Conflitto di interessi tra amministratore e società nel processo: la nomina del curatore speciale ex art. 78, comma 2 c.p.c.

Antonio Franchi
18 Gennaio 2022

Non sussiste un conflitto immanente d'interessi degli amministratori con la società nella impugnazione delle deliberazioni assembleari. Al contrario, il legislatore presuppone che legittimata passiva alle azioni di impugnazione sia esclusivamente la società, in persona di chi ne abbia la rappresentanza legale; nè è fondata una valutazione di conflitto di interessi in capo all'amministratore, solo in quanto la deliberazione assembleare abbia ad oggetto profili di pertinenza dello stesso organo gestorio...
Massima

Non sussiste un conflitto immanente d'interessi degli amministratori con la società nella impugnazione delle deliberazioni assembleari.

Al contrario, il legislatore presuppone che legittimata passiva alle azioni di impugnazione sia esclusivamente la società, in persona di chi ne abbia la rappresentanza legale; nè è fondata una valutazione di conflitto di interessi in capo all'amministratore, solo in quanto la deliberazione assembleare abbia ad oggetto profili di pertinenza dello stesso organo gestorio, come ad esempio l'approvazione del bilancio sociale d'esercizio che l'organo amministrativo abbia, come per legge, redatto, o la deliberazione di determinazione dei compensi dell'organo gestorio ex art. 2389 c.c., o ancora la delibera di autorizzazione al compimento di un atto gestorio ex art. 2364, comma 1, n. 5, c.c. e così via.

Ravvisare, invero, una immanente situazione di conflitto di interessi in tali casi comporterebbe l'inconcepibile nomina di un curatore speciale alla società, in tutte o quasi tutte le cause di impugnazione delle deliberazioni assembleari o, tanto più, delle deliberazioni consiliari (a norma dell'art. 2388 c.c.).

Con l'ulteriore effetto distorsivo, quanto alla tutela delle rispettive posizioni delle parti, per cui il socio impugnante tenterebbe sempre di ottenere, mediante il surrettizio ricorso al procedimento di nomina di un curatore speciale alla società ex art. 78 c.p.c., l'esautoramento dell'organo amministrativo dalla decisione delle strategie di tutela a nome della società medesima, a quel punto assunte (oltretutto, con aggravio di spese) dal curatore speciale, soggetto estraneo alla società: le cui decisioni difensive spettano, invece, all'organo gestorio espressione dell'assemblea, a sua volta legittimamente guidata dalla maggioranza.”

Il caso

Nel giudizio oggetto di esame, la Corte d'Appello di Venezia dichiarava la propria incompetenza in merito alla nomina del curatore speciale di una S.r.l. in un giudizio di impugnazione di delibera assembleare e dichiarava competente il Tribunale di Venezia, Sezione specializzata per l'Impresa, che, in prima istanza, aveva provveduto a nominare il curatore speciale ai sensi dell'art. 78, comma 2, c.p.c., avendo ritenuto sussistente un potenziale conflitto di interessi dell'amministratore della società.

Avverso il decreto della Corte d'Appello veniva proposto regolamento necessario di competenza e la Corte di Cassazione dichiarava il ricorso inammissibile, indicando, inter alia, che “il provvedimento di nomina del curatore speciale è atto sempre modificabile e revocabile dal giudice che lo ha emesso, non passa in giudicato e non assume una stabilità idonea ad integrare la nozione di definitività, presupposto per il ricorso per cassazione.

Tale esito attiene necessariamente anche al regolamento di competenza proposto, come nella specie, avverso la declinatoria di competenza adottata dal giudice adito per l'impugnazione del provvedimento stesso, con traslatio iudicii: il decreto di nomina, al di là del giudice designato ai fini del giudizio di impugnazione, resta invero, del pari, sempre modificabile e revocabile dal giudice che procede.

Questa Corte ha già ritenuto la non impugnabilità attraverso il ricorso straordinario per cassazione, ai sensi dell'art. 111 Cost., comma 7, del provvedimento di nomina del curatore speciale (Cass. 4 novembre 2015, n. 22566; Cass. 21 novembre 1983, n. 6943; Cass. 29 gennaio 1982, n. 570); lo stesso principio vige in tema di provvedimento di nomina o revoca del curatore speciale di cui all'art. 244 c.c. (Cass. 25 novembre 1998, n. 11947)”.

