La conferibilità delle criptovalute in sede di aumento di capitale

Federico Piccione
25 Maggio 2022

La sempre più rapida diffusione dei cc.dd. crypto-assets suggerisce di verificarne la collocazione in ambito societario. Prendendo le mosse da isolati provvedimenti giurisprudenziali, l'Autore si sofferma sulla possibilità di conferire criptovalute in sede di aumento di capitale di una società a responsabilità limitata, in un'analisi che si dipana tra la natura giuridica dei crypto-assets, la disciplina dei conferimenti in denaro, quella dei conferimenti in natura e il tema dei cc.dd. conferimenti atipici.
Introduzione

Negli ultimi anni i mercati finanziari sono stati ridisegnati dai cc.dd. crypto-assets, i cui profili strutturali e funzionali - aventi caratteristiche originali e innovative rispetto alle tradizionali categorie dogmatiche del sistema finanziario - hanno formato oggetto di approfondite riflessioni da parte degli operatori giuridici ed economici, anche alla luce della condizione di pressoché totale anomia nella quale versa la materia dei crypto-assets (sul tema, cfr. G. Gasparri, Riflessioni sulla natura giuridica del bitcoin tra aspetti strutturali e profili funzionali, in Dialoghi di diritto dell'economia, dicembre 2021).

Nell'ambito del diritto societario, il fenomeno in questione è stato analizzato dal formante giurisprudenziale - e dalla relativa elaborazione dottrinale - con riguardo alla conferibilità delle criptovalute in sede di aumento oneroso del capitale sociale di una società a responsabilità limitata.

Segnatamente, hanno avuto modo di esprimersi sul tema (con riferimento alla medesima fattispecie) (il caso di specie oggetto delle pronunce di seguito richiamate aveva ad oggetto un ricorso ex art. 2436, comma 3, c.c. proposto dall'amministratore unico della società "Seven Business S.r.l." avverso il rifiuto del notaio di iscrivere nel competente Registro delle Imprese la delibera di aumento del capitale della società da eseguirsi mediante conferimento - inter alia - di alcune unità della criptovaluta "One Coin". Segnatamente, il notaio ha evidenziato che le criptovalute, stante la loro volatilità, "non consentono una valutazione concreta del quantum destinato alla liberazione dell'aumento di capitale sottoscritto" né di valutare "l'effettività del conferimento"), con provvedimenti che rappresentano i primi arresti giurisprudenzialiin materia di criptovalute nel contesto di operazioni societarie (al di là dell'ambito societario, si segnalano (in ambito fallimentare) Trib. Firenze 21 gennaio 2019, in www.cryptominando.it e (in ambito finanziario) e Trib. Verona 24 gennaio 2017, in Banca borsa tit. cred., 2017, 468):

(a) il Tribunale di Brescia (decreto n. 7556 del 18 luglio 2018, edito in Giur. comm., 2020, 4, II, 883; Banca borsa tit. cred., 2019, 6, II, 736; Riv. dott. comm., 2019, 2, 253; Riv. Not., 2018, 6, 1283), che, dopo aver assimilato il conferimento di criptovalute al conferimento in natura ha affermato l'idoneità in astrattodelle criptovalute a costituire un elemento dell'attivo conferibile nel capitale di una società a responsabilità limitata (cfr. Trib. Brescia 18 luglio 2018, cit., secondo cui "in questa sede non è in discussione l'idoneità della categoria di beni rappresentata dalle c.d. "criptovalute" a costituire elemento di attivo idoneo al conferimento nel capitale di una s.r.l."); ma ha altresì sottolineato la necessità di parametrare tale giudizio di idoneità sulla base della natura e delle caratteristiche in concretodella singola criptovaluta oggetto di conferimento, tenuto conto dell'espropriabilità e della suscettibilità di valutazione economica della stessa (cfr. Trib. Brescia 18 luglio 2018, cit., secondo cui occorre indagare "se il bene concretamente conferito nel caso di specie […] soddisfi il requisito di cui all'art. 2464, comma 2, c.c., […] dovendosi […] indagare la natura e le caratteristiche in concreto della singola criptovaluta oggetto di conferimento");

