Il commercio di sostanze dopanti ex art. 586-bis comma 3 c.p. e il requisito del dolo specifico: luci ed ombre della riforma del 2018

22 Dicembre 2021

Con ordinanza 21 settembre 2020, n. 45, la Cassazione ha ritenuto ammissibile e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale, per eccesso di delega, dell'art. 586-bis comma 7 c.p., così come modificato dal d.lgs. n. 21/2018. Con la riforma del 2018, in attuazione della c.d. riserva di codice, il legislatore delegato non si è limitato – come previsto dalla delega – al mero reinquadramento normativo, ma ha inserito nella fattispecie di commercio di sostanze dopanti lo stesso dolo specifico già previsto per la somministrazione...
Abstract

Con ordinanza 21 settembre 2020, n. 45, la Cassazione ha ritenuto ammissibile e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale, per eccesso di delega, dell'art. 586-bis comma 7 c.p., così come modificato dal d.lgs. n. 21/2018.

Con la riforma del 2018, in attuazione della c.d. riserva di codice, il legislatore delegato non si è limitato – come previsto dalla delega – al mero reinquadramento normativo, ma ha inserito nella fattispecie di commercio di sostanze dopanti lo stesso dolo specifico già previsto per la somministrazione e l'assunzione di tali sostanze, ossia il fine specifico «di alterare le prestazioni agonistiche degli atleti» ovvero di «modificare i risultati dei controlli sull'uso di tali farmaci o sostanze». Attraverso tale previsione, di fatto, il legislatore ha realizzato un'abolitio criminis parziale, riducendo l'ambito applicativo della fattispecie entro i limiti delle competizioni agonistiche, escludendo la punibilità del commercio clandestino destinato agli sportivi “non atleti”. In effetti, i dubbi sulla legittimità di una simile operazione, oltre che sulla complessiva razionalità della riforma, rendono fondati i sospetti di incostituzionalità dell'art. 586-bis comma 7 c.p.

La disciplina penale del c.d. doping: inquadramento normativo e struttura delle fattispecie incriminatrici

Il fenomeno del c.d. doping, ossia dell'assunzione e del commercio di sostanze in grado di migliorare artificialmente le prestazioni atletiche, è al centro del dibattito politico, soprattutto a seguito dell'allarme sociale provocato da alcuni clamorosi scandali verificatisi nell'ambiente del calcio e del ciclismo.

In ossequio alla Convenzione firmata a Strasburgo il 16 novembre 1989, ratificata con la l. 29 novembre 1995, n. 522, il legislatore italiano ha introdotto nel nostro ordinamento la l. 14 dicembre 2000, n. 376, recante la Disciplina della tutela sanitaria delle attività sportive e della lotta contro il doping. La legge mira a offrire una regolamentazione organica e interdisciplinare del fenomeno, attraverso il bilanciamento tra esigenze di prevenzione e di repressione.

Quanto alla definizione, il doping consiste nella «somministrazione o l'assunzione di farmaci o di sostanze biologicamente o farmacologicamente attive e l'adozione o la sottoposizione a pratiche mediche non giustificate da condizioni patologiche ed idonee a modificare le condizioni psicofisiche o biologiche dell'organismo al fine di alterare le prestazioni agonistiche degli atleti» (art. 1 comma 2 l. n. 376/2000). Vi rientrano, dunque, sia le condotte ricondubili al c.d. eterodoping (procacciamento, somministrazione, favoreggiamento dell'impiego di sostanze dopanti, adozione di pratiche mediche vietate), che al c.d. autodoping o “doping autogeno”, inteso quest'ultimo come assunzione volontaria di sostanze e sottoposizione a pratiche mediche vietate.

