Notifica della sentenza alla parte personalmente: non è idonea a far decorrere il termine breve per impugnare

07 Dicembre 2020

Alla luce del contrasto presente tra le sezioni della Corte di cassazione circa l'idoneità o l'inidoneità della notifica della sentenza effettuata alla parte personalmente per far decorrere il termine breve per impugnare, le Sezioni Unite affermano che affinché si produca l'effetto acceleratorio è necessario che la notifica del provvedimento sia effettuata al procuratore, poiché unico soggetto munito delle necessarie competenze tecniche per valutare l'interesse del cliente ad un'impugnazione entro il termine breve. Ne discende che è indispensabile che il procuratore sia menzionato nella notifica, o che sia univocamente percepibile come destinatario di tale attività, mentre resta neutra, nel senso di ambigua rispetto al fine indicato, la notifica eseguita alla parte personalmente, senza alcuna menzione del difensore, dunque, inidonea a far decorrere il termine di cui all'art. 325 c.p.c.
Questione controversa

La questione oggetto di rimessione alle Sezioni Unite nasce dalla seguente vicenda: in seguito al ritenuto illegittimo abbattimento di alcuni capi di bestiame, disposto dal competente servizio veterinario dell'Azienda USL, il proprietario degli animali proponeva domanda di risarcimento danni. La convenuta si costituiva nominando difensore un determinato avvocato, appartenente al servizio interno dell'avvocatura della ASL, ed eleggendo domicilio ai fini del giudizio presso la sede del difensore.

Con la sentenza di primo grado il Tribunale adìto accoglieva la domanda risarcitoria. Detta sentenza veniva notificata alla ASL, nella sua sede generale, senza indicare il nominativo del difensore dal quale era stata assistita in primo grado. In particolare, nella relazione di notificazione dell'atto di appello si dichiarava che la sentenza veniva notificata alla ASL soccombente, ma con domicilio presso la sua sede istituzionale e non presso il domicilio propriamente eletto dal suo difensore nel giudizio di prime cure.

La convenuta impugnava la sentenza di primo grado con atto notificato nel termine di cui all'art. 327 c.p.c. e la Corte di appello, con sentenza del febbraio 2018, dichiarava l'inammissibilità del gravame in quanto ritenuto tardivo. A sostegno della sua decisione, il giudice di secondo grado rilevava che poiché la notificazione della sentenza, così come effettuata, doveva ritenersi rituale, la convenuta appellante avrebbe dovuto impugnarla nel termine breve previsto dall'art. 325 c.p.c., il quale, non essendo stato rispettato, non poteva che determinare la tardività del gravame e, quindi, la sua inammissibilità.

L'appellante proponeva ricorso per cassazione avverso la sentenza di appello sostenendo che le modalità con cui era avvenuta la notifica della sentenza di primo grado non fossero idonee a far decorrere il termine di trenta giorni per proporre l'appello, poiché l'unica notificazione atta a provocare gli effetti di cui all'art. 325 c.p.c. è quella effettuata «alla parte presso il procuratore costituito», mentre, nella specie, la sentenza era stata notificata direttamente alla ASL e non al suo procuratore ed era, altresì, priva dell'indicazione del nominativo dell'avvocato che l'aveva difesa dinanzi al Tribunale.

Orientamenti contrapposti

Occorre rilevare che sulle modalità di notificazione della sentenza coesistono due orientamenti differenti.

Secondo un primo orientamento, prevalente, quando un ente è rappresentato in giudizio da un avvocato facente parte dell'avvocatura interna, presso la cui sede sia anche stato eletto il domicilio, la notifica ivi compiuta senza l'indicazione del procuratore domiciliatario è inidonea a far decorrere il termine breve di cui all'art. 325 c.p.c. La sola identità di domiciliazione non assicura che la sentenza giunga a conoscenza della parte tramite il suo rappresentante processuale; ciò in particolare per la complessità dell'organizzazione dell'ente destinatario della notifica, per le sue dimensioni e per le prassi locali (cfr. Cass. civ., 5 luglio 2017, n. 16590; Cass. civ.,20 settembre 2016, n. 18356; Cass. civ., 8 luglio 2016, n. 14054; Cass. civ., 4 marzo 2016, n. 4313; nello stesso senso, Cass. civ., 7 maggio 2014, n. 9843; Cass. civ., 27 febbraio 2014, n. 4698; Cass. civ., 11 giugno 2012, n. 9431; Cass. civ., 18 aprile 2007, n. 9298).