(b) la Corte d'Appello di Brescia (sentenza n. 26 del 30 ottobre 2018, edita in Giur. comm., 2020, 4, II, 883; Banca borsa tit. cred., 2019, 6, II, 736; Riv. dott. comm., 2019, 1, 52; Riv. Not., 2018, 6, 1286), che ha assimilato - quanto meno sul piano funzionale - le criptovalute al denaro, affermando tuttavia l'inidoneità delle stesse - stante la loro intrinseca volatilità - a costituire oggetto di conferimento.

Sulla scorta di tali pronunce, il presente contributo si propone di svolgere alcune considerazioni in merito alla conferibilità delle criptovalute in sede di aumento oneroso del capitale di una società a responsabilità limitata, prendendo le mosse (come pare opportuno alla luce del tema in esame) dall'individuazione della natura giuridica delle criptovalute (o meglio, dall'individuazione della categoria - denaro o beni in natura - alla quale le criptovalute debbano essere assimilate) (sulla natura giuridica delle criptovalute, cfr. M. Krogh, Transazioni in valute virtuali e rischi di riciclaggio. Il ruolo del notaio, in Riv. Not., 2018, II, 155; R.M. Morone, Bitcoin e successione ereditaria: profili civili e fiscali, in Giust. civ., 2018, 5, II, 1-13; R. Razzante, Bitcoin: tra diritto e legislazione, in Riv. Not., 2018, IV, 383; S. Bonavita, Bitcoin: i vantaggi e gli svantaggi della criptovaluta, in Quot. Giur., 2016; N. Mancini, Bitcoin: rischi e difficoltà normative, in Banca impr. soc., 2016, 35, 1, 111; S. Capaccioli, Criptovalute e bitcoin: un'analisi giuridica, Milano, 2015; N. Vardi, Criptovalute e dintorni: alcune considerazioni sulla natura giuridica dei bitcoin, in Dir. inform., 2015, III, 443).

Natura giuridica delle criptovalute

Preliminarmente a qualsiasi analisi in merito alla riconducibilità delle criptovalute agli istituti giuridici esistenti, pare necessario premettere che le criptovalute non sono una categoria monolitica ma, a seconda delle relative caratteristiche tecnologiche e dell'effettivo meccanismo di funzionamento, possono essere classificate come: (i) token di pagamento (payment token), criptovalute utilizzate quali strumenti di pagamento, valuta o trasferimento di valore; oppure (ii) token di utilizzo (utility token), criptovalute finalizzate all'utilizzo di un servizio su infrastruttura blockchain; oppure (iii) token di investimento (asset token o security token), criptovalute rappresentative di valori patrimoniali quali azioni, obbligazioni, strumenti finanziari.

Come meglio specificato infra, tale polimorfismo tassonomico è un tema centrale nel giudizio di conferibilità, giudizio che proveremo a formulare muovendo dalla nozione di conferimento in denaro.

(Segue) Il conferimento di criptovalute come conferimento in denaro

Secondo la dottrina maggioritaria (espressione della c.d. teoria statalista o cartalista) (secondo tale teoria - contrapposta alla c.d. teoria funzionale e alla c.d. teoria istituzionale - la moneta è: (i) emessa e riconosciuta da un'autorità centrale; (ii) contraddistinta dal potere liberatorio di estinguere le obbligazioni pecuniarie (c.d. corso legale); e (iii) caratterizzata dall'impossibilità di essere rifiutata come mezzo di pagamento (c.d. corso forzoso). In dottrina, cfr. G. Ferri jr., sub art. 2342 c.c., in E. Gabrielli (diretto da), Commentario del codice civile, Torino, 2015, 762; A. Di Amato, Le S.r.l., Padova, 2011, 82; M.S. Spolidoro, Conferimenti in natura nelle società di capitali, in P. Abbadessa - G.B. Portale (diretto da), Il nuovo diritto delle società, Torino, 2007, 252), la nozione di conferimento in denaro comprende esclusivamente l'apporto in valuta avente corso legale nello Stato di riferimento, da intendersi quale unità di misura - emessa e riconosciuta da un'autorità centrale - del valore dei beni e dei servizi scambiati sul mercato, dotata di un'intrinseca stabilità che le consente di assolvere a tale funzione.

