Riduzione del capitale sociale al di sotto del limite legale: doveri e responsabilità dell'organo amministrativo di s.r.l.
04 Maggio 2022
Massima
In tema di società a responsabilità limitata, ove si verifichino perdite che comportino la riduzione del capitale sociale al di sotto del limite legale, deve essere senza indugio convocata l'assemblea per deliberare l'azzeramento e la ricostituzione del capitale o la trasformazione della società, al fine di impedirne lo scioglimento, ma non è previsto alcun termine decadenziale per l'adozione di tali statuizioni, fermo restando che la mancanza di sollecitudine nella convocazione dell'assemblea può costituire causa di responsabilità degli amministratori nei confronti della società stessa.
Il caso
I soci minoritari di una S.r.l. hanno impugnato avanti al Tribunale di Savona la delibera con cui l'assemblea ha adottato i provvedimenti di cui agli artt. 2482-bis e 2482-ter c.c. In particolare, i ricorrenti hanno rilevato come l'organo amministrativo della società non avesse adottato in tempi brevi (con ciò riferendosi all'espressione “senza indugio” contenuta all'art. 2482-ter c.c.) i provvedimenti di cui alle norme citate ma, anzi, avesse atteso ulteriori quattro anni prima della convocazione dell'assemblea per l'adozione della delibera oggetto di impugnazione, quando ormai doveva considerarsi verificato (secondo la tesi dei ricorrenti) l'insanabile scioglimento della società stessa. Il Tribunale ha respinto l'impugnativa. Avverso la decisione i soci hanno promosso appello avanti alla Corte di Genova che, con sentenza n. 27 del 13 gennaio 2020, ha rigettato il gravame ritenendo sanato ex tunc il preteso già verificatosi scioglimento della S.r.l. al momento dell'adozione della delibera. Avverso la sentenza i soci minoritari hanno promosso ricorso in Cassazione.
Le questioni giuridiche
Due sono le questioni di particolare interesse affrontate dall'ordinanza in commento: 1) stabilire in che modo gli adempimenti prescritti dall'art. 2482-ter c.c. valgano ad incidere sull'operatività della causa di scioglimento di cui all'art. 2484, comma 1, n. 4, c.c.; 2) se l'assemblea possa disporre in ogni tempo la reintegrazione del capitale o se la deliberazione debba considerarsi legittima solo se legata da un rapporto di immediatezza temporale con la percezione delle perdite.
Osservazioni
In merito alla prima questione L'esigenza di armonizzare la disciplina della riduzione del capitale con quella relativa allo scioglimento della società nasce dal tenore letterale dell'art. 2484, comma 1, n. 4) c.c. che fa espressamente salvo quanto disposto agli artt. 2447 e 2482-ter c.c. La questione si è posta in special modo con riguardo alla determinazione del momento in cui ha effetto la causa di scioglimento ed è stata affrontata negli anni, prima e dopo la Riforma di cui al d.lgs. n. 6/2003, dividendo la dottrina e la giurisprudenza in due orientamenti. Secondo una tesi, lo scioglimento (rectius la causa di scioglimento) ha effetto nel momento stesso in cui si concretizza la perdita rilevante (ossia quella superiore ad un terzo del capitale sociale e tale da intaccare il minimo legale) operando di diritto. In questo caso, un'eventuale successiva delibera assembleare che attui uno dei rimedi alternativi allo scioglimento (quelli di cui all'art. 2482-ter c.c.), si porrebbe come condizione risolutiva che ex tunc rimuove la causa di scioglimento (cfr. Giannattasio, Ancora sul divieto di intraprendere nuove operazioni dopo il verificarsi di un fatto che determina lo scioglimento della società, in Giust. Civ., 1974, I, 1151; Porzio, L'estinzione delle società per azioni, Napoli, 1959, 70; Niccolini, Scioglimento, liquidazione ed estinzione della società per azioni, in Trattato delle società per azioni, diretto da Colombo e Portale, VII, 3, Torino, 1997, 308. In giurisprudenza, Trib. Cagliari 9 febbraio 1987, in Riv. Dir. comm., 1987, II, 553; Trib. Genova 12 febbraio 2002, in Vita not., 2003, 906; App. Firenze 11 giugno 1993, in Giur. comm., 1996, II, 429 con nota di D'Angelo; App. Milano 13 febbraio 2004, in Società, 2004, 1530; Cass. 29 ottobre 1994 n. 8929, in Giur. comm., 1996, II, 32, con nota di Sodi; Cass. 5 maggio 1995 n. 4923, in Giust. Civ., 1995, I, 2038; Cass. 17 settembre 1997 n. 9252, in Nuova giur. civ. commentata, 1998, I, 915 con nota di Dellacasa; Cass. 22 aprile 2009 n. 9619, in Vita not., 2011, 97, che si riferisce ad una fattispecie soggetta alla disciplina previgente). Diversamente si è, invece, espressa altra dottrina ad avviso della quale lo scioglimento si realizzerebbe in un secondo momento, ossia quando una volta convocata l'assemblea questa non abbia adottato i provvedimenti opportuni. Lo scioglimento, quindi, opererebbe come una fattispecie a formazione complessiva che necessita di entrambi gli elementi: la perdita del capitale e la successiva mancata adozione, da parte dell'assemblea, della deliberazione di ricostituzione del capitale o di trasformazione (cfr. Frè, Società per azioni, in Commentario al Codice civile Scialoja-Branca, a cura di Galgano, Bologna – Roma, 1972, 831; Fimmanò e Traversa, Scioglimento, liquidazione ed estinzione delle società di capitali alla luce della riforma, in Riv. Not., 2003, I, 1347; Salafia, Scioglimento e liquidazione delle società di capitali, in Società, 2003, 378. In giurisprudenza, Trib. Napoli 1° ottobre 1998, in Società 1999, 346 con nota di Albanese; Trib. Bologna 26 giugno 1990, in Società 1990, 1509). L'ordinanza in commento (acriticamente) condivide la prima tesi, in base alla quale lo scioglimento della società si produce automaticamente nell'ipotesi di perdita del capitale al di sotto del minimo legale, con l'eventualità di una delibera, ex art. 2482-ter c.c., con effetto risolutivo ex tunc della causa di scioglimento. A ben vedere, l'ordinanza argomenta la propria posizione rinviando ad altre precedenti pronunce tutte riferite alla disciplina antecedente alla Riforma del 2003 (inclusa la Cassazione del 2009 ivi citata). Tale osservazione non è di poco conto se si considera che attualmente, con le modifiche apportate dalla riforma, la situazione è sensibilmente cambiata. Ed infatti, l'attuale art. 2484, comma 3, c.c. stabilisce ormai con certezza che il momento in cui si producono gli effetti dello scioglimento coincide con la data dell'iscrizione nel Registro delle Imprese della deliberazione con cui gli amministratori hanno accertato la causa di scioglimento. Per essere coerenti con l'assetto normativo così riformato, si potrebbe concludere che lo scioglimento anziché operare di diritto sia sottoposto ad una “condizione sospensiva” in base alla quale gli effetti dello stesso (ai quali può riconoscersi un'immediata efficacia interna) si produrranno nei confronti dei terzi solo al momento degli adempimenti pubblicitari (cfr. Miola, Riduzione e perdita del capitale di società in crisi: l'art. 182 sexies l. fall. Parte Prima. La sospensione delle regole sulla riduzione del capitale sociale, in Riv. Dir. Civ., 2014, II, 193). Ne consegue che la mancata adozione della delibera ex art. 2482-ter c.c. è elemento integrante in via definitiva della causa di scioglimento.
In merito alla seconda questione. Il tema si incentra sul significato applicativo da attribuire alla locuzione “senza indugio” contenuta nell'art. 2482-ter c.c., rappresentante il punto focale dell'azione promossa dai soci minoritari nel caso in esame. Secondo una parte minoritaria della giurisprudenza, l'intervallo di tempo massimo tra la percezione delle perdite e la convocazione dell'assemblea non dovrebbe essere superiore a quattro mesi è il termine ordinario entro il quale approvare il bilancio di esercizio (Trib. Udine 08 febbraio 1996; Trib. Udine 13 gennaio 1999, in Dir. fall. 2000, II, 163; Trib. Milano 9 maggio 1993. In dottrina, G.A.M. Trimarchi, Le riduzioni del capitale sociale, Milano, 2010, 237). Deve, tuttavia, precisarsi che sulla base di una lettura dell'art. 2482-ter c.c. in combinato disposto con la regola generale di cui all'art. 2631, comma 1, c.c. (“...ove la legge o lo statuto non prevedano espressamente un termine, entro il quale effettuare la convocazione, questa si considera omessa allorché siano trascorsi trenta giorni dal momento in cui amministratori e sindaci sono venuti a conoscenza del presupposto che obbliga alla convocazione dell'assemblea dei soci”), la dottrina prevalente ne desume che il termine (seppur non perentorio) entro il quale gli amministratori debbono convocare l'assemblea è trenta giorni, decorrenti dal momento in cui hanno accertato la perdita del capitale (cfr. Pinna, Comm. Maffei Alberti, III, 2118; Galletti, sub art. 2482-bis c.c., in Abriani Stella Richter, Codice commentato delle società, 2102; Zanarone, Comm. Schlesinger, Della società a responsabilità limitata, II, 1670). Secondo tale tesi dovrebbe, quindi, escludersi che si possa attendere l'approvazione del bilancio, per quanto trattasi di prassi alquanto diffusa. In merito alle conseguenze sull'eventuale ritardo nella convocazione dell'assemblea (di fatto non esiste un termine perentorio o decadenziale), la medesima dottrina pone l'accento sulla responsabilità degli amministratori ai sensi dell'art. 2476 c.c. per eventuali danni causati alla società o ai terzi per incremento delle perdite dovuti al non aver adottato gli opportuni provvedimenti. Sul tema l'ordinanza in esame si limita a rimarcare l'inesistenza di un termine decadenziale per la convocazione dell'assemblea e la rimozione della causa di scioglimento. In assenza di un'azione di responsabilità nei confronti degli amministratori, la Corte non ha potuto fare altro che rigettare il ricorso. Conclusioni
Seppure, quindi, la questione sull'interpretazione della locuzione “senza indugio” non sia stata elemento determinante per la decisone in esame, deve osservarsi che una lettura eccessivamente elastica (dovuta all'inesistenza di un termine decadenziale) rischia di rendere a livello pratico inutile la previsione di cui all'art. 2482-ter c.c. il cui senso dovrebbe essere quello di rimediare con urgenza ad una situazione critica della società.
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