Bullismo e cyberbullismo. Dinamiche e interventi di prevenzione

Alessandra Bramante
Viviana Lamarra
15 Giugno 2017

Dopo un lungo iter legislativo nella Gazzetta del 3 giugno scorso è stata pubblicata la Legge 29 maggio 2017 n. 71 recante "Disposizioni a tutela dei minori per la prevenzione ed il contrasto del fenomeno del cyberbullismo". In tale provvedimento si sono finalmente introdotte alcune novità di rilevanza giuridica che riconoscono in modo più specifico il fenomeno del cyberbullismo, negli ultimi anni sempre più presente trasversale nella vita degli adolescenti e dei giovani ...
Abstract

Dopo un lungo iter legislativo nella Gazzetta del 3 giugno scorso è stata pubblicata la legge 29 maggio 2017, n. 71 recante Disposizioni a tutela dei minori per la prevenzione ed il contrasto del fenomeno del cyberbullismo.

In tale provvedimento si sono finalmente introdotte alcune novità di rilevanza giuridica che riconoscono in modo più specifico il fenomeno del cyberbullismo, negli ultimi anni sempre più presente trasversale nella vita degli adolescenti e dei giovani proprio per le modalità tecnologiche utilizzate estremamente “invasive” e difficilmente controllabili con i mezzi e gli strumenti sinora contemplati.

Cosa si intende per cyberbullismo?

Esso si riferisce a «qualunque forma di pressione, aggressione, molestia, ricatto, ingiuria, denigrazione, diffamazione, furto d'identità, alterazione, acquisizione illecita, manipolazione, trattamento illecito di dati personali in danno di minorenni, realizzata per via telematica, nonché la diffusione di contenuti on line aventi ad oggetto anche uno o più componenti della famiglia del minore il cui scopo intenzionale e predominante sia quello di isolare un minore o un gruppo di minori ponendo in atto un serio abuso, un attacco dannoso, o la loro messa in ridicolo».

L'obiettivo della legge risulta essere quindi quello di contrastare tale fenomeno sia in termini preventivi, con un'attenzione particolare alle strategie educative e socio-culturali, sia riguardo ad una maggiore e più funzionale tutela delle vittime minori coinvolte, sia riguardo infine ad interventi volti a responsabilizzare gli autori di azioni illecite mediante interventi nelle istituzioni scolastiche.

Il ruolo della scuola, come già in passato, è importantissimo ma con la legge viene quindi formalizzato e non più soggetto ad iniziative personali diverse da istituto a istituto: essa infatti è coinvolta in termini significativi in quanto è previsto che in ogni istituto sarà individuato un referente specificatamente per le iniziative e gli interventi di prevenzione contro il bullismo e il cyberbullismo.

Nel caso di minori coinvolti in atti di bullismo sarà compito del preside informare le famiglie ed intervenire a tutela delle vittime e sanzionando, per quello che è il suo ambito, gli autori.

Più in generale, si prevede che il Miur abbia il compito di predisporre linee di orientamento di prevenzione e contrasto del fenomeno formando in modo specifico il personale scolastico e promuovendo anche un ruolo attivo degli studenti su questo tema. In tali iniziative potranno essere coinvolte associazioni territoriali, servizi territoriali minorili e forze dell'ordine (polizia postale).

Inoltre è contemplata nella stessa legge la possibilità per la vittima almeno 14enne e per i genitori, di inoltrare al gestore del sito web o del social media istanza di oscuramento, blocco e rimozione dei dati/foto/materiale del minore vittima di cyberbullismo diffuso in rete, materiale che, nel caso non sia stato rimosso nei tempi previsti, verrà rimosso direttamente dal garante della privacy.

Infine è previsto lo strumento dell'Ammonimento da parte del Questore, come già in materia di stalking (art. 612-bis c.p.) che si potrà applicare in caso di condotte di ingiuria (art. 594 c.p.), diffamazione (art. 595 c.p.), minaccia (art. 612 c.p.) e trattamento illecito di dati personali (art. 167 del codice della privacy) commessi mediante internet da minori ultraquattordicenni nei confronti di altro minorenne, fino a quando non è proposta querela o non è presentata denuncia, modalità che introdurrà ad altro procedimento giudiziario.