Le criptovalute, per contro, non sono emesse riconosciute da un'autorità centrale - trattandosi invero di monete generate (rectius, minate) da soggetti privati (cc.dd. miners) attraverso l'aggiunta di un blocco alla blockchain - dotate di alcuna stabilità (tenuto conto del fatto che il loro valore, in assenza di un'autorità centrale con funzioni di stabilizzazione dei cambi, dipende esclusivamente dalle dinamiche di mercato) (sul tema, cfr. M. Natale, Dal "cripto-conferimento" al "cripto-capitale"?, in Banca borsa tit. cred., 2019, 6, II, 741, secondo cui "il valore delle criptovalute è estremamente volatile perché, data un'offerta fissa o comunque rigida, esso è soggetto alle variazioni legate all'entità della domanda. A fronte di una simile dinamica, la decentralizzazione di un sistema come la blockchain, che non prevede e non permette un intervento stabilizzatore esterno, esclude che le criptovalute possano rappresentare l'unità di misura del valore o dei prezzi di beni e servizi scambiati sul mercato") e, pertanto, le stesse non possono avere corso legale nello Stato e, conseguentemente, non possono essere assimilate al denaro ai fini della conferibilità in società di capitali (sul tema, cfr. G. Fauceglia, "Moneta" e "denaro": il tema del conferimento societario in criptovalute. Note introduttive, in Riv. Not. 2018, 6, 1293, secondo cui "il termine "danaro", nell'impianto codicistico, intende riferirsi ad una nozione che ne presuppone il corso legale come traduzione di un valore accertato […] in ragione dell'attribuzione di un valore […] di scambio. […] In questa prospettiva, si pone il problema dell'idoneità, ai fini propri del conferimento in società, delle criptovalute, per le quali si ritiene non essere possibile attribuire valore di scambio ad un'entità […] in assenza di un sistema di scambio idoneo a determinare l'effettivo valore in euro ad una certa data"; F. Murino, L'oggetto del conferimento di s.r.l. nelle massime notarili e i token, in Riv. Not., 2018, 1294, secondo cui "va premesso come la criptovaluta non possa essere assimilata al conferimento in contanti: infatti, i conferimenti in denaro sono da intendersi come quelli da assolversi nella stessa moneta in cui è determinato il capitale sociale, vale a dire, trattandosi di società italiane, in euro, o con altri mezzi normali di pagamento di un'obbligazione pecuniaria". In senso conforme, cfr. C. Flaim, Nuove frontiere del conferimento in società a responsabilità limitata: il caso delle criptovalute, in Giur. comm., 2020, 4, 900; G. Zanarone, sub artt. 2464-2465, in E. Gabrielli (diretto da), Commentario del codice civile, cit., 219) (ampliando lo spettro d'indagine territoriale, occorre segnalare come nessuno Stato sovrano - ad eccezione del governo salvadoregno, che nel giugno 2021 ha affiancato il bitcoin al dollaro americano come legal tender - abbia individuato le criptovalute quali monete aventi corso legale nel relativo ordinamento giuridico (sul tema, cfr. M. Mancini, Valute virtuali e "Bitcoin", in An. giur. ec., 2015, 1, 124)).

