Perizia psicologica. Psicopatia, sociopatia, narcisismo maligno e disturbo antisociale di personalità: come distinguerli?
30 Luglio 2020
Premessa
Nell'ambito degli studi criminologici degli ultimi anni, molte sono state le ricerche riguardanti particolari caratteristiche di personalità riferibili ad autori di reato. Particolare attenzione da parte degli studiosi si è focalizzata su specifici disturbi e disfunzionalità della personalità che in termini statistici più spesso ritrovavano nella popolazione carceraria. L'analisi di tali caratteristiche, le differenze e peculiarità dei diversi disturbi evidenziati, si riferiscono per la maggior parte a tre diverse tipologie di psicopatologia: la psicopatia, la sociopatia e il disturbo antisociale di personalità. Spesso esse sono state utilizzate in modo equivalente per riferirsi ad autori di reato che mostrano comportamenti simili, antisociali, contro le regole, in aperta conflittualità con l'autorità e con le norme sociali, sprezzanti nei confronti dell'altro. Ma in effetti esse presentano differenze specifiche rispetto al funzionamento psichico e alle modalità relazionali che di seguito presentiamo. Come specifica la stessa parola antisociale, il Disturbo Antisociale della Personalità (Antisocial Personality Disorder - ASPD) è caratterizzato in termini clinici da un quadro in cui emergono comportamenti e azioni correlati ad una inosservanza e violazione dei diritti degli altri assolutamente pervasiva e continuativa. Tale disturbo della personalità è risultato in termini statistici quello più strettamente correlato alla commissione di crimini in generale (75% della popolazione carceraria) equiparato spesso al termine di sociopatia. Generalmente le persone con questo tipo di patologia dimostrano poco o nessun tipo di interesse e di considerazione per i diritti o i sentimenti altrui, non si preoccupano delle conseguenze dei loro atti, non rispondono alle norme sociali che ampiamente disattendono. Pur incuranti degli aspetti morali, legali ed etici quasi paradossalmente tendono spesso a presentarsi come vittime della società o del comportamento altrui, attribuendo agli altri le responsabilità delle loro azioni. Risultano incapaci di assumere la prospettiva ed il punto di vista altrui e ciò comporta che quanto esperito faccia loro sperimentare forti emozioni negative legate ad un vissuto di “ingiustizia” quali la rabbia, l'irritazione, il disprezzo, il distacco, l'invidia oltre al desiderio di dominare l'altro come forma di potere; difficilmente provano emozioni come l'empatia, la simpatia, o il senso di colpa (se pur in grado in forma ridotta) e risultano cinici e disillusi. In ambito relazionale presentano molte criticità e le relazioni stesse hanno spesso esiti distruttivi: il distacco affettivo, l'aggressività, la superficialità e l'indifferenza nei confronti dei bisogni degli altri (anche familiari e congiunti) di fatto rendono impossibile maturare una relazione stabile e soddisfacente. Manipolazione e menzogna sono peraltro le modalità più utilizzate nelle relazioni che ovviamente nel tempo degradano ogni tipo di relazione autentica. Un'altra caratteristica peculiare inoltre è un'eccessiva sicurezza in sé stessi, una fiducia estremizzata e poco fondata su una valutazione critica positiva di sé ma piuttosto sulla diffidenza verso gli altri e il mondo. Repentini sono i cambiamenti d'umore e un alternarsi di forte attivazione nei rapporti interpersonali (se pur disfunzionali) con altri periodi di isolamento e chiusura, un alternarsi anche di aggressività e remissività. E proprio aggressività (spesso fisica), impulsività (con incapacità di pianificare il futuro e bassa tolleranza alla frustrazione) ed irresponsabilità (in ambito soprattutto lavorativo, economico e familiare) sono le caratteristiche tipiche del disturbo antisociale della personalità. In ambito scientifico risulta essere un disturbo prevalentemente maschile ma va considerato che alcune caratteristiche in ambito femminile si traducono in comportamenti devianti magari meno eclatanti dal punto di vista dell'aggressività e della violenza, ma non meno importanti nel definire il funzionamento caratteristico di base. Il DSM-5 descrive il disturbo antisociale di personalità con sette tratti specifici:
