Azione di responsabilità: concorso e non esclusività di giurisdizione in caso di danni arrecati alle società in house

Alberto Ventura
27 Aprile 2022

In materia di responsabilità civile dei membri degli organi apicali di società in house, può ravvisarsi la coesistenza di giudizio della giurisdizione ordinaria e contabile, attesa l'applicazione delle norme di diritto privato, con riferimento agli illeciti che abbiano arrecato danno al patrimonio sociale, e considerato, per il caso della società in house, l'indubitabile e diretto pregiudizio che tale danno, configurabile quale danno erariale, provoca al patrimonio dell'Ente pubblico controllante.
Massima

In materia di responsabilità civile dei membri degli Organi apicali di Società In House, può ravvisarsi la coesistenza di giudizio della Giurisdizione ordinaria e contabile, attesa l'applicazione delle norme di Diritto Privato, con riferimento agli illeciti che abbiano arrecato danno al Patrimonio sociale, e considerato, per il caso della Società In House, l'indubitabile e diretto pregiudizio che tale danno, configurabile quale danno erariale, provoca al patrimonio dell'Ente pubblico controllante.

La reciproca indipendenza delle due giurisdizioni sotto il profilo ‘istituzionale' e la tendenziale diversità di oggetto e di funzione tra i relativi giudizi (sanzionatorio quello contabile, ripristinatorio quello ordinario), comportano che il rapporto tra le due azioni si ponga in termini di alternatività anziché di esclusività, e non dia quindi luogo a questioni di giurisdizione ma, eventualmente, di proponibilità della domanda; fermo restando il limite (sempre opponibile in executivis) del divieto di duplicazione del risarcimento, il quale impone a ciascuno dei Giudici di tener conto, nella liquidazione, di quanto eventualmente già riconosciuto nell'altra sede.

Il caso

Una società a partecipazione pubblica, ritenendo il proprio ex D.G. responsabile ai sensi dell'art. 2396 c.c. in virtù della posizione apicale ricoperta all'interno della Società (In House Providing), ha esperito azione di responsabilità verso quest'ultimo, ex art. 2392 c.c., per i seguenti motivi: (i) l'ex Direttore non ha posto in essere, considerata la diligenza richiesta dal suo incarico nonché i solleciti posti dalla Società, alcuna condotta atta ad impedire o eliminare il pregiudizio al patrimonio sociale scaturente dalla misura eccessiva dei compensi corrispostigli quale Responsabile Unico del Procedimento (RUP), non rispettosi della normativa, allora vigente (art. 92 comma 5 del D.lgs. n. 163/2006), nonché tali da determinare, considerando anche il compenso per la posizione di Direttore Generale, lo sforamento del tetto massimo dei compensi come deliberati dalla Delibera Assemblare della Società in data 10 Luglio 2007, in conformità dell'allora disposizione dell'art. 23-bis comma 5-ter del D.L. 201/2011; (ii) l'ex Direttore è incorso, inoltre, nella violazione delle disposizioni normative in tema di contenimento della spesa pubblica – con riferimento, in particolare, alle disposizioni del tetto massimo alla retribuzione del personale di società in-house di cui all'art. 4 commi 11 e 12 del D.L. 95/2012 - violando, di conseguenza, i principi cardine dell'azione dell'amministrazione pubblica, ovvero sia i principi di economicità sia di contenimento della spesa pubblica.

Le questioni giuridiche

Avendo sollevato, la parte convenuta, il difetto di giurisdizione ordinaria a favore di quella speciale contabile, il Tribunale di Milano ha effettuato un'ampia disamina circa i caratteri distintivi della Società a partecipazione pubblica (con particolare enfasi, dato il caso in esame, sulla società In House Providing), allo scopo di individuare, in caso di responsabilità degli Amministratori e/o, comunque, degli Organi apicali di una Società pubblica, il corretto ambito di competenza della Giurisdizione, tra il Giudice Ordinario e il Giudice Contabile (giurisdizione che, nell'ambito delle Società a partecipazione pubblica, è attribuita all'istituzione della Corte dei Conti).