(Segue) Il conferimento di criptovalute come conferimento di beni in natura. Il giudizio di conferibilità in astratto

Alla luce dei principi e dei corollari della teoria statalista, l'apporto di criptovalute deve quindi essere valutato secondo la disciplina propria dei conferimenti di beni in natura (la Seconda Direttiva Societaria distingue tra conferimento in contanti e conferimento non in contanti ("consideration other than cash"): se ne deduce quindi che la disciplina dei conferimenti in natura deve essere applicata a "tutti i conferimenti non in contanti, definizione utilizzata dalla Seconda Direttiva […] per ricomprendere, in negativo, tutte le entità conferibili diverse dal denaro" (A. Trabucchi, Istituzioni di diritto commerciale, Padova, 2010, 794). Sul tema, cfr. C. Michi, Criptovalute e capitale sociale: un binomio imperfetto?, in Riv. Not., 2019, 3, 604, secondo cui "le criticità che ancora interessano la ricostruzione giuridica delle criptovalute consigliano di qualificare le nuove monete come beni, sottoposte al regime di cui agli artt. 2464, secondo comma e 2465 c.c."; M. Passaretta, Conferimenti di criptovalute in società. Principi e problemi applicativi, in Riv. Not., 2018, 6, 1301, secondo cui "solo la moneta legale estingue ex lege l'obbligazione. Ne consegue che i conferimenti in altra valuta o in valuta virtuale sono assoggettati alla disciplina dei conferimenti in natura"; in senso conforme, cfr. S. Coan - E. Paludet, Sull'ammissibilità del conferimento di criptovalute nel capitale sociale di s.r.l., in Riv. dir. soc., 2019, 4, 773; V. De Stasio - G. Nuzzo, sub art. 2342, in P. Abbadessa - G.B. Portale (diretto da), Le società per azioni, Milano, 2016, 357).

Sul tema, la disposizione di riferimento è data dall'art. 2464, comma 2, c.c., secondo cui "possono essere conferiti tutti gli elementi dell'attivo suscettibili di valutazione economica".

In primo luogo, quindi, l'oggetto del conferimento deve essere un elemento dell'attivo, per tale intendendosi un valore che:

(a) comporti il sorgere di una situazione positiva nel patrimonio della società, che può esprimersi attraverso un incremento dell'attivo o una riduzione del passivo dello stato patrimoniale (si pensi ad esempio alla remissione del debito della società verso il conferente o al pagamento del debito della società verso il terzo (sul tema, cfr. M. Miola, Capitale sociale e conferimenti nella "nuova" società a responsabilità limitata, in Riv. soc., 2004, 667);

e

(b) secondo la dottrina maggioritaria, non necessariamente deve essere una voce iscrivibile secondo i criteri propri del bilancio d'esercizio (sul tema, cfr. P. Masi, sub art. 2464, in G. Niccolini - A. Stagno D'Alcontres (a cura di), Società di capitali, Napoli, 2004, 1428, il quale osserva che non tutti gli elementi conferibili sono iscrivibili a bilancio (e.g. l'avviamento) e viceversa (e.g. le concessioni amministrative, salvo il consenso dell'autorità concedente). In senso conforme, cfr. G. Zanarone, Della società a responsabilità limitata, in Commentario Schlesinger, Milano, 2010, 287-288; M. Avagliano, sub art. 2464, in P. Marchetti - L.A. Bianchi - F. Ghezzi - M. Notari (diretto da), Commentario alla riforma delle società. Società a responsabilità limitata, Milano, 2008, 80, secondo cui "l'iscrizione di un apporto in bilancio costituisce un posterius, e non un presupposto della conferibilità").

