Valido il testamento olografo scritto in stampatello
23 Maggio 2022
Massima
In tema di successione testamentaria, per aversi un valido testamento olografo è necessario che l'autore abbia redatto, per intero di proprio pugno, le ultime volontà, apponendovi data e firma, senza il sussidio di mezzi meccanici o l'intervento della mano di altra persona, non assumendo rilevanza le modalità di scrittura, come il prevalente utilizzo dello stampatello, al più incidente in astratto sulla maggior difficoltà dell'accertamento dell'autenticità della dichiarazione.
Il caso
Tizio, unitamente alla moglie Caia ed alle figlie Prima e Seconda nelle rispettive qualità di genitori e sorelle del de cuius Sempronio, convengono in giudizio l'erede testamentaria Mevia, al fine di sentire accertare e dichiarare che il testamento olografo di Sempronio, regolarmente pubblicato, non era riconducibile alla mano scrittura del de cuius sulla base di svariati elementi di contrasto e di difformità rispetto alle scritture di comparazione, con conseguente declaratoria di nullità ed inefficacia e, per effetto dell'invalidità ex art. 606 c.c., apertura della successione legittima ai fini della divisione pro quota dei beni del patrimonio relitto, previa sua esatta ricostruzione. In subordine, limitatamente ai soli legittimari pretermessi, gli attori chiedevano di accertare e dichiarare l'inefficacia delle disposizioni testamentarie lesive delle quote riservate ex art. 538 c.c., previa restituzione delle somme eventualmente utilizzate dalla convenuta e non connesse con la gestione dei beni ereditari. La convenuta Mevia, nella premessa di essere stata storicamente legata al de cuius da un rapporto di reciproco affetto e di convivenza, si costituiva in giudizio contestando la domanda principale volta alla declaratoria di nullità e/o inefficacia del testamento olografo, in quanto ritenuta infondata in fatto e in diritto, anche alla luce delle opposte risultanze della perizia grafologica, mentre nulla opponeva sulla domanda subordinata di reintegrazione della quota riservata ai legittimari, previa ricostruzione dell'asse ereditario e riconoscimento delle spese documentate. La questione
È valido il testamento olografo redatto in stampatello? Le soluzioni giuridiche
Il Tribunale di Pavia ha risposto al quesito in senso affermativo, dichiarando valido il testamento olografo redatto in stampatello. Infatti - afferma la corte di merito - l'aggettivo olografo significa alla lettera “scritto per intero” e viene accostato, nel linguaggio giuridico, al negozio testamentario (art. 602 c.c.), cosicché per aversi un valido testamento olografo è necessario che l'autore abbia redatto per intero di proprio pugno le ultime volontà, apponendovi data e firma, senza il sussidio di mezzi meccanici o l'intervento della mano di altra persona. La necessità che l'autografia inerisca ogni elemento del negozio testamentario e non solamente la sottoscrizione tende, da un lato, ad assicurare la personalità delle disposizioni manifestate dal de cuius (art. 587 c.c.) e, dall'altro, a garantire la corrispondenza delle dichiarazioni alle ultime volontà del testatore. Pur trattandosi di oneri formali, essi hanno una ragione diversa da quella che vige per la forma ad substantiam in materia contrattuale (ex art. 1325-1350 c.c.), poiché l'invalidità comminata dai due commi dell'art. 606 c.c., intende proteggere l'individualità e l'assoluta personalità delle disposizioni di ultime volontà confezionate nel testamento. L'essenzialità della forma (non riducibile, in ogni caso, alla oralità) costituisce il motivo per cui l'olografo, con le codificazioni moderne, è divenuta la forma di testamento più semplice, di gran lunga la più diffusa e anche la più segreta, in quanto il testatore può tenere nascosto non soltanto il contenuto della disposizione, ma perfino il fatto che egli abbia testato, sottraendosi in tal modo ad ogni eventuale pressione altrui. Sicché non è un indizio, né una suggestione capace di porre in dubbio l'autografia dell'atto di ultime volontà, la semplice circostanza che i parenti prossimi al testatore ignorino, prima della pubblicazione, l'esistenza dell'atto. La funzione attribuita all'olografia è inoltre “integrativa” della conoscenza dell'atto, cioè è chiamata a garantire che il testo sia stato “conosciuto” dal suo autore, in un significato che va oltre la “presunzione di conoscenza” delle normali scritture private; tale connotazione, insieme all'efficacia immediata e diretta del