Le nuove frontiere (e sfide) della genetica forense

Elena Pilli
08 Giugno 2016

La rapida e progressiva evoluzione delle tecnologie di biologia molecolare e l'avvento del sequenziamento di nuova generazione (Next Generation Sequencing - NGS) ha radicalmente cambiato il modo di fare ricerca in ambito genetico. Nell'ultimo decennio, il graduale perfezionamento delle metodologie e delle piattaforme utilizzate per l'analisi NGS ha portato ad un miglioramento della qualità dei risultati ottenuti tale da permetterne un regolare utilizzo nella diagnosi clinica umana.
Abstract

La rapida e progressiva evoluzione delle tecnologie di biologia molecolare e l'avvento del sequenziamento di nuova generazione (Next Generation Sequencing - NGS) ha radicalmente cambiato il modo di fare ricerca in ambito genetico. Nell'ultimo decennio, il graduale perfezionamento delle metodologie e delle piattaforme utilizzate per l'analisi NGS ha portato ad un miglioramento della qualità dei risultati ottenuti tale da permetterne un regolare utilizzo nella diagnosi clinica umana. Tali tecnologie hanno rappresentato negli ultimi anni una vera e propria rivoluzione nella ricerca biologica e biomedica, consentendo di osservare fenomeni biologici ad un livello di dettaglio finora impensabile.

Solo recentemente anche il mondo scientifico forense ha iniziato ad esplorare la possibilità di impiego di questa nuova tecnologia che, solo nell'ultimo anno, ha infatti subito una grande implementazione, come testimonia l'aumento del numero delle pubblicazioni scientifiche e delle presentazioni ai congressi nel settore delle scienze forensi che trattano di NGS applicato a campioni forensi.

I recenti studi condotti dagli scienziati mettono in evidenza come la nuova tecnologia possa offrire nuove opportunità di analisi anche per il mondo giudiziario riuscendo a fornire informazioni più dettagliate e complete sulle tracce forensi, ad oggi impossibili da ottenere con la metodica classica.

Le nuove tecnologie applicate alla genetica forense

La ricerca, l'individuazione e la caratterizzazione biologica di una traccia rappresentano attività propedeutiche e spesso essenziali nella dinamica di una indagine in quanto, da una parte, consentono di selezionare in maniera critica e ragionata i reperti di potenziale utilità e, dall'altra, permettono di acquisire informazioni sulle caratteristiche morfologiche e di posizione della traccia, nonché sulla tipologia di materiale biologico che la costituisce. Questi elementi sono utili alla razionale contestualizzazione della traccia repertata rispetto al fatto-reato commesso, risultando essenziali alla formulazione di corrette ipotesi investigative e determinanti per completare le informazioni derivanti dall'analisi del DNA.

La possibilità di differenziare in maniera individuale e, quindi, di identificare i soggetti a partire dal loro materiale biologico risiede nel fatto che una quota estremamente minoritaria del genoma umano contiene regioni che variano tra gli individui. Questa variabilità genetica interindividuale è localizzata nelle cosiddette regioni polimorfiche del DNA, note per presentarsi in forme differenti nei diversi soggetti.

Gli accertamenti di genetica forense finalizzati all'identificazione personale sono appunto rivolti a rilevare e caratterizzare le porzioni ipervariabili polimorfiche del genoma umano, che, presentandosi in forme diverse, hanno la capacità di distinguere individui diversi e permettono di ricondurre una qualsiasi traccia biologica al soggetto che l'ha lasciata (c.d. donatore).

Le classi di polimorfismi del DNA per l'utilizzo in genetica forense sono state selezionate nella classe di polimorfismi di lunghezza denominati STRs (Short Tandem Repeats) e, sebbene in misura del tutto minoritaria, nella classe dei polimorfismi di sequenza denominati SNPs (Single Nucleotide Polymorphisms).

La tipizzazione del DNA sviluppata e impiegata negli ultimi quindici anni negli accertamenti di genetica forense è, in via quasi esclusiva, quella basata sui polimorfismi STRs, (v. LINARELLO, Il test del DNA: prova regina o semplicemente comune elemento di prova?), principalmente per le caratteristiche biologiche di questa categoria di marcatori genetici: l'alta informatività, il basso tasso di mutazione, la distribuzione omogenea su tutto il genoma, la semplicità dell'accertamento di laboratorio e la possibilità di automatizzazione dell'analisi e di rendere oggettivi (entro una certa misura) i risultati ottenuti. Il profilo genetico di loci STRs, in particolare autosomici, fornisce un alto potere di discriminazione e, pertanto, rappresenta il metodo più efficace, più rapido e di maggiore utilizzo nelle indagini identificative e comparative.