Nello specifico caso della criptovaluta, tale requisito risulterebbe integrato, tenuto conto del fatto che, secondo la dottrina più recente, "l'apporto di moneta virtuale determina il sorgere, in capo alla società, di una situazione giuridica certamente positiva o quantomeno non negativa, bensì neutra, per coloro che non attribuiscono un valore alla criptovaluta" (così C. Flaim, cit.). Anche a voler aderire alla corrente dottrinale secondo cui tutti i conferimenti devono essere suscettibili di iscrizione a bilancio (sul tema, cfr. G. Olivieri, Investimenti e finanziamenti nelle società di capitali, Torino, 2008, 56; C. Angelici, La riforma delle società di capitali, Padova, 2006, 54), è possibile inquadrare le criptovalute nelle più generiche voci del bilancio di esercizio riconducibili ai principi contabili nazionali e internazionali ("È possibile, quindi, ipotizzare una soluzione spostando l'analisi a livello di entità considerando quindi sia l'attività svolta e sia le finalità per le quali si detiene la criptovaluta, […] individuando in (i) traders/exchangers, vale a dire chi acquista e vende le criptovalute a titolo professionale, (ii) investors, vale a dire chi le utilizza quale forma di investimento e (iii) users. Questa distinzione conduce alla soluzione logica che i traders/exchangers e miners potranno considerare le criptovalute detenute a fine anno quali magazzino, mentre i soggetti che esercitano altre attività, equiparandole a attività finanziaria, potranno indicarle in bilancio quale Attivo circolante, "Attività finanziarie che non costituiscono immobilizzazioni" nella voce C) III 6) "altri titoli"" (così S. Capaccioli, Rappresentazione di criptovaluta nel bilancio di esercizio, in Riv. Not., 2018, 6, 1322)) operando una previa distinzione tra le singole criptovalute sia in base alle finalità del loro impiego (detenzione, scambio, investimento, etc.) sia in base alle loro caratteristiche intrinseche.

Prima di passare all'analisi del secondo termine del dittico di cui all'art. 2464, comma 2, c.c. (vale a dire la suscettibilità di valutazione economica), pare opportuno spendere qualche riflessione sull'altro requisito che il Tribunale di Brescia considera necessario ai fini del conferimento di una criptovaluta, ovvero l'espropriabilità della stessa.

Tale requisito risente dell'adesione da parte del giudice di prime cure ad una corrente dottrinale ormai minoritaria, in forza della quale il capitale sociale assolverebbe ad una funzione di garanzia dei terzi (in tal senso, cfr. P. Jaeger - F. Denozza - A. Toffoletto, Appunti di diritto commerciale, Milano, 2010, 121; G. Olivieri, Capitale e patrimonio nella riforma delle società, in Riv. dir. civ., 2004, I, 257; A. Pisani Massamormile, I conferimenti nelle società per azioni. Acquisti "pericolosi". Prestazioni accessorie, in Commentario Schlesinger, Milano, 1994, 5; E. Simonetto, Responsabilità e garanzia nel diritto delle società, Padova, 1959, 412). Detta corrente è stata superata da un orientamento secondo il quale il capitale sociale svolgerebbe una funzione produttiva, finalizzata a consentire alla società di dotarsi dei mezzi necessari per svolgere l'attività d'impresa (in tal senso, cfr., in giurisprudenza, Cass. 19 febbraio 2018, n. 3946, in Riv. dott. comm., 2018, 2, 275, secondo cui "l'oggetto del conferimento da parte del socio non deve necessariamente identificarsi in un bene suscettibile di espropriazione forzata"; Cass. 24 aprile 1998, n. 4236, in Giust. civ., 1998, I, 2819; Cass. 5 febbraio 1996, n. 936, in Giur. comm., 1998, II, 505; in dottrina, M. Rubino De Ritis, Apporti di criptomonete in società, in www.giustiziacivile.com, 19 marzo 2019; V. Cristini - G. Amato, L'idoneità delle criptovalute a costituire oggetto di conferimento in società: i primi approcci della giurisprudenza tra timide aperture e cauta diffidenza, in www.ilcaso.it, 4 dicembre 2018; G.F. Campobasso, Diritto commerciale. Diritto delle società, Torino, 2015, 183; A. Busani, S.r.l.. Il nuovo ordinamento dopo il D. Lgs. 6/2003, Milano, 2003, 165; F. Tassinari, I conferimenti e la tutela dell'integrità del capitale sociale, in AA.VV., La riforma della società a responsabilità limitata, Milano, 2003, 10. Con riguardo alle criptovalute, le stesse "assolvono […] a una funzione produttiva, per il fatto che chi ne dispone […] può convertirle in moneta avente corso legale, dunque in moneta a spendibilità diffusa, oppure scambiarle per l'acquisto di beni o servizi" (così M. Passaretta, cit., 1303)). La garanzia che il capitale sociale deve offrire ai creditori sociali, pertanto, è di tipo giuridico-contabile e non materiale, con conseguente inoperatività dell'espropriabilità come requisito di conferibilità (tanto più in un sistema in cui il legislatore ha ammesso all'art. 2463, comma 4, c.c. la costituzione di una s.r.l. c.d. nummo uno).

