Un primo esame sullo schema di D.lgs. di attuazione della Direttiva (UE) 2019/1152 relativa a “condizioni di lavoro trasparenti e prevedibili”

05 Maggio 2022

Il datore di lavoro, in sede di instaurazione del rapporto di lavoro, è tenuto a informare il lavoratore per iscritto in ordine a talune principali situazioni derivanti dal rapporto stesso.
Premessa

Il datore di lavoro, in sede di instaurazione del rapporto di lavoro, è tenuto a informare il lavoratore per iscritto in ordine a talune principali situazioni derivanti dal rapporto stesso.

La materia è attualmente disciplinata dal D.lgs. 26 luglio 1997, n. 152, con il quale fu recepita, nel nostro ordinamento, la Dir. UE 533/1991 volta ad attuare una tendenziale uniformazione, sul punto, fra i Paesi dell'Unione. Il D.lgs. n. 152 contiene obblighi di informativa circoscritti ai soli rapporti di lavoro subordinati.

Nello specifico, le informazioni che il datore è tenuto a fornire al lavoratore afferiscono a: a) identità delle parti; b) luogo di lavoro; c) data di inizio del rapporto; d) durata del rapporto, con indicazione della natura a tempo indeterminato o a termine; e) durata del periodo di prova; f) inquadramento, livello e qualifica; g) retribuzione iniziale e i relativi elementi; h) durata delle ferie anche in via indiretta; i) orario di lavoro; l) termini di preavviso per il recesso (1).

Aspetto di rilievo, per le informazioni afferenti a: durata della prova, retribuzione, ferie, orario di lavoro, preavviso in caso di recesso è sufficiente un rinvio al Ccnl applicato, senza riportare estensivamente i relativi contenuti.

Schema di D.lgs. di attuazione della Direttiva UE n. 1152/2019: profili generali

Lo schema di D.lgs. in oggetto (da adottare entro il 1° agosto 2022) evidenzia in materia i seguenti, principali elementi innovativi:

- ampliamento del campo soggettivo di applicazione anche con riguardo a forme di lavoro non subordinato;

- introduzione, a fianco degli obblighi di informativa, di norme prescrittive minime a tratto generale (“prescrizioni minime relative alle condizioni di lavoro”).

Ancor prima di procedere a un complessivo esame del provvedimento (2), risulta evidente che il Decreto legislativo in oggetto si traduce in maggiori vincoli e maggiori adempimenti “burocratici” per le aziende: tuttavia la fonte di ciò va rinvenuta nella direttiva europea.

Vero è, come si vedrà oltre, che su taluni aspetti lo schema di D.lgs. non si avvale - come avrebbe potuto - di taluni spazi di flessibilità offerti dal legislatore europeo.

Esame delle norme principali. Ambito applicativo

Di seguito si focalizza l'attenzione sulle disposizioni di maggior impatto, evidenziando, con l'occasione, che la precedente normativa – in particolare, il D.lgs. n 152/1997 – non viene abrogata, ma rinnovata nei contenuti, secondo la tecnica c.d. della novella.

Come già accennato, il primo elemento di rilievo è la tendenziale generalizzazione, quanto ad ambito soggettivo, degli obblighi di informativa (art. 1): questi riguardano ora, oltre che le forme di lavoro subordinato “standard” (a tempo determinato/indeterminato e a tempo parziale), anche la somministrazione, il lavoro intermittente, il lavoro occasionale, nonché forme di lavoro c.d. parasubordinato: le collaborazioni autonome etero-organizzate (art. 2 D.lgs. n. 81/2015) e le collaborazioni coordinate e continuative (art. 409 c.p.c.).

Quanto agli strumenti utilizzabili per adempiere agli obblighi di informativa, il D.lgs. tiene conto delle evoluzioni tecnologiche/informatiche avutesi: le informazioni possono essere rese anche in formato elettronico (art. 3) (3).

Contenuti dell'obbligo di informativa

Norma di rilievo centrale in materia è l'art. 4 che contiene un elenco di ben 17 elementi. Taluni di tali elementi, oggetto dell'informativa, erano già presenti nella “vecchia” normativa, ma vengono ora maggiormente circostanziati; infatti:

- nell'indicare l'identità delle parti, deve farsi ora riferimento ai co-datori di lavoro nel caso di contratti di rete ai c.d. contratti di “rete” (art. 30, comma 4-ter e 31, comma 3-ter del D.lgs. n. 276/2003);

- in tema di luogo di lavoro, vengono introdotte regole specifiche in caso di luogo di lavoro non fisso;

- viene sancito il diritto di conoscere – oltre alla durata delle ferie – anche gli altri congedi retribuiti, se previsti;

- maggiori dettagli in merito a procedura, forma, termini del preavviso, in caso di recesso;

- oltre all'importo iniziale della retribuzione e relativi elementi costituitivi, va specificato il periodo di pagamento e relative modalità;

- informazioni sull'orario di lavoro normale, con dettagli relativi allo straordinario, cambi di turno ed altre ancora in caso, come detto, di rapporti caratterizzati da modalità organizzative – in gran parte o interamente – imprevedibili;

- viene specificato che l'informativa riguarda il contratto collettivo anche aziendale.