Secondo un altro orientamento, invece, premesso che la notifica della sentenza al procuratore sortisce il medesimo effetto della notifica alla parte presso il procuratore, quando una pubblica amministrazione disponga di un servizio di avvocatura interna e questa abbia la stessa sede dell'ente e l'ente elegga domicilio presso di essa, si verifica l'insorgenza di «una presunzione assoluta di irredimibile collegamento tra la parte, il suo procuratore costituito e il domicilio di quest'ultimo», tale da creare una «assoluta identità, logistica e funzionale, del domicilio [del rappresentante dell'ente] e del domicilio eletto presso il suo difensore e procuratore costituito». In tale ipotesi, la notificazione della sentenza nel luogo che è, nello stesso tempo, sede dell'ente, sede dell'avvocatura e domicilio eletto, produce gli effetti di cui all'art. 325 c.p.c. Ciò si verifica anche quando in essa non sia indicato il nome dell'avvocato che ha rappresentato l'ente in giudizio, ma esso risulti comunque dall'epigrafe della sentenza notificata (cfr. Cass. civ., 3 febbraio 2020, n. 2396; Cass. civ., 19 aprile 2015, n. 14891; Cass. civ., 12 settembre 2011, n. 18640).

Rimessione alle Sezioni Unite

La Terza sezione civile, con ordinanza di rimessione n. 31868 del 5 dicembre 2019, ha rimesso gli atti al Primo Presidente per l'eventuale assegnazione della causa alle Sezioni Unite in ordine alla risoluzione della questione, di massima di particolare importanza:

a) se sia idonea a far decorrere il termine di cui all'art. 325 c.p.c. la notifica della sentenza di primo grado effettuata ad una pubblica amministrazione nella sua sede, quando tale luogo sia contemporaneamente, sede dell'ente, della sua avvocatura interna e domicilio eletto per il giudizio;

b)se, nell'ipotesi di cui sopra, l'omessa indicazione nell'atto notificato del difensore che ha assistito l'amministrazione sia surrogata dalla circostanza che il nominativo del difensore risulti dall'epigrafe della sentenza notificata.

Soluzione

Le S.U. ripercorrono gli orientamenti precedenti e mostrano di aderire al primo degli orientamenti indicati, ritenendolo il più idoneo a bilanciare correttamente i vari interessi in gioco: da un lato, l'esigenza primaria e prevalentemente pubblicistica di un sollecito conseguimento di una pronuncia definitiva, a tutela sia della parte che ha ragione sia del principio di certezza del diritto, dall'altro, il diritto di difesa di tutte le parti, compresa quella contro cui si vuole formare il giudicato.

Ad ogni ordinamento spetta individuare il punto di equilibrio tra tali esigenze contrapposte: quello italiano ha demandato alle parti la scelta tra un'inerzia protratta per un congruo lasso di tempo ed una condotta attiva, propulsiva ed acceleratoria rispetto a questo intervallo temporale. Tale condotta acceleratoria e propulsiva si identifica con la notificazione del provvedimento, che diviene, quindi, una provocazione, in senso tecnico-giuridico, ad esercitare il diritto di impugnazione entro il termine breve. Un vero e proprio potere unilaterale di modificazione giuridica, riferito, appunto, al termine concesso a controparte per impugnare.

Ciò, però, a condizione che la notifica sia eseguita al difensore della parte in giudizio, ovvero al soggetto deputato a tutelare la parte in quanto dotato della necessaria competenza tecnica. La condotta processuale posta in essere dal titolare del potere di modificazione descritto deve essere, infatti, tale da porre in condizione il suo destinatario di percepire non solo il contenuto del provvedimento, ma anche l'intenzione univoca del notificante di sollecitargliene la valutazione tecnica, ai fini di un'eventuale impugnazione.

Se, quindi, è vero che la legge consente il prodursi di un simile effetto acceleratorio, è altrettanto vero che ciò consegue unicamente alla notifica del provvedimento al procuratore, poiché unico soggetto munito delle necessarie competenze tecniche per valutare l'interesse del cliente ad un'impugnazione entro il termine breve. Ne discende che è indispensabile che il procuratore sia menzionatonella notifica, o che sia univocamente percepibile come destinatario di tale attività, mentre resta neutra, nel senso di ambigua rispetto al fine indicato, la notifica eseguita alla parte personalmente, senza alcuna menzione del difensore, dunque, inidonea a far decorrere il termine di cui all'art. 325c.p.c. Se il procuratore, infatti, non è espressamente indicato come destinatario della notifica, è del tutto irrilevante l'esistenza di un collegamento, seppur irredimibile, tra parte, procuratore costituito e domicilio, tale da creare un'assoluta identità logistica e funzionale del domicilio dell'ente e del domicilio eletto presso il suo rappresentante in giudizio.

La notificazione alla parte, domiciliata per la carica, nello stesso domicilio del difensore non è idonea a far decorrere il termine breve di impugnazione, se non è espressamente indicato come destinatario della notifica il procuratore costituito.

Non può dirsi equipollente all'indicazione esplicita nella relata di notificazione quella delle generalità del difensore nella stessa intestazione della sentenza: la notificazione dell'atto deve essere percepibile con immediatezza dal suo destinatario come rivolta in modo univoco e chiaro al procuratore costituito, potendo solo così evincersene la finalizzazione all'attivazione dell'onere del destinatario di impugnazione nel termine breve.

L'onerosità delle condotte che si pretende di attivare con la notifica e le gravi conseguenze di ordine decadenziale che ne derivano non possono, infatti, implicare anche un onere di diligenza interpretativa da parte del destinatario dell'atto.

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