Fermo quanto sopra, anche a voler accedere alla posizione concettuale che vede nel capitale sociale uno strumento di garanzia verso i terzi, occorre ricordare come vi siano già state in Italia esperienze di sequestro di criptovalute che dimostrano la fattibilità dell'esecuzione forzata sui crypto-assets (si fa riferimento ad un procedimento pre-fallimentare a carico della piattaforma di scambio "BitGrail S.r.l." che, a seguito di un sequestro disposto dall'autorità giudiziaria, ha trasferito su un wallet creato dal curatore speciale e dal consulente informatico i bitcoin contenuti nei wallet sociali (Trib. Firenze 21 gennaio 2019, cit.)).

Archiviato questo breve interludio, ritornando al secondo termine del dittico di cui all'art. 2464, comma 2, c.c., ricordiamo come - secondo la dottrina maggioritaria (sul tema, cfr. S. Romano, I conferimenti, in A.A. Dolmetta - G.M.G. Presti (a cura di), S.r.l. commentario, Milano, 2011, 150; G. Ferri jr., Investimento e conferimento, Milano, 2001, 355; G. Olivieri, I conferimenti in natura nelle società per azioni, Padova, 1989, 71; C. Angelici, La costituzione delle società per azioni, in Trattato Rescigno, Torino, 1985, 246) - la suscettibilità di valutazione economica sussista qualora all'entità considerata sia attribuibile un valore secondo un giudizio il più possibile oggettivo, compiuto nell'ambito di un mercato di riferimento (sul tema, cfr. G. Zanarone, Della società a responsabilità limitata, cit., 290, secondo cui "la suscettibilità di valutazione economica di cui all'art. 2464 va interpretata come idoneità a rappresentare un valore non solo per i soci ma anche per i terzi, misurabile dunque secondo parametri il più possibile oggettivi"; M. Avagliano, sub art. 2464, cit., 81, secondo cui l'art. 2464 c.c. richiederebbe che "quanto promesso sia determinabile in maniera attendibile, e che dunque sia possibile compierne una valutazione (pecuniaria) secondo criteri oggettivi e sufficientemente certi").

L'esito di tale giudizio non risulta affatto scontato qualora l'entità da conferire sia una criptovaluta che, singolarmente considerata, non ha alcun valore ma, al più, un'utilità strumentale, in quanto consente - se convertita in moneta avente corso legale - di acquistare beni e servizi. Il valore della criptovaluta è determinato su base convenzionale dai consociati (sul tema, cfr. V. Cristini - G. Amato, cit., 12, secondo cui "manca un'autorità centrale che garantisca l'universalità solutoria della criptovaluta, ne controlli l'emissione, adotti se del caso misure volte ad aumentare o ridurre la liquidità del sistema, con la conseguenza che il valore delle stesse è rimesso esclusivamente alle scelte degli operatori ed al rapporto tra domanda ed offerta"), tenuto conto anche della natura e delle caratteristiche del crypto-asset di volta in volta preso in considerazione.