Dal punto di vista strettamente penalistico, il legislatore ha previsto all'art. 9 l. n. 376/2000, la punibilità di:

  1. chiunque procuri, somministri, assuma o favorisca l'utilizzo di farmaci o di sostanze biologicamente o farmacologicamente attive, ricompresi nelle classi di sostanze dopanti previste all'art. 2 comma 1 l. n. 376/2000 (comma 1)
  2. colui che adotti o si sottoponga alle pratiche mediche ricomprese nelle classi di sostanze dopanti (comma 2);
  3. chiunque commerci i farmaci e le sostanze farmacologicamente o biologicamente attive ricompresi nelle classi nelle classi di sostanze dopanti, attraverso canali diversi dalle farmacie aperte al pubblico, dalle farmacie ospedaliere, dai dispensari aperti al pubblico e dalle altre strutture che detengono farmaci direttamente, destinati alla utilizzazione sul paziente (comma 7).

Le prime due ipotesi configurano i delitti di somministrazione e di assunzione di sostanze dopanti (comma 1) e la sottoposizione a pratiche mediche vietate (comma 2).

Sotto il profilo della colpevolezza, per quanto riguarda tali prime due fattispecie, è espressamente previsto il dolo specifico, consistente nel «fine di alterare le prestazioni agonistiche degli atleti» ovvero, alternativamente, di «modificare i risultati dei controlli sull'uso di tali farmaci o sostanze». Oltre alla consapevolezza di procurare, somministrare, assumere o favorire ad altri l'uso di sostanze ricomprese nelle classi previste dalla legge, l'agente deve avere, quindi, l'intenzione di alterare la prestazione agonistica ovvero di modificare l'esito dei controlli su tali pratiche.

Per espressa previsione legislativa, si richiede, altresì, che le sostanze o le pratiche mediche siano «idonee a modificare le condizioni psicofisiche o biologiche dell'organismo». In ordine a tale requisito, non sono mancate invero alcune perplessità: infatti, una lettura testuale e rispettosa dei principi di cui all'art. 25 Cost., dovrebbe condurre a ritenere che l'assunzione o la somministrazione di una sostanza, ricompresa nelle classi vietate, integri il reato de quo soltanto qualora soddisfi l'ulteriore requisito dell'idoneità lesiva, imponendo al giudice un accertamento caso per caso di tale requisito.

Come causa di esclusione della tipicità, il legislatore del 2000 ha espressamente previsto l'esistenza di ragioni mediche, allorquando la somministrazione o l'assunzione delle sostanze siano giustificate «da condizioni patologiche» dell'atleta (art. 9 commi 1 e 2 l. n. 376/000). In presenza di condizioni patologiche documentate e certificate dal medico, all'atleta può essere prescritto, infatti, uno specifico trattamento, purchè sia attuato secondo le modalità indicate nel relativo e specifico decreto di registrazione europea o nazionale ed i dosaggi siano previsti dalle specifiche esigenze terapeutiche. In tal caso, l'atleta ha l'obbligo di tenere a disposizione delle autorità competenti la relativa documentazione e può partecipare alle competizioni sportive, purchè ciò non metta in pericolo la sua integrità psicofisica (art. 1 comma 4 l. n. 376/2000).

In relazione, invece, alla fattispecie - più grave - di “commercio” delle sostanze dopanti (art. 9 comma 7 l. 376/2000), si tratta di un'attività caratterizzata dai requisiti della continuità e da una pur rudimentale organizzazione. Tali requisiti consentono di distinguere, secondo la giurisprudenza, il commercio vero e proprio dalla mera somministrazione occasionale.

La riforma del 2018 e la previsione del dolo specifico per il commercio di sostanze dopanti

Sotto il profilo della colpevolezza, originariamente per il commercio non era previsto il requisito del dolo specifico.

Successivamente, però, con il d.lgs. 1° marzo 2018, n. 21, il Governo ha dato attuazione alla delega legislativa di cui all'art. 1 comma 85 lett. q), l. 23 giugno 2017, n. 103, c.d. riforma Orlando, ispirata al principio della “tendenziale” riserva di codice nella materia penale (art. 3-bis c.p.). Dunque, le fattispecie di cui all'art. 9 l. n. 376/2000 sono confluite nell'attuale art. 586-bis c.p. nell'ambito dei delitti dedicati alla tutela dell'incolumità personale.

