Assegno divorzile e spese straordinarie per i figli
08 Marzo 2022
Massima
Al fine del riconoscimento dell'assegno divorzile, si deve verificare se allo stato attuale sussiste una sperequazione dei redditi e non l'ipotetica possibilità di un loro futuro incremento. Il contributo alle spese straordinarie per i figli deve essere proporzionale al reddito di ciascun genitore e non può essere compreso forfettariamente nell'importo dell'assegno Il caso
La Corte d'appello di Palermo aveva revocato l'assegno divorzile concesso in primo grado alla ex moglie ritenendo che il reddito della donna nel tempo avrebbe potuto incrementarsi a fronte di un maggiore impegno nell'attività lavorativa, e aveva posto a carico di ciascun genitore le spese straordinarie relative ai figli nella misura del 50%. La moglie ha proposto ricorso per la cassazione della decisione deducendo la mancata valutazione del proprio contributo alla vita familiare e la violazione dei criteri stabiliti dall'art. 5 comma 6 l. n. 898/1970 in quanto non erano state valutate le sue effettive e concrete possibilità di lavoro. In merito al contributo per i figli, deduceva la mancata valutazione della effettiva capacità economica del padre e contestava la ripartizione al 50% di quelle straordinarie in ragione della sperequazione tra i redditi dei genitori La questione
Come deve essere valutata la capacità reddituale del coniuge economicamente più debole e come si determina il contributo alle spese ordinarie e straordinarie necessarie per i figli? Le soluzioni giuridiche
La Suprema Corte torna, ancora una volta, sulla natura dell'assegno divorzile e sulle modalità di determinazione del medesimo, premettendo che la sentenza della corte territoriale era stata emessa subito dopo le note pronunce n. 11504/2017 e n. 15481/2017 che hanno valorizzato l'auto-responsabilità dei coniugi, e, quindi, in ragione dell'epoca in cui era stata pronunciata, non aveva potuto tenere conto dei principi poi affermati dalle Sezioni Unite, con la altrettanto nota sentenza n. 18287 dell'11/07/2018. Ciò premesso, gli ermellini ribadiscono che l'assegno di divorzio ha funzione non esclusivamente assistenziale (che viene in rilievo quando la situazione economico-patrimoniale di uno degli ex coniugi non ne garantisce l'autosufficienza), ma anche compensativo-perequativa, aspetto che rileva nel caso in cui l'ex coniuge richiedente, in seguito ad un rapporto matrimoniale durato per lungo tempo, all'esito del divorzio sia sì economicamente autosufficiente, ma comunque in una condizione economico patrimoniale deteriore rispetto all'altro, e questo si sia verificato per aver contribuito ai bisogni della famiglia perdendo al contempo occasioni latu sensu reddituali a vantaggio dell'altro coniuge. I suddetti principi sono stati successivamente applicati dalla prevalente giurisprudenza di merito e confermati da quella di legittimità (Cass. civ. n. 21228/2019; Cass. n. 22499/2021), ma per una loro corretta e valida applicazione il giudice deve attenersi a principi di effettività e attualità nella valutazione della sussistenza della sperequazione tra i redditi. In sostanza, secondo la Corte, al fine del riconoscimento dell'assegno divorzile occorre verificare se, in concreto, al momento della decisione uno dei coniugi abbia una condizione economica peggiore rispetto all'altro, ma non affidandosi a giudizi prognostici meramente ipotetici o riferiti a contesti precedenti non più rispondenti alla realtà. Per quanto riguarda, invece, le spese straordinarie, con l'ordinanza in commento la Suprema Corte rileva che non esiste alcun automatismo in virtù del quale le stesse devono essere ripartite a metà tra i genitori, i quali devono contribuire alle necessità dei figli in proporzione ai rispettivi redditi, tenuto conto delle risorse di entrambi e della valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti. Dopo aver precisato, inoltre, che tra le spese di tale natura si distinguono quelle “imponderabili e rilevanti nel loro ammontare” e quelle routinarie, ovvero “certe nel loro ordinario e prevedibile ripetersi”, che possono essere considerate integrative dell'assegno e componenti variabili del medesimo, con l'ordinanza si ribadisce che determinare l'ammontare dell'assegno per i figli includendovi anche un importo forfettario per le spese straordinarie da un lato può non rispondere ai principi di proporzionalità e adeguatezza del mantenimento, dall'altro può persino risultare pregiudizievole per la prole. Si ritiene, infatti, che talvolta la condizione economica del genitore beneficiario dell'assegno cosiddetto "cumulativo" possa non permettergli di sostenere spese per cure mediche necessarie o per altre spese comunque indispensabili (Cass. 23 gennaio 2020, n. 1562; Cass. 08 giugno 2012, n. 9372).