Il giudizio di suscettibilità di valutazione economica, pertanto, va necessariamente condotto su base casistica, può variare sensibilmente a seconda della criptovaluta di volta in volta da conferire (sul tema, cfr. F. Murino, cit., 1294, secondo cui "l'accertamento se la criptovaluta sia annoverabile tra "tutti gli elementi dell'attivo suscettibili di valutazione economica" non p[uò] prescindere dalla ricostruzione dello specifico asset oggetto di conferimento"; M. Passaretta, cit., 1303, secondo cui "le valute virtuali possono costituire oggetto di conferimento, purché se ne indaghi la natura e le caratteristiche in concreto"); stante l'intrinseca volatilità del bene in esame, sarebbe opportuno parametrare la valutazione della criptovaluta all'andamento del valore della stessa nei sei mesi antecedenti al conferimento (e non meramente al momento in cui viene predisposta la relazione giurata ex art. 2343 c.c.) (sul tema, cfr. M. Chierici, Aumento di capitale mediante conferimento in criptovalute: il problema della valutazione economica, in Riv. dott. comm., 2019, 2, 256, secondo cui "per le monete virtuali ci si può servire di strumenti matematico-statistici che studino l'andamento delle valutazioni o facciano previsioni future che in ogni caso potranno essere disattese ma senza dubbio forniscono un metro di paragone più aderente alla realtà rispetto al mero valore attuale". In tema di conseguenze sulla società delle oscillazioni di valore della criptovaluta, cfr. B. Campagna, Limiti all'utilizzabilità delle criptovalute in sede di aumento di capitale, in Diritto Bancario, agosto 2018, secondo cui "se […] oggi conferissi nel capitale di una S.r.l. 20 bitcoin, questo conferimento avrebbe un controvalore economico di circa 110.000 Euro. Se però il valore del bitcoin scendesse a 2.300 Euro, il controvalore del capitale sociale arriverebbe a soli 46.000 Euro e, di fatto, si avrebbe una perdita superiore ad 1/3, così scattando tutti i meccanismi (di tutele e responsabilità) previsti, in simili casi, dalla legge").

A titolo di completezza, si segnala che - ai fini dell'integrale liberazione delle quote al momento della sottoscrizione del capitale, richiesta dall'art. 2464, comma 5, c.c. (secondo R. Battaglini, Conferimento di criptovalute in sede di aumento di capitale sociale, in Giur. comm., 2020, 4, II, 913, "scopo della norma potrebbe essere quello di porre l'entità oggetto del conferimento nell'immediata disponibilità della società (nel senso che la società può trarne immediata utilità economica) sin dal momento della sottoscrizione, in linea con la funzione produttivistica del capitale e con il principio consensualistico di cui all'art. 1176 c.c.") - è necessario, in base all'approccio concettuale attualmente maggioritario (secondo il quale il bene conferito deve essere messo nella disponibilità non solo giuridica, ma anche materiale della società conferitaria), che il socio conferente, al momento della sottoscrizione dell'aumento di capitale, consegni alla società le credenziali (c.d. transaction password) per poter disporre della criptovaluta conferita (sul tema, cfr. F. Murino, cit., 1296, secondo cui tale soluzione consentirebbe alla società conferitaria di utilizzare il bene conferito "ai fini del proficuo svolgimento dell'attività sociale e, dunque, indirettamente, del tempestivo soddisfacimento dei creditori. Si tratta infatti della soluzione che più di ogni altra riesce a tenere conto di entrambi i motivi ispiratori […] della disciplina dei conferimenti, componendo in un accettabile equilibrio principio di effettività del capitale ed esigenza di funzionalità dell'impresa").

(Segue) Il giudizio di conferibilità in concreto

Laddove il giudizio di conferibilità, calato in concreto, dia esito positivo, nulla quaestio in merito alla possibilità di apportare la singola criptovaluta (o le singole criptovalute) al capitale sociale.

Quid in caso di esito negativo di tale giudizio?