Prima facie, l'operazione sembrava riconducibile ad un mero intervento di ricollocazione sistematica, in assenza di qualsivoglia intento abrogativo o modificativo del previgente assetto.

Tuttavia, proprio con riferimento al reato di commercio (art. 586-bis comma 7 c.p.), il legislatore delegato non si è limitato – come previsto dalla delega – al mero reinquadramento normativo, ma ha inserito nella fattispecie lo stesso dolo specifico già previsto per la somministrazione e l'assunzione delle sostanze dopanti, ossia il fine specifico «di alterare le prestazioni agonistiche degli atleti» ovvero di «modificare i risultati dei controlli sull'uso di tali farmaci o sostanze».

Il legislatore ha limitato così l'ambito applicativo della fattispecie alle sole condotte commesse con il fine specifico di alterare le prestazioni agonistiche degli atleti ovvero di modificare i risultati dei controlli anti-doping. Ne è conseguita l'irrilevanza penale del commercio commesso per fini diversi, come ad es. per soddisfare la domanda di mercato di alcuni soggetti determinati a migliorare per fini edonistici il proprio aspetto fisico ovvero a soddisfare una dipendenza psico-fisica. In altri termini, la modifica ha dato luogo ad un fenomeno di abolitio criminis parziale, riducendo l'ambito applicativo della fattispecie entro i limiti delle competizioni agonistiche, escludendo la punibilità del commercio clandestino destinato agli sportivi “non atleti”.

La questione di costituzionalità dell'art. 586-bis comma 7 c.p. per eccesso di delega

Tale modifica del 2018 ha sollevato, tuttavia, non pochi interrogativi. Infatti, con ord. 21 settembre 2020, n. 45, la Cassazione ha ritenuto ammissibile e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale sollevata dalla Corte d'Appello di Lecce e già evidenziata dal Tribunale di Brescia nel 2018, per violazione dell'art. 76 Cost. per eccesso di delega.

Per quanto concerne la non manifesta infondatezza della questione, la terza sezione della Cassazione ha lamentato la violazione dell'art. 76 Cost., per contrasto della disposizione di cui all'art. 586-bis comma 7 c.p. con la ratiodalla legge delega. Infatti, ad opinione dei giudici de quibus, la scelta di inserire il dolo specifico nel commercio di sostanze dopanti esorbiterebbe dai limiti prefissati dal legislatore nella legge delega, essendo la prima finalizzata a circoscrivere la portata applicativa della fattispecie incriminatrice, escludendo la rilevanza penale del commercio realizzato per soddisfare esigenze edonistiche.

Per tale ragione, la Cassazione ha rimesso la questione alla Corte costituzionale, auspicando una sentenza manipolativa che dichiari l'illegittimità della disposizione nella parte in cui prevede la punibilità delle condotte di commercio solo se finalizzate allo scopo di alterare le prestazioni agonistiche degli atletiovvero di modificare i risultati dei controlli anti-doping.

La “razionalità” della riforma e il problema della natura plurioffensiva delle fattispecie anti-doping

In attesa dell'intervento chiarificatore della Corte costituzionale, non resta che formulare alcune osservazioni generali.

Come abbiamo visto, la riforma del 2018 è attuativa di una scelta politico-criminale ben precisa finalizzata a circoscrivere la portata applicativa del commercio. Il legislatore delegato – potremmo dire – ha colto l'“occasione” del reinquadramento sistematico attuato attraverso la c.d. riserva di codice per apportare motu proprio una modifica in bonam partem alla fattispecie incriminatrice.