Queste caratteristiche si manifestano fin dall'infanzia o dalla prima adolescenza e continuano nell'età adulta ma la diagnosi strutturale può applicarsi solo dopo i 18 anni. È bene specificare però che in termini generali non è semplice valutare in termini differenziali i diversi disturbi di personalità in quanto spesso i sintomi e le manifestazioni comportamentali non sono specifiche e tipiche di un unico disturbo ma possono anche essere comuni a più tipologie. Difficoltà che ha comportato il confondere tra loro alcuni funzionamenti psichici simili ma non uguali. Per fare qualche esempio spesso si ritrovano delle analogie e dei parallelismi tra il disturbo antisociale della personalità e il disturbo narcisistico della personalità. In entrambi i casi i soggetti presentano una forte tendenza ad essere disinvolti, superficiali nelle relazioni interpersonali, cinici e non empatici oltre che sfruttatori delle situazioni e dell'altro. Ma quali sono le differenze? Nel Disturbo Narcisistico della Personalità sono assenti impulsività e disonestà mentre è presente un maggiore bisogno di ottenere l'attenzione e l'ammirazione degli altri per sostenere il proprio Sé grandioso. Sia i soggetti con disturbo antisociale invece, che quelli con disturbo istrionico di personalità presentano anch'essi superficialità e seduttività, mostrando una forte impulsività e reattività e ricercando situazioni eccitanti, ma i soggetti con Disturbo Istrionico tendono ad essere emotivamente molto enfatici e teatrali senza però presentare comportamenti antisociali. E ancora: sia i soggetti con disturbo antisociale che quelli con disturbo borderline di personalità presentano comportamenti manipolativi; tuttavia, mentre chi ha il disturbo antisociale o istrionico attua questi comportamenti al fine di ottenere gratificazioni materiali e vantaggi concreti, per chi è affetto da Disturbo Borderline di personalità essi sono diretti ad ottenere maggiore considerazione di sé essendo spesso instabili e insicuri. Infine chi ha un disturbo antisociale di personalità tende ad essere più aggressivo e meno instabile emotivamente rispetto a chi ha un Disturbo Borderline di personalità. Comportamenti antisociali infine possono essere presenti anche in alcuni individui con Disturbo Paranoide di personalità, ma in questo caso le condotte antisociali sono mosse da un desiderio di vendetta nei confronti di un presunto nemico, piuttosto che, come nel disturbo antisociale, da un desiderio di guadagno personale o di sfruttamento degli altri. Il Disturbo Antisociale della personalità risulta, tra le varie tipologie, quello con il rapporto più stretto con atti criminali e la personalità antisociale, proprio per la sua tendenza a contravvenire alle norme, a manifestare comportamenti aggressivi, irrispettosi e manipolativi nei confronti degli altri senza provarne poi il minimo senso di colpa, e si presta quindi ad essere facilmente associato al concetto di criminalità. Tra i reati più correlati a questo tipo di profilo ritroviamo la truffa che consente di pervenire ad un tornaconto personale oltre che ad un piacere collegato alla manipolazione dell'altro. Altri tipi di reati legati a queste caratteristiche sono i furti, rapine, le molestie (stalking) e gli atti vandalici. Inoltre l'impulsività insieme alla scarsa tolleranza alle frustrazioni, all'irritabilità e all'utilizzo di alcol e sostanze stupefacenti, possono portare questi soggetti ad attuare reati cosiddetti d'impeto che possono arrivare ad aggressioni fisiche e omicidi non premeditati sotto la spinta di una violenza incontrollata ed in assenza di alcuna capacità di previsione delle possibili conseguenze negative. La mancanza di senso critico e di capacità di pianificazione e previsione infine preclude loro di poter valutare