità costituzionali erano state sollevate all'udienza di verifica susseguente a concessione del termine di grazia, «senza indicare quale rilevanza potessero ormai avere in uno stadio così avanzato del procedimento di convalida». Ovvero, come ancora precisa la pronunzia in rassegna, in un momento processuale nel quale «un'eventuale pronuncia di accoglimento, nei termini peraltro perplessi indicati dal rimettente, non avrebbe potuto produrre alcuna incidenza per la definizione del giudizio». Posto che, a fronte dell'omessa sanatoria ex art. 55 l. 392/1978, il conduttore mostra una voluntas solvendi incompatibile con l'opposizione alla convalida, come da pacifico formante nomofilattico.

Osservazioni

I. La Corte Costituzionale, chiamata a pronunciarsi sul livello minimo di tutela difensiva di cui gode l'intimato convenuto in un procedimento per convalida di sfratto, stante inammissibilità della questione sollevata, non ha potuto pronunziarsi sul merito di essa; ovvero, sulla perplessità del rimettente relativa a compatibilità costituzionale dell'art. 660, comma 6, c.p.c. rispetto agli artt. 3, 24 e 111 Cost., e, in particolare, sulla pretesa ricorrenza di una «asimmetria tra le posizioni» di intimante (per il quale vige l'obbligo del patrocinio difensivo) ed intimato (che ha una mera facoltà di nominarlo) nella fase sommaria del procedimento per convalida.

II. Tra la fine degli anni 60 e la metà degli anni 70 il procedimento per convalida di sfratto è stato attinto di molteplici questioni di legittimità costituzionale, in quanto ritenuto «ispirato ad una concezione di privilegio incompatibile con il principio di eguaglianza»; dato che al locatore sarebbe stata «attribuita una posizione di vantaggio senza alcuna giustificazione sul piano giuridico e morale» (Pret. Bologna 16 febbraio 1972, in GiC, 1972, 1632).

La Corte Costituzionale, rigettando altra questione sollevata dalla Pretura di Brescia (26 aprile 1972), escluse che la disciplina processuale per convalida integrasse arbitraria ed ingiustificata disparità di trattamento nei confronti dei due soggetti del rapporto di locazione, posto che la speciale procedura era diretta a «salvaguardare interessi ritenuti razionalmente degni di tutela» (C. Cost. 19 giugno 1974, n. 171).

Tutte le questioni di legittimità costituzionale sollevate, afferenti la struttura del procedimento e gli istituti processuali che lo caratterizzano, sono state respinte dalla Corte Costituzionale. Per quanto la stessa, a più riprese, sia intervenuta meglio conformando le garanzie difensive ed i rimedi esperibili avverso pronunzia di convalida (a partire da C. Cost. 18 maggio 1972, n. 89 pronunziata sul testo dell'art. 668 c.p.c e fino a C. Cost. 20 febbraio 1995, n. 51, innovativa del testo dell'art. 395 c.p.c.).

Del pari venne respinta la questione di legittimità sollevata con riferimento all'art. 660, comma 5, c.p.c., laddove la norma permette alle parti di costituirsi in giudizio in udienza (C. Cost. 28 dicembre 1998, n. 448)

In questo ambito si inserisce l'ordinanza di rimessione del Tribunale di Modena in data 3 ottobre 2019, preceduta da ulteriore rimessione in data 15 aprile 2019 (afferente pretesa incostituzionalità dell'art. 55 l. 392/1978); questione già dichiara manifestamente infondata (C. Cost. 24 aprile 2020, n. 79).

III. Prima della riforma del 1995, che ha innovato il tenore dell'art. 660 c.p.c., i diritti difensivi del convenuto nel procedimento per convalida di sfratto si conformavano ad una pacifica interpretazione giurisprudenziale, che faceva perno sulla nozione di «comparizione dell'intimato» in udienza.

La «comparizione» in udienza poteva avvenire «personalmente» da parte dell'intimato, oppure da un suo procuratore speciale (Cass. civ., 27 aprile 2011, n. 9416), ovvero tramite ausilio di difensore (LAZZARO, PREDEN, VARRONE, 217). A questo riguardo, la giurisprudenza riteneva che la previsione dell'art. 82, comma 2, c.p.c. (oggi abrogato), laddove la norma abilitava il pretore ad «autorizzare la parte a stare in giudizio di persona», fosse implicitamente concessa e generalizzata nella prassi, laddove il pretore rinviasse l'udienza (Cass. civ., 14 febbraio 1966, n. 470; Cass. civ., 3 aprile 1979, n. 1888).

Oggi, il testo dell'art. 660, comma 6, c.p.c, novellato, appare di tenore chiaro e trasparente.