L'indagine di biologia forense, pur incardinandosi prevalentemente negli accertamenti di tipizzazione genetica, assume il suo massimo valore informativo allorquando i dati di identificazione genetica si integrano con quelli derivanti dagli accertamenti di caratterizzazione della traccia biologica, cioè dalla definizione del tipo di traccia in reperto, sia essa, sangue, saliva, liquido seminale, ecc.

Sia le metodiche analitiche che gli ambiti di analisi della biologia forense stanno subendo una notevole evoluzione, che porta a espandere le potenzialità informative verso nuovi traguardi. In particolare, le linee di sviluppo riguardano sia il miglioramento delle prestazioni analitiche delle procedure e delle strumentazioni utilizzate per la caratterizzazione della natura biologica delle tracce e per la tipizzazione genetica, che l'introduzione di nuove tecnologie come l'analisi del DNA non umano per fini di identificazione o di caratterizzazione di tracce, le tecnologie di Next Generation Sequencing (NGS) e l'analisi dei caratteri fenotipici (DNA Phenotyping).

Proprio lo sviluppo delle nuove tecnologie di NGS ha permesso di ampliare considerevolmente il numero e la tipologia di regioni polimorfiche del DNA analizzabili contemporaneamente, sia dei cromosomi autosomici che dei cromosomi sessuali, estendendo le potenzialità informative dell'indagine di genetica forense, oltre all'identificazione personale, anche all'inferenza di caratteristiche fenotipiche (DNA Phenotyping) e all'inferenza dell'origine geografica (etnoriferibilità o ancestry analysis).

L'evoluzione della moderna genetica forense: il DNA phenotyping o EVCS prediction

In taluni casi la determinazione del profilo genetico da una traccia non apporta alcuna informazione utile alle indagini. Ciò si verifica nel caso in cui il profilo genetico estrapolato dalla traccia biologica repertata sulla scena di un crimine non risulta essere sovrapponibile con il profilo di un soggetto sospettato o con uno dei profili raccolti nelle banche dati del DNA, si è cioè in presenza del cosiddetto profilo di soggetto ignoto.

Per ovviare a ciò in alcuni casi si è deciso di ricorrere a uno screening di massa che, generalmente, coinvolge coloro che popolano le zone prossimali al luogo in cui è stato commesso il reato e prevede l'identificazione genetica di individui che volontariamente forniscono un campione biologico per le analisi e accettano che il loro profilo genetico estrapolato venga comparato con quello ottenuto dai reperti raccolti sulla scena del crimine. Tutto questo richiede l'investimento di risorse umane e finanziarie decisamente elevate e purtroppo qualche volta non garantisce la risoluzione del caso.

Per questo motivo in ambito forense si tende a massimizzare le informazioni desumibili da un'analisi genetica per restringere e indirizzare le attività di indagine tradizionale. Pertanto al fine di riuscire ad indirizzare le indagini tradizionali sono stati messi a punto dei sistemi in grado di individuare le caratteristiche fenotipiche (External Visible Characteristics (EVC) Prediction) degli individui quali per esempio il colore degli occhi e dei capelli.

Tale approccio prende in considerazione la possibilità di predire le caratteristiche fenotipiche di un individuo a partire da un campione biologico acquisito sul luogo del reato. Il vantaggio di conoscere in maniera scientificamente e oggettivamente inequivocabile le principali caratteristiche fisiche di un individuo ignoto è quello di contribuire a tracciare l'identikit del soggetto ricercato, riducendo il campo della ricerca e semplificando le dinamiche investigative.

L'identikit di un aggressore, sviluppato, ad oggi, per mezzo di sofisticati metodi di elaborazione grafica, resta tuttora un punto di forza per l'inizio di un'investigazione giudiziaria. Riuscire a stabilire le caratteristiche fenotipiche quali per esempio il colore degli occhi, della pelle e dei capelli di ciascuno di noi partendo dalle informazioni racchiuse nella molecola del DNA, estrapolata dalla traccia raccolta dalla scena del crimine rappresenta un importantissima svolta nella conduzione delle indagini.

La tecnologia dei microarray, introdotta negli anni 2000 per consentire l'analisi dell'espressione genica, ha permesso di testare contemporaneamente più di un milione di marcatori genetici, la maggior parte dei quali sono polimorfismi di singolo nucleotide ovvero SNPs. Ciò ha contribuito all'identificazione, per mezzo di studi di associazione, di geni coinvolti nella determinazione dei tratti fenotipici umani.

Tali caratteri vengono definiti complessi, poiché la loro manifestazione è influenzata dall'insieme di diversi fattori genetici e ambientali. Infatti, seppur in passato alcuni tratti fenotipici erano considerati semplici, ovvero determinati dall'espressione di un singolo gene ereditato in maniera mendeliana, è ora noto che più di un fattore genetico contribuisce, unitamente ad alcune condizioni ambientali, alla formazione del carattere fenotipico dell'individuo.