correttamente anche le conseguenze dei reati e, se condannati, spesso rafforzano la loro visione del mondo come ostile. Bugie, tradimenti, manipolazioni e aggressioni sono quindi modalità caratteristiche dell'individuo con tale disturbo che utilizza anche nella vita privata con le persone a lui più vicine, generalmente creando un vuoto relazionale e sociale nel tempo. Proprio in conseguenza di ciò essi hanno maggiore probabilità rispetto ad altri soggetti di morire per una causa violenta sia essa suicidio, un omicidio o un incidente. Robert Hare nei suoi studi ha definito gli psicopatici: «predatori intraspecie che usano fascino, manipolazione, intimidazione e violazione per controllare il prossimo e soddisfare i propri egoistici bisogni; mancando di morale ed empatia, riescono freddamente a prendere e a fare ciò che vogliono, violando norme e divieti sociali senza il minimo senso di colpa o rimpianto». Tale descrizione appare esplicativa di quelle che sono le caratteristiche della personalità psicopatica. Ma rispetto al Disturbo Antisociale della personalità quali sono, nel dettaglio, le caratteristiche psicologiche e comportamentali che contraddistinguono lo psicopatico? Harvey M. Cleckley, già nel 1941, descrisse la personalità psicopatica come caratterizzata da una persistente irresponsabilità comportamentale, da un disinvestimento emotivo e da un atteggiamento aggressivo a cui si sommavano aspetti narcisistici. Negli anni successivi il termine psicopatia perse rilevanza e venne sostituito dal termine sociopatia. Le due definizioni non possono essere considerati però sinonimi perché implicano cause, alla base del disturbo, di tipo diverso (come le due parole stesse suggeriscono e cioè cause psicologiche per la psicopatia e cause sociali per la sociopatia). Con Hare il termine psicopatia ritrovò un suo specifico significato e si è chiaramente differenziato sia dalla sociopatia sia dal Disturbo Antisociale della Personalità (indicato nel DSM III). Con la Psychopathy Checklist-Revised – uno strumento creato da Hare per misurare il grado di psicopatia – è stato possibile anche discriminare i soggetti affetti da disturbo Antisociale che non erano psicopatici (caso frequente) e, viceversa, gli psicopatici che non presentavano un disturbo antisociale (caso più raro). In ambito giuridico e, nello specifico, in ambito peritale, la differenza è comunque fondamentale per distinguere la psicopatia dalle altre psicopatologie in quanto lo psicopatico non è considerato dalla comunità scientifica infermo di mente (situazione psichica che comporterebbe la possibilità di una capacità di intendere e di volere grandemente scemata o annullata): risulta invece imputabile poiché comprende il disvalore di quello che fa e lo fa deliberatamente, il suo esame di realtà risulta infatti integro. Per Hare la psicopatia può essere considerata come «un disturbo deviante dello sviluppo, caratterizzato da una condizione di aggressività istintuale e dall'incapacità di stringere una relazione oggettuale basata sulla reciprocità e sulla corrispondenza delle comuni emozioni». Ed è proprio questo a discriminare la psicopatia da qualsiasi altro tipo di psicopatologia: la mancanza totale di sentimento umano e l'incapacità di creare e mantenere relazioni. Infatti, al contrario della persona antisociale che, se pur in modo disfunzionale, è in grado di instaurare legami con gli altri, lo psicopatico non è in grado di farlo. Per lo psicopatico esistono solo sé stesso e le sue esigenze e necessità e ogni azione è volta ad ottenere vantaggi accompagnata ad una totale assenza di empatia per l'altro. Gli altri sono semplicemente, mezzi, strumenti o oggetti da utilizzare a proprio vantaggio. Esperienze traumatiche infantili possono essere alla base della sua ridotta capacità di mentalizzazione delle emozioni e della sua freddezza emotiva, integrando aspetti psicologici strutturali con l'esperienza e l'ambiente sociale e familiare, ma non necessariamente. Hare descrive tre diverse tipologie di psicopatici.
