Protezione internazionale: le questioni relative alla certificazione della data della procura nel ricorso per Cassazione alle Sezioni Unite

25 Febbraio 2021

In tema di protezione internazionale, il difensore, oltre alla sottoscrizione del ricorrente, deve certificare anche la data di rilascio della procura? L'autenticazione del difensore riferita alla sola sottoscrizione del richiedente, con espressioni del tipo «è vera la firma» o «per autentica della sottoscrizione» o altre equipollenti, può estendersi alla data?
Questione controversa

Le questioni, che vengono sottoposte all'attenzione del Primo Presidente della Corte di cassazione per la eventuale assegnazione alle Sezioni Unite, riguardano le forme della procura al difensore nel caso di ricorso per Cassazione nei procedimenti in materia di protezione internazionale e in materia di protezione speciale in favore degli stranieri.

Il procedimento che regola questa materia è contenuto nel d.lgs. 25/2008, il cui art. 35-bis, introdotto dal d.l. (convertito, con modificazioni, dalla l. 46/2017), contiene norme processuali in attuazione della Direttiva 2013/32/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 26 giugno 2013.

Ai sensi dell'art. 35-bis comma 13 del d.lgs. 25/2008, il termine per proporre ricorso per Cassazione è di giorni trenta e decorre dalla comunicazione del decreto a cura della cancelleria, da effettuarsi anche nei confronti della parte non costituita.

La stessa disposizione stabilisce che «la procura alle liti per la proposizione del ricorso per Cassazione deve essere conferita, a pena di inammissibilità del ricorso, in data successiva alla comunicazione del decreto impugnato; a tal fine il difensore certifica la data di rilascio in suo favore della procura medesima» (la frase è stata aggiunta dall'art. 6 della l. di conversione 13/2017).

Nei primi tempi, successivi alla introduzione della norma, l'indicazione della data veniva considerata dalla Suprema Corte come espressione del requisito di specialità della procura necessaria per il ricorso per Cassazione, ai sensi degli artt. 83 e 365 c.p.c. (Cass. civ., sez. I, 19 dicembre 2018, n. 32867; Cass. civ., sez. I, 5 luglio 2018, n. 17717).

Con le stesse decisioni è stata ritenuta manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 35 bis comma 13 del d.lgs. 25/2008, come modificato dalla l. 46/2017, per violazione degli artt. 3, 24 e 111 Cost. nella parte in cui stabilisce che la procura alle liti per la proposizione del ricorso per Cassazione debba essere conferita a pena di inammissibilità in data successiva alla comunicazione del decreto impugnato, sull'assunto della disparità di trattamento tra il privato e il Ministero dell'interno, che non deve rilasciare procura: sul punto al Suprema Corte ha motivato che la necessità del rilascio della procura in data successiva al deposito del provvedimento, che viene impugnato, si pone in armonia con il requisito di specialità della procura necessaria per il ricorso per cassazione (per tutte Cass. civ., sez. I, 5 luglio 2018, n. 17717; Cass., sez. I,ord., 30 ottobre 2018, n. 27700; Cass., sez. I, ord., 5 novembre 2018, n. 28119).

La Suprema Corte ha successivamente posto l'attenzione sulla necessità che la procura riporti la «data» ed ha intrepretato questo requisito con «rigore», come sottolineato dall'Ufficio del Ruolo e del Massimario (v. pag. 29 della Rassegna delle recenti pronunce della Corte di cassazione in materia di protezione internazionale (gennaio-giugno 2020), del 30 luglio 2020; prima di questo nuovo indirizzo, la Rassegna delle recenti pronunce della Corte di cassazione in materia di protezione internazionale (gennaio-giugno 2019), del 26 giugno 2019, a pag. 20 e 21 si era invece limitata a rilevare la necessità del «conferimento, a pena di inammissibilità del ricorso, «in data successiva alla comunicazione dell'ordinanza impugnata»).

Nel corso dell'anno 2020 numerose pronunce hanno affermato che la mancanza della data nella procura determina l'inammissibilità del ricorso, anche se la procura presenta altri elementi di specialità, che normalmente sono idonei a garantire il rilascio della procura in data successiva al deposito della decisione impugnata.

Neppure la indicazione degli estremi del provvedimento impugnato o il rilascio della procura a margine del ricorso sono considerati idonei a supplire alla espressa previsione dell'art. 35-bis del d.lgs. 25/2008, sicché la procura speciale nella materia della protezione internazionale, oltre ad essere speciale, deve anche avere il requisito formale della «data» (per tutte, Cass. civ., sez. VI, 26 novembre 2020, n.26890; Cass. civ., sez. I, 11 novembre 2020, n.25304; Cass. civ., sez. I, 8 luglio 2020, n. 14346; Cass. civ., sez. I, 17 gennaio 2020, n. 1043).

Ciò a differenza di quanto affermato dalla giurisprudenza per gli altri casi di ricorso, nei quali è sufficiente che la procura acceda al ricorso e non contenga dichiarazioni incompatibili con la natura del giudizio in Cassazione, in quanto la procura in calce o a margine di specifici e tipici atti del processo fonda la presunzione che il mandato così conferito abbia effettiva attinenza al grado o alla fase del giudizio cui l'atto che lo contiene inerisce e costituisce corpo unico con l'atto cui si riferisce, del quale prende data (per tutte Cass. civ., sez. I, 7 marzo 2001, n. 13314; Cass. civ.,sez. II, 9 febbraio 2001, n. 1861; Cass. civ.,sez. un.,29 novembre 2000, n. 1234; Cass. civ., sez. un., 10 marzo 1998, n. 2642).