Le basi genetiche delle caratteristiche fenotipiche

Il fenotipo di un individuo, inteso come insieme delle caratteristiche somatiche, fisiologiche, patologiche e, in una certa misura, comportamentali, è il risultato dell'interazione tra il corredo genetico e le condizioni ambientali in cui il corredo genetico stesso si esprime. DNA e ambiente sono, pertanto, i fattori alla base della manifestazioni fenotipiche di un individuo.

La funzione del DNA è quella di esprimere, in maniera controllata e coordinata, migliaia di geni, ciascuno con un proprio specifico ruolo (strutturale o funzionale). L'espressione genica rappresenta, pertanto, l'attività che porta alla produzione di biomolecole che regolano e controllano tutti quei processi biochimici alla base della nascita, della sopravvivenza, della riproduzione e della morte di un individuo. Molti dei caratteri fenotipici sono controllati da due o più coppie di geni e, per questo, sono definiti poligenici.

La gran parte dei caratteri fenotipici di un essere umano, oltre ad essere controllati da più geni, sono anche fortemente influenzati, in maniera spesso poco prevedibile, dall'ambiente, cioè dal contesto esterno all'organismo in cui l'espressione genica si verifica. Caratteri la cui espressione fenotipica viene modulata dai fattori ambientali vengono definiti multifattoriali.

Quando l'espressione di un carattere è controllata da più geni e dall'interazione di fattori ambientali – il che rappresenta la norma negli esseri viventi – quel carattere è definito complesso. Proprio in virtù di questa articolata interazione tra geni e ambiente per la maggior parte dei caratteri complessi il fenotipo varia in modo pressoché continuo entro un certo ambito (ad es. per l'altezza).

Questo tipo di variabilità individuale in una popolazione è detta continua ed è spesso associata a caratteri fenotipici quantitativi, discontinui (se i caratteri fenotipici assumono valori discreti in un certo intervallo) o continui (se i caratteri possono assumere tutti i valori in un certo sottoinsieme dei numeri reali, per i quali è cioè possibile identificare nel campione elementi con tutte le gradazioni e sfumature possibili).

Tali caratteri vengono pertanto definiti multifattoriali poiché l'interazione reciproca delle due componenti si ripercuote sul fenotipo dell'individuo. Il peso della componente genetica e di quella ambientale a livello di un carattere multifattoriale può essere calcolata per mezzo di adeguati modelli matematici. L'analisi dei caratteri qualitativi rispecchia la diretta relazione esistente tra genotipo e fenotipo.

La ricerca di nuovi marcatori genetici per la predizione di EVCS

Il principale carattere fenotipico predetto con elevato grado di affidabilità risulta essere il genere, maschile o femminile, dell'individuo cui appartiene il campione biologico analizzato. Il gene dell'amelogenina è presente sul cromosoma X e Y in due forme, distinguibili per la presenza di una delezione di 6 paia di basi in corrispondenza di una regione del primo introne della copia del gene localizzata sul cromosoma X.

Tale caratteristica permette di discriminare il genere maschile da quello femminile. Questo marcatore è stato da tempo incluso nella maggior parte dei kit commerciali disponibili impiegati per l'identificazione personale in campo forense.

Recentemente l'approccio d'elezione per l'identificazione di nuovi geni implicati nella determinazione dei caratteri fenotipici sembra essere lo studio di associazione genome-wide (GWA), ovvero l'indagine condotta su microarray dell'assetto genico di diversi individui di una stessa specie per l'individuazione delle varianti geniche interindividuali e la successiva associazione di tali differenze con alcuni particolari tratti fenotipici.

Questo approccio ha arricchito significativamente il panorama delle conoscenze relative ai geni coinvolti, seppur in misura differente, nella determinazione dei caratteri fenotipici dell'individuo.

Nel 2007, sulla prestigiosa rivista Science, è stato pubblicato uno studio coordinato dal Dipartimento di Biologia dell'Università degli Studi di Firenze sulla possibilità di predire alcune caratteristiche somatiche di due individui, appartenenti al genere Homo neanderthalensis, analizzando il gene MC1R. Dallo studio è emerso che i Neanderthal avevano caratteristiche fenotipiche (pelle chiara e capelli rossi) molto divergenti da quelle note dei nostri progenitori (Homo sapiens).

Il diverso grado di pigmentazione dei capelli, degli occhi e della pelle rappresentano un esempio immediatamente percepibile della variabilità fenotipica interindividuale. Questa variabilità ha delle basi biochimiche e risulta essere strettamente dipendente dalla stratificazione geografica degli individui stessi.