Ebbene, proprio sotto tale prospettiva, anche a voler rispettato il canone di cui all'art. 76 Cost., un altro profilo di dubbio sulla compatibilità costituzionale attiene alla razionalità/ragionevolezza della riforma, ossia della previsione del filtro selettivo del dolo specifico in relazione alla fattispecie di commercio.

Il problema coinvolge la vexata quaestio dell'individuazione del bene giuridico tutelato dalla normativa anti-doping e la natura plurioffensiva delle fattispecie.

Secondo l'originaria dichiarazione d'intenti contenuta nell'art. 1 della l. n. 376/2000, l'obiettivo della disciplina era quello di promuovere la salute psico-fisica degli atleti e di assicurare il rispetto dei principi etici e dei valori educativi dello sport, tra cui la lealtà e la regolarità delle competizioni. In particolare, si riteneva in dottrina che, pur essendo presenti entrambe le rationes, fosse prevalente la tutela della lealtà e della regolarità delle competizioni sportive, e solo in via collaterale la disciplina mirasse a preservare l'incolumità fisica dello sportivo.

Ebbene, dopo la riforma, il nuovo inquadramento sistematico e la collocazione subito dopo l'art. 586 c.p. sembrerebbero veicolare il messaggio che l'oggetto giuridico sia - prioritariamente - la vita e l'incolumità dell'atleta. La stessa relazione governativa al d.lgs. n. 21/2018 spiegava che la decisione di inserire le fattispecie all'interno del codice fosse motivata dall'individuazione del bene giuridico protetto nella salute individuale, con la conseguenza che «la collocazione all'interno del codice penale, tra i delitti contro la persona e specificamente a seguire dell'articolo 586 c.p., ha il chiaro significato di una presa di posizione a favore della salvaguardia della integrità fisica del singolo piuttosto che della tutela del fair play sportivo, attribuibile all'incriminazione in esame».

Eppure, se davvero questo era l'intento perseguito, la scelta di inserire il dolo specifico nella fattispecie di commercio appare difficilmente comprensibile. L'introduzione nel Tatbestand del delitto del dolo specifico farebbe propendere, piuttosto, per la tesi a favore di un'oggettiva giuridica volta alla tutela della regolarità delle competizioni sportive agonistiche. Infatti, avendo reso lecito il commercio delle sostanze dopanti destinate agli sportivi “amatoriali” che non gareggino in competizioni agonistiche, il legislatore delegato ha mostrato chiaramente di ritenere estraneo dalla ratio della norma la punibilità di tali fatti, nonostante la salute di tali soggetti, spesso privi di corrette informazioni mediche e di adeguato supporto terapeutico, venga comunque posta in pericolo dal commercio clandestino di simili sostanze. Se veramente la tutela al bene giuridico della salute fosse stata prioritaria, si sarebbe assicurata la punibilità del commercio indipendentemente dalla destinazione dei prodotti anabolizzanti agli sportivi che gareggino in competizioni agonistiche.

A conferma di ciò, il mantenimento del danno alla salute come mera aggravante delle fattispecie in materia anti-doping dimostra che la disciplina ha conservato il ruolo prioritario di presidio del regolare svolgimento delle competizioni sportive e solo in via eventuale e potenziale dell'integrità fisica e psichica degli atleti.

In conclusione

In attesa di conoscere l'esito del giudizio attualmente pendente di fronte alla Corte costituzionale (la discussione dell'ordinanza è stata fissata per il 9 febbraio 2022) ed a prescidere dall'accertamento in ordine alla violazione o meno dei limiti imposti dal legislatore delegante, appare evidente come l'attuale impianto normativo in materia anti-doping risenta di una certa incongruenza, probabilmente a causa della stessa natura – plurioffensiva – delle fattispecie.