Orientamenti contrapposti

Nel corso dell'anno 2020, nella giurisprudenza della Suprema Corte sono state ipotizzate soluzioni divergenti sulle modalità di certificazione della data.

Pertanto con due ordinanze la seconda sezione ha rimesso gli atti al Primo Presidente per la eventuale rimessione alle Sezioni Unite (le ordinanze di rimessione, sostanzialmente identiche, sono Cass. civ., sez. II, 10 dicembre 2020, n. 28208 e Cass. civ., sez. II, 10 dicembre 2020, n.28209).

La seconda sezione segnala che per un primo orientamento, tuttavia non massimato, è sufficiente la certificazione della sottoscrizione: basta che la procura speciale rechi la data, la firma della parte e in calce un'unica certificazione del difensore; in quel caso, non avendo l'Avvocatura dello Stato sollevato eccezioni al riguardo, il ricorso è stato esaminato senza specifiche motivazioni sul punto.

Per altro orientamento, invece, la data della procura speciale a ricorrere in Cassazione va espressamente certificata dal difensore e il ricorso è inammissibile ove la procura ad esso relativa, ancorchè recante una data successiva al deposito del decreto impugnato, non indichi gli estremi di tale provvedimento, né altri elementi idonei ad identificarlo, come il numero cronologico ovvero la data del deposito o della comunicazione, poichè tale procura non soddisfa il requisito della specialità richiesto dall'art. 365 c.p.c. (Cass. civ., sez. I, 16 luglio 2020,n. 15211). Nell'ambito di questo indirizzo, altre pronunce hanno valorizzato la mancata indicazione della sentenza impugnata o la mancanza di riferimenti al giudizio di cassazione (cfr. Cass. civ., sez. I, 18 febbraio 2020, n. 4069).

Un terzo indirizzo ritiene, infine, che la data del conferimento della procura alle liti deve essere certificata dal difensore, titolare di una speciale potestà asseverativa conferitagli dalla legge, che è prescritta anche in tutti i casi in cui la procura non indichi la data ed anche se la procura è apposta a margine dell'atto (Cass. civ., sez. VI, 22 giugno 2020, n.12083).

Rimessione alle Sezioni Unite

Considerati questi diversi orientamenti, le due ordinanze chiedono un intervento delle Sezioni Unite, che risolva le questioni di massima nella interpretazione dell'art. 35-bis del d.lgs. 25/2008.

Le due ordinanze precisano che, ad avviso della seconda sezione, la certificazione del difensore dovrebbe autenticare sia la sottoscrizione del richiedente sia la data di rilascio della procura e sollevano una questione strettamente connessa alla precedente: se l'autenticazione del difensore riferita alla sola sottoscrizione del richiedente, con espressioni del tipo «è vera la firma» o «per autentica della sottoscrizione» o altre equipollenti, può estendersi alla data, considerato peraltro che ai sensi dell'art. 83 c.p.c. il difensore può omettere di certificare la data, della cui ipotetica falsità, a dire della seconda sezione, il difensore non risponde penalmente.

Le due ordinanze di rimessione sollevano interrogativi di notevole importanza teorica, che spaziano dalla specialità della procura, ai poteri di certificazione del difensore.

Le specifiche questioni che vengono sollevate hanno una grande importanza pratica: dalle statistiche della Corte di cassazione risulta che nell'anno 2019 oltre un quarto dei ricorsi in Cassazione riguarda la protezione internazionale (nel 2019 i procedimenti sopravvenuti in questa materia sono stati 10.366 su un totale di 38.725).

Da qui un particolare rigore della Suprema Corte, che tende a dichiarare inammissibili tutti i ricorsi in questa materia: attraverso una ricerca nelle banche dati emerge immediatamente il grande numero di pronunce di inammissibilità dei ricorsi in cassazione per vizi della procura.

Le Sezioni Unite, prima di risolvere le questioni sollevate dalla ceconda sezione, dovrebbero verificare se l'orientamento, prevalso davanti la Suprema Corte nel corso del 2020, rispetti il tenore letterale dell'art. 35 del d.lgs. 25/2008, che prevede una certificazione della data «al fine» di garantire che la procura per la proposizione del ricorso venga conferita in data successiva alla comunicazione del decreto impugnato e, pertanto, la mancanza di data non dovrebbe travolgere le procure che contengono elementi espliciti, dai quali possa comunque dedursi il rilascio in data successiva al deposito del decreto che viene impugnato.

Non si può neppure trascurare che le disposizioni processuali in materia di protezione internazionale costituiscono attuazione della Direttiva 2013/32/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 26 giugno 2013.

Il Considerando 25 della Direttiva stabilisce che ciascun richiedente protezione «abbia un accesso effettivo alle procedure, l'opportunità di cooperare e comunicare correttamente con le autorità competenti per presentare gli elementi rilevanti della sua situazione, nonché disponga di sufficienti garanzie procedurali per far valere i propri diritti in ciascuna fase della procedura».

La previsione di oneri formali ingiustificati e differenziati rispetto ai ricorsi proposti dai cittadini potrebbe essere considerata dall'Unione Europa una violazione della Direttiva.

La dichiarazione di inammissibilità per oneri formali eccessivi e ingiustificati potrebbe pure aprire la strada ad una nuova serie di ricorsi alla Corte Europea per i Diritti dell'Uomo nei confronti dell'Italia.

Ad avviso di chi scrive, le Sezioni Unite, nel risolvere le questioni sulla forma della procura al difensore, non dovrebbero trascurare questi temi, di grande rilevanza interna ed internazionale.

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