Lo stato di abbandono morale e materia del minore alla luce della normativa interna e internazionale
02 Maggio 2022
Massima
Va dichiarato lo stato di adottabilità della minore in presenza di comportamenti reiterati, attuati dal genitore e mai rivisitati nel tempo, sintomo di una evidente incapacità genitoriale non recuperabile in tempi ragionevoli, che si rivelino pregiudizievoli per l'interesse della figlia, tali da giustificare – unitamente alla mancanza di parenti in grado di potersi prendere cura dalla bambina - lo stato di abbandono richiesto dalla vigente normativa per l'assunzione del relativo provvedimento. Il caso
Con pronuncia resa dal Tribunale per i Minorenni di Catania veniva dichiarato lo stato di adottabilità di una minore in conseguenza della situazione di abbandono morale e materiale in cui la stessa si trovava, come accertata dalle numerose relazioni dei servizi sociali all'uopo interessati dai giudici minorili, nonché dalla C.T.U. espletata nel corso del giudizio. In particolare le risultanze dell'elaborato peritale davano atto della sussistenza di patologie di natura psicologica e cognitiva a carico della madre nonché del fallimento di tutte le misure assistenziali adottate al fine di evitare la rescissione del legame di filiazione, causato dal comportamento per nulla collaborativo tenuto da quest'ultima che, reiteratamente, aveva mostrato atteggiamenti gravissimi e pregiudizievoli nei confronti della figlia, idonei a incidere sulla sua crescita serena ed equilibrata. Per tale ragione il Tribunale, ritenendo tale situazione contraria al best interest della minore poiché in grado di inficiarne il suo sereno e corretto sviluppo psico – fisico e valutata l'assenza di altri familiari che avrebbero potuto prendersi cura della stessa ne dichiarava lo stato di adottabilità. La decisione assunta in primo grado veniva successivamente confermata dalla Corte di Appello di Catania; avverso tale ultima pronuncia proponeva ricorso per Cassazione la madre della minore formulando diversi motivi di gravame, tutti volti a contestare, alla luce della normativa interna che dei Trattati internazionali, la sussistenza dei presupposti legittimanti il provvedimento assunto con particolare riferimento alla configurabilità dello stato di abbandono morale e materiale della minore. La Corte, a seguito di una lunga disamina della questione e dell'interpretazione dell'apparato normativo di riferimento, come derivante dall'applicazione delle norme sia di diritto interno che di quelle internazionali, rigettava la proposta impugnazione, confermando la pronuncia resa sia in primo che in secondo grado. La questione
La sentenza appare di particolare interesse in quanto puntualizza, attraverso un lungo excursus circa l'interpretazione della normativa applicabile, quale sia l'ambito di applicazione e la portata della situazione di abbandono morale e materiale del minore costituente il presupposto per pervenire alla dichiarazione dello stato di adottabilità. Le soluzioni giuridiche
La disamina compiuta dalla Corte di legittimità nella valutazione della questione sottoposta al suo esame parte dall'approdo cui è giunto sia il diritto internazionale - a seguito della Dichiarazione universale dei diritti del fanciullo adottata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 20 novembre 1959 e dalla più recente Convenzione internazionale sui diritti del fanciullo adottata dall'ONU del 20 novembre 1989 e, in ambito europeo, per effetto della Convenzione Europea sui diritti dell'uomo (CEDU) firmata a Roma nel 1950 e dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 - che il diritto interno relativamente alla concezione del minore, considerato come soggetto titolare di diritti pienamente tutelati sia nell'ambito della famiglia che della società. Da qui ne discende che principio cardine cui far riferimento, ove vengano in rilievo questioni che riguardino i minori, sia quello del best interest of the child ritenuto quale unico parametro che possa giustificare, ai sensi dell'art. 8 della CEDU ma anche della normativa interna, la soppressione del legame di filiazione, essendo, invece, compito primario di ogni Stato quello di adoperarsi affinchè tali legami possano svilupparsi e consolidarsi, onde consentire al fanciullo di essere cresciuto dai suoi genitori biologici. Alla luce di tale principio la giurisprudenza comunitaria e quella costituzionale hanno da subito ravvisato nella dichiarazione di adottabilità l'extrema ratio cui ricorrere al fine della tutela del minore per il caso in cui vi sia una situazione di incapacità genitoriale conclamata e non reversibile e manchino altre figure vicariali rinvenibili tra i parenti più stretti che abbiano rapporti significativi con il bambino