Osservazioni

La responsabilità degli organi apicali di società a partecipazione pubblica

In primo luogo, alla luce della pacifica circostanza che la Società in questione è una Società In House Providing, il Tribunale di Milano evidenzia i seguenti caposaldi:

- La società a partecipazione pubblica ha autonoma soggettività e gode di autonomia giuridica e patrimoniale rispetto al socio pubblico; pertanto, pur essendo partecipata da enti pubblici, la Società conserva la sua natura privata con organizzazione secondo il tipo societario capitalistico prescelto (si veda Cass., sez. un., 15 aprile 2005, n. 7799: “Le Società non mutano la loro natura di soggetto di diritto privato solo perché gli enti pubblici ne posseggono le azioni, in tutto o in parte, non assumendo rilievo alcuno, per le vicende della medesima, la persona dell'azionista, dato che tale società privata, opera «nell'esercizio della propria autonomia negoziale, senza alcun collegamento con l'ente pubblico» e gli strumenti utilizzati per regolare il rapporto tra società ed ente locale non possono essere quelli autoritativi di diritto pubblico spendibili nell'organizzazione diretta dell'ente, ma l'ente può avvalersi unicamente degli strumenti propri del diritto societario, da esercitare per il tramite dei membri di nomina pubblica presenti negli organi sociali”);

- l'assoggettamento alle norme del tipo societario prescelto – individuabili nelle norme del Codice civile – comporta il presupposto logico che i soggetti apicali della società pubblica, seppur nominati da socio pubblico, rispondono alla società, ai soci, ai creditori ed ai terzi negli stessi termini della responsabilità prevista per gli organi apicali di società private, ai sensi degli artt. 2392 e segg. c.c.

Appare, quindi, chiaro che, generalmente, si applicano alla società a partecipazione pubblica le stesse condizioni previste per le società private e, quindi, l'azione di responsabilità può essere esperita, in particolare:

- dalla società, qualora gli Amministratori abbiamo arrecato danno all'ente in conseguenza di atti e/o comportamenti in violazione dell'obbligo di adempiere ai doveri ad essi imposti dalla legge e dallo statuto con la diligenza richiesta dalla natura dell'incarico e dalle loro specifiche competenze, ai sensi dell'art. 2392 c.c.;

- dai creditori sociali – ai sensi dell'art. 2394 c.c. - quando siano sussistenti determinate condizioni, quali: (i) la violazione da parte degli Amministratori dell'obbligo di mantenimento dell'integrità del patrimonio sociale; (ii) le violazioni compiute dagli Amministratori abbiano comportato un depauperamento del patrimonio sociale tale da renderlo non più idoneo a soddisfare le pretese vantate dai creditori sociali;

- dai singoli soci (o anche da terzi) – ai sensi dell'art. 2395 c.c. - purchè siano sussistenti le seguenti condizioni: (i) che gli amministratori abbiano posto in essere degli atti illeciti, colposi o dolosi, nell'esercizio delle loro funzioni; (ii) che il singolo socio abbia subito, in conseguenza degli atti compiti dagli amministratori, un diretto danno al proprio patrimonio, distinto da quello della Società. Il danno patrimoniale che il socio subisce e che legittima il suo diritto a presentare l'azione di responsabilità nei confronti degli Amministratori della società, per le violazioni da questi commesse, deve essere diretto al proprio patrimonio, in conseguenza di specifici e distinti rapporti intercorsi fra il socio e la società, e non un mero riflesso del danno arrecato al patrimonio sociale che legittima, semmai, l'azione di responsabilità da parte della Società (sul tema vedasi Cass. Civ., Sez. I, 23 ottobre 2014, n. 22573).

