Ordinanza di autorizzazione alla vendita

Pasqualina Farina
22 Aprile 2022

L'udienza di vendita apre la fase di liquidazione in senso stretto regolata dall'art. 530 c.p.c. per l'espropriazione mobiliare e dall'art. 569 c.p.c. per quella immobiliare.
Inquadramento

In seguito alla proposizione dell'istanza di vendita, il giudice fissa l'udienza per l'audizione delle parti e, a tal fine, adotta apposito decreto da comunicare al debitore, al creditore procedente, a tutti i creditori intervenuti (indipendentemente dalla circostanza che siano muniti di titolo) e, infine, ai creditori titolari di un diritto di prelazione non ancora intervenuti, a prescindere dall'avvenuta notifica dell'avviso ex art. 498 c.p.c.

Difatti in mancanza della prova della notificazione, il giudice non può provvedere sull'istanza di assegnazione o di vendita come stabilito dall'art. 498, ult. comma c.p.c. Se si considera poi che - a mente del secondo comma della medesima norma - l'avviso va notificato, a cura del procedente, entro cinque giorni dal pignoramento e che si tratta di un adempimento volto a provocare l'intervento dei creditori iscritti, il giudice fissa l'udienza per l'autorizzazione della vendita solo dopo aver riscontrato che gli avvisi ex art. 498 c.p.c. siano stati regolarmente notificati. In altre parole, il comma 1 dell'art. 569 c.p.c., nello stabilire che il giudice fissa l'udienza per la comparizione delle parti e dei creditori di cui all'art. 498 che non siano intervenuti, attribuisce a tale categoria di creditori la qualità di parte necessaria del processo. Di qui l'affermazione che l'udienza ex art. 569 c.p.c. non possa svolgersi legittimamente se non siano stati avvisati anche i creditori iscritti non intervenuti.

Mancata convocazione del debitore: orientamenti a confronto


Non è causa di nullità del procedimento

Il debitore deve essere convocato per l'udienza in cui il giudice dell'esecuzione autorizza la vendita dell'immobile ma, poiché il processo esecutivo non è caratterizzato dal principio del contraddittorio, la sua omessa audizione, non è, di per sé, causa di nullità del procedimento; essendo solo strumentale al migliore esercizio della potestà ordinatoria del giudice, essa può essere dedotta solo con l'opposizione agli atti esecutivi contro l'ordinanza di vendita nei casi in cui abbia influito, su quest'ultima, viziandola (Cass. civ., sez. III, 25 agosto 2006, n. 18513).

È causa di nullità del procedimento

La mancata comunicazione al debitore del decreto con cui, a norma dell'art. 569 c.p.c., il giudice dell'esecuzione dispone l'audizione delle parti e dei creditori iscritti non intervenuti, costituisce vizio incidentale anche sui successivi provvedimenti di aggiudicazione e di trasferimento del bene pignorato, deducibile con l'opposizione agli atti esecutivi nel termine di cui all'art. 617 c.p.c.., il quale decorre dalla conoscenza legale dell'atto. La predetta nullità, ancorché anteriore alla vendita, risulta opponibile all'acquirente del bene se ne difetti la terzietà rispetto alle parti del procedimento, come quando il bene sia stato aggiudicato in favore di uno dei creditori procedenti (Cass. civ., sez. III, 13 ottobre 2009, n. 21682).

Per accelerare l'espropriazione immobiliare, il legislatore del 2015 ha dimezzato i tempi necessari alla nomina dell'esperto che presta giuramento mediante sottoscrizione – in cancelleria – dell'accettazione dell'incarico, eliminando la convocazione davanti al giudice; è stato, inoltre, ridotto da centoventi a novanta giorni il termine tra la data del provvedimento e quella fissata per l'udienza di vendita.

Anche se a questi termini va riconosciuta natura ordinatoria, essi costituiscono comunque un segnale forte della volontà del legislatore di scandire i tempi delle attività processuali. Così, stando al dato normativo, se il giudice nomina l'esperto entro quindici giorni dal deposito della documentazione e fissa l'udienza nei novanta giorni successivi alla data del provvedimento, questa al più tardi dovrebbe svolgersi entro il termine massimo di centocinque giorni dal deposito della documentazione ipocatastale.

Udienza di autorizzazione a vendita

L'udienza di vendita apre la fase di liquidazione in senso stretto regolata dall'art. 530 c.p.c. per l'espropriazione mobiliare e dall'art. 569 c.p.c. per quella immobiliare. Nel rispetto del principio del contraddittorio, le parti possono – in udienza - fare osservazioni circa il tempo ed il modo della vendita forzata. È appena il caso di segnalare che, in passato, le osservazioni riguardavano soprattutto l'opportunità che la vendita avvenisse con le forme dell'incanto oppure senza.

Dopo le recenti riforme, le osservazioni sono limitate al tempo della vendita, alla convenienza a vendere il compendio pignorato in più lotti ed all'opportunità di delegare le operazioni di vendita ad un professionista ai sensi degli artt. 534-bis o 591-bis c.p.c. . Il comma 3 dell'art. 569 c.p.c. vincola, infatti, il g.e. a procedere con le forme della vendita senza incanto, salvo non ritenga probabile che la vendita all'incanto possa aver luogo ad un prezzo superiore della metà rispetto al valore del bene determinato ai sensi dell'art. 568 c.p.c. Discorso in parte analogo deve essere fatto anche per l'espropriazione mobiliare, atteso che l'art. 532 stabilisce che il giudice dispone la vendita senza incanto o tramite commissionario dei beni pignorati, abrogando implicitamente le forme dell'incanto di cui all'art. 534 c.p.c.