e che siano in grado di prendersene cura e di attendere alla sua educazione. Sulla scorta di tali premesse, la Corte di legittimità ha confermato la pronuncia impugnata ravvisando lo stato di abbandono della minore, avendo modo di precisare, tuttavia, che la sua configurabilità prescinde dalla formulazione di un giudizio di colpa a carico del genitore. Nel caso di specie, infatti, dalla espletata CTU erano emersi in danno della madre della minore importanti problematiche connesse alla sua situazione psicologica e cognitiva in conseguenza della quale la stessa, pur se ispirata da sentimenti di amore verso la figlia, non era in grado di assicurare alla piccola una crescita psico- fisica adeguata per l'incapacità di assumere piena consapevolezza delle proprie responsabilità verso la figlia nonché di agire in modo coerente per curarne nel modo migliore lo sviluppo fisico, psichico e affettivo, con il serio e probabile rischio di produrre danni irreversibili alla bambina per il caso di mancata assunzione di un provvedimento adeguato. Il nominato CTU aveva, inoltre, avuto modo di constare la non transitorietà della condotta della madre stante il comportamento per nulla collaborativa da quest'ultima assunto rispetto a tutte le misure assistenziali adottate dai servizi sociali volte alla permanenza dello status filiationis. L'accertamento della incapacità genitoriale della madre era accompagnato, inoltre, dalla verifica dell'assenza di parenti che potessero prendersi cura della minore. Tale ultimo aspetto rappresenta per la Corte di legittimità, in linea con l'orientamento giurisprudenziale formatosi sul punto, l'ulteriore requisito che i giudici sono chiamati a valutare per il tramite dei servizi sociali, onde rinvenire tutte le possibili soluzioni per evitare di recidere i legami familiari, fine cui il nostro ordinamento tende, come è dimostrato dalla presenza di modelli diversi adozione che consentono la conservazione del rapporto di filiazione, quale, ad esempio, quella disciplinata dall'art 44, lett. d) della legge n. 184 del 1983. Osservazioni
La pronuncia in esame ribadisce la posizione assunta sia dalla giurisprudenza comunitaria che da quella interna che riconoscono all'adozione la posizione di extrema ratio nel panorama degli strumenti volti alla tutela della salute psico-fisica dei minori, ciò in quanto, l'obiettivo cui occorre tendere e che integra l'interesse superiore del minore, è quello di consentirgli di permanere con i suoi genitori biologici non rappresentando il fine dell'istituto quello di “individuare ad ogni costo una famiglia migliore” (Cfr Corte Eur. Diritti dell'uomo 13 ottobre 2015). Appare, dunque, evidente come un aspetto che viene fortemente in rilievo ogni volta in cui si affronta il tema dell'adozione sia quello della tutela dei legami di natura familiare a cui è specificamente dedicato l'art. 8 della CEDU che, nel tutelare il rispetto della vita privata e familiare del minore, richiede che la dichiarazione di adottabilità, tramutandosi in una ingerenza nella vita familiare, possa essere assunta solo in presenza di specifiche condizioni essendo, invece, compito principale delle Autorità nazionali quello di apprestare tutti gli strumenti volti a consentire al minore di vivere con i suoi genitori biologici. Ciò in quanto la permanenza dei legami di natura familiare rappresenta un diritto fondamentale della personalità che, in ambito interno, trova il suo riconoscimento in tutte le norme costituzionali che, in via generale, assicurano protezione alla famiglia e, in maniera particolare, tutelano i minori. Sul punto, infatti, non può non considerarsi che lo status filiationis, che presuppone anche la continuità affettiva, rappresenta un aspetto essenziale dell'identità personale acquisita al momento della nascita, che il minore ha diritto di conservare e a cui va riconosciuta la massima tutela. La centralità e l'attenzione che la giurisprudenza riserva alla questione dei legami familiari nell'adozione, anche se relativamente a un altro profilo, è ulteriormente attestata dalla recentissima decisione resa dalla Corte Costituzionale il 24 febbraio 2022, per effetto della quale è stata dichiarata l'incostituzionalità delle disposizioni che escludono, nell'adozione casi particolari, l'esistenza di “rapporti civili” tra il bambino adottato e i parenti dell'adottante, perché volte a discriminare, in violazione delle previsioni di cui all'art. 3 Cost., il bambino adottato “in casi particolari” rispetto agli altri figli, privandolo di relazioni giuridiche che contribuiscono a formare la sua identità e a consolidare la sua dimensione personale e patrimoniale, oltre che ponendosi in contrasto con gli artt. 31 e 117 Cost. in relazione all'art. 8 CEDU. |