Anche nel caso della psicopatia tali caratteristiche si ritrovano maggiormente in individui di sesso maschile e tendono ad attenuarsi dopo i 40 anni, pur mantenendosi per l'intera esistenza. Studi nelle neuroscienze hanno ipotizzato, e in parte confermato, una conformazione diversa del cervello dello psicopatico rispetto al cervello di una persona che non presenta tale caratteristica, in particolare nell'amigdala responsabile della gestione dei processi emozionali. L'amigdala infatti «risponde a indizi di disagio o di sofferenza negli altri e, quindi, viene ritenuta essenziale nel trattenere i soggetti dal mettere in atto comportamenti anti-sociali». Il funzionamento dell'amigdala nei soggetti psicopatici risulterebbe quindi fortemente alterato durante la presa di decisioni morali. Anche tre delle aree principali annesse al sistema limbico – la corteccia prefrontale mediale, il cingolo posteriore e il giro angolare – risulterebbero meno attive. Dunque, secondo gli studiosi, se esiste un deficit a livello delle aree cerebrali deputate al controllo morale, la conseguenza potrebbe essere che lo psicopatico non è in grado di ragionare in termini di etica: egli ragiona esclusivamente in termini di vantaggio. Inoltre, il cervello dello psicopatico non risponderebbe a stimoli a valenza emotiva (immagini, parole. Situazioni relazionali), siano essi positivi o negativi e si sono riscontrate differenze tra la neurofisiologia del cervello normale e quella del cervello psicopatico quali disturbi a livello del linguaggio dovuti alla mancata lateralizzazione e al differente processamento delle parole, una minore attivazione rispetto a situazioni ansiogene e una propensione al rischio e all'impulsività. Tali deficit neurologici sarebbero quindi in effetti correlabili alla mancanza di empatia (dovuta alla disfunzione dell'amigdala) e ad una difficoltà ad utilizzare il linguaggio per esprimere adeguatamente i propri vissuti emotivi, utilizzando quindi la verbalizzazione, le parole solo per manipolare ma non per esprimere i sentimenti. Al fine di valutare specificatamente le caratteristiche della psicopatia, differenziandole da altri epifenomeni di altri disturbi psicologici, Hare ha strutturato una intervista approfondita al fine di poter fare diagnosi differenziale. Le caratteristiche affettive e comportamentali (Hare 1988) sono state declinate in items volti ad approfondirne la presenza di aspetti caratteristici del disturbo. Questi sono di seguito:
Nonostante la scala sia stata sviluppata per valutare un costrutto unitario, l'analisi fattoriale ha analizzato la struttura evidenziando la presenza di due 2 fattori correlati, ciascuno dei quali include 2 componenti (Hare 2003) che nello specifico descrivono le caratteristiche emotive e interpersonali della psicopatia, lo stile interpersonale arrogante e menzognero, un'esperienza emotiva deficitaria e, in secondo luogo le manifestazioni impulsive, irresponsabili, antisociali e lo stile di vita parassitario. I due fattori di fatto permettono di discriminare tra Disturbo Antisociale di Personalità in quanto ha osservato come solo il secondo fattore sia correlato positivamente alla diagnosi di Disturbo Antiociale mentre il primo fattore, quello che misura i tratti affettivi e lo stile interpersonale, è solo debolmente associato a questo. In tal senso è emerso che la percentuale della popolazione carceraria maschile che soddisfaceva i criteri del Disturbo Antisociale oscillava tra il 50 e 80% mentre solo il 15-25% della popolazione carceraria maschile soddisfaceva i criteri della Psicopatia. Quindi, la maggior parte degli Psicopatici soddisfacevano i criteri del Disturbo Antisociale ma solo un individuo su tre con tale disturbo soddisfaceva anche i criteri per la Psicopatia (Hart e Hare 1996).