Nel corso dell'udienza le parti debbono proporre – a pena di decadenza – tutte le opposizioni agli atti esecutivi, sempre che non siano già decadute. In questo modo, la fase successiva all'udienza viene depurata da tutti gli eventuali vizi formali che potrebbero invalidare l'espropriazione e che, seppure deducibili, non sono stati tempestivamente contestati dal debitore, né rilevati dal giudice, salvo non si tratti di nullità insanabili.

In evidenza

Nel processo esecutivo, strutturato quale successione di subprocedimenti, l'autorizzazione della vendita preclude la deducibilità di vizi attinenti ai singoli atti che abbiano preceduto le udienze fissate ex artt. 530 e 569 c.p.c., nel senso che, relativamente a detti vizi, l'udienza è l'ultimo momento utile per la proposizione dell'opposizione agli atti esecutivi ove non si sia verificata ancora decadenza; le situazioni invalidanti che si producano nella fase che è conclusa dalla ordinanza di autorizzazione della vendita sono, però, suscettibili di rilievo nel corso ulteriore del processo, ancora nelle forme dell'opposizione agli atti esecutivi, solo in quanto impediscano che esso consegua il risultato che ne costituisce lo scopo, e cioè l'espropriazione del bene pignorato come mezzo per la soddisfazione dei creditori. (Cass. civ., sez. III, 29 settembre 2009, n. 20814).

Per impedire che il debitore proponga opposizioni dilatorie o pretestuose, il comma 2 dell'art. 615 c.p.c. – modificato dal d.l. 59/2016 - stabilisce l'inammissibilità dell'opposizione all'esecuzione proposta dopo il provvedimento di autorizzazione a vendita, salvo sia fondata su motivi sopravvenuti ovvero l'opponente dimostri di non averla tempestivamente proposta per causa a lui non imputabile. A prima lettura, sembra doversi riconoscere al debitore - che non abbia tempestivamente proposto l'opposizione - il diritto ad ottenere in sede di opposizione ex art. 512 c.p.c. la restituzione delle somme versate dall'acquirente, nonché quello ad un'autonoma azione risarcitoria nei confronti del creditore per aver perso il bene.

Non c'è chi non veda come una simile impostazione confligga con il potere/dovere del giudice dell'esecuzione di rilevare anche d'ufficio la caducazione del titolo esecutivo in ogni stato e grado del giudizio, persino in Cassazione (ex multis Cass. civ., sez. III, 19 maggio 2011, n. 11021). Per informare il debitore delle conseguenze derivanti dall'introduzione di tale rigorosa preclusione, il legislatore del 2016 ha altresì modificato il primo comma dell'art. 492 c.p.c., arricchito da un ultimo periodo in forza del quale con l'atto di pignoramento il debitore va avvertito dell'inammissibilità dell'opposizione all'esecuzione tardiva, proposta cioè dopo l'ordinanza di vendita.

Resta da dire che, anche nell'attuale regime, lo svolgimento della «prima udienza» fissata per l'autorizzazione alla vendita continua a rappresentare il termine ultimo per la tempestiva proposizione del ricorso per intervento da parte del creditore chirografario.

In evidenza

In tema di espropriazione immobiliare, l'intervento dei creditori è tempestivo se avvenuto anche oltre la prima udienza fissata per l'autorizzazione della vendita, quando, per qualsiasi causa, questa sia stata differita, sempreché sia avvenuto prima dell'emissione dell'ordinanza di vendita (Cass. civ., sez. III, 18 gennaio 2012, n. 689).

Più di recente è stato affermato che l'art. 565 c.p.c., per cui il limite temporale ultimo dell'intervento del creditore chirografario è "prima dell'udienza di cui all'art. 596 c.p.c.", deve intendersi nel senso che tale intervento è ormai precluso dopo l'inizio dell'udienza di vendita (nella data e nell'ora fissate e con lo svolgimento di un'attività di trattazione effettiva), ancorché venga disposto, in esito ad essa, un rinvio in prosieguo, restando, invece aperto il termine per l'intervento predetto ove siano state compiute attività esclusivamente dirette a rimediare ad una nullità impediente il normale svolgimento del procedimento e finalizzate all'adozione del conseguente provvedimento, con fissazione di una nuova udienza ex art. 596 c.p.c., ovvero se l'udienza stessa non venga tenuta per mero rinvio derivante da ragioni di ufficio. In tali casi, l'intervento è ancora possibile prima dell'udienza di rinvio. (Nella specie Cass. civ., sez. III, 20 novembre 2020, n. 26423 ha ritenuto, poiché nell'udienza di trattazione il g.e. aveva disposto la vendita, che gli interventi successivi a detta udienza dovessero ritenersi tardivi).

Dal proprio canto il giudice verificato l'avvenuto deposito nel fascicolo d'ufficio del titolo esecutivo e del precetto, riscontra la completezza della documentazione ipocatastale ed, infine, accerta la regolarità della notifica dell'avviso di comparizione all'esecutato, al creditore procedente, ai creditori intervenuti, ed a quelli iscritti non intervenuti ai quali è stato notificato l'avviso a norma dell'art. 498 c.p.c.

Contenuto del provvedimento di vendita mobiliare

L'ordinanza affida la vendita forzata dei beni mobili ad un commissionario, individuato di regola nell'istituto vendite giudiziarie o, in via eccezionale e con provvedimento motivato, ad un soggetto specializzato, iscritto in apposito elenco istituito presso ciascun tribunale. La residualità della nomina di soggetti specializzati sembra derivare dal presupposto stesso dell'iscrizione, costituito dalla presentazione di documentazione comprovante le competenze maturate, anche relativamente a specifiche categorie di beni a norma dell'art. 169-sexies disp. att. c.p.c., nonché dalla indisponibilità di un istituto dotato di apposita concessione governativa o dalla peculiare natura dei cespiti che richiede particolare specializzazione.