Recentemente sono stati scoperti nuovi SNPs associati al fenotipo colore degli occhi. Alcuni di questi permetterebbero di discernere il colore blu dell'iride rispetto al verde. In un altro recente studio sono stati inclusi i sei polimorfismi maggiormente associati al fenotipo riguardante il colore dell'iride su un numero considerevole di individui appartenenti alla popolazione olandese. Dall'analisi è emerso che il colore marrone dell'iride può essere predetto con un livello di accuratezza pari al 93%, mentre per il colore blu l'attendibilità del dato ottenuto risulta essere del 91%. Il sistema si è rivelato, tuttavia, meno accurato per ciò che concerne le gradazioni di colore intermedie tra il marrone ed il blu, per le quali la misura della precisione del risultato scende al 72%.

La variabilità fenotipica associata al colore dell'iride e del capello, così come al colore della pelle e alla sensibilità della stessa ai raggi solari, è strettamente dipendente dal grado di pigmentazione.

Durante questi studi di genetica evoluzionistica sono state confrontate ampie regioni genetiche che risultavano differenti in individui di origine africana, asiatica ed europea, il cui grado di pigmentazione cutanea differisce in modo tale da permettere all'osservatore di percepire una diversa colorazione del colore della pelle.

I caratteri fenotipici quali il colore degli occhi e quello della pelle rientrano nella definizione di tratti complessi; tuttavia, è stato possibile identificare alcuni fattori genetici significativamente coinvolti nella loro determinazione. Ciò non è attualmente riproducibile per altre caratteristiche fenotipiche come l'altezza o il peso corporeo di un individuo, per le quali intervengono un numero considerevole di varianti genetiche il cui effetto è difficilmente comprensibile.

La possibilità di predire le caratteristiche fenotipiche di un individuo si presenta come una nuova dimensione, un valore aggiunto per l'indagine forense a livello investigativo condotta con gli approcci convenzionali.

I caratteri attualmente investigabili sono numericamente esigui, poiché le basi genetiche che regolano la loro manifestazione restano ancora sconosciute. Tuttavia, la comunità forense sta investendo numerose risorse e ripone aspettative in questo approccio, pertanto, non si esclude che in un prossimo futuro possano essere individuati e applicati nuovi marcatori utili a tracciare una descrizione fenotipicamente completa e dettagliata dell'individuo donatore della traccia forense su una scena del crimine.

DNA phenotyping dell'occhio

Il colore degli occhi è un tratto poligenico determinato principalmente dalla quantità di melanina e dal tipo di pigmento dell'iride, marrone o giallo. Le variazioni del fenotipo vengono attribuite a cambiamenti, nei melanociti dell'iride, della proporzione tra la quantità di eumelanina prodotta e quella di feomelanina. Il colore dell'iride è collegato a tre elementi fondamentali contenuti al suo interno: la melanina contenuta nel tessuto epiteliale dell'iride, la melanina contenuta nello stroma dell'iride e la densità cellulare dello stroma dell'iride. Inoltre l'iride può avere una parte interna di un colore e una parte esterna di un altro colore. I colori degli occhi possono variare entro una gamma piuttosto estesa che va dal marrone molto scuro fino alla più tenue tonalità di blu. Gli occhi hanno anche un certo grado di modificabilità, in base a vari fattori (luce, stato di salute, stato meteorologico ecc.) tendono a variare la percezione del proprio colore entro una certa gamma. Inoltre il colore degli occhi può subire leggere variazioni nel corso dell'esistenza legate a cambiamenti ormonali nel corpo, in particolare durante periodi quali la prima infanzia, la pubertà, la maternità o in seguito ad alcuni traumi. Nei bambini il colore si stabilizza in genere attorno a un anno di età, anche se in alcuni casi può continuare a modificarsi fino ai tre anni. Gli occhi scuri, neri o marroni, sono il colore degli occhi più diffuso in tutto il mondo. In molte popolazioni, addirittura, gli occhi neri o castano scuri sono l'unica colorazione dell'iride osservabile. Gli occhi scuri sono dovuti ad una grande quantità di melanina, man mano che questa diminuisce, il colore passa da una tonalità marrone scura a una marrone chiara. Gli occhi chiari, ossia quelli verdi, grigi e azzurri rappresentano le colorazioni più rare al mondo, essendo in maggioranza rispetto agli occhi scuri solamente in Europa centro-settentrionale ed orientale. Sono molto diffusi anche presso le popolazioni di ascendenza centro-nord europea di nord e sud America ed Oceania, mentre sono comuni nelle aree più settentrionali di Italia, Spagna e Balcani; sporadicamente sono osservabili in alcune zone di Asia e nord Africa. Gli individui però che possiedono occhi di colore azzurro, verde o grigio sono più esposti ai danni causati dai raggi ultravioletti rispetto agli individui con occhi di colore scuro, poiché l'eumelanina, pigmento foto protettivo, è presente in piccole quantità. La genetica alla base di questo tratto fenotipico è molto complessa essendo un carattere poligenico.