Riassumendo quindi le differenze tra disturbo antisociale di personalità e psicopatia emerge che la caratteristica principale in grado di distinguere la psicopatia da qualsiasi altro disturbo di personalità – compreso quello antisociale – è l'incapacità di costruire legami. Se vi è un'alta probabilità che un soggetto psicopatico sia anche antisociale non è in assoluto correlabile tout court il contrario. Una delle differenze riguarda sicuramente le motivazioni che guidano il comportamento di queste persone: lo psicopatico mira ad un preciso guadagno personale ampiamente calcolato, l'antisociale agisce d'impulso senza un fine specifico o molto più semplicistico. Quest'ultimo non possiede controllo emotivo (c'è un deficit nelle funzioni inibitorie), reagisce con violenza ed aggressività ad una minaccia percepita come imminente (attacco difensivo); la causa del comportamento dello psicopatico è, invece, da ricondursi ad un deficit dell'apprendimento del condizionamento avversivo: egli è un predatore che approfitta consapevolmente degli altri per raggiungere i suoi scorretti scopi (attacco predatorio). Inoltre per quanto riguarda l'aspetto sociologico, gli individui affetti da Disturbo Antisociale sono, per la maggior parte, appartenenti alle classi sociali più svantaggiate e attraverso il reato si garantiscono la sopravvivenza, agiscono d'impulso e non cercano di nascondere la loro natura. Gli psicopatici sono solitamente appartenenti al ceto medio-alto, risultano spesso ben integrati nella società e il crimine serve loro per soddisfare il desiderio di potere; non si svelano ma indossano una maschera sociale adatta al contesto, agiscono con calcolo per raggiungere i propri scopi e spesso tramando alle spalle. Essendo gli psicopatici caratterizzati da insensibilità e distacco emotivo è più facile vittimizzare gli altri e strumentalizzare la violenza per raggiungere i propri fini. Ciò comporta che possano divenire facilmente protagonisti di varie tipologie di crimine, compresi i reati più violenti, se pur sempre calcolati e mai correlati ad impulsività incontrollata. Secondo alcuni studi (Porter e Woodworth 2006) i criminali psicopatici riportano più frequentemente pene per crimini violenti, si comportano più frequentemente in modo aggressivo negli istituti di pena e nelle comunità, e usano più probabilmente le armi per ferire gli altri rispetto a quelli senza psicopatia (Hare e McPherson 1984; Serin 1991). Secondo Woodworth e Porter (2002) gli omicidi degli psicopatici sono prevalentemente (93%) strumentali, contro circa la metà (48,4%) di quelli commessi da individui non psicopatici. Una volta scarcerati, gli psicopatici hanno una probabilità quattro volte maggiore di recidivare rispetto agli altri criminali e presentano un rischio almeno doppio di recidive per reati violenti rispetto a quelli non psicopatici (Hart 1988; Grann 1999; Leistico 2008; Porter 2009). Concludendo tutti questi studi supportano l'idea però che le profonde disfunzioni empatiche riportate nella descrizione clinica della psicopatia non coinvolgono gli aspetti cognitivi dell'empatia. Mancando di empatia, gli psicopatici sono in grado di vedere la loro vittima come un oggetto da usare e gettare via, e non provano rimorso e colpa per le loro azioni. Ma è stato evidenziato anche che gli psicopatici tendono comunque ad affermare e simulare la sperimentazione di queste emozioni, senza peraltro esperirle soggettivamente. In altre parole, possono dire che sono dispiaciuti per le loro azioni o apparire empatici con la loro vittima, sanno quali gesti o parole utilizzare, senza provare realmente niente di tutto ciò. Per questo motivo Cleckley (1988) ha parlato di “maschera di sanità”, perché le parole o le azioni degli psicopatici non riflettono il loro mondo interno. Gli psicopatici non hanno problemi a capire quello che gli altri stanno sentendo, solo che non reagiscono emozionalmente a queste esperienze. Le evidenze empiriche hanno osservato delle consistenti differenze nei processi emozionali degli psicopatici, tuttavia non è chiaro se queste differenze sono legate all'assenza di emozione, al fallimento di processare automaticamente l'emozione o alla ridotta intensità dell'esperienza emozionale. Gli schemi di base di sé, degli altri e del mondo degli psicopatici sembrano essere piuttosto rigidi ed inflessibili. Lo psicopatico vede sé stesso come forte e autonomo, mentre gli altri sono visti come deboli e vulnerabili facilmente manipolabili. Gli psicopatici inoltre sono famosi per il loro comportamento immorale. Il dubbio è se sono in grado di distinguere ciò che è giusto da ciò che è sbagliato, quindi se possiedono la capacità di un normale giudizio morale. Nonostante l'interesse verso questa questione, i dati sperimentali circa l'abilità degli psicopatici di formulare giudizi morali normali sono piuttosto limitati. Infine solitamente i termini psicopatico e sociopatico sono utilizzati in modo intercambiabile per riferirsi ad una persona che si discosta dalle norme sociali, senza scrupoli e senso di colpa. Tuttavia, quali sono le vere differenze tra uno psicopatico e un sociopatico?