A differenza dell'ordinanza di vendita immobiliare, in sede di espropriazione mobiliare non è obbligatoria la stima del bene messo in vendita.

Spetta al giudice dell'esecuzione la determinazione del prezzo della vendita. A norma del comma 6 dell'art. 530 c.p.c. il giudice stabilisce inoltre che siano effettuati con modalità telematiche il versamento della cauzione, la presentazione delle offerte, lo svolgimento della gara tra gli offerenti, ai sensi dell'art. 532, nonché il pagamento del prezzo, salvo che le stesse siano pregiudizievoli per gli interessi dei creditori o per il sollecito svolgimento della procedura. Fissa, inoltre, il numero degli esperimenti (non superiore a tre) che il commissionario deve effettuare in un determinato arco di tempo (nei limiti di sei mesi), alla cui scadenza il soggetto incaricato della vendita deve restituire gli atti in cancelleria, con la precisazione che una volta restituiti gli atti in cancelleria, il giudice dispone la chiusura anticipata del processo esecutivo a norma del comma 2 dell'art. 532 c.p.c. – modificato dal d.l. 59/2016 – pur in difetto dei presupposti stabiliti dall'art. 164-bis disp. att.

Infine l'ultimo comma dell'art. 530 c.p.c. prevede la facoltà del giudice di disporre la vendita con versamento rateale del prezzo in 12 mensilità.

Si tratta di un'innovazione che lascia perplessi, specie in riferimento alla vendita mobiliare, per due diverse ragioni:

  • il decorso di un lasso di tempo considerevole come quello previsto dall'art. 530 c.p.c. può determinare, in caso di inadempimento dell'aggiudicatario, l'obsolescenza del bene, stante la necessità per il commissionario di disporre un nuovo esperimento di vendita per un importo presumibilmente inferiore a quello stabilito per la prima vendita;
  • i beni mobili hanno solitamente un valore contenuto, per cui la rateizzazione non sembra ampliare in maniera significativa la platea degli interessati all'acquisto.
Ordinanza di vendita immobiliare e determinazione del valore del bene

Il valore dell'immobile pignorato è stabilito nell'ordinanza di vendita, avuto riguardo al «valore di mercato», nonché agli elementi forniti dalle parti e dall'esperto nominato ai sensi dell'art. 569, comma 1. Le modifiche introdotte dal d.l. 83/2015 hanno, dunque, eliminato l'anacronistico richiamo ai criteri di determinazione del prezzo dell'immobile fondati sul reddito dominicale e sulla rendita catastale.

È compito dell'esperto quantificare il «valore di mercato», avvalendosi di diversi elementi - tutti necessari - quali la superficie dell'immobile (specificando quella commerciale), il valore per metro quadro e quello complessivo. L'importo così ottenuto deve essere ridotto in ragione della particolare natura della vendita forzata (si pensi all'art. 2922 c.c. che esclude la garanzia per i vizi del bene) e delle correzioni determinate dagli oneri di regolarizzazione urbanistica, dallo stato d'uso e di manutenzione, dagli oneri e dai vincoli, anche non apparenti, che gravano sul bene e che non possono essere eliminati dall'effetto purgativo della vendita forzata.

In evidenza

Non incide sulla validità dell'ordinanza di vendita all'incanto la circostanza che il prezzo base sia stato fissato con riferimento ad una stima effettuata da un esperto, verosimilmente inferiore al valore effettivo di mercato, trattandosi di un dato indicativo, che non pregiudica l'esito della vendita e la realizzazione del giusto prezzo attraverso la gara tra più offerenti (Cass. civ., sez. III, 10 febbraio 2015, n. 2474).

L'esperto nominato dal giudice per la stima del bene pignorato è equiparabile, una volta assunto l'incarico, al consulente tecnico d'ufficio, sicché è soggetto al medesimo regime di responsabilità ex art. 64 c.p.c., senza che rilevi il carattere facoltativo della sua nomina da parte del giudice e l'inerenza dell'attività svolta ad una fase solo prodromica alla procedura esecutiva (Cass. civ., sez. III, 18 settembre 2015, n. 18313).

È compito del giudice, anche in forza dei rilievi formulati dalle parti, verificare la corretta applicazione dei criteri di stima e, conseguentemente, individuare nell'ordinanza di vendita il «prezzo base determinato a norma dell'art. 568», come recita il comma 2, terzo periodo dell'art. 569 c.p.c. Il giudice può sempre individuare un prezzo maggiore o minore rispetto al valore suggerito dall'esperto, senza necessità di motivare le ragioni sottese ad una diversa determinazione. Analogamente, rientra nella discrezionalità del giudice disporre la rinnovazione della stima, se troppo risalente e palesemente inadeguata a rispecchiare il valore effettivo dell'immobile, il cui esercizio, o mancato esercizio non sono sindacabili sotto il profilo della violazione di legge (Cass., sez. III, 30 giugno 2014, n. 14474).

In evidenza

Non incide sulla validità dell'ordinanza di vendita la circostanza che il prezzo base sia fissato con riferimento ad una stima effettuata da un esperto alcuni anni prima, atteso che si tratta di dato indicativo che non pregiudica l'esito della vendita e la realizzazione del giusto prezzo in esito alla gara fra gli offerenti (Cass. civ., sez. III, 17 maggio 2005, n. 10334).