Fu grazie agli studi su forme fenotipiche più estreme, come per esempio l'albinismo, che vennero scoperti i primi geni correlati al colore dei occhi.

Alla luce dei diversi studi effettuati ed in base alle conoscenze raggiunte è stato sviluppato il sistema IrisPlex, che consente di analizzare, contemporaneamente, sei mutazioni puntiformi (SNPs), che mappano all'interno di geni coinvolti nella determinazione del colore dell'iride.

Un tale approccio permette di discriminare e dunque predire, con una attendibilità superiore al 90%, il colore blu e marrone. La scelta dei geni e dei polimorfismi da includere in tale tecnica è il risultato di un'intensa attività di ricerca sia in campo medico che forense.

Il sistema IrisPlex utilizza gli SNPs per produrre un dato numerico compreso tra 0 e 1, che corrisponde alla probabilità di osservare un determinato fenotipo pigmentato (azzurro, marrone o intermedio) nell'individuo donatore della traccia analizzata. Tale valore sarà considerato attendibile se superiore alla soglia di 0.7; in caso contrario l'analisi sarà valutata come inconclusiva.

Il sistema è stato inizialmente validato su un considerevole numero di individui appartenenti a sette differenti paesi europei (esclusa l'Italia) per essere successivamente testato anche su campioni di origine afro-americana, asiatica e mista. L'attendibilità del risultato ottenuto è stata massima per ogni campione analizzato, compresi i casi in cui il valore estrapolato dal calcolo statistico è risultato inferiore al valore soglia stabilito.

DNA phenotyping dell'epidermide

Come è noto il colore della pelle umana varia significativamente nelle diverse etnie e all'interno della stessa etnia. Si può passare da una colorazione quasi nera a una quasi incolore (il colore rosato dipende dai vasi sanguigni), a seconda delle persone.

La prima considerazione riguarda la classificazione della colorazione della pelle: se per il colore degli occhi e dei capelli è abbastanza immediato suddividere in categorie cromatiche i soggetti in base alle caratteristiche fenotipiche, per la pelle è necessario utilizzare sistemi più complessi, come la misurazione della riflettanza che indica, in ottica, la proporzione di luce incidente che una data superficie è in grado di riflettere.

La misurazione scientifica del colore della pelle viene effettuata attraverso uno spettrofotometro a riflettanza posto a contatto con la pelle nella parte interna dell'avambraccio, ritenuta da molti l'area del corpo più attendibile per tale misurazione.

Al contrario di quanto si possa pensare, il colore della pelle non dipende dalla concentrazione della melanina, bensì dalla dislocazione della melanina all'interno della cellula epidermica.

Negli individui con la pelle scura la melanina si trova principalmente dispersa nel citosol, il liquido che si trova all'interno delle cellule, mentre negli individui con la pelle chiara la melanina si trova all'interno di piccoli organuli cellulari, detti vacuoli, che sono delimitati da membrane.

Il colore della pelle è inoltre determinato dal tipo di pigmento della pelle stessa. La melanina infatti si presenta in due forme, la feomelanina, che corrisponde ai colori dal giallo al rosso, e la eumelanina, che va dal marrone scuro al nero. La tipologia e la quantità di pigmenti è regolata da una serie di geni, alcuni dei quali identificati mentre altri ancora sconosciuti.

Rispetto agli studi condotti sulla stima del colore degli occhi e dei capelli, sono attualmente disponibili molte meno informazioni per quanto riguarda la stima del colore della pelle.

Nel 2010-2011 sono stati pubblicati alcuni lavori che, insieme alla stima del colore degli occhi e dei capelli, hanno iniziato ad identificare alcuni marcatori genetici utilizzabili per la stima del colore della pelle. L'impiego di pochi marcatori ha condotto a stime predittive estremamente inaffidabili (circa 45% di corrette attribuzioni) per quanto riguarda questa caratteristica fenotipica.

Nel 2014 uno studio condotto da un gruppo di scienziati dell'Università di Santiago de Compostela ha identificato 59 marcatori potenziali quali candidati per la stima del colore della pelle, pervenendo poi a focalizzare l'attenzione su 6 marcatori ritenuti estremamente significativi nella determinazione del colore della pelle. Effettuando il test genetico su un campione di 280 volontari, l'analisi di questi 6 marcatori è risultata essere in grado di identificare il 98.3% dei soggetti con pelle chiara, il 92.7% dei soggetti con pelle nera e l'83.7% dei soggetti con colorazione intermedia. Anche in questo caso sono necessari ulteriori studi per giungere ad una stima accurata del colore della pelle attraverso un test genetico che, come in altri casi, dovrà probabilmente considerare non solo aspetti qualitativi ma anche quantitativi di ogni gene coinvolto nella determinazione del colore della pelle.