L'attenzione del Parlamento e del Governo ovviamente è continuativa e la Presidenza del Consiglio ha infine istituito un tavolo tecnico al fine di contrastare e prevenire il bullismo e realizzare una banca dati per il monitoraggio del fenomeno. Tali nuove disposizioni entreranno in vigore il 18 giugno 2017.

La legge sopra descritta quindi è particolarmente importante in quanto considera in modo attento e specifico, gli interventi preventivi, di tutela e sanzionatori di un fenomeno che negli ultimi anni ha avuto un'incidenza sempre maggiore e incontrollata, spesso con esiti drammatici (i casi di cronaca degli ultimi anni ne attestano la pericolosità in termini di violenza psicologica e di conseguenze particolarmente lesive nei confronti delle vittime sia in termini psicologici che sociali, relazionali).

Il fenomeno del bullismo e del cyberbullismo: un continuum storico

Nell'ultimo decennio molti sono stati i cambiamenti nel sociale, nella cultura giovanile, nella istituzione famigliare e nella scuola e anche il disagio espresso dagli adolescenti, in particolare riguardo il bullismo, ha subìto parecchi mutamenti di pari passo con quanto vissuto nel quotidiano dai ragazzi con l'incremento dell'utilizzo della tecnologia e dei cambiamenti conseguenti nelle modalità di socializzazione.

Si consideri che i cosiddetti compiti di sviluppo dell'adolescente non sono mutati di per sé e la strutturazione della sua personalità, la socializzazione attraverso il gruppo, rimangono obiettivi centrali per il suo sviluppo psicoaffettivo.

Modalità e tempistiche però si sono modificate e l'utilizzo di smartphone, chat, email e social network hanno ampliato, velocizzato, amplificato e virtualizzato le relazioni con il gruppo dei pari, gli aspetti culturali e di informazione, abbattendo i limiti di spazio, di tempo e di condivisione con gli altri: in senso positivo e negativo.

Il fenomeno del bullismo, presente nelle scuole già da molti anni, ha di fatto attraversato tali mutamenti “conformandosi” alle nuove modalità, a volte, purtroppo, con esiti estremamente lesivi e negativi nei confronti delle vittime.

Il bullismo è considerato un fenomeno sociale, un fenomeno particolarmente allarmante da considerare nei termini del sistema/rete sociale e non semplificabile evidenziandone nella dinamica solo l'aggressività del bullo e la fragilità della vittima in un rapporto duale.

Da qualche anno i quotidiani e la televisione affrontano il delicato tema del bullismo nelle sue molteplici manifestazioni, in particolare negli ultimi anni, con l'incremento dell'utilizzo di social networks e delle chat, del cyberbulllismo.

Importante, per affrontarlo è valutare il fenomeno in termini sistemici, non solo nei termini di «allarme sociale» indicando come unica soluzione la repressione del comportamento aggressivo.

È necessario infatti porre l'attenzione sul fatto che tali manifestazioni possono essere considerate vere e proprie manifestazioni di disagio infantile/adolescenziale, diverse per caratteristiche di personalità e contesti socio-familiari, in cui è possibile intervenire in un'ottica di prevenzione e di promozione del benessere personale e sociale dei soggetti in causa. Ed in tal senso la legge pare aver fatto propria tale impostazione.

Il fenomeno del bullismo è presente da tempo. Già nei primi anni 2000 il bullismo si presentava come un fenomeno in crescita all'interno della scuola e relativo ad allievi di tutto il mondo fin dai primi anni di scolarizzazione, soprattutto nei paesi industrializzati e nei contesti urbani.

In un'indagine del 1997, risultava che nelle scuole italiane il bullismo si presentava con valori elevati, con indici complessivi che andavano dal 41% nella scuola elementare al 36% in quella media, in rapporto agli alunni che dichiaravano di aver subito prepotenze.