Sono invece del tutto nuovi gli obblighi di informativa relativi a:

- indicazione della sede del datore di lavoro;

- nel caso di somministrazione, identità imprese utilizzatrici;

- diritto a ricevere la formazione erogata dal datore, se prevista;

- indicazione degli enti previdenziali e assicurativi cui il lavoratore viene iscritto (Inps, Inail, ecc.) [la direttiva Ue fa riferimento anche alla previdenza complementare];

- “ulteriori obblighi informativi nel caso di utilizzo di sistemi decisionali o di monitoraggio automatizzati”, secondo quanto previsto dal nuovo art. 1-bis, appositamente introdotto nel D.lgs. n. 152/1997. Quest'ultima disposizione sembra riguardare, essenzialmente, i lavoratori che operano interfacciandosi con piattaforme digitali (anzitutto i riders) (4).

Rappresenta una criticità il fatto che nello schema di D.lgs. in oggetto non ci si avvalga, in tema di informativa, della flessibilità ammessa dal legislatore europeo.

L'art. 4, comma 3, Dr. Ue n. 1152 dispone infatti che “le informazione [relative a: durata prova; diritto alla formazione; durata ferie; preavviso in caso di recesso; retribuzione e suoi elementi; orario di lavoro; enti previdenziali di appartenenza] possono, se del caso, essere fornite sotto forma di un riferimento alle disposizioni legislative, regolamentari, amministrative o statutarie o ai contratti collettivi che disciplinano tali punti”.

Lo schema di decreto legislativo dovrebbe opportunamente recepire tale norma ammettendo quindi un mero rinvio per relationem alle corrispondenti norme del Ccnl applicato, per i profili in questione.

Informativa in caso di distacco o missione all'estero

Anche qui l'informativa è arricchita, rispetto al passato, di elementi ulteriori (es. rimpatrio, retribuzione spettante conformemente al diritto dell'ordinamento ad quem, ecc.).

Da segnalare che pure in questa ipotesi il legislatore italiano non si avvale della flessibilità ammessa dalla direttiva europea (possibilità di informativa per relationem al Ccnl applicato).

Prescrizioni minime relative alle condizioni di lavoro

Come già accennato, lo schema del D.lgs. – in linea con la Direttiva cui dà attuazione – introduce altresì prescrizioni minime sulle condizioni di lavoro, le quali interessano ad ampio spettro le tipologie di rapporto di lavoro già menzionate.

Le prescrizioni minime di maggior interesse riguardano il periodo di prova (art. 7), il cumulo di impieghi (art. 8), la transizione a forme di lavoro più prevedibili, sicure e stabili (art. 10), la formazione obbligatoria (art. 11) e di esse si evidenziano di seguito i principali aspetti.

Periodo di prova

È disposto che il periodo di prova, ove previsto, possa avere durata massima di 6 mesi (5), salve durate inferiori previste a livello di CCNL.

La norma non recepisce la previsione contenuta nella Direttiva secondo cui “gli Stati membri possono, in via eccezionale, prevedere periodi di prova di durata superiore se questi sono giustificati dalla natura dell'impiego o sono nell'interesse del lavoratore” (art. 8, comma 3) (6).

In coerenza con quanto già affermato dalla giurisprudenza, viene introdotto il principio in base al quale l'eventuale periodo di prova, inserito nel contratto di lavoro a termine, dovrà avere una durata proporzionale alla durata del contratto e alle mansioni da svolgere, in relazione alla natura dell'impiego.

In caso di rinnovo del contratto a termine per lo svolgimento delle stesse mansioni è fatto divieto di un nuovo periodo di prova.

Quello della proporzionalità è criterio che, per il fatto di essere indiretto, può comportare incertezze; meglio sarebbe inserire nella norma anche una salvaguardia del tipo “salvo quanto previsto nei contratti collettivi”.

Cumulo di impieghi

Nel far salvo l'obbligo di fedeltà ex art. 2105 cod. civ. (con conseguente divieto di concorrenza e obbligo di riservatezza), viene stabilito che il datore di lavoro non possa vietare al lavoratore lo svolgimento di altra attività lavorativa, in orario al di fuori della programmazione dell'attività lavorativa concordata, né riservargli un trattamento meno favorevole per tale evenienza.

A tale regola fanno eccezione i casi in cui lo svolgimento da parte del lavoratore di altro, diverso rapporto possa trovare un limite nel pregiudizio per la salute e sicurezza dei lavoratori, nella tutela della riservatezza aziendale e nella esigenza di escludere/prevenire conflitti di interessi (7).