Ai fini dell'opposizione e del compimento della attività previste dagli artt. 663 e 666 c.p.c., «è sufficiente la comparizione personale dell'intimato». Con ciò confermando che il convenuto intimato può svolgere una seppur rudimentale attività difensiva nella fase sommaria del procedimento per convalida.

In particolare, egli può opporsi alla convalida (art. 665), contestare l'ammontare della somma pretesa (art. 666 c.p.c.), sanare in udienza la morosità o richiedere la concessione del termine di grazia (art. 55 l. 392/1978), ovvero, ancora, chiedere il differimento della data di rilascio (art. 56 l. 392/1978).

Per effetto del mutamento di competenza e con la soppressione dell'ufficio del pretore, la pronunzia sulla convalida di sfratto è trascorsa al tribunale, innanzi al quale opera il principio dell'obbligatoria assistenza del difensore (art. 82, comma 2, c.p.c.).

Consegue quindi, oggi come ieri, che l'intimato, convenuto in un procedimento per convalida, può difendersi personalmente, oppure decidere di farsi assistere dal difensore, in forza di un atto di «libera scelta», come lo ha definito la Corte Costituzionale nella pronuncia epigrafata, in particolare, potendo scegliere «tra un massimo ed un minimo di difesa».

Da quanto precede, non pare emergere quella «asimmetria» nelle posizione delle parti del procedimento, che ha riscontrato il giudice rimettente, il quale ha prospettato la violazione degli artt. 3, 24 e 111, comma 2, Cost. in tema di giusto processo «in condizione di parità» delle parti.

L'attore, adendo il Tribunale, ex art. 82 c.p.c., è obbligato ad introdurre il procedimento valendosi dell'assistenza del difensore.

A sua volta, il convenuto, intimato nel procedimento, può scegliere se difendersi personalmente, oppure farsi assistere dal difensore.

La facoltà di difendersi personalmente a quest'ultimo riconosciuta è tradizionale nel procedimento in oggetto e si aggiunge, non certo si sostituisce, alla facoltà di assistenza tecnica dispiegata da parte del difensore. Con la precisazione che, nell'eventuale fase a plena cognitio susseguente a mutamento di rito, riprende pieno vigore la regola generale sull'obbligatorietà del patrocinio legale (Cass. civ., 14 luglio 2006, n. 16116).

Non può che rientrare nella discrezionalità legislativa conformare le posizioni processuali delle parti nei termini testè indicati, ritenendo di permettere al convenuto, in taluni casi, di difendersi personalmente in giudizio, tenuto conto di «natura ed entità della causa», a tenore del testo dell'art. 82, comma 2, c.p.c., oggi abrogato, con riguardo al processo di pretura, ritenuto non caratterizzato da un tasso elevato di complessità giuridica. E secondo quanto è ancor oggi previsto ed ammesso per il processo avanti al Giudice di Pace per le cause il cui valore non esubera gli euro 1.000 (art. 82, comma 1, c.p.c.).

D'altro canto, la facoltà riconosciuta all'intimato di farsi rappresentare dal difensore neppure sembra scontare ostacoli sostanziali e problematiche applicative di sorta connesse alla condizione di indigenza nella quale, molto spesso, si trova l'intimato (in procedimento per convalida di sfratto per morosità). Dato che, a questo riguardo, egli potrà richiedere di essere ammesso al patrocinio a spese dello Stato (a tenore del d.P.R. 115/2002).

In ogni caso, non si riscontrano preclusioni o decadenze a carico del convenuto-intimato (a norma dell'art. 167 c.p.c.) laddove egli si costituisca con comparsa di risposta ex art. 166 c.p.c.

Tale comparsa neppure va depositata almeno venti giorni prima dell'udienza (come avviene nel rito ordinario di cognizione), in quanto la parte potrà farlo anche «presentando tali atti al giudice in udienza» (art. 660, comma 5, c.p.c.), costituendosi in giudizio in quella sede con l'assistenza del difensore.

Riferimenti
  • Lazzaro, Preden, Varrone, Il procedimento per convalida di sfratto, Milano, 1978
  • E. Garbagnati, I procedimenti d'ingiunzione e per convalida di sfratto, Milano, 1979, V° ed.
  • Proto Pisani, Lezioni di diritto processuale civile, Napoli 1994
  • Trisorio Liuzzi, Tutela giurisdizionale delle locazioni, Napoli, 2005
  • M. Di Marzio, Di Mauro, Il processo locatizio, Milano, 2011, II° ed.
  • Masoni, in Grasselli, Masoni, Le locazioni, Il processo, II, Padova, II° ed., 2013
  • Giordano, Del procedimento per convalida di sfratto, in Commentario del Codice di procedura civile, a cura di Chiarloni, Bologna, 2015.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.