Proprio in ragione delle perplessità in ordine alla complessiva razionalità dell'attuale impiantio normativo, non resta che auspicare probabilmente un nuovo intervento di riforma legislativo che miri veramente a mettere, in primo piano, la tutela della salute individuale e collettiva nella normativa anti-doping, non solo attraverso un'operazione “di facciata” come quella ottenuta attraverso l'inserimento delle fattispecie subito dopo l'art. 586 c.p., ma con una modifica sostanziale, andando a punire qualsiasi condotta volta ad incentivare e rendere più agevole l'uso di tali sostanze con conseguente pericolo per la salute umana.

Guida all'approfondimento

In dottrina sul tema: E. APRILE, Il contrasto al traffico di sostanze dopanti: il punto della situazione, in Riv. it. med. leg. (e dir. san.), 2014, 1, 147 ss.; G. ARIOLLI-V. BELLINI, Disposizioni penali in materia di doping, Milano, 2005; S. BONINI, Doping e diritto penale, Padova, 2006; S. BONINI, Il commercio di farmaci dopanti: coinvolti i principi di riserva di legge, determinatezza e offensività, in Dir. pen. proc., 2014, 11, 1333 ss.; S. BONINI, Doping tra sanzione penale e giustizia sportiva: il ruolo discriminanete del dolo specifico, in www.penalecontemporaneo.it, 15.11.2021, 13 ss.; L. CATTELAN, Commercio di sostanze dopanti: sollevata questione di legittimità costituzionale per eccesso di delega, in Ilpenalista.it, 2.12.2020; M. CINGOLANI – P. FRATI – R. FROLDI - D. RODRIGUEZ, Aspetti medico-legali e tissicologici della legge 14 dicembre 2000 n. 376 in tema di doping, in Riv. it. med. leg. (e dir. san.), 2001, 2, 229 ss.; S. CORBETTA, Il “commercio” di sostanze dopanti, in Dir. pen. proc., 2014, 9, 1058 ss.; C. DE FERRARI, Doping: applicabilità delle fattispecie penali e rispetto del principio di tassatività, in Dir. pen. proc., 2007, 216 ss.; G. DE SALVATORE, Principio di legalità ed ermeneutica giurisprudenziale nella legge antidoping, tra istanze di determinatezza ed eterointegrazione normativa, in Riv. it. med. leg. (e dir. san.), 2014, 4, 1257 ss. ; A. DI MARTINO, Giuoco corrotto, giuoco corruttore: due problemi penali dell'homo ludens, in Scritti in onore di Antonio Cristiani, Torino, 2001, 239 ss.; R. GUARINIELLO, Il doping nella giurisprudenza della Corte di Cassazione, in Foro it., 2006, II, 441 ss.; G. LAGEARD, Sport e diritto penale: il legislatore introduce il reato di doping, in Dir. pen. proc., 2001, 429 ss. ; N. MADIA, Il delitto di assunzione di sostanze dopanti: al bivio tra disvalore d'azione e disvalore d'evento, in Cass. pen., 2008, 6, 2576 ss.; C. PALMIERE – M. POLITI – M. PIOMBO – M. CANALE, La dimensione medico-giuridica del fenomeno doping, in Riv. it. med. leg., 2002, 2, 333 ss.; S. SEMINARA, Codice penale, riserva di codice e riforma dei delitti contro la persona, in Riv. it. dir. proc. pen., 2020, 2, 421 ss.; A. VALLINI, Analisi della l. 14.12.2000 n. 376, in Leg. pen., 2001, 643-667. In giurisprudenza, v. Cass., sez. III, 22.6.2021, n. 24884, in www.dejure.it; Cass., sez. VI, 22.6.2017, n. 39482, in Cass. pen., 2018, 2, 632 ss.; Cass., sez. III, 14.5.2019, n.26289, in www.dejure.it; Cass., sez. III, 4.42018, n.30889, in Cass. pen., 2019, 5-6, 2082 ss.; Cass, sez. II, 4.3.2021, n.14556, in www.dejure.it; Cass., sez. III, ord. 21.9.2020, n.45, in www.dejure.it.

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