testamento nella sfera giuridica del terzo e, una volta pubblicato, anche titolo immediato di acquisto per l'erede e per il legatario ex art. 620, comma 5, c.c., costituiscono i tratti distintivi della scrittura privata “sui generis” qual è il testamento olografo rispetto a tutte le altre scritture (art. 2702 c.c.). La prescrizione formale costituisce, dunque, un duplice requisito di esistenza e validità del negozio testamentario: per essere esistente è sufficiente che esso sia redatto su un qualsiasi supporto materiale purché idoneo a trattenere lo scritto in maniera che essa risulti intelligibile, mentre, per dirsi anche valido, è necessaria l'autografia del testatore, il che implica che alla scrittura approcci un soggetto capace di intendere e di volere e che sappia leggere e scrivere. Cosicché, ai sensi dell'art. 606, comma 1, c.c., il testamento olografo è nullo “quando manca l'autografia o la sottoscrizione” (se non altro perché se manca l'olografia non è neanche concepibile che esista l'olografo), mentre ricade nella residuale forma di invalidità per annullamento (comma 2), su istanza di chiunque vi ha interesse e con prescrizione quinquennale, “ogni altro difetto di forma”, che si presume secondario e diverso rispetto alla mancanza di autografia o all'assenza della sottoscrizione. Come si evince dalla disgiunzione “o”, la sottoscrizione è prevista distintamente dall'autografia ed ha la precipua finalità di soddisfare l'esigenza di avere l'assoluta certezza non solo della loro riferibilità al testatore, già assicurata dall'olografia, ma anche dell'inequivocabile paternità e responsabilità del medesimo che, dopo avere redatto il testamento abbia disposto del suo patrimonio senza alcun ripensamento. Fatta questa premessa, il Tribunale di Pavia evidenzia come, nel caso concreto, la scheda testamentaria, ricondotta al sottoscrittore, si caratterizza per lo stile grafico utilizzato dal testatore, prevalentemente in carattere stampatello maiuscolo, mentre solo alla sottoscrizione è stata riservata la forma corsiva. Su tale punto, i giudici rilevano che la grafia, come qualunque altra estrinsecazione della personalità soggettiva, non solo cambia nel corso degli anni, ma subisce, e sensibilmente, l'influenza di stati psico-fisici mutevoli, in cui non può che elevarsi a fattore rilevante la conclamata invalidità di cui, nella fattispecie, il testatore era effetto al momento della redazione del testo e che, dopo soli due mesi, lo ha portato alla morte. Correttamente, quindi, la CTU non si è limitata ad un'analisi comparativa della scheda testamentaria in verifica con le grafie autografe certamente riconducibili al de cuius, ma ha integrato l'esame grafico, in particolare per quel che concerne la sottoscrizione, con la documentazione clinico-sanitaria in atti. Dunque, conclude il Tribunale, le conclusioni rassegnate dal CTU in termini di “certezza” quanto all'autografia della data e del testo in stampatello e in termini di “probabilità” quanto alla sottoscrizione in corsivo non sono affatto contraddittorie, ma rispecchiano fedelmente il ragionamento condotto sulla base della migliore scienza e conoscenza grafologica e risultano corrette sotto il profilo giuridico. Anzitutto, l'art. 602 c.c. richiede solo l'autografia e non anche che lo scritto debba essere di agevole comprensione o debba rispettare uno stile predeterminato, in quanto ciò che conta è la possibilità di ricondurre lo scritto al suo autore. In questo senso l'abitualità e la normalità costituiscono parametri interpretativi di assoluto rilievo, al fine, appunto, di cogliere nel segno il movimento grafico, autonomo e individuale del testatore e, in altri termini, il portato della sua personalità. Ebbene, il prevalente utilizzo dello stampatello per la redazione della data e del corpo del testamento olografo in disamina, se in astratto può anche rendere più difficile l'accertamento dell'autenticità della dichiarazione, nel caso concreto si eleva ad elemento di peculiare caratterizzazione dello stile prediletto dal de cuius, laddove le scritture comparative evidenziano la “personalizzazione” dello stampatello. Inoltre l'art. 602 c.c. non richiede quali elementi formali né la leggibilità della grafia, né tantomeno la regolarità della scrittura; viceversa, la leggibilità del testamento, intesa come idoneità alla decifrabilità del testo autografo, costituisce il presupposto per l'accertamento della volontà del testatore. Il Tribunale rigetta dunque la domanda di nullità per difetto di forma del testamento olografo redatto in stampatello, in quanto ritenuta infondata in fatto e in diritto. Osservazioni