La Corte di Cassazione provvedeva altresì a fornire indicazioni in funzione nomofilattica sulle rilevanti questioni di diritto societario e processuale relativamente alla legittimazione processuale conferita al curatore speciale in luogo dell'amministratore della società ai sensi dell'art. 78, comma 2, c.p.c.

Le questioni giuridiche e le soluzioni

L'ipotesi contemplata dall'art. 78, comma 2, c.p.c.

L'art. 78, comma 2, c.p.c. prevede che “si procede altresì alla nomina di un curatore speciale al rappresentato, quando vi è conflitto di interessi col rappresentante”.

La giurisprudenza di legittimità ha più volte chiarito che in tema di rappresentanza sostanziale nel processo (concetto questo ben diverso dalla cd. rappresentanza processuale, riguardante il rapporto tra la parte e il difensore nel processo ai sensi dell'art. 82 c.p.c.) sussiste una situazione di conflitto di interessi tra rappresentante e rappresentato, tale da determinare la necessità della nomina di un curatore speciale, qualora sia ravvisabile un'ipotesi di contrasto tra un centro autonomo di interessi e il suo rappresentante, ossia là dove si configuri la possibilità che il potere rappresentativo sia esercitato dal rappresentante in antitesi con l'interesse del rappresentato (si veda Cass. 10 marzo 1995, n. 2800; Cass. 16 novembre 2000, n. 14866; Cass. 30 maggio 2003, n. 8803).

In effetti, nel caso in cui il rappresentante sia portatore di un interesse personale diverso rispetto a quello del rappresentato, viene a crearsi una situazione di incompatibilità con la funzione della rappresentanza, dovendosi ipotizzare che la condotta processuale del rappresentante possa essere influenzata dalla sussistenza del proprio personale interesse e che, dunque, lo stesso rappresentante possa agire in giudizio tutelando il proprio interesse a svantaggio dell'interesse del rappresentato, chiedendo un provvedimento giurisdizionale a sé favorevole e pregiudizievole per il rappresentato ovvero non resistendo adeguatamente all'azione promossa da un terzo nei confronti del rappresentato quando l'esito del giudizio negativo per il rappresentato possa essere, invece, vantaggioso per il rappresentante, o, ancora, perseguendo finalità direttamente vantaggiose per entrambi, ma indirettamente dannose per il rappresentato.

Una tale condizione di antitesi tra rappresentante e rappresentato si ritiene sussistente anche quando essa si presenti come soltanto potenziale, dovendosi valutare il conflitto in astratto ed ex ante, secondo l'oggettiva consistenza della materia del contendere dedotta in giudizio, e non in concreto, e restando del tutto indifferente la posizione di fatto assunta dal rappresentato o i rapporti di fatto esistenti tra questi e il rappresentante (si veda Cass. 16 novembre 2000, n. 14866, cit.; Cass. 5 agosto 2001, n. 10822; Cass. 20 settembre 2021, n. 25317).

Non è, infatti, necessario che il conflitto di interessi sia effettivo, né che ricorrano i sintomi indicativi dell'effettività del conflitto, giacché la funzione dell'art. 78 c.p.c. è quella di prevenire il verificarsi di eventuali danni attraverso la preminente salvaguardia che l'ordinamento appresta in favore dei soggetti impediti ad agire personalmente, la cui attività giuridica debba svolgersi per mezzo di persone diverse da quegli stessi soggetti (tra questi, naturalmente anche le società, che agiscono per mezzo dei propri amministratori secondo un rapporto di immedesimazione organica).

Pertanto, in applicazione dell'art. 78, comma 2, c.p.c., l'ordinamento conferisce ad un curatore la legittimazione processuale a stare in giudizio - seppur non automaticamente (si veda l'art. 79 c.p.c. sull'istanza di nomina del curatore speciale) -, con la funzione di gestire gli interessi del rappresentato (incapace, persona giuridica o associazione non riconosciuta) nel processo, conferendo a tale curatore la legittimazione processuale sottratta al rappresentante in conflitto di interessi.