A differenza del passato, quando la scelta di avvalersi dell'esperto presupponeva che il giudice avesse riscontrato sia l'effettiva utilità della relazione, sia la convenienza (intesa come rapporto tra i costi della stima ed il presumibile valore di realizzo del bene), oggi la nomina dell'esperto costituisce un vero e proprio obbligo per l'ufficio esecutivo, analogamente a quanto previsto dal nuovo comma 1 dell'art. 107 l. fall. per le vendite fallimentari.

Pur in difetto di una chiara prescrizione in tal senso, la necessità della nomina deriva direttamente dalla formulazione dell'art. 568 c.p.c., laddove stabilisce che il valore è determinato dal giudice, tenuto conto degli elementi forniti dalle parti e dall'esperto; e indirettamente, dal contenuto necessario e complesso della relazione di stima e dai compiti dell'esperto, ulteriormente ampliati dal legislatore del 2015 che ha arricchito l'art. 173-bis disp. att.

Contenuto del provvedimento di vendita immobiliare

Nell'ordinanza va prevista la delega delle operazioni di vendita a norma dell'art. 591-bis c.p.c.: il giudice nomina il professionista e dispone, anche d'ufficio, che il debitore, quale custode del bene, venga sostituito dal medesimo professionista o da altro soggetto, sempre che la sostituzione non risulti inutile, avuto riguardo alla natura dell'immobile ai sensi del comma 4 dell'art. 559 c.p.c. L'ordinanza di vendita regola, inoltre, le modalità «con cui il custode deve adoperarsi», affinché gli interessati all'acquisto possano visitare ed esaminare l'immobile pignorato, ai sensi dell'art. 560 c.p.c.

Nel solco tracciato dal legislatore del 2014, che ha modificato l'art. 503 c.p.c., l'attuale comma 3 dell'art. 569 c.p.c. sembra prima facie consentire al giudice di avvalersi delle forme dell'incanto, laddove possa determinare «un prezzo superiore della metà rispetto al valore del bene, determinato a norma dell'articolo 568». Il giudice deve, dunque, preferire la vendita senza incanto, non potendo disporre l'incanto nel tentativo di ottenere un importo più elevato, salvo che motivi in maniera compiuta le ragioni che lo hanno indotto a preferire le forme dell'incanto che determineranno con ogni probabilità un'aggiudicazione per un valore superiore al 150% del prezzo base. È evidente che l'art. 569 c.p.c., nella parte in cui subordina la vendita all'incanto ad una sorta di prognosi utopica, finisce per abrogare di fatto gli artt. 576584 c.p.c.

Oltre alle modalità di versamento della cauzione, l'eventuale suddivisione in lotti, il termine per il saldo del prezzo e le modalità del deposito, la data d'udienza per la deliberazione sull'offerta e per la gara tra gli offerenti di cui all'art. 573 c.p.c., l'ordinanza deve riportare il prezzo base e la c.d. offerta minima, vale a dire l'importo-soglia che legittima la partecipazione alla vendita. Per il nuovo comma 3 dell'art. 571 c.p.c. è efficace, difatti, l'offerta inferiore al prezzo base, purché nei limiti di un quarto.

È necessario chiarire che l'offerta minima trova applicazione nella sola vendita immobiliare senza incanto e che non potrebbe riguardare l'istituto dell'assegnazione: è inefficace l'offerta inferiore al prezzo base se la vendita forzata segue le forme dell'incanto o in caso di vendita mobiliare. Parimenti inefficace è l'istanza di assegnazione inferiore al prezzo base stabilito per l'esperimento di vendita per cui è presentata, come stabilisce l'ultima parte del nuovo comma 1 dell'art. 589 c.p.c.

A differenza del previgente regime, quando l'offerta inferiore al prezzo base era inefficace, la scelta del legislatore del 2015 di vendere l'immobile pignorato “sottocosto” risponde a due diverse esigenze.

La prima è quella di rapida definizione della procedura esecutiva: al decorso del tempo consegue l'aumento delle spese, nonché il rischio di degrado dell'immobile.

La seconda è quella di incentivare la più ampia partecipazione alla vendita, posto che proprio il ribasso iniziale la rende particolarmente appetibile. In altre parole, il ribasso (recte l'offerta minima) non inferiore al 75% del prezzo base rappresenta la condizione perché l'aggiudicazione possa avvenire per un importo molto più elevato.

La formulazione dell'art. 571 c.p.c. non lascia margini alla discrezionalità del giudice nella determinazione dell'offerta minima. Risulta, dunque, viziata ed è impugnabile ex art. 617 c.p.c. l'ordinanza di vendita che non contiene l'indicazione dell'offerta minima, ovvero applica una riduzione superiore o inferiore rispetto al 25% stabilito dall'art. 571, comma 3, c.p.c.

In considerazione poi del regime dell'assegnazione, sembra necessario che l'ordinanza di vendita riporti - oltre al prezzo base determinato dal giudice ex art. 568 c.p.c. e all'offerta minima - anche l'avvertimento che l'istanza di assegnazione può essere fatta sin da subito per un importo pari al prezzo base stabilito per la vendita in corso. In caso di offerta inferiore al prezzo base nei limiti di un quarto, l'immobile verrà assegnato al creditore che ha chiesto l'assegnazione per un importo pari al prezzo base.

A norma dell'ultimo comma dell'art. 569 c.p.c., il giudice è altresì tenuto a fissare il termine entro il quale il provvedimento, a cura del creditore che ha chiesto la vendita o di altro creditore, deve essere notificato ai creditori privilegiati iscritti non ancora comparsi.