Da questa prima rilevazione del fenomeno emersa dalla ricerca svolta dall'Associazione Villa S. Ignazio nelle scuole superiori per conto della Provincia di Trento (2001) emergeva un quadro estremamente significativo sulla presenza e sulle modalità in cui si esplicava il fenomeno. Nello specifico emergeva che:

  • le prepotenze di natura verbale prevalevano nettamente rispetto a quelle di tipo fisico. Il 42% dei ragazzi affermava di essere stato preso in giro;
  • il 30% circa aveva subito delle offese mentre il 23,4% dei soggetti segnalava di aver subito calunnie;
  • per quanto riguarda le violenze di tipo psicologico, il 3,4% denunciava l'isolamento di cui era stato oggetto, l'11% circa, infine, dichiarava di essere stato minacciato;
  • le prepotenze di natura fisica risultavano essere più frequenti tra i ragazzi, mentre tra le ragazze e tra i più giovani prevalevano gli episodi di tipo verbale;
  • il 22,1% dei ragazzi sotto i 14 anni contro il 16% e il 14% rispettivamente dei ragazzi di 15-16 anni e con oltre 16 anni dichiarava di aver “subito colpi”;
  • all'interno della scuola gli episodi di violenza e sopraffazione avvenivano soprattutto in aula (27%) e, a seguire, nei corridoi (14%) o nel cortile (16%);
  • inoltre il 20% del campione denunciava di esserne stato vittima al di fuori delle zone scolastiche (strada, piazza 32.5%, in autobus 22.9% e al bar 22.1%);
  • il bullo si trovava nella maggior parte dei casi nella stessa classe della sua “vittima” (30,8%) oppure era un suo coetaneo (12,2%), ma era anche frequente (21,4%) che il prepotente non si trovasse all'interno della stessa scuola;
  • all'interno della scuola, nel momento in cui gli episodi di prepotenza erano denunciati, la reazione più frequente è quella di far cessare la violenza (21,4%) e di chiedere spiegazioni ai soggetti coinvolti;
  • nel 13% dei casi, tuttavia, veniva segnalata un'inspiegabile indifferenza o trascuratezza;
  • anche all'interno della famiglia si ritrovava un analogo atteggiamento: nel 14,9% dei casi si preferiva non dare peso a quanto accaduto, oppure si consigliava di reagire alla stessa maniera (38,4%);
  • l'episodio di prepotenza non suscitava tra i presenti reazioni di difesa della vittima. Solo il 15% circa degli intervistati affermava che gli altri compagni cercavano “spesso” o “sempre” di porre fine alle prepotenze mentre il 15,2% afferma che ciò accadeva raramente e il 28,3% qualche volta. Nella maggioranza dei casi si subiva in silenzio, sia all'interno della scuola che all'interno della famiglia;
  • il 28,1% delle vittime dunque non aveva la possibilità o non voleva far partecipe nessuno delle violenze subite, elaborando da sola strategie per sottrarsi al ripetersi di tali esperienze e alle loro eventuali conseguenze.

Per quanto sopra descritto il bullismo era già allora un fenomeno estremamente incisivo nella vita scolastica (e non) dei ragazzi ed evidenziava la necessità di identificare il problema (tramite indicatori per gli adulti di riferimento) al fine di evitare la cortina di indifferenza e silenzio in cui le vittime si ritrovavano, senza supporto dai pari e non identificando il problema gli adulti (docenti, famiglia). Negli anni successivi, tale fenomeno ha trovato maggiore attenzione anche istituzionale e il Dipartimento delle Pari Opportunità - Presidenza del Consiglio dei Ministri evidenziava una particolare attenzione sia da parte delle istituzioni che da parte di associazioni del territorio anche a livello nazionale (vedi per esempio l'attenzione al fenomeno da parte del Telefono azzurro con linea dedicata). Esso, riprendendo quanto definito dalla comunità scientifica, identificava il quadro psicosociale del fenomeno supportando le iniziative di prevenzione ed intervento.