L'applicazione dell'art. 78, comma 2, c.p.c. in ambito societario e i possibili effetti distorsivi

Mentre sussiste un immanente conflitto d'interessi tra amministratore e società nei giudizi relativi alla responsabilità dell'amministratore - sempreché ovviamente si tratti di amministratore in carica, restando, ad esempio, escluse le ipotesi nelle quali l'amministratore verso il quale la società intenda agire in giudizio sia stato revocato (si vedano a riguardo gli artt. 2393, comma 5, c.c. e 2476, comma 3, c.c.) -, non sussiste, invece, un tale immanente conflitto nei giudizi di impugnazione delle deliberazioni assembleari (si veda la sentenza in commento; Cass. 20 settembre 2021, n. 25317, cit.; Trib. Milano 7 ottobre 2021, in www.dejure.it), nei quali, infatti, gli interessi di amministratore e società non solo non necessariamente sono confliggenti, ma possono anche convergere (ad esempio, in relazione all'approvazione del bilancio, l'interesse dell'amministratore a difendere le ragioni e la validità della delibera di approvazione converge con l'interesse della società alla stabilità della delibera di bilancio e delle determinazioni dei propri organi; in relazione alla nomina degli amministratori, si veda Trib. Padova 20 maggio 2005, in Corr. Giuridico, 2005, 9, 1260, con nota critica di V. Sangiovanni; App. Genova, ord. 30 agosto / 6 settembre 2016, in www.judicium.it, secondo la quale “se è ben vero che la società ha interesse ad organizzarsi sulla base di atti legalmente e statutariamente corretti, è peraltro vero che ha sicuramente interesse a salvaguardare la funzionalità e stabilità dell'organizzazione societaria, esigenza che viene compromessa dall'annullamento delle delibere assunte, che può avere un effetto anche molto destabilizzante sulla vita sociale, delibere, che, in quanto assunte dall'assemblea, prima di una pronuncia giudiziale di diverso tenore, godono di una presunzione di conformità allo statuto ed alla legge. […] Nel caso in esame gli amministratori eletti col voto di [H] esprimono la maggioranza della società, che è tale finché non sarà eventualmente rimosso tale voto e deciso che l'organo amministrativo debba essere eletto in modo diverso. Ma fino ad allora, non può neppure in linea teorica ipotizzarsi che la società che ha espresso, con il voto determinante di [H], la nomina dei soggetti che oggi la rappresentano, possa spontaneamente ritenere la non conformità della delibera alla legge e statuto, ed abbia interesse a sostituirla con altra alla cui formazione non dovrebbe più partecipare [H], socio di maggioranza. In tale situazione deve escludersi sussista il lamentato conflitto di interessi tra rappresentato e rappresentanti.”).

Del resto, come ora indicato, il nostro ordinamento, ancor più dopo la riforma del diritto societario del 2003, pur contemperando le esigenze di tutela dei soci e di certezza e stabilità delle attività sociali, nelle ipotesi di conflitto tra soci e società privilegia gli interessi di quest'ultima, ad esempio, prevedendo talune soglie di sbarramento per l'impugnazione delle delibere assembleari e la limitazione delle ipotesi di impugnazione stessa (si veda l'art. 2377 ss. c.c.) (a riguardo, si veda F. Galgano, Il nuovo diritto societario, Padova, 2003; S. Sanzo, sub art. 2377, in Comm. Cottino, Bonfante, Cagnasso, Montalenti, Torino, 2004, 611; F. Di Sabato, Diritto delle società, Milano, 2005, 318; G. Guerrieri, sub art. 2377, in Maffei Alberti (a cura di), Il nuovo diritto delle società, Padova, 2005, 544).

Dovendosi, inoltre, sottolineare che ipotizzare l'esistenza di un conflitto di interessi in ogni procedimento di impugnazione delle delibere assembleari potrebbe condurre ad effetti distorsivi (quali, ad esempio, la possibile adozione da parte del curatore speciale di scelte processuali per conto della società in contrasto con le decisioni di gestione della società stessa assunte legittimamente con il placet dei soci di maggioranza, e, più in generale, la sottrazione all'organo gestorio di una delle sue più rilevanti attribuzioni), così come ad ipotesi di illegittima agevolazione a vantaggio dei soci di minoranza.