Si rende subito evidente che nel caso di società a partecipazione pubblica, trovando applicazione i dispositivi dell'azione di responsabilità regolata dal diritto privato, non è possibile riscontrare, in nessun caso, una situazione per la quale il danno al patrimonio sociale causato da mala gestio degli amministratori (o, per carenza della sorveglianza dovuta, dei componenti l'organo di controllo) e dei dipendenti possa qualificarsi come “danno erariale” (secondo la definizione che ne dà l'art. 12, comma 2, del Testo Unico della Società a Partecipazione Pubblica - D.lgs. n. 175/2016): danno inteso come pregiudizio direttamente arrecato al patrimonio dello Stato o di altro ente pubblico che della società sia socio. Ancora sul tema: “La società a partecipazione pubblica ha autonoma soggettività, con autonomia giuridica e patrimoniale rispetto al socio pubblico, non perdendo la propria natura di ente privato per il solo fatto che il capitale sia alimentato (anche) da conferimenti provenienti dallo Stato o da altro ente pubblico, e conservando natura privata con organizzazione secondo il tipo societario di stampo civilistico, pubblico essendo soltanto il soggetto che partecipa ad esse, sicchè non è configurabile un rapporto di servizio tra l'agente e l'ente pubblico titolare della partecipazione idoneo a radicare la giurisdizione della Corte dei Conti” (v. Cass., Sez. Un., 27/12/2017, n. 30978; Cass., Sez. Un., 15/5/2017, n. 11983; Cass., Sez. Un., 22/1/2015, n. 1159; Cass., Sez. Un., 19/12/2009, n. 26806).

Pertanto, considerato che:

- sul piano civilistico l'azione di responsabilità del singolo Socio è limitata al caso di un danno manifestatosi direttamente nella sfera giuridico-patrimoniale del Socio, quale conseguenza degli illeciti e delle violazioni compiute dagli Organi apicali della Società (l'opinione consolidata della Giurisprudenza - v. Cass., 1 aprile 1994, n. 3216, in Foro it., 1995, I, 1302 - ritiene che l'art. 2395 c.c., ricondotto nell'alveo della responsabilità extra-contrattuale, possa essere invocato solamente al fine di richiedere il risarcimento per il pregiudizio arrecato dagli amministratori – a seguito di condotta che integri la violazione degli obblighi inerenti la carica stabiliti dall'ordinamento – alla sfera patrimoniale individuale dei soci o terzi nella contestuale “neutralità” del patrimonio sociale);

- il danno regolato dal codice civile non prevede un'ipotesi di danno erariale e, dunque, di azione ricadente nella giurisdizione della Corte dei Conti (Giurisdizione Contabile), in quanto il danno arrecato dagli Amministratori al patrimonio sociale legittima non il singolo Socio bensì la Società;

l'azione di responsabilità nei confronti degli amministratori o dei sindaci (nonché dei dipendenti o dei terzi che abbiano concorso con loro nel cagionare il danno) di una società a partecipazione pubblica è da assoggettarsi – di norma - alla giurisdizione del giudice ordinario e non già del giudice contabile (vedasi, con riferimento a società interamente partecipata da Comuni: Cass., Sez. Un., 27/10/2016, n. 21692, Rv. 641528 – 01).

Fermo restando quanto illustrato, alcune eccezioni alla regola possa esser fatte valere negli specifici casi previsti dalla norma di Diritto Pubblico, qualora si parli di Società c.d. “legali” (società attraverso le quali l'ente pubblico svolge un'attività amministrativa in forma privatistica) e di Società a partecipazione pubblica nella forma dell'In-House Providing.

La particolare natura del rapporto fra la P.A. e la società in house providing

Il Tribunale di Milano, nella sentenza in oggetto, denota che la circostanza riflettente il danno di natura erariale può e deve essere ricondotto a casi particolari previsti dalle norme del Diritto pubblico, in particolare al caso della Società In-House Providing.

Tale modello organizzativo, a cui la P.A. può ricorrere - in conformità dei principi e requisiti di cui all'art. 5 del D.lgs. 50/2016 (Codice degli Appalti)e dell'art. 5 del D.lgs. 175/2016 (TUSPP) – si distingue enormemente rispetto ad una Società privata o ad una mera Società pubblica (Società a partecipazione pubblica), secondo caratteri che danno forma ad un diverso tipo di rapporto fra la Società medesima e il Socio pubblico controllante.