Nella fattispecie al vaglio delle corti bresciane, il giudice di prime cure ha negato tout court la conferibilità della criptovaluta, stante l'autoreferenzialità della stessa, non presente su alcun mercato e, per converso, operativa solo su una piattaforma riconducibile ai medesimi soggetti ideatori della criptovaluta in questione (cfr. Trib. Brescia, 18 luglio 2018, cit., secondo cui la criptovaluta in esame "non è ad oggi presente in alcuna piattaforma di scambio tra criptovalute ovvero tra criptovalute e monete aventi corso legale, con la conseguente impossibilità di fare affidamento su prezzi attendibili in quanto discendenti da dinamiche di mercato. Di converso, risulta agli atti che l'unico "mercato" nel quale [OneCoin] concretamente opera è costituito da una piattaforma dedicata alla fornitura di beni e servizi riconducibile ai medesimi soggetti ideatori della criptovaluta: […] ne deriva, dunque, un carattere prima facie autoreferenziale dell'elemento dell'attivo conferito, incompatibile con il livello di diffusione e pubblicità di cui deve essere dotata una moneta virtuale che aspira a detenere una presenza effettiva sul mercato". In dottrina, cfr. M. Chierici, cit., secondo cui "il dato numerico degli utilizzatori è […] un parametro fondamentale per individuare il valore della valuta, essendo queste essenzialmente slegate dal valore delle valute tradizionali o dal valore di materie prime, […] la loro valutazione non è che il risultato della combinazione di domanda e offerta, laddove il sistema venga utilizzato da una molteplicità di utenti, e non presenti falle di sicurezza, nuovi utenti saranno attratti al prendervi parte aumentando di conseguenza la valutazione". Per completezza, segnaliamo come il crypto-asset OneCoin si sia rivelato un meccanismo piramidale con finalità illecite, sanzionato dall'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato con provvedimento del 25 luglio 2017. Tale circostanza, secondo F. Murino, Il conferimento di token e di criptovalute nelle S.r.l., in Soc., 2019, 29, sarebbe stata ex se sufficiente per dichiarare la non conferibilità della criptovaluta in questione, poiché emessa contra ius).

Senza voler essere così tranchant nella valutazione, in caso di esito negativo del giudizio di conferibilità potrebbe ritenersi ammissibile - e, di conseguenza, valido - l'apporto di criptovalute nel patrimonio della società in qualità di conferimenti atipici (sul tema, cfr. F. Zabban, S.r.l.: entità conferibili e conferimenti atipici, ne I quaderni della Fondazione Italiana per il Notariato, Milano, 2009, 12, III, 9-15, secondo cui "sembra […] possibile convenire sulla loro [degli apporti, ndr] assunzione in società, in quanto utili all'impresa, in una diversa forma, [ovvero] l'attribuzione di partecipazioni non proporzionali al conferimento. […] La fattispecie concreta è facilmente delineabile: il socio che apporta - insieme al conferimento suscettibile di imputazione a capitale - altra entità non suscettibile […] di tale imputazione, si vedrà attribuita partecipazione sociale superiore a quella corrispondente al conferimento di capitale, "compensata" dal maggior conferimento di altro socio". Sempre in materia di conferimenti atipici, cfr. E. Civerra, Conferimenti atipici in sede di aumento del capitale, in Soc., 1999, 18, 9, 1081; B. Ferraro, I conferimenti atipici, in Soc., 1990, 9, V, 588-590; G.B. Portale, Profili dei conferimenti in natura nel nuovo diritto italiano delle società di capitali, in Corr. giur., 2003, 2663; id., I conferimenti in natura "atipici" nella S.p.A.. Profili critici, Milano, 1974).

Muovendo dalla prospettiva di entità non conferibili, infatti, tale via risulterebbe eleggibile onde far acquisire alla società - con una funzione di "para-capitale" - utilità non imputabili direttamente a capitale, mediante i cc.dd. negozi di attribuzione o di apporto a società, i quali potranno avere ad oggetto - per quanto qui interessa - anche beni in natura.

In conclusione

Sulla base della ricognizione sopra svolta, il conferimento di una criptovaluta in sede di aumento oneroso del capitale sociale di una società a responsabilità limitata appare un'operazione astrattamente possibile, la cui legittimità, però, deve essere concretamentesindacata su base casistica, tenuto conto della disciplina applicabile ai conferimenti in natura.

Tuttavia, la sempre più rapida diffusione e la sempre maggiore rilevanza del fenomeno dei crypto-asset rendono auspicabile che le analisi finora svolte su base esclusivamente giurisprudenziale e dottrinale possano trovare un fondamento normativo che regoli in maniera unitaria, sistematica e organica la materia, con particolare riguardo alla natura giuridica dei crypto-asset e, per quanto di nostro interesse, all'idoneità degli stessi a costituire oggetto di conferimento in società di capitali.

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