In particolare in un documento ufficiale riportava «Il termine bullismo è la traduzione italiana dell'inglese "bullying" e viene definito come un'oppressione, psicologica o fisica, ripetuta e continuata nel tempo, perpetuata da una persona più potente nei confronti di un'altra percepita come più debole(Farrington, 1993). Il fenomeno del bullismo include sia i comportamenti del persecutore sia quelli della vittima, sia quelli di coloro che guardano e che, con il loro atteggiamento, possono rinforzare o, al contrario, scoraggiare l'episodio di bullismo. Rispetto ai normali conflitti fra coetanei, il bullismo è caratterizzato da alcuni fattori specifici: il bullo intende fare del male all'altro e lo fa ripetutamente nel tempo, senza alcuna compassione.

La sua è una presunta superiorità per un maggior potere dovuto all'età, alla forza, alla statura, al sesso o alla popolarità di cui gode nel gruppo di coetanei. Di contro, la vittima è vulnerabile, si sente isolata, ha paura di raccontare cosa è accaduto perché teme rappresaglie e vendette.»

E ancora «Generalmente, quando un bambino fa di tutto per trovare delle scuse per non andare a scuola oppure quando ci va con modalità diverse per evitare di incontrare i propri aguzzini, allora bisogna approfondire la situazione. La vittima di bullismo è spesso molto tesa e infelice e parla manifestando odio per la scuola. Spesso presenta lividi o graffi, dice di non avere alcun amico o si rifiuta di raccontare la sua giornata scolastica».

Il fenomeno del bullismo si manifesta in tre forme principali:

  1. è diretto quando si manifesta con attacchi sia fisici sia verbali nei confronti della vittima;
  2. è indiretto quando si consuma più sul piano psicologico, ad esempio, con l'isolamento sociale e intenzionale di un minore dal gruppo;
  3. è elettronico, quando dal piano reale si sposta su quello digitale, con la diffusione di sms, e-mail, messaggi in chat, immagini, mms, video che sono offensivi o non rispettosi della riservatezza e della dignità altrui.

In quest'ultimo caso, si parla di cyberbullismo, fenomeno che rispetto al bullismo tradizionale si distingue per la difficoltà frequente per la vittima di risalire al molestatore, l'indebolimento delle remore morali, agevolato dalla possibilità di celarsi dietro un nickname, l'assenza di limiti spazio-temporali dovuti all'utilizzo della rete.

In seguito al crescendo di episodi in cui il bullismo “classico” si integrava con l'utilizzo delle nuove forme tecnologiche, si è focalizzata l'attenzione sulle nuove modalità e sulle conseguenze psicologiche, sociali, relazionali.

Dall'indagine I ragazzi e il Cyberbullismo realizzata da Ipsos per Save the Children nel 2013, attraverso 810 interviste con questionari compilati online da ragazzi di età compresa fra 12 e 17 anni, i 2/3 dei minori italiani riconoscevano nel cyberbullismo la principale minaccia del proprio tempo, come anche alcuni degli ultimi tragici fatti di cronaca, identificandosi come molto “minacciati” (33%) o abbastanza (48%). Le conseguenze risultavano alquanto rilevanti. Infatti tra queste emergeva:

  • il compromettere il rendimento scolastico (38%, che sale al 43% nel Nord-ovest);
  • la diminuzione della volontà di aggregazione della vittima (65%, con picchi del 70% nelle ragazzine tra i 12 e i 14 anni e al centro Italia);
  • serie conseguenze psicologiche come la depressione (57%, percentuale che sale al 63% nelle ragazze tra i 15 e i 17 anni, mentre si abbassa al 51% nel nord-est);
  • risultava peraltro la più pericolosa tra le minacce tangibili attestandosi al 72% per iragazzi intervistati (percentuale che saliva all'85% per i maschi tra i 12 e i 14 anni e al 77% nel sud e nelle isole), maggiormente preoccupante del fenomeno della droga (55%), del pericolo di subire una molestia da un adulto (44%) o del rischio di contrarre una malattia sessualmente trasmissibile (24%).