Il testamento olografo deve essere scritto per intero di mano del testatore (art. 602, 1° comma, c.c.). La funzione dell'autografia è evidentemente quella di garantire la provenienza della scheda testamentaria dalla persona di cui si è verificata la morte, ovvero è stata dichiarata la morte presunta o l'assenza. Si discute, tuttavia, se sia consentito o meno al testatore l'uso di una scrittura diversa da quella sua abituale, come appunto lo stampatello. Infatti, non vi sono disposizioni che letteralmente stabiliscano che il testatore debba scrivere il negozio mortis causa utilizzando i caratteri che adopera di consueto (in tal senso G. Musolino, Testamento olografo. Autografia e abitualità della scrittura del testatore, in Riv. notariato, 2019, 440). In linea di principio, la giurisprudenza ritiene che tra i requisiti formali del testamento olografo (costituiti, a norma dell'art. 602 c.c., dalla sua totale autografia, dall'apposizione della data - per la quale non è richiesta una particolare posizione rispetto al testo dell'atto - e dalla sottoscrizione in calce - che può anche non essere fatta per esteso, alla condizione, espressamente prevista dalla legge, che essa valga a designare con certezza la persona del testatore) non è compreso quello della regolarità e leggibilità della scrittura, salva la necessità che il testo autografo sia decifrabile, affinché possa essere accertata la volontà del testatore (Cass. 28 ottobre 1994, n. 8899). Tuttavia, si è affermato che l'autografia deve rispondere a due requisiti fondamentali: la personalità nel senso della provenienza della scrittura del testatore e l'abitualità, nel senso che la grafia dev'essere quella da lui normalmente usata (Cass. 7 gennaio 1992, n. 32). Per tutto ciò, parte della dottrina esclude recisamente la possibilità che un testamento olografo possa essere redatto in stampatello, ritenendo che esso, oltre ad essere facilmente falsificabile, priverebbe la scrittura del suo intrinseco carattere di personalità sì da non permettere, in definitiva, di ricondurre la paternità della scheda al testatore (v. in particolare G. Azzariti, Le successioni e le donazioni, Napoli, Jovene Editore, 1990, p. 420). Altra (e preferibile) dottrina ritiene, invece, valido il testamento olografo scritto in stampatello, ad esempio nel caso in cui emergesse che il testatore usava nella scrittura tale carattere, anche solo occasionalmente (G. Branca G., Dei testamenti ordinari, Art. 601-608, in Comm. cod. civ. a cura di Scialoja e Branca, Bologna e Roma, Zanichelli e Soc. Ed. del Foro Italiano, 1986, p. 76), oppure, come nel caso deciso dal Tribunale di Pavia di cui alla sentenza in commento, laddove l'uso dello stampatello sia obbligato da particolari condizioni fisiche del testatore, purché la scrittura sia sempre inequivocabilmente riferibile al testatore. Ad esempio, si ritiene senza dubbio valido un testamento olografo interamente scritto, datato e sottoscritto mediante una penna utilizzata mediante bocca da un soggetto che non è in grado di utilizzare le mani a causa di una gravissima patologia pregressa ma che abitualmente sottoscrive carte e documenti utilizzando la bocca (F. Tresca, Testamento scritto con bocca, Consiglio Nazionale del Notariato, Risposta a quesito n. 605-2014/C del 31 luglio 2014). Ancora, a sostegno della tesi della validità del testamento olografo scritto in stampatello, si rileva che l'utilizzo dello stampatello può, ad esempio, essere giustificato dal fatto che, specie con l'avanzare degli anni, la grafia può mutare e divenire meno chiara e più incerta: il testatore può, così, avere la preoccupazione e l'esigenza di rendere più intellegibile la propria grafia medesima e, a tale scopo, adottare i caratteri a stampatello per la redazione delle volontà ultime. Un altro esempio giustificativo è quello dei soggetti che, indipendentemente dall'età e dalle condizioni psicofisiche, hanno una grafia normalmente poco leggibile e che vogliono, con l'utilizzo dello stampatello, ovviare a tale inconveniente (G. Musolino, cit., p. 443). La giurisprudenza maggioritaria ritiene valido il testamento olografo scritto in stampatello, a condizione che l'uso di tali caratteri, anche se non abituale da parte del testatore, non escluda l'autenticità della scrittura ed a condizione che non venga meno la possibilità di ricondurre lo scritto al suo