Laddove poi la procedura esecutiva sia stata intrapresa a tutela di crediti fondiari, l'ordinanza di vendita deve riportare le previsioni di cui all'art. 41, comma 4 e 5, del d.lgs. 385/1993, ossia le facoltà del versamento diretto e del subentro nel contratto di finanziamento stipulato dall'esecutato.

In forza del d.l. 59/2016, convertito con l. 119/2016, l'art. 569, comma 4, c.p.c. ha altresì introdotto le vendite immobiliari telematiche, da espletarsi nel rispetto della normativa regolamentare richiamata dall'art. 161-ter, disp. att., c.p.c., ossia il d.m. 26 febbraio 2015, n. 32, in Gazzetta Ufficiale 24 marzo 2015, n. 69.

Così, ai sensi dell'art. 569, comma 4, c.p.c., come modificato dal d.l. 59/2016, il giudice dell'esecuzione dispone, con l'ordinanza di vendita, «che il versamento della cauzione, la presentazione delle offerte, lo svolgimento della gara tra gli offerenti e, nei casi previsti, l'incanto, nonché il pagamento del prezzo, siano effettuati con modalità telematiche, nel rispetto della normativa regolamentare di cui all'articolo 161-ter delle disposizioni per l'attuazione del presente codice». L'obbligatorietà delle forme telematiche presenta, tuttavia, un carattere recessivo rispetto alla migliore soddisfazione del ceto creditorio e/o alla celerità della procedura, posto che il giudice può avvalersi delle forme tradizionali o analogiche ogni volta che la vendita telematica risulti «pregiudizievole per gli interessi dei creditori o per il sollecito svolgimento della procedura». Per completezza va segnalato che la medesima disciplina è prevista dal comma 6 dell'art. 530 c.p.c. in relazione alla vendita mobiliare; e che questa innovazione è stata introdotta dall'art. 48, comma 1, d.l. 90/2014, convertito in l. 114/2014.

Il legislatore ha, dunque, proceduto gradualmente alla codificazione del sistema delle vendite telematiche, iniziando proprio dalle vendite mobiliari per estendere il nuovo regime, anche a quelle immobiliari ed ai beni mobili registrati di valore elevato. In altre parole, il legislatore sembra consapevole che la graduale adozione delle forme telematiche per la vendita forzata presenti innegabili vantaggi (tanto da renderle obbligatorie) e, ad un tempo, rischi concreti in termini di efficienza e rapidità delle procedure. Per questa ragione la vendita immobiliare telematica integra un modello “tendenzialmente” ordinario, essendo sempre derogabile se risulta - dall'ordinanza di vendita - che contrasta con gli interessi dei creditori o con il sollecito svolgimento della procedura.

Rateizzazione

Nel tentativo di aumentare il numero dei possibili offerenti, il giudice dell'esecuzione può disporre che il versamento del saldo prezzo abbia luogo ratealmente ed entro un termine non superiore a dodici mesi, sempre che ricorrano giusti motivi, nel rispetto di quanto stabilisce il novellato comma 3, ultima parte, dell'art. 569 c.p.c.

Il giudice deve, dunque, specificare nell'ordinanza di vendita le ragioni che lo hanno indotto a prevedere la rateizzazione come, ad esempio, un prezzo base molto elevato, ovvero la particolare natura del bene pignorato, e non può limitarsi ad adottare formule generiche o prevedere che la rateizzazione incrementi la platea degli offerenti. Vanno indicati, sempre nell'ordinanza, anche l'importo e la scadenza di ogni singola rata ed il termine – non superiore a dodici mesi – entro il quale deve essere versata l'ultima. La chiara formulazione del comma 3 dell'art. 569 c.p.c. non consente al giudice di disporre la rateizzazione del saldo in una fase più avanzata della fase di vendita, né, tanto più, a favore di un determinato soggetto, poiché la procedura deve assicurare l'uguaglianza e la parità di condizioni iniziali tra tutti i potenziali partecipanti alla gara.

Analogamente va escluso che il giudice possa prorogare la scadenza delle singole rate o il termine finale: pur in difetto di un'espressa previsione, si deve ritenere che il termine per il versamento del saldo del prezzo da parte dell'aggiudicatario abbia natura perentoria e non sia prorogabile, a causa della necessaria immutabilità delle iniziali condizioni di vendita. Posto che queste ultime svolgono una funzione decisiva nelle determinazioni degli offerenti a partecipare alla procedura, esse debbono obbligatoriamente essere conoscibili dall'inizio della fase di vendita e restare invariate fino alla pronuncia del decreto di trasferimento (Cass. civ., Sez. III, 29 maggio 2015, n. 11171).

Effetti dell'ordinanza

Quanto alle conseguenze prodotte dalla pronuncia del provvedimento, occorre distinguere gli effetti che si verificano nei confronti dei creditori, da quelli che interessano il debitore.

In relazione ai primi va considerato che il giudice, quando emette l'ordinanza di vendita, fissa anche l'udienza per il riconoscimento dei crediti degli intervenuti senza titolo esecutivo; tale udienza, a norma del comma 5 dell'art. 499 c.p.c., deve svolgersi entro sessanta giorni dalla data dell'ordinanza.