La nuova legge quindi risponde, dopo alcuni anni, ad una specifica richiesta di intervento in un ambito in cui il fenomeno veniva sentito come molto incisivo e pericoloso per i ragazzi, in assenza di un inquadramento giuridico e, conseguentemente, di strumenti di intervento efficaci e tempestivi che potessero affiancarsi ai più blandi interventi culturali su iniziativa di singoli.

Non esisteva una legge specifica relativa al reato di bullismo ma come il mobbing, per esempio, esso si riferiva a quanto presente nel nostro codice.

Nell'ordinamento giuridico italiano mancava un inquadramento normativo specifico in materia di bullismo e cyberbullismo. Tale vuoto normativo veniva colmato ricorrendo alle fattispecie esistenti.

I comportamenti posti in essere potevano comunque produrre conseguenze sia sul piano civilistico sia su quello penalistico ovviamente.

I reati che si potevano configurare, focalizzandosi sulle specifiche azioni, erano per esempio:

  • percosse (art. 581 del codice penale),
  • lesione personale (art. 582 del codice penale),
  • ingiuria (art. 594 del codice penale),
  • diffamazione (art. 595 del codice penale),
  • violenza privata (art. 610 del codice penale),
  • minaccia (art. 612 del codice penale),
  • danneggiamento (art. 635 del codice penale).
Definizione delle azioni, ruoli e dinamiche relazionali

Ritornando alla definizione e al significato del fenomeno con il termine bullismo si identificano le azioni e i comportamenti aggressivi intenzionali, eseguiti da una persona singola o da un gruppo, che mirano deliberatamente a far male o a danneggiare un coetaneo che non può facilmente difendersi e che si ripetono nel tempo, protraendosi per settimane, talvolta mesi o anni.

Il bullismo per definizione può assumere le seguenti forme:

  • fisico: colpire con pugni o calci, appropriarsi degli effetti personali di qualcuno o danneggiarli;
  • verbale: deridere, insultare, prendere in giro ripetutamente qualcuno, fare affermazioni razziste;
  • relazionale: escludere uno o più coetanei dai gruppi di aggregazione;
  • indiretto: diffondere pettegolezzi fastidiosi su uno studente.

A differenziare tali azioni dalle conflittualità normalmente presenti in un gruppo di pari sono elementi quali:

  • l'intenzionalità,
  • la persistenza nel tempo,
  • l'asimmetria di potere e la natura sociale del fenomeno (Olweus, 1996);

Nel cyberbullismo intervengono altri potenziali fattori, che ne aggravano il quadro quali:

  • l'impatto, l'incidenza amplificata di tali azioni;
  • il possibile anonimato,
  • l'assenza di confini spaziali,
  • l'assenza di limiti temporali.

Oltre ai ruoli della vittima e del bullo importantissime sono le dinamiche relazionali che intercorrono. La scena è molto complessa e non solo duale.

Oltre al prepotente e alla vittima, è possibile identificare nei gruppi altri protagonisti del bullismo: gregari, spettatori, esterni e difensori. (Salmivalli 1996).

Tali ruoli indicati, in modo volontario o talvolta anche inconsciamente, contribuiscono loro malgrado a mantenere e rafforzare le relazioni basate sulla prepotenza e la sopraffazione.

Per questa ragione, appare poco corretto far coincidere il bullismo unicamente con il comportamento del bullo; una lettura complessa, sistemico-relazionale, ci permette di riconoscere il bullo non solo nel ragazzo che agisce attivamente le violenze ma anche tra coloro che assistono, apparentemente in maniera passiva, senza assumersi la responsabilità di fermare chi intende fare il prepotente.

Si sottolinea ciò proprio perché tale ruolo è molto più importante proprio nel cyberbullismo, per la possibilità di un ampliamento del pubblico pressoché infinito numericamente, per la possibilità che anche chi assiste possa essere incentivato ad intervenire proprio per l'illusione di pseudo-anonimato che il web fornisce, oltre al fatto che la mancanza di interazione diretta con la vittima può determinare quella sensazione di distanza emotiva che esclude la possibilità che si possa innescare l'empatia; agire in termini di realtà virtuale rende tutto amplificato (emozioni) ma non nel senso relazionale.