DNA phenotyping delle formazioni pilifere

Il colore dei capelli di un soggetto è determinato dalla presenza e dalla dislocazione in particolare della melanina. Esistono due tipi di melanina: l'eumelanina, scura (capelli neri) e la feomelanina, chiara (capelli rossi o biondi).

Nei capelli biondi i pigmenti di melanina sono presenti nella sola cuticola, la parte più esterna del capello, mentre nei colori che vanno dal castano al nero sono presenti anche nello strato midollare, la parte interna del capello. Nei capelli rossi i pigmenti di melanina sono sostituiti da pigmenti solubili diffusi.

Il primo test genetico effettuato per stimare i colore dei capelli sull'uomo risale al 2001: un gruppo di ricercatori dimostrò la possibilità di individuare il colore dei capelli rosso tra alcuni individui presi a campione. Il test si basò sullo studio delle varianti associate a un gene che regola la pigmentazione, denominato MC1R, ovvero il recettore della melanocortina.

Nel 2007 venne pubblicato il primo tentativo di predire tutte le tipologie di colorazione dei capelli basato sullo studio di ulteriori sei geni connessi con la pigmentazione dei capelli.

Tra il 2007 ed il 2013 altri lavori sono stati pubblicati in relazione allo studio di geni coinvolti nella pigmentazione dei capelli. Quello di un gruppo di ricercatori olandesi dell'Università di Rotterdam, pubblicato sulla rivista Forensic Science International Genetics, costituisce un ulteriore passo in avanti nella predizione dei tratti somatici.

Viene infatti messo a punto l'HIrisplex, un test che unisce la valutazione del colore degli occhi (Irisplex), messo a punto in precedenza, con quello del colore dei capelli. Il test genetico prevede l'analisi di 24 marcatori genetici presenti su diversi geni che regolano la pigmentazione dei capelli e degli occhi.

Il test è stato validato dal gruppo di ricerca attraverso un test condotto su oltre 1500 volontari, per i quali era chiaramente noto il colore dei capelli e degli occhi. I risultati hanno dimostrato che l'80% degli individui con capelli rossi, l'87.5% degli individui con i capelli neri, il 78% degli individui con i capelli castani e il 69,5% degli individui con i capelli biondi sono stati correttamente stimati dal test genetico. In ultimo, il test è stato chiaramente verificato per la sua applicabilità in campioni forensi reali particolarmente degradati, quali per esempio le ossa antiche. Anche in questo caso si sono ottenuti esiti positivi da campioni ossei di 800 anni, dimostrando così la robustezza del sistema.

Case Report

Un caso di particolare rilievo ha rivestito l'applicazione dell'HIrisplex nella predizione, a partire dai resti ossei, del colore degli occhi e dei capelli del Re Riccardo III d'Inghilterra (1452-1485).

Il ritrovamento dei resti di Riccardo III è una vicenda estremamente affascinante. Riccardo III, dodicesimo figlio del duca di York, dopo varie vicissitudini fu incoronato re il 6 luglio 1483. La sua morte sul campo di battaglia contro Enrico Tudor segnò la fine dell'era medievale in Inghilterra.

Dopo la battaglia il cadavere di Riccardo fu trasportato nella città di Leicester, esposto per due giorni perché ne fosse riconosciuta la morte e sepolto senza onori funebri. Durante il periodo della riforma anglicana e la dissoluzione dei monasteri volute da Enrico VIII, i resti di Re Riccardo vennero smarriti. Nell'agosto del 2012 l'Università di Leicester e il Leicester City Council, in collaborazione con la “Richard III Society”, annunciarono l'inizio di un progetto per la ricerca dei resti di Re Riccardo. Gli scienziati individuarono in un convento francescano l'ultimo luogo di sepoltura del Re. Il sito venne individuato in un'area posta al di sotto di un parcheggio per auto. Gli scavi portarono al ritrovamento dello scheletro del Re il 25 agosto 2012.

I test genetici condotti sui resti ossei permisero nel 2013 di confermare l'identità del sovrano, attraverso il confronto del DNA mitocondriale con quello riferito a due odierni discendenti di linea collaterale femminile della sorella di Riccardo III, Anna di York.

Il 26 marzo 2015 i resti di Riccardo III sono stati trasferiti in una nuova tomba nella Cattedrale di Leicester.