Differenti sono, invece, gli effetti prodotti nei confronti del debitore. Una volta autorizzata la vendita, il debitore non può più accedere al beneficio della conversione del pignoramento di cui all'art. 495 c.p.c.; né può avvalersi di tutti quegli strumenti finalizzati a caducare, arrestare o ridurre l'azione esecutiva. L'inizio della fase di liquidazione in senso stretto individua il termine finale, dunque, non per l'utile esperimento dell'opposizione all'esecuzione (come già anticipato), ma anche per quei rimedi concessi al debitore per contrastare un'azione esecutiva eccessiva o sproporzionata rispetto al credito portato dal titolo esecutivo (oltre ai crediti vantati dai creditori intervenuti).

Ciò sta a significare che, dopo la pronuncia dell'ordinanza di vendita, la proposizione di un'istanza (ma anche di un reclamo o di un'opposizione) del debitore, volta a denunciare un'azione esecutiva eccessiva ai sensi degli artt. 483, 496, c.p.c. e art. 2911 c.c., non può invalidare l'aggiudicazione; quindi in caso di accoglimento della denunzia del debitore, questi ha soltanto il diritto alla restituzione delle somme ottenute dalla vendita. Lo stesso valga quando l'istanza (opposizione o reclamo) proposta dal debitore prima della pronuncia dell'ordinanza di vendita non abbia ottenuto l'effetto di sospendere il processo esecutivo ed il bene sia stato egualmente aggiudicato al migliore offerente. È evidente, infatti, l'analogia con quanto dispone l'art. 187-bis disp. att. c.p.c. per la conversione del pignoramento secondo il quale, dopo l'aggiudicazione o l'assegnazione, l'istanza di cui all'art. 495 c.p.c. «non è più procedibile».

Ordinanza di vendita: regime e nullità

L'ordinanza che autorizza la vendita o l'assegnazione dell'immobile è revocabile o modificabile fin quando non sia stata eseguita, ai sensi del comma 1 dell'art. 487 c.p.c. (Cass. civ., sez. III, 24 febbraio 2015, n. 3607). Il provvedimento, disciplinato dall'art. 569 c.p.c., che costituisce la lex specialis della successiva vendita è comunque opponibile, per vizi propri, nei venti giorni successivi alla sua pronuncia. Se l'ordinanza è stata emessa fuori udienza (o se la parte non è stata regolarmente convocata), il termine inizia a decorrere dalla data della comunicazione, ovvero dal momento in cui l'interessato ha avuto legale conoscenza del contenuto del provvedimento o di quello successivo che necessariamente lo presuppone (Cass. civ., 13 ottobre 2009, n. 21682).

Movendo dal rilievo che l'udienza di autorizzazione a vendita svolge una funzione centrale e costituisce l'unico momento del processo esecutivo in cui si attua il principio del contraddittorio, la giurisprudenza ha configurato un vero e proprio diritto del debitore alla notifica dell'ordinanza di vendita.

Principio del contraddittorio e processo esecutivo: orientamenti a confronto

Nullità della notifica dell'avviso di vendita al debitore si estende agli atti consequenziali della procedura esecutiva

La nullità della notifica dell'avviso di vendita al debitore, in quanto posta a tutela del diritto al contraddittorio, si estende agli atti consequenziali della procedura e ai provvedimenti di trasferimento del bene pignorato, non operando la regola di protezione dell'acquisto dell'aggiudicatario dettata dall'art. 2929 c.c., che presuppone la validità dell'intero sub-procedimento di vendita; detto principio si applica anche all'espropriazione immobiliare esattoriale, nella quale, ai sensi dell'art. 78 del d.P.R. 602/1973, il pignoramento si esegue mediante la trascrizione di un avviso di vendita da notificare al debitore esecutato (Cass. civ., sez. III, 19 dicembre 2014, n. 26930).

Pur in assenza di un vero e proprio obbligo giuridico di notificazione dell'ordinanza di vendita, sono nulle la vendita immobiliare e la successiva aggiudicazione in caso di omessa notifica al debitore dell'ordinanza di fissazione della vendita, posto che detta omissione viola il diritto al contraddittorio, desumibile anche dall'art. 111 Cost., che va salvaguardato nel processo esecutivo ogniqualvolta detto diritto sia funzionale all'esercizio di facoltà sostanziali o processuali da parte dell'esecutato (Cass. civ., sez. III, 5 marzo 2009, n. 5341).

Nullità della notifica dell'avviso di vendita al debitore NON si estende agli atti consequenziali della procedura esecutiva

L'omessa notifica dell'ordinanza di fissazione delle modalità della vendita ai creditori iscritti ex art. 498 c.p.c. che non siano comparsi all'udienza, non comporta alcuna nullità qualora l'assegnazione o la vendita avvengano egualmente pur in difetto di tali adempimenti, ma solo la responsabilità, ex art. 2043 c.c., del creditore procedente per le conseguenze dannose subite dagli stessi a seguito del provvedimento di vendita o di assegnazione emesso illegittimamente: ciò in quanto la mancata notifica dell'avviso costituisce violazione di un obbligo imposto da una norma giuridica, ed integra un'ipotesi di illecito extracontrattuale (Cass. civ., sez. III, 27 agosto 2014, n. 18336).

Tuttavia, va considerato che il principio del contraddittorio assume profili peculiari nel processo esecutivo che presenta carattere tipicamente unilaterale. In breve: in tale sede la convocazione delle parti disposta dal giudice non tende a costituire un formale contraddittorio ma risulta funzionale al migliore esercizio della potestà ordinatoria affidata al giudice stesso. Sicché laddove non venga portato a conoscenza del debitore il decreto di fissazione dell'udienza di autorizzazione a vendita, non sussiste automaticamente una violazione del principio del contraddittorio, ma il vizio si trasmette al successivo atto esecutivo (ovverosia, all'ordinanza di vendita), contro il quale il debitore può proporre opposizione ex art. 617 c.p.c. (Cass. civ., 17 luglio 2009, n. 16731).