A quest'ultimo riguardo, è, infatti, evidente che la minoranza assembleare verrebbe ad ottenere una iper-tutela (non voluta dall'ordinamento), giacché il diritto di difesa della società sarebbe menomato mediante la sottrazione all'amministratore della rappresentanza della società medesima nel processo. Ciò che, naturalmente, verrebbe in particolare rilievo nelle ipotesi di esercizio abusivo del diritto della minoranza ad impugnare le deliberazioni assembleari (sull'abuso di potere da parte della minoranza, si veda Cass. 12 dicembre 2017, n. 29792, in questo portale; Trib. Milano 10 novembre 2017, in www.giurisprudenzadelleimprese.it; Trib. Milano 28 novembre 2014, in Società, 2015, 6, 690; App. Milano 14 gennaio 2013, in Banca, Borsa, Titoli di credito, 2014, 4, II, 433; in generale, sulla figura dell'abuso del potere o del diritto, si veda G. Alpa, La buona fede integrativa: note sull'andamento parabolico delle clausole generali, in Il ruolo della buona fede oggettiva nell'esperienza storica e contemporanea, Atti del Convegno internazionale di studi in onore di Alberto Burdese (a cura di) L. Garofalo, Padova, I, 2003, 156; F. Galgano, Qui suo iure abutitur neminem laedit?, in Contratto e Impresa, 2011, 311; G. Alpa, Appunti sul divieto dell'abuso del diritto in ambito comunitario e sui suoi riflessi negli ordinamenti degli stati membri, in Contratto e Impresa, 2015, 2, 245).

Osservazioni

Si sottolinea l'importanza della corretta applicazione della norma (art. 78 c.p.c.) che governa la nomina di un curatore speciale che rappresenti gli interessi del rappresentato nel processo, giacché, in ipotesi di violazione di tale norma, il giudizio deve essere dichiarato nullo per violazione del principio del contraddittorio.

Nullità siffatta è, infatti, rilevabile d'ufficio in ogni stato e grado del giudizio ed anche in sede di legittimità, in quanto l'individuazione del contrasto d'interessi tra rappresentante e rappresentato costituisce applicazione necessaria del disposto dell'art. 78 sec. co. CPC che - inquadrandosi nel più generale principio imperativo della garanzia costituzionale del diritto di difesa inviolabile ex art. 24 Cost. - impone al giudice il controllo della regolare costituzione del contraddittorio sotto il profilo specifico della presenza in giudizio della parte, cui l'ordinamento ne riconosca il diritto, mediante l'assistenza dell'organo all'uopo espressamente deputato dall'ordinamento stesso (recentemente, in tal senso, Cass. 9.7.97 n. 6201, 10.3.95 n. 2800, 3.7.91 n. 7274, ma già, in precedenza, Cass. 10.8.82 n. 4491, 10.3.80 n. 1586, 18.5.76 n. 1771, 9.4.75 n. 1294)” (si veda Cass. 16 novembre 2000, n. 14866, cit.; così anche Cass. 6 agosto 2001, n. 10822, cit.; Cass. 30 maggio 2003, n. 8803, cit.).

Conclusioni

Per quanto sopra indicato, dunque, nei procedimenti che coinvolgano le persone giuridiche e i propri amministratori, occorre che le parti che si accingano ad iniziare l'azione o a svolgere la difesa giudiziaria, o lo stesso giudice chiamato a decidere, effettuino un'attenta valutazione preventiva delle situazioni che, incidendo sulla concreta possibilità di esercitare il diritto di difesa, possano rendere fittizio il contraddittorio; dovendosi ben tenere in considerazione, tuttavia, che non in tutte le situazioni sussiste incompatibilità tra gli interessi della società e quelli del proprio amministratore, così da evitare automatismi nell'applicazione dell'art. 78, comma 2, c.p.c.

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