Il denominatore comune dei due termini è senza dubbio l'atteggiamento antisociale. Tuttavia, anche se quasi tutti gli psicopatici soffrono di un disturbo antisociale di personalità, lo stesso non vale per i sociopatici. Valutando i modelli comportamentali i sociopatici, presentano un'alterazione del comportamento provocata spesso da una lesione cerebrale o da un trauma infantile; nel caso degli psicopatici, invece, ci riferiamo ad un tipo di personalità prodotto anche da aspetti genetici e neuropsicologici. Lo psicopatico si comporta nel pieno delle sue responsabilità scegliendo come agire e per evitare anche le conseguenze o qualsiasi tipo di interferenza nella sua vita. Se lo psicopatico mostra una loquacità e un fascino se pur superficiale, è egocentrico e con un Sé grandioso, totalmente privo di empatia, bugiardo e manipolativo e riesce ad integrarsi facilmente e a manipolare gli altri fino ad ottenerne la fiducia e, nonostante l'incapacità di provare sentimenti, impara ad imitare le emozioni riuscendo a nascondere la sua vera natura agli altri risultando spesso educato, coinvolto in relazioni e lavori stabili, il sociopatico si riferisce ad una serie di modelli di comportamento considerati antisociali e/o criminali da parte della maggior parte della società, ma ritenute normali – o persino necessarie – nella sub-cultura del contesto sociale in cui è inserito. A differenza degli psicopatici, i sociopatici possono presentare una coscienza molto sviluppata e una buona predisposizione verso l'empatia, la colpa e la lealtà nei confronti di individui concreti. Tuttavia, il loro senso del bene e del male fa riferimento a norme ed aspettative dettate dal loro gruppo di appartenenza. Tra gli studiosi A. Posada ha elencato alcune delle loro principali caratteristiche: immorali, impulsivi ed irresponsabili, incapaci di amare, senza un progetto di vita, non provano vergogna né imparano alcunché dalle loro esperienze passate. Hanno reazioni affettive inadeguate ed anche la vita sessuale risulta poco integrata. Spesso manipolano, mentono, rubano o truffano. Possono aggredire fisicamente e psicologicamente. Quando decidono di commettere un delitto, gli psicopatici pianificano con cura ogni dettaglio. Al contrario, la maggior parte dei crimini associati ai sociopatici appaiono disorganizzati e spontanei. I sociopatici sono capaci di provare connessioni emotive solo nei confronti di individui a loro più vicini, come un familiare o un amico, e soltanto all'interno di contesti specifici. Gli psicopatici, al contrario, sono semplicemente incapaci di provare empatia e formare legami emotivi reali con qualcuno. Tuttavia, ciò che rende gli psicopatici particolarmente pericolosi e tendenti al crimine è proprio la loro capacità di imitare le connessioni emotive. Ma psicopatici, narcisisti perversi e sociopatici sono sempre violenti? Non sempre è così ovviamente e fortunatamente. Ma la manipolazione, gli inganni o la sottile violenza psicologica che utilizzano per ottenere i loro vantaggi fanno spesso comunque “vittime” tra le persone che hanno la sfortuna di incontrarli in qualsiasi ambito della propria vita. Il Narcisista maligno