autore; in particolare, si è affermato che nel testamento olografo redatto in stampatello, il requisito dell'abitualità della scrittura risulta soddisfatto allorquando sia accertato l'utilizzo, da parte del testatore, oltre che del consueto carattere corsivo, anche di quello stampatello (App. Torino, 19 dicembre 2000). In senso analogo si è pronunciata recentemente anche la Cassazione. In particolare, i giudici hanno evidenziato che “non è dubbio che le caratteristiche di abitualità e normalità del carattere grafico adoperato assumono un pregnante valore probatorio; tuttavia, tali qualità, che indirizzano verso l'individualità o personalità dello scritto (quest'ultimo requisito, talvolta indicato quale parametro, insieme agli altri due, in realtà, costituisce il giudizio conclusivo di riferibilità al testatore, frutto del positivo scrutinio dei due anzidetti parametri), non integrano i caratteri formali del testamento olografo; di talché non è consentito introdurre un requisito negativo di forma (non usare lo stampatello) non previsto dalla legge. L'art. 602 c.c., come, peraltro, l'art. 775 c.c., comma 1 del 1865, richiede solo l'autografia. La dottrina, anche da tempo risalente, ha escluso che ulteriore caratteristica dell'autografia sia costituita dalla agevole accertabilità della stessa, fermo restando che l'uso di forme grafiche peculiari, atipiche, o, a maggior ragione, criptiche o riferibili a codici grafici non comuni, o non in uso, aumenta il rischio che non possa assegnarsi al testatore lo scritto; cioè che non possa giungersi ad un giudizio di positiva attribuzione allo stesso, secondo la regola della individualità o personalità. In questo senso l'abitualità e la normalità costituiscono parametri interpretativi di assoluto rilievo, al fine, appunto, di cogliere nel segno il movimento grafico, autonomo e individuale del testatore e, in altri termini, il portato della sua personalità. Ed in questo senso, l'uso dello stampatello, non giustificato da condizioni psicofisiche e da abitudine del dichiarante o da altre circostanze contingenti, il cui esame è di esclusiva competenza del giudice del merito, rappresenta, da un punto di vista, si ribadisce, dell'astratto rilievo probatorio, evenienza di pregnante significato. Tuttavia, si tratta, pur sempre, d'indice sintomatico, se si vuole, di allarme, che non può indurre a una interpretazione rigoristica e letterale, che rischierebbe di obliterare la volontà testamentarie sol che il testatore non si sia attenuto alla sua scrittura abitualmente tipica. Conclusione, quest'ultima, che non terrebbe conto del fatto che la grafia, come qualunque altra estrinsecazione della personalità soggettiva, non solo cangia nel corso degli anni, ma subisce, e sensibilmente, l'influenza di stati psico-fisici mutevoli, anche al di là della conclamata patologia e che contrasterebbe con l'art. 602 c.c., e, più in generale, con il principio di libertà negoziale” (Cass. 5 dicembre 2018, n. 31457; Cass. 31 dicembre 2021, n. 42124). In conclusione, riteniamo che il notaio a cui venga presentato per la pubblicazione un testamento scritto in stampatello (ma naturalmente sottoscritto dal testatore) non possa rifiutarsi di procedere alla pubblicazione stessa; tuttavia, poiché nel verbale di pubblicazione il notaio deve descrivere lo stato del testamento (art. 620, 3° comma, c.c.), potrà dare atto di tale circostanza. Laddove nel verbale di pubblicazione mancasse tale precisazione circa la scritturazione in stampatello, il comportamento tenuto dal notaio non integra alcuna violazione disciplinare in quanto la valutazione circa la grafia non rientra nella competenza e nella funzione del notaio, né le predette irregolarità nella stesura del verbale di pubblicazione si riflettono sul testamento olografo, le cui cause di nullità dipendono per legge esclusivamente dai vizi del testamento medesimo. In ogni caso, secondo l'orientamento assolutamente prevalente il notaio deve comunque procedere alla pubblicazione di un testamento anche nei casi di invalidità manifesta. Infatti, non spetta al notaio decidere se il testamento è valido oppure no e, sulla base di tale giudizio, decidere se pubblicare o meno il testamento. La valutazione in ordine alla validità o meno del testamento olografo è di competenza esclusiva dell'autorità giudiziaria e sarà interesse delle parti promuovere un eventuale giudizio di nullità o di annullabilità in relazione al testamento.
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