Al riguardo va aggiunto che è ormai acquisito nella giurisprudenza di legittimità il principio dell'offensività (il debitore non può eccepire unicamente il difetto di convocazione: l'opposizione, pertanto, è inammissibile ove l'esecutato non indichi il concreto profilo rispetto al quale la suddetta violazione abbia pregiudicato il proprio diritto di difesa: Cass., 2 novembre 2010, n. 22279) e quello della sufficienza (per il decorso del termine di venti giorni di cui all'art. 617 c.p.c.) della conoscenza anche solo di fatto dell'atto da opporre (ex multis Cass. civ., 31 ottobre 2017, n. 25861; Cass. civ., ord., 27 luglio 2017, n. 18723; Cass. civ., 22 dicembre 2015, n. 25743. Per un ulteriore rafforzamento di tale posizione, cfr. Cass. civ., 12 giugno 2018, n. 15193 e Cass. civ., 30 marzo 2018, n. 7898). In sintesi: la giurisprudenza tende sempre più a circoscrivere in tempi relativamente brevi la reazione del debitore sul contenuto proprio del provvedimento di autorizzazione a vendita, sterilizzando la fase finale del processo di espropriazione ed evitando così che le eventuali doglianze relative a tale ordinanza possano dedursi in relazione al decreto di trasferimento. Che l'ordinanza di vendita costituisca il presupposto indefettibile alla base del futuro trasferimento del bene a favore dell'aggiudicatario è direttamente provato dalla stessa formulazione dell'art. 586 c.p.c. ove si prevede che il giudice emette il decreto di trasferimento, "ripetendo la descrizione contenuta nell'ordinanza che dispone la vendita". In pratica il g.e con il deposito del decreto di cui all'art. 586 c.p.c. trasferisce all'aggiudicatario lo stesso bene per cui ha autorizzato la vendita, eccezion fatta per la rettifica di dati catastali erronei od omessi

Da tale assetto emerge altresì che avverso l'ordinanza di vendita non è esperibile il rimedio del ricorso straordinario in Cassazione a norma dell'art. 111 Cost. (Cass. civ., sez. VI, 23 maggio 2018, n. 12637).

Ordinanza di vendita telematica

Nell'ordinare la vendita, il giudice - se adotta le forme telematiche - specifica le modalità che regolano il singolo procedimento: si pensi alla scelta del gestore e della tipologia di vendita (sincrona, asincrona, sincrona mista), alla disciplina per il deposito delle offerte di acquisto e dello svolgimento della gara tra gli offerenti “analogici” e “digitali” qualora si adottino le forme della vendita sincrona mista. Ed infatti, accanto a quella tradizionale di cui agli artt. 571 ss. c.p.c., l'art. 2, d.m. 32/2015, prevede tre diverse modalità che possono essere così definite:

1) la vendita «sincrona telematica», (ex art. 21, d.m. 32/2015), nella quale la presentazione delle offerte (o della domanda di partecipazione all'incanto) e i rilanci sono effettuati «esclusivamente in via telematica nella medesima unità di tempo e con la simultanea connessione del giudice o del referente della procedura e di tutti gli offerenti » (art. 2, lett. f). Possono parteciparvi i soli soggetti abilitati dal referente della procedura, previa verifica dei requisiti tecnici e formali delle offerte presentate telematicamente; da qui la precisazione che la cauzione vada necessariamente versata mediante bonifico bancario e non tramite deposito di assegno circolare;

2) la vendita «asincrona (a tempo)» (anche denominata modalità “ebay”), dove la presentazione delle offerte è consentita solo in via telematica e la gara si svolge in un lasso temporale predeterminato, senza la simultanea connessione del giudice o del referente della procedura (ex art. 2, lett. h; art. 24);

3) la vendita «sincrona mista» (cioé telematica e, ad un tempo, tradizionale), modalità che coincide sia con quella descritta sub 1), sia con quella di cui agli artt. 571 ss. c.p.c. Segnatamente, la gara prevede la contemporanea partecipazione di soggetti collegati telematicamente e di soggetti presenti innanzi al giudice o al referente della procedura; la presentazione delle offerte o della domanda di partecipazione avviene in via telematica o su supporto analogico mediante deposito in cancelleria (art. 22) e i rilanci possono essere fatti rispettivamente con l'una o l'altra modalità, in via telematica o comparendo innanzi al giudice o al referente della procedura (art. 2, lett. g). Si aggiunga che questa modalità assicura la partecipazione degli offerenti che vogliono avvalersi delle sole modalità tradizionali; tuttavia presuppone che il professionista delegato (o altro referente) gestisca, sia le offerte depositate da soggetti presenti fisicamente e sia quelle proposte da altri connessi on line, con l'ulteriore incombenza di rendere conoscibili tempestivamente le offerte dei primi ai secondi (e viceversa), con contestuale verbalizzazione.

Va chiarito che per le tipologie di vendita descritte sub nn. 1) e 2) tutti i rilanci effettuati durante la gara, la presentazione dell'offerta (completa dei dati individuati dall'art. 12 del d.m. citato — dati che coincidono con quelli attualmente richiesti per le offerte di cui agli artt. 571 ss. c.p.c. — oltre a quelli del bonifico, al numero di telefono per le comunicazioni ed ai dati della posta elettronica certificata), il versamento della cauzione vengano effettuati con modalità esclusivamente telematiche. Per offrire e partecipare all'eventuale gara gli interessati all'acquisto debbono, quindi, essere in grado di utilizzare il mezzo telematico.