Riguardo infine ad un'ultima tipologia di disturbo, il narcisista maligno, si possono identificare alcune sue peculiarità. Il narcisista maligno generalmente pur avendo una particolare stima di sé ha necessità di screditare gli altri per confermare la sua grandezza. Lo psicopatico usa gli altri come mezzo e la svalutazione è solo un eventuale effetto collaterale degli atteggiamenti manipolativi. Il narcisista maligno invece deve sminuire o denigrare per riscattarsi da torti e ingiustizie subite durante l'infanzia, deve screditare il prossimo per accrescere il suo potere. Lo psicopatico non ha questa necessità: ha degli scopi da perseguire e se si impegna in un comportamento criminale, tende a farlo con minuzia, calcolando il piano migliore per non correre rischi. Lo psicopatico arriva a realizzare piani di emergenza con fredda lucidità, il male che arreca agli altri è un effetto collaterale della sua volontà di perseguire determinati scopi, un incidente o una necessità di percorso. Riassumendo quindi: se per lo psicopatico si suppone spesso una predisposizione genetica, il sociopatico sembrerebbe reso tale a causa di un vissuto difficile, di un trauma e di una storia fatta di abusi fisici, emotivi e una storia familiare più che contorta oltre che di un contesto sociale criminogeno. Il sociopatico, in genere, tende a essere più impulsivo dello psicopatico. I sociopatici, pur avendo difficoltà a instaurare rapporti, riescono comunque a legare con gruppi di persone simili o con un singolo individuo ma a differenza degli psicopatici e dei narcisisti maligni, i sociopatici hanno difficoltà a mantenersi un lavoro a lungo termine e difficilmente riescono ad assumersi responsabilità economiche. Narcisisti maligni e psicopatici possono essere più manipolativi rispetto ai sociopatici. Narcisisti maligni e psicopatici riescono a condurre una vita all'apparenza normale, minimizzando i rischi della loro condotta. I sociopatici al contrario tendono a essere più sconsiderati, senza alcuna capacità di gestire le conseguenze della loro condotta. Se un sociopatico si impegna in un comportamento criminale è più probabile che lo faccia in modo impulsivo, seguendo l'istinto più che un piano preciso e a causa della sua impulsività, il sociopatico può essere arrestato più facilmente rispetto al più freddo calcolatore psicopatico. Sia gli psicopatici che i sociopatici presentano rischi per la società, in quanto sono disturbi egosintonici, di cui il soggetto spesso non è consapevole e per loro non risulta essere motivo di sofferenza il loro stato. La psicopatia però è probabilmente il disturbo più dannoso, in quanto non avendo alcun senso di colpa per le loro azioni ed un'abilità maggiore di dissociarsi dalle sue azioni senza un coinvolgimento emotivo, non ha vere limitazioni nelle azioni. A supporto di ciò utilizzando l'Intervista PCL-R su soggetti appartenenti alla popolazione carceraria, Hare ha scoperto che, relativamente al Nord America, mentre era decisamente elevata la prevalenza dei detenuti che presentavano un Disturbo Antisociale di Personalità (da un minimo del 50% fino all'80%), solo una moderata percentuale di essi (circa il 15%) mostrava anche le caratteristiche proprie dei soggetti psicopatici. Tali dati sono stati confermati anche in altri paesi come l'Olanda, il Canada, la Svezia e la Germania. Ma il dato realmente interessante, è stato quello di rilevare che questa percentuale, esigua rispetto all'insieme più vasto di tutti i criminali, risultava essere responsabile di più del 50% del totale dei crimini violenti. Infine gli individui classificati come psicopatici hanno dimostrato di avere un tasso di recidività superiore all'80% anche in caso di trattamento clinico durante il periodo di detenzione. In tal senso la risposta alla domanda di chi sia il più pericoloso appare evidente. Aspetti Critici