Si tenga conto che in più di un contratto collettivo di lavoro sono presenti clausole di fatto limitative della possibilità di impiego in più di un rapporto di lavoro contemporaneamente, salvo specifica autorizzazione datoriale.

Transizione a forme di lavoro più prevedibili, sicure e stabili

È previsto che il lavoratore con un'anzianità di lavoro di almeno sei mesi presso lo stesso datore di lavoro o committente (e che abbia completato l'eventuale periodo di prova) possa chiedere che gli venga riconosciuta una forma di lavoro con condizioni più “prevedibili, sicure e stabili” (in caso di risposta negativa, il lavoratore può reiterare l'istanza dopo sei mesi).

Si tratta di previsione innovativa rispetto agli istituti attualmente vigenti, soprattutto perché sembra riferire il diritto di prelazione/stabilizzazione nel rapporto subordinato anche a forme di lavoro diverse.

La volontà del lavoratore in favore di detta transizione deve essere manifestata in forma scritta entro sei mesi dalla data di cessazione del rapporto di lavoro.

Il diritto di “precedenza” si estingue una volta trascorso un anno dalla data di cessazione del rapporto e il datore di lavoro deve fornire risposta scritta motivata entro un mese dalla richiesta.

Formazione obbligatoria

È previsto che laddove il datore sia tenuto ad erogare ai lavoratori la formazione, questa dovrà essere considerata come orario di lavoro e, ove possibile, deve svolgersi durante lo stesso.

La norma esclude tuttavia da tale vincolo la formazione professionale, ma non se prevista dalla legge o dalla contrattazione collettiva: la formulazione della previsione risulta quantomeno non chiara e appare quindi auspicabile che in sede di varo definitivo della norma se ne precisi meglio il portato applicativo.

È infatti utile ricordare che, normalmente, la contrattazione collettiva prevede che una parte del “pacchetto formativo” possa essere svolta al di fuori del normale orario di lavoro.

Le norme finali dello schema di decreto legislativo, in un'ottica di effettività, stabiliscono misure di tutela contro comportamenti ritorsivi del datore di lavoro avverso a iniziative del lavoratore volte a far valere i diritti riconosciuti.

Note

(1) Inoltre, al momento dell'assunzione, i datori di lavoro pubblici e privati sono tenuti a consegnare ai lavoratori: i) copia delle scritturazioni effettuate nel L.U.L.- Libro unico del lavoro (art. 39, comma 5, d.l. 112/2008 - L. 133/2008); ii) copia della comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro (art. 4-bis, comma 2, D.lgs. 181/2000, come modif. da art. 40, comma 2, D.L. n. 112/2008 cit.). Consegnando copia della comunicazione in parola, il datore di lavoro adempie anche all'obbligo di informazione sugli elementi del contratto ex D.lgs. n. 152 cit.

(2) Lo schema di D.lgs. si compone di 16 articoli divisi in quattro capi.

(3) Il datore di lavoro comunica al lavoratore le informazioni previste dal decreto e conserva la prova della trasmissione o della ricezione. Le medesime informazioni sono, altresì, conservate e rese accessibili in qualsiasi momento su richiesta del lavoratore.

(4) Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali con decreto n. 31 del 23 febbraio 2022, pubblicato in data 30 marzo 2022 sul portale istituzionale, ha definito gli standard e le regole per la trasmissione telematica delle comunicazioni dovute dai committenti in caso di lavoro intermediato da una piattaforma digitale.
Il Ministero ha chiarito che per piattaforme di lavoro digitale si intendono quei programmi e quelle procedure informatiche che, indipendentemente dal luogo di stabilimento, condizionano le modalità di esecuzione di una prestazione di lavoro, mentre per lavoro intermediato da piattaforma digitale, si intende la prestazione di lavoro, compresa quella di natura intellettuale, che viene intermediata da una piattaforma digitale che ne condiziona le modalità di esecuzione, indipendentemente dalla qualificazione del rapporto di lavoro e dal luogo di svolgimento della prestazione.

(5) Come noto, tale termine massimo è applicato ai rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato ex art. 10 L. 604/1966.

(6) Nel considerando n. 28 della Direttiva, con riguardo alla natura dell'impiego che può giustificare una durata superiore della prova, viene espressamente richiamato il caso di “posizioni dirigenziali”. Al riguardo, in taluni Ccnl sono previsti per i dirigenti periodi di prova, compresi i rinnovi, superiori ai sei mesi, che risulterebbero ora in contrasto con lo schema di decreto legislativo.

(7) La disciplina in parola, come già accennato, è espressamente riferita anche alle collaborazioni coordinate e continuative (art. 409, commi 1 e 3, c.p.c.) e alle collaborazioni etero-organizzate (art. 2, comma 1, D.lgs. n. 81/2015).

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