Accanto a queste tipologie di vendita il giudice, laddove ritenga la vendita telematica pregiudizievole per i creditori o per il celere svolgimento della procedura, può adottare le modalità tradizionali. Tuttavia, l'art. 569, comma 4, c.p.c., non individua i criteri che debbono sorreggere la valutazione del giudice che rimane libero di motivare nell'ordinanza di vendita la determinazione di non avvalersi delle forme telematiche a causa, ad esempio, della tipologia del bene, del mercato di riferimento, delle difficoltà dei potenziali interessati ad avvalersi dei mezzi telematici, ecc.

Risulta, pertanto, viziata ed è opponibile ex art. 617 c.p.c. l'ordinanza dove il giudice dispone le forme tradizionali senza motivazione oppure con una motivazione generica (si pensi alla nota formula “sussistono giusti motivi” oppure ad un generico pregiudizio per i creditori o per la rapidità della procedura). La legittimazione all'opposizione sembra, in queste fattispecie, sia da riconoscere non solo in capo ai creditori — il cui interesse è espressamente richiamato dal dato normativo — ma anche al debitore che ha interesse alla celere definizione della procedura ed a conseguire dalla vendita forzata il maggior effetto esdebitatorio. Sullo sfondo, rimane la considerazione che l'onere della prova risulterebbe alquanto difficile da assolvere: ed infatti, l'opponente dovrebbe dimostrare, in un momento in cui il bene non è ancora stato aggiudicato, come la scelta del giudice dell'esecuzione potrebbe danneggiare gli interessi dei creditori o il sollecito svolgimento della procedura.

La notificazione dell'ordinanza di vendita ai creditori iscritti ed a quelli non intervenuti

In forza dell'ultimo comma dell'art. 569 c.p.c. il creditore procedente ha un vero e proprio «obbligo di notifica dell'ordinanza che dispone la vendita», ai creditori iscritti e non intervenuti. A questo riguardo è bene precisare che: la disposizione integra la tutela di tali creditori, rafforzandola ulteriormente e, al contempo, si allinea a quanto già previsto dall'art. 498 c.p.c. per la notifica dell'avviso a tali soggetti; e che i due adempimenti non sono alternativi tra loro come dimostra la circostanza che sono collocati – da un punto di vista temporale – in diversi momenti e fasi della procedura.

La duplicità di adempimenti previsti in favore dei creditori iscritti (prima con la notifica dell'avviso ex art. 498 c.p.c. poi dell'ordinanza di vendita ex art. 569 c.p.c.) corrisponde all'esigenza di portare a conoscenza dei creditori iscritti, che non siano comparsi all'udienza, la successiva prosecuzione dell'attività processuale al fine di consentire agli stessi di spiegare intervento e concorrere alla distribuzione del ricavato, posto che al momento della pronuncia del decreto di trasferimento il giudice ordinerà la cancellazione delle formalità che presidiano il relativo diritto di credito.

L'omessa notifica della predetta ordinanza ai creditori iscritti non è causa di nullità della vendita forzata, né inficia l'effetto purgativo che le è proprio, ma è fonte di responsabilità extracontrattuale per il creditore inadempiente, con conseguente diritto dei creditori istanti al risarcimento del danno, ove la mancata partecipazione dal procedimento esecutivo, abbia arrecato loro un concreto pregiudizio economico. Ed infatti, incombe sul creditore leso dalla violazione dell'ultimo comma dell'art. 569 c.p.c., l'onere della prova dell'entità del danno e del nesso causale tra l'omissione ed il pregiudizio subito. A tali creditori è così consentito agire per il risarcimento dei danni ex art. 2043 c.c. contro il creditore procedente cui sia ascrivibile l'omissione (Così Cass. civ., 27 agosto 2014 n. 18336 cit., in relazione alla mancata notifica dell'ordinanza di vendita che conferma quanto già precisato da Cass. civ., 23 febbraio 2006, n. 4000, in Riv. es. forz., 2006, 422 in relazione alla mancata notifica dell'avviso di cui all'art. 498 c.p.c. Si tratta, in realtà, di un orientamento risalente a Cass., 2 maggio 1975, n. 1691 in Giust. civ. 1975, I, 1074 e in Foro it., 1976, I, 1664).

Riferimenti
  • Bongiorno, voce Espropriazione immobiliare, in Digesto disc. priv. - sez. civ., Torino 1992, VIII, 44;
  • Catalano, Il sistema delle vendite mobiliari riformato, in Giur. It., 2016, 2058;
  • Farina, Il nuovo regime della vendita e dell'assegnazione nell'espropriazione mobiliare, in Riv. es. forz., 2007, 247
  • Id., L'aggiudicazione nel sistema delle vendite forzate, Napoli 2012, 39 ss.;
  • Id., L'ennesima espropriazione immobiliare efficiente (ovvero accelerata, conveniente, rateizzata e cameralizzata, in Riv. dir. proc., 2016, 127 ss.;
  • Id., L'ordinanza di autorizzazione alla vendita, in AA. VV. Espropriazione forzata immobiliare e attività notarile, a cura di F. Di Marzio, M. Palazzo, Milano 2021, 353 ss.
  • Liccardo, I modelli decisionali della vendita coattiva nelle leggi 14 maggio 2005, n. 80, 28 dicembre 2005, n. 263 e 24 febbraio 2006, n. 52: ovvero della qualità delle leggi o delle leggi senza qualità, in Riv. es. forz., 2006,99 ss.;
  • Tedoldi, voce Vendita ed assegnazione forzata, in Dig. disc. priv., sez. civ., Torino 1999, XIX, 665.
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