Il modello organizzativo della Società In-House, è di fatto riconosciuto quale articolazione interna della pubblica Amministrazione [c.d. “longa manus”, al punto che l'affidamento pubblico mediante in house contract neppure consente veramente di configurare un rapporto contrattuale intersoggettivo (Corte cost. n. 46/13, cit.), talché “l'ente in house non può ritenersi terzo rispetto all'amministrazione controllante ma deve considerarsi come uno dei servizi propri dell'amministrazione stessa” (così Cons. Stato, Ad. plen., n. 1/08, cit.)] e tale per cui l'attività della società e dei suoi organi (i quali sono assoggettati a vincoli gerarchici facenti capo all'Amministrazione o alle Amministrazioni azioniste di controllo) non può considerarsi riconducibile ad un soggetto privato dotato di autonoma soggettività, bensì la stessa rimane, sostanzialmente, imputata alla stessa Pubblica Amministrazione che di tale società si avvale nel perseguimento dei propri compiti istituzionali (più precisamente, “la società in house non ha un organo amministrativo autonomo, in quanto i vincoli gerarchici a cui questo è sottoposto nei confronti dell'Amministrazione, impediscono l'investitura di un munus privato, rendendo invece configurabile un vero rapporto di servizio: v. da ultimo, Cons. St., sez. I, 7 maggio 2019, n. 1389, Cass. civ. S.U., 27 dicembre 2019, n. 34471; id. 11 settembre 2019, n. 22712; 21 giugno 2019, n. 16741).

Da ciò deve dedursi, giocoforza, che anche la distinzione tra il patrimonio dell'ente e quello della società si può porre in termini di separazione patrimoniale, ma non di distinta titolarità (sul tema: Cass. civ., S.U., 25 novembre 2013, n. 26283; 10 marzo 2014, n. 5491; 26 marzo 2014, n. 7177; 9 luglio 2014, n. 15594; 24 ottobre 2014, n. 22609; 24 marzo 2015, n. 5848; Cons. St., Ad. plen., 3 marzo 2008, n. 1).

Tali principi sono oramai consolidati dalla giurisprudenza (Cfr. Cass. Civ., Sez. Unite, ord. n. 26738/2021) e tali da permettere di ritenere la società In-House quale eccezione rispetto alla regola secondo cui la mera assunzione della qualità di socio da parte dello Stato o di un ente pubblico non costituisce una ragione sufficiente ai fini della devoluzione dell'azione di responsabilità alla giurisdizione contabile (così Cass. Civ., Sez. Unite, ord. 15/1/2021 n. 614).

Potendosi, dunque, equiparare il rapporto tra la Pubblica Amministrazione controllante e la società In House (e, dunque, gli amministratori e/o i dipendenti della società) ad un “rapporto di “servizio”, ben possibile è il presupposto logico su cui fondare la sussistenza del “danno erariale” in caso di violazioni compiute dagli organi apicali della società In House (si può sostenere che a tali società non è quindi applicabile il principio, operante in tema di società di capitali e normalmente riferibile anche a quelle a partecipazione pubblica, secondo cui la distinzione tra la personalità giuridica della società e quella dei singoli soci e la piena autonomia patrimoniale della prima rispetto ai secondi non consentono di riferire al patrimonio del socio il danno che l'illecito comportamento degli organi sociali abbia eventualmente arrecato al patrimonio dello ente: cfr. Cass., Sez. Un., 11/09/2019, n. 22712; Cass., 25/11/2013, n. 26283): il superamento della distinzione tra le rispettive sfere giuridiche e patrimoniali - quella della Società e dell'Ente pubblico controllante - consente di qualificare come danno erariale, cioè come pregiudizio arrecato direttamente al socio pubblico, quello subìto dal patrimonio della società - patrimonio per l'appunto separato, ma pur sempre riconducibile all'ente pubblico - per effetto della mala gestio degli amministratori o dei dipendenti della stessa.