Quanto sopra esposto evidenzia come alcune tipologie di disturbi psichici siano fortemente correlati al crimine, se pur con modalità ed incisività diverse. Ma soprattutto si evidenzia come, nell'ambito delle differenti psicopatologie, anche gli studiosi abbiano dovuto approfondire le caratteristiche di tali disturbi e valutarne le differenze per una corretta diagnosi. In ambito giuridico, ovviamente, tali studi sono importanti in quanto la patologia nell'attuazione di un crimine può configurare un vulnus rispetto all'imputabilità e alle conseguenti responsabilità dell'individuo relativamente il reato commesso in perizia. Le tipologie di disturbo psichico che sono state qui affrontate non configurano, secondo i riferimenti della comunità scientifica, infermità di mente che possano inficiare la capacità di intendere e di volere dell'individuo che in ognuna di esse mantiene un corretto esame di realtà e ottima consapevolezza del disvalore delle azioni commesse. Come evidenziato le caratteristiche di personalità correlabili alla psicopatia, sociopatia, narcisismo maligno comportano forti disfunzionalità nell'individuo in ambito relazionale e affettivo ma di tipo egosintonico, spesso comunque superficialmente accettati dalla comunità in cui sono inseriti gli individui (i sociopatici per contesto sociale di tipo delinquenziale, gli psicopatici in quanto bravi nell'adattare le proprie risposte alle attese del contesto a proprio vantaggio) rendendo difficile qualsiasi tipo di trattamento terapeutico. Bibliografia
Baima Bollone P. “Cesare Lombroso e la scoperta dell'uomo delinquente”, Priuli & Velucca, Scarmagno 2009 Caretti, V., Ciulla, S., e Schimmenti, A. , "La diagnosi differenziale nella valutazione della psicopatia e del comportamento violento". Rivista Sperimentale di Freniatria, vol. 1, 2012 Caretti V, Manzi G, Schimmenti A, Seragusa L, Rossi L, Ciulla S, Craparo G. “Adattamento, validazione e proprietà psicometriche della versione italiana della PCL-R” In: Hare RD. PCL- R. Psychopathy Checklist Revised. Firenze, OS Giunti, 2012 Cleckley, H. , “The Mask of Sanity”, St. Louis, MO: C.V. Mosby, 1976 De Fazio L., Bignardi Baracchi F., Sgarbi C., “Psicopatia e violenza: rassegna criminologica” Rassegna Italiana di Criminologia - 1/2016 Fornari U., “Trattato di psichiatria forense”, UTET, Torino, 2018 Gulotta G. Breviario di psicologia investigativa, Giuffrè Milano, 2008 Hare RD. “Manual for the Hare psychopathy checklist, 2nd edn, revised” Toronto, Multi-Health Systems, 2003; Hart, S.D., Forth, A.E. and Hare, R.D., "Performance of Criminal Psychopaths on Selected Neuropsychological Tests". Journal of Abnormal Psychology, 99, 1990 Kernberg, O. F., Disturbi gravi della personalità. Edizioni Bollati Boringhieri, 1984 Mastronardi V., Desimoni L.M., Ventura N., “Imputabilità, coscienza morale e psicopatologia. Profili comparatistici internazionali”, Riv Psichiatr 2012;47(4 Suppl. 1):17S-25S Merzagora Betsos, I. , “De Servo arbitrio: le neuroscienze ci libereranno dal pesante fardello della libertà?” Rassegna Italiana di Criminologia, V, 7-17, 2011 Merzagora Betsos, I. “Colpevoli si nasce? Criminologia, determinismo, neuroscienze”, Milano, Raffaello Cortina, 2012 Messa C., “Il disturbo antisociale di personalità: ipotesi psico-evoluzionistiche”, Psicologia & Giustizia Anno XIX, numero 2 Luglio-Dicembre 2018 Picozzi M, Zappalà A, “Criminal profiling”. Mc Graw-Hill, Milano 2002 Ponti G., Merzagora I.“Compendio di Criminologia”, Raffaello Cortina Milano 2008 Russo F., “Dall'antropologia criminale alla psicologia criminale ed investigativa. Il passaggio dal cervello alla mente del criminale per tracciare il profilo psicologico del colpevole”, Fondazione Università Popolare di Torino Editore, Torino 2012 Russo F., “Lineamenti di psicologia criminale ed investigativa. Il criminal profiling per l'analisi dei crimini seriali violenti, Celid Torino 2016 Simon R. I. “I buoni lo sognano i cattivi lo fanno. Psicopatici, stupratori, serial killer”, Raffaello Cortina Milano 1997 Strano M. “Manuale di criminologia clinica”, SEE, Firenze 2003
|