Osservazioni
Dopo aver richiamato ancora una volta i principi ai quali deve attenersi la decisione sulla richiesta di assegno divorzile, da ritenersi ormai pacifici (Cass. civ. sez. I, 07 ottobre 2019, n. 24934; Cass. civ. sez. I – 28 febbraio 2020, n. 5603;) il giudice di legittimità ribadisce che la decisione in merito deve essere adottata rebus sic stantibus, senza effettuare valutazioni prognostiche non suffragate da dati certi in ordine alla concreta possibilità di incremento del reddito del coniuge richiedente. Occorre quindi valutare la condizione dei coniugi al momento della decisione, verificando in concreto quale sia la effettiva capacità reddituale del richiedente, tendo conto delle sue possibilità e della sua condizione personale al momento della decisione. Da un lato, dunque, si conferma che l'attuale orientamento della Suprema Corte tende a valorizzare l'autoresponsabilità dei coniugi, ma sotto altro profilo si sottolinea la necessità di verificare sempre se sussistano effettivamente le condizioni per lo svolgimento di un'attività lavorativa da parte del richiedente e quale concreto vantaggio economico possa derivare dalla stessa. È indubbio infatti che, secondo una lettura costituzionalmente orientata, il legame post coniugale non può tradursi in vincoli destinati a durare a tempo indeterminato - impedendo agli ex coniugi di avviare un percorso di ricostruzione della vita – e che, conseguentemente, si deve valorizzare la capacità di guadagno del coniuge più debole o la possibilità di fare affidamento sull'assistenza di un compagno o di una compagna (si veda la recentissima decisione delle S.U. Cass. sez. un.,n. 32198/2021 in cui si afferma che non si può non tenere conto, ai fini della determinazione o della modifica dell'assegno divorzile già riconosciuto, dell'instaurazione di una nuova convivenza stabile, frutto di una scelta, libera e responsabile, che abbia portato alla formazione di un nuovo progetto di vita nell'ambito del quale l'ex coniuge abbia trovato e dato reciproca assistenza). La suddetta valutazione, però, deve poggiare su basi concrete e non può essere affidata ad una mera ipotesi astratta priva di riscontri effettivi. Del resto, il nostro ordinamento prevede uno specifico strumento che consente di modificare le condizioni del divorzio quando, successivamente alla decisione, mutino le condizioni – anche economiche – delle parti: la modifica ai sensi dell'art. 9 comma 1l.n. 898/1970 (analogamente, l'art. 337-quinquies c.c. consente la modifica delle condizioni della separazione o del decreto emesso dal collegio all'esito di un giudizio ex art. 337-bis c.c. con le forme previste dall'art. 710 c.p.c.) In merito alla ripartizione delle spese, la pronuncia in esame conferma la distinzione tra quelle routinarie - quindi prevedibili (ad esempio libri, tasse, trasporto scolastico) e quelle assolutamente imponderabili (distinzione che viene in rilievo anche in punto di possibilità di agire per il recupero utilizzando quale titolo la sentenza di divorzio o separazione, senza necessità di accertare la sussistenza del credito con autonomo giudizio - cfr. Cass. civ.sez. I ord. 13 gennaio 2021, n. 379; Cass. civ. sez. I,15 febbraio 2021, n. 3835) e segue il più recente orientamento che tende ad escludere la facoltà di forfettizzarle e includerle nel mantenimento ordinario. In effetti, nella pratica, la previsione di un importo unico, comprensivo anche delle possibili spese straordinarie, rischia di alimentare un futuro contenzioso, dato che può sorgere la necessità di sostenere spese che il genitore destinatario dell'assegno non è in grado di sostenere e, in tale ipotesi, sarebbero i figli a subire le conseguenze di una scelta aleatoria dei genitori (oltre a quelle richiamate nella pronuncia in commento, si vedano Trib. Cuneo sez. I, 26 luglio 2021, n.622; Cass. civ. sez. VI, 17 gennaio 2018, n.1070; Cass. civ. sez. I, 8 settembre 2014, n.18869). In ultimo, si osserva che la Corte ha accolto anche l'ultimo motivo di ricorso, relativo al mancato approfondimento della condizione reddituale del padre, precisando che la Corte d'appello “per una malintesa disponibilità della materia in capo alle parti” aveva affermato che le allegazioni del marito in merito al proprio reddito erano da ritenersi “opache”, ma poi non aveva disposto alcun accertamento ulteriore per stabilire la effettiva condizione dell'obbligato. Sul punto gli ermellini hanno ricordato che la tutela della prole è sottratta alla disponibilità delle parti, e che, nell'interesse dei figli, il giudice può adottare d'ufficio - in ogni stato e grado del giudizio di merito - tutti i provvedimenti necessari esercitando, in deroga alle regole generali sull'onere della prova, poteri istruttori officiosi per conoscere le condizioni economica e reddituali delle parti (Cass. 24 agosto 2018, n. 21178; Cass. 12 dicembre 2005, n. 27391). È innegabile, però, che una volta disposto il necessario approfondimento istruttorio, e chiarita la condizione reddituale del padre, i dati così acquisiti dovrebbero essere considerati anche ai fini della determinazione dell'assegno divorzile richiesto dalla moglie.
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