Utilizzando il test HIrsplex i ricercatori sono stati in grado di stimare al 96% la probabilità che Riccardo III avesse occhi azzurri e al 77% la probabilità che avesse capelli biondi. I risultati sono pienamente compatibili con le raffigurazioni pittoriche del sovrano disponibili ai giorni nostri.

Prospettive future nell'impiego forense

La tipizzazione genetica cioè l'ottenimento del profilo identificativo da tracce biologiche quali per esempio il sangue e gli altri fluidi biologici repertati sulla scena di un crimine è, ad oggi, un importante strumento di indagine. Tuttavia riuscire ad effettuare analisi molecolari estese e dettagliate tali da permettere l'ottenimento di informazioni circa per esempio la composizione biologica (animale, batterica, botanica o fungina) del mondo che circonda la traccia o riuscire ad ottenere dati ad un livello di dettaglio tale da permettere la discriminazione genetica anche fra due gemelli monozigoti (Weber-Lehmann J et al. Finding the needle in the haystack: differentiating "identical" twins in paternity testing and forensics by ultra-deep next generation sequencing. Forensic Sci Int Genet. 2014 Mar; 9:42-6), risultava fino ad oggi molto difficoltoso a causa spesso della scarsa qualità e/o quantità del materiale genetico (DNA) presente nelle tracce, o addirittura impossibile a causa delle tecnologie utilizzate (amplificazione del DNA e successiva tipizzazione dei polimorfismi del DNA nucleare o il sequenziamento del DNA mitocondriale) nel caso della distinzione fra gemelli monozigoti.

La nuova tecnologia non solo permette l'indagine contemporanea, in un'unica analisi, di una combinazione di marcatori identificativi, fenotipici (marcatori atti a dare informazioni circa il colore degli occhi e/o dei capelli del soggetto che ha lasciato la traccia) e per l'origine geografica (marcatori in grado di dare informazioni circa l'origine geografia del soggetto che ha lasciato la traccia) che diversamente con la metodologia di analisi classica non potrebbero essere investigati, se non con un grande dispendio di energia e di materiale biologico di partenza utilizzato, ma permette anche l'analisi del genoma mitocondriale completo, marcatore utilizzato in tutti quei casi in cui non sia possibile, a causa della degradazione del campione, ottenere informazioni utili ai fini identificativi dall'analisi del DNA nucleare.

Attraverso la nuova tecnologia sarà poi possibile riuscire a sequenziare il genoma completo di un individuo, evidenziando, come per il genoma dei gemelli omozigoti, quelle differenze che diversamente non potrebbero essere rilevate. L'ottenimento del genoma mitocondriale completo consente di aumentare il potere identificativo di tale marcatore che è, per sua natura, limitato a causa della trasmissione matrilineare e dell'assenza di ricombinazione.

Sono in fase sperimentale test genetici rivolti a stimare altre caratteristiche visibili di un individuo, che in prospettiva futura potrebbero rivestire particolare interesse da un punto di vista identificativo. Riguardano la stima dell'altezza di una persona, dell'età, della predisposizione alla calvizie e della morfologia facciale.

La recente introduzione di nuove tecnologie di sequenziamento ultra-massivo del DNA umano (Next Generation Sequencing, NGS) e le nuove informazioni circa la variabilità del genoma umano, stanno rivoluzionando la genetica forense, consentendo di scoprire numerosi ulteriori polimorfismi del DNA nucleare, sia di lunghezza, sia di sequenza (SNPs), ma soprattutto di correlare la variabilità genotipica a quella fenotipica di molti caratteri esteriori.

Attraverso l'uso di strumenti NGS a elevatissime prestazioni e contenuto tecnologico sarà possibile aumentare il numero e la tipologia di marcatori genetici utili all'identificazione personale (complessivamente oltre 150 tra STRs e SNPs) e prevedere la possibilità di analizzare 22 marcatori SNPs fenotipici e 56 marcatori SNPs di discendenza biogeografica (etno-riferibilità). Le tracce biologiche ignote potranno pertanto essere genotipizzate per l'identificazione del donatore e dalle stesse potranno derivare anche informazioni, utili per finalità investigative, inerenti le principali caratteristiche fenotipiche del donatore, come ad esempio colore degli occhi e colore dei capelli.

In altre parole sarà possibile tracciare un identikit molecolare dell'individuo ricercato, indirizzando e restringendo le attività investigative, con il vantaggio di fornire informazioni parallele e aggiuntive rispetto alle attuali tecniche di indagine.

Criticità dell'indagine

Nonostante la straordinaria capacità predittiva di un test genetico come l'HIrisplex è tuttavia opportuno sottolineare che permangono criticità nell'impiego investigativo del test, sia in ragione della incertezza associata alla probabilità di identificazione, che non raggiunge e probabilmente non raggiungerà mai il 100% di esattezza, sia in ragione della fisiologia associata a certi caratteri.