La coesistenza tra giurisdizione ordinaria e contabile

Alla luce delle considerazioni si qui operate, è oramai consolidata l'opinione per la quale in presenza di violazioni degli amministratori e/o dipendenti di una società In House Providing, il danno arrecato al patrimonio della società ben può qualificarsi quale danno erariale al patrimonio dell'Ente pubblico controllante, dato il diverso e stretto rapporto di servizio che lega la società al socio pubblico a dispetto di quanto accade con una società privata o una società a mera partecipazione pubblica.

Tale circostanza, dunque, è sufficiente per giustificare la competenza di intervento del Giudice Contabile, ravvisato nell'istituzione della Corte dei Conti, sulla relativa azione di responsabilità.

Pur vero quanto detto, bisogna anche precisare che ciò non significa che in tali casi la giurisdizione speciale contabile si ponga in termini di esclusività, impedendo alla giurisdizione ordinaria di operare.

La Corte di Cassazione, nelle sue molteplici sentenze, già richiamate, precisa, infatti, la possibilità di concorso tra le due Giurisdizioni: questo perché l'illecito gestorio compiuto dagli amministratori – sanzionato con l'azione di responsabilità – ben può costituire danno in capo all'Ente pubblico (id est, al patrimonio dell'Ente Socio) che danno, allo stesso tempo, in capo alla società (id est, al patrimonio sociale): le violazioni compiute dagli Amministratori della Società potrebbero costituire evento lesivo sia in capo all'Ente Pubblico sia in capo alla Società medesima, quale pregiudizio patrimoniale ed eventualmente reputazionale (cfr. Cass., Sez. Un., 10/04/2019, n. 10019; Cass. Sez. Un., 13/09/2018, n. 22406).

Tale conclusione è conforme con il disposto dell'art. 12 del TUSPP, il quale da un lato ribadisce l'assoggettamento dei componenti degli organi di amministrazione e controllo delle società a partecipazione pubblica alle azioni civili di responsabilità previste dalla disciplina ordinaria delle società di capitali, dall'altro sancisce la previsione specifica, per la Società In House, relativa al danno erariale causato dagli amministratori e dai dipendenti delle società e per il quale viene ravvisata la competenza della Giurisdizione Contabile della Corte dei Conti.

In conclusione, come riconosciuto dalla Corte di Cassazione richiamata, la reciproca indipendenza delle due giurisdizioni nonché la diversità di oggetto e di funzione tra i relativi giudizi (sanzionatorio quello contabile, ripristinatorio quello ordinario), comportano che il rapporto tra le due azioni si ponga in termini di alternatività anziché di esclusività, e non dia quindi luogo a questioni di giurisdizione ma, eventualmente, di proponibilità della domanda (cfr. Cass., Sez. Un., 13/09/2018, n. 22406; nonché 7/01/2014, n. 63; 22/12/2009, n. 27092), il tutto fermo restando il limite (sempre opponibile in executivis) del divieto di duplicazione del risarcimento, il quale impone a ciascuno dei Giudici di tener conto, nella liquidazione, di quanto eventualmente già riconosciuto nell'altra sede (in tal senso, v. Cass., Sez. III, 20/12/2018, n. 32929; e Cass. 14/07/2015, n. 14632).

Conclusioni

Riassumendo, quindi, in caso di mala gestio degli amministratori e/o degli organi apicali di società pubbliche, il Tribunale di Milano nella sentenza in oggetto si esprime in modo conforme agli orientamenti Giurisprudenziali consolidati in materia, i quali ritengono, fermo restando l'operatività della giurisdizione ordinaria in virtù dell'applicazione delle norme di diritto privato alla società di capitali, sia sempre sussistente, per il solo caso della Società Legale e della Società In House, il danno erariale in capo all'Amministrazione Pubblica controllante in conseguenza del danno che gli organi apicali della società abbiano arrecato, in violazione dei propri obblighi, al patrimonio sociale.

Questo in quanto, venendo meno la separazione soggettiva, tra l'Ente pubblico socio e la società in house, viene meno anche la distinzione, sul piano della titolarità, tra i rispettivi patrimoni e, pertanto, ogni danno inferto al patrimonio della società in house pregiudica un patrimonio sì separato da quello dell'ente, ma di cui l'ente pubblico è pur sempre titolare.

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