Equa riparazione per irragionevole durata del processo e contributo unificato

Redazione scientifica
10 Febbraio 2022

La CTP di Napoli ha stabilito che non è dovuto dall'avvocato antistatario il contributo unificato relativo al giudizio di ottemperanza del decreto che riconosce l'equo indennizzo per irragionevole durata del processo, precisandone le condizioni.

La vicenda trae origine dal giudizio per irragionevole durata del processo promosso dai soggetti X e Y, difesi dall'avv. Z, avanti alla Corte d'appello di Napoli, conclusosi con il riconoscimento di un equo indennizzo e con la condanna della controparte alle spese.

Non avendo la controparte adempiuto all'obbligo pecuniario derivante dalla condanna della Corte territoriale, i due assistiti dell'avv. Z, nuovamente difesi da quest'ultimo, hanno deciso di ricorrere in ottemperanza al TAR Campania.

In tale sede il TAR richiedeva il pagamento del contributo unificato, ma il difensore impugnava tale atto avanti alla CTP Napoli, chiedendone l'annullamento, posto che la legge esenta dal pagamento del contributo in materia di equa riparazione.

Ciò veniva riconosciuto anche dal dirigente amministrativo del TAR Campania, il quale, tuttavia, riteneva che tale diritto non spettasse a Z, in quella sede difensore dei due ricorrenti in ottemperanza, in quanto soggetto non beneficiario dell'indennizzo.

La CTP di Napoli ha accolto il ricorso e annullato l'atto impugnato.

Secondo i giudici infatti la previsione di cui all'art. 10 T.U.S.G. ha una formulazione volutamente ampia, tale da non consentire le differenziazioni operate dall'ufficio: “non è soggetto al contributo unificato (…) il processo di cui all'art. 3 l. 89/2001”.

Inoltre, è evidente che nulla si può pretendere dal difensore antistatario che si è trovato a promuovere un giudizio di ottemperanza di un provvedimento che lo interessa, si, sostanzialmente, ma che lascia intatto il suo ruolo di soggetto estraneo alla causa.

Prova ne sono diverse considerazioni controfattuali: in primo luogo, la circostanza che se il giudizio di ottemperanza si concludesse negativamente, nessun TAR condannerebbe alle spese anche l'avv. Z.

In secondo luogo, se lo Stato avesse pagato spontaneamente i due soggetti vittoriosi in sede di cognizione, ma non il loro difensore, ben avrebbe potuto questi agire da solo in ottemperanza per la parte residua di debito (i.e. per le spese distratte in suo favore).

Tutto ciò sta in definitiva a dimostrare l'autonomia dei due rapporti di cui si discute, l'uno relativo ai due soggetti ricorrenti in ottemperanza, esente dal pagamento del C.U., l'altro relativo al difensore Z., che sarebbe soggetto al C.U. solo se fosse promosso da quest'ultimo in proprio, ossia non come mero difensore dei ricorrenti.

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