È possibile la prestazione in sicurezza di un operatore sanitario non vaccinato in caso di mansioni senza specifica esposizione verso soggetti fragili
04 Febbraio 2022
Una lettura costituzionalmente orientata (e dunque obbligata) induce a ritenere che non in tutti i casi la prestazione degli operatori di interesse sanitario non vaccinati è vietata, ma solo laddove quest'ultima inciderebbe sulla salute pubblica e su adeguate condizioni di sicurezza nell'erogazione di prestazioni di cura e assistenza. Altrimenti il bilanciamento costituzionalmente rilevante tra la salute pubblica (interesse prevalente) e i diritti della persona (interessi soccombenti) non sussisterebbe, con indebita compromissione dei diritti dei singoli.
Dunque, se la prestazione prevista in astratto dal legislatore poi, in concreto, per i particolari compiti svolti dall'operatore di interesse sanitario o per le modalità di svolgimento, non si traduce in un effettivo rischio specifico e superiore rispetto a quello che corre qualunque lavoratore di altri settori pubblici o privati, l'obbligo e la conseguente sospensione non si giustificano nell'ottica di un necessario bilanciamento costituzionale degli interessi.
Si pensi a compiti meramente amministrativi e, comunque, senza specifica esposizione nei confronti di soggetti potenzialmente fragili o di coloro che hanno rapporti con questi ultimi.
Nel caso di specie, il giudice ha revocato il provvedimento di sospensione, ordinando al datore di lavoro di affidare alla lavoratrice lo svolgimento di compiti compatibili per il tipo o per le modalità di svolgimento con l'esigenza di tutelare la salute pubblica; con l'obbligo della corresponsione della retribuzione sino all'individuazione di tali compiti.
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