In particolare, il colore dei capelli è una caratteristica fenotipica mutevole nel tempo (sia nell'età pre-puberale sia nell'età avanzata). È noto, per esperienza, che bambini con capelli biondi nei primi anni di vita da adulti abbiano capelli tendenzialmente castani, se non decisamente scuri. In un recente studio condotto su 157 individui, 14 di loro apparivano come castani o marroni mentre dal test genetico risultavano biondi, con una probabilità superiore al 70%. In effetti, otto di loro, intervistati successivamente, hanno dichiarato che da bambini avevano capelli decisamente biondi.

È peraltro noto che i capelli tendono a diventare grigi con l'avanzare dell'età. Da un punto di vista biologico, i capelli diventano bianchi per la perdita dello scambio enzimatico tra la tirosina e i melanociti (le cellule che producono melanina), che può avvenire in momenti della vita di un soggetto variabili da individuo a individuo. Pertanto, l'applicazione di un test genetico su tracce lasciate da soggetti adulti potrebbe stimare il colore dei capelli che gli stessi avevano molti anni prima dell'effettuazione dell'analisi, fornendo una informazione fuorviante ai fini investigativi. Come nel caso della stima del colore degli occhi, sarà necessario continuare a sviluppare il sistema HIrisplex per aumentare il livello qualitativo e quantitativo dell'informazione genetica analizzata e fornire informazioni ancora più attendibili all'investigatore.

Un altro punto critico saranno gli aspetti etici, riguardanti il dibattito relativo alla legittimità o meno di utilizzare i marcatori EVCs poiché questi riguardano la libertà individuale, la protezione dei dati personali e l'uguaglianza tra individui, specialmente se l'analisi scientifica si propone di definire il concetto di popolazione e l'origine etnica.

Un limite all'utilizzo dei marcatori molecolari in genetica forense è la natura “codificante” o “non codificante” della porzione di DNA utilizzata, ovvero la possibilità che quel tratto di DNA dia origine a un trascritto successivamente destinato a diventare un prodotto proteico.

Tuttavia, come dimostrano i risultati dell'International HapMap Project, il genoma umano è organizzato in blocchi di DNA che vengono ereditati congiuntamente.

La maggior parte dei marcatori EVCs attualmente investigati non codificano per prodotti proteici, pertanto il loro utilizzo non dovrebbe determinare alcuna violazione di legge.

Il timore della comunità scientifica in ordine all'applicazione dei sistemi descritti è legata alla possibilità che si pervenga, in maniera deregolata, all'investigazione dell'intero genoma, rilevando i tratti fenotipicamente visibili e non visibili, compreso il rischio e la suscettibilità di un individuo nei confronti di talune patologie. Affinché una tale situazione non venga a verificarsi appare necessario che la comunità scientifica stessa informi la collettività riguardo alle possibilità e ai limiti del sistema nel contesto dell'investigazione forense.

La predizione EVCs acquista valore nei casi in cui non è possibile individuare un sospettato; pertanto, le informazioni dedotte deriveranno da un campione anonimo raccolto sulla scena del crimine. Ciò implica che non può sussistere alcuna violazione dei diritti di riservatezza, poiché non vi è correlazione tra le caratteristiche delineate e un individuo specifico.

Inoltre, i caratteri fenotipici di un soggetto sono manifesti a chiunque, per cui le informazioni predette non possono essere considerate come riservate. In aggiunta è bene specificare che il prodotto dell'analisi condotta corrisponde a un valore predittivo, ovvero alla probabilità che a un determinato genotipo sia associato un particolare fenotipo. Al momento tale probabilità non può in alcun modo indicare la certezza di riscontrare il fenotipo predetto, nonostante per l'analisi vengano utilizzati esclusivamente marcatori associati a un significativo valore predittivo.

In Olanda unico paese che ha regolamentato l'utilizzo dei marcatori genetici per la predizione EVCs, sono esclusi i marcatori connessi a tratti fenotipi patologici in modo da evitare la discriminazione di individui diversamente abili. I marcatori associati a un elevato valore predittivo possono talvolta coincidere con i polimorfismi del DNA utili ai fini diagnostici. Tuttavia, le patologie la cui presenza o suscettibilità può essere determinata per mezzo dei marcatori EVCs corrispondono alle malattie a eredità monogenica, che si riscontrano nella popolazione con un'incidenza pari a 1 ogni 1000 individui. Risulta, pertanto, privo di ogni efficacia che una traccia biologica appartenente a ignoti, rinvenuta sul luogo del reato, venga analizzata per mezzo di marcatori EVCs a bassa penetranza o di marcatori associati a patologie estremamente rare.

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