Come già nel bullismo Bandura riportava che a sostanziare e supportare i comportamenti bullistici contribuisce la massiccia utilizzazione, da parte degli studenti, dei meccanismi di disimpegno morale che, una volta attivati, sono capaci di inibire i sistemi di autoregolazione e autosanzione che, generalmente, controllano la condotta morale dell'individuo, tanto più nel cyberbullismo tale disimpegno è ancora di più presente e la capacità di autoregolazione fortemente diminuita.

Il fenomeno del disimpegno morale si esplica a sua volta in:

  • comparazioni vantaggiose (atti deplorevoli al confronto con atti crudeli tendono a diminuire in termini di riprovazione quindi “ciò che faccio/dico non è così grave”);
  • attribuzione di colpa (gli atti deplorevoli vengono giustificati attribuendo la responsabilità alla vittima, “se l'è voluta”);
  • diffusione di responsabilità (la responsabilità individuale si disperde in una responsabilità collettiva. Esempio: “Non sono solo io, tutti fanno così”);
  • indifferenza e distorsione delle conseguenze dannose (minimizzazione delle conseguenze dannose di comportamenti agiti dall'individuo);
  • spostamento di responsabilità (le proprie responsabilità vengono attribuite ad autorità superiori). (Pisano e Saturno, 2008)

A differenza di quanto accadeva nel tradizionale bullismo, nel cyberbullismo le persecuzioni possono non terminare mai.

I cyberbulli, sfruttando la tecnologia, non più vincolati da limiti temporali (la durata della giornata scolastica) e geografici (la presenza fisica degli studenti in un determinato luogo), possono “infiltrarsi” nelle case delle vittime, perseguitandole, 24 ore su 24, con messaggi, immagini, video offensivi, i cui effetti risultano amplificati rispetto alle tradizionali prepotenze.

I cyberbulli possono essere degli sconosciuti oppure persone note che on line si fingono anonime o che sollecitano l'inclusione di altri “amici” anonimi, rendendo impossibile per la vittima risalire all'identità di coloro con i quali sta interagendo.

Inoltre la percezione di invisibilità ed anonimato presunta, perché ricordiamo che ogni computer o telefonino lascia una traccia durante il funzionamento, stimola nei cyberbulli un'alta disinibizione al punto da manifestare comportamenti che nella vita reale probabilmente eviterebbero di mostrare.

Può anche, però, accadere che i cyberbulli decidano di rendersi visibili con blog, video, immagini, scritte offensive nei confronti di compagni di classe o docenti, magari chiedendo ai navigatori di commentarli e votarli.

Il ruolo degli spettatori in questo senso sono forse ancora più importanti poiché virtualmente enfatizzati. assistono alle vessazioni on line nel cyber bullismo possono essere assenti, presenti, conoscere la vittima o ignorare la sua identità, possono assumere una funzione passiva (se si limitano a rilevare, nelle proprie e-mail, sms, chat, atti di cyberbullismo diretti ad altri) o attiva (se scaricano – download – il materiale, lo segnalano ad amici, lo commentano e lo votano), diventando, di fatto, dei gregari del cyberbullo o cyberbulli essi stessi.

La condivisione può andare ben oltre il piccolo gruppo amicale o di scuola. Il contributo attivo può essere fornito su sollecitazione del cyberbullo stesso – reclutamento volontario – oppure, su spinta autonoma, senza, cioè, aver ricevuto specifiche ed espresse richieste – reclutamento involontario.

Le modalità specifiche in cui si attuano azioni di cyberbullismo sono le seguenti:

  • flaming: con tale termine ci si riferisce a messaggi elettronici, violenti e volgari, mirati a suscitare “battaglie” verbali online, tra due o più contendenti, che si affrontano ad “armi pari” (non sempre è presente una vittima come nel tradizionale bullismo) per una durata temporale limitata all'attività on line condivisa. Generalmente si riferisce ad una o più conversazioni in chat o durante i videogiochi interattivi;
  • harassment: dall'inglese molestia, consiste in messaggi scortesi, offensivi, insulti, inviati ripetutamente nel tempo, attraverso e-mail, sms, mms, telefonate. Risultano sia la persistenza (il comportamento aggressivo è reiterato nel tempo) sia la asimmetria di potere tra il cyber-bullo (o i cyber-bulli) e la vittima. In alcuni casi, il cyberbullo, può anche coinvolgere i propri contatti on line (mailing list), che si prestano a partecipare alle aggressioni on line (Pisano 2008);
  • cyberstalking: quando l'harassment diviene particolarmente insistente ed intimidatorio e la vittima comincia a temere per la propria sicurezza fisica, tale comportamento assume la denominazione di cyber-persecuzione. In questo caso, il cyberbullo, oltre a minacciare la vittima di aggressioni fisiche può diffondere online materiale riservato in suo possesso al fine di denigrare la vittima o ridicolizzarla;
  • denigration: l'obiettivo è quello di danneggiare la reputazione o le amicizie di un coetaneo, diffondendo on line pettegolezzi e materiale offensivo, inviare o pubblicare su internet immagini alterate della vittima con fotomontaggi per ridicolizzarlo. In questi casi, chi riceve il materiale non sono necessariamente, le vittime ma spettatori, talvolta passivi del cyberbullismo (quando si limitano a guardare), più facilmente attivi (se scaricano – download – il materiale, lo segnalano ad altri amici).
  • impersonation: avviene quando uno studente viola l'account di qualcuno ed invia messaggi con l'obiettivo di dare una cattiva immagine della vittima, crearle problemi, danneggiarne la reputazione o alienarle le amicizie.
  • outing and trickery: si intende con il termine “outing” una forma di cyberbullismo attraverso la quale, il cyberbullo, dopo aver acquisito confidenze spontanee (outing) di un coetaneo (sms, chat) o immagini riservate, decide, in un secondo momento, di pubblicarle su un blog e/o diffonderle attraverso e-mail.
  • exclusion: in questo casi i cyberbulli decidono di escludere intenzionalmente un coetaneo da un gruppo online (“lista di amici”), da una chat, da un game interattivo o da altri ambienti protetti da password (bannare). Tale modalità è particolarmente incisiva in termini psicologici in quanto reitera online lo stesso strumento di “isolare” la vittima che veniva utilizzato nella realtà scolastica e sociale. Infatti è bene precisare che la leadership di un giovane studente è, attualmente, determinata non solo dai contatti che ha nella vita reale ma anche dal numero di “amici” raggiungibili on line.
  • cyberbashing o happy slapping: si intende la situazione in cui un ragazzo o un gruppo di ragazzi picchiano o danno degli schiaffi ad un coetaneo, mentre altri riprendono l'aggressione con il videotelefonino. Le immagini vengono, poi, pubblicate su internet (Youtube, Facebook, ecc.) e visualizzate da utenti che possono a loro volta condividere on line, commentare, aprire discussioni, votare il video preferito o più “divertente”, consigliarne la visione.
Quali differenze tra bullismo e cyberbullismo?

Nel bullismo tradizionale i bulli sono generalmente studenti o compagni di classe della vittima e comunque persone conosciute.

I testimoni/spettatori delle azioni sono membri di un determinato ambiente (scuola, parco, ecc.) circoscritti in uno spazio specifico.

Le dinamiche del gruppo sollecitano di fatto una disinibizione nei comportamenti, presupponendo una sorta di disimpegno morale che ne permette l'escalation in termini di aggressività.

Tale modalità generalmente porta ad una vera e propria deresponsabilizzazione conseguente.

Inoltre tali azioni sono necessarie al bullo per poter affermare la propria forza e il proprio dominio sui coetanei ed in tal senso è generalmente lui che le agisce mentre gli altri risultano spettatori passivi.

Nel cyberbullismo invece i cyberbulli possono essere anonimi, le violenze avvengono con modalità di violenza psicologica, la diffusione di materiale utilizzato per fini di denigrazione e ridicolarizzazione può essere illimitata nel tempo e nello spazio, senza (fino ad ora) possibilità di intervento di autotutela da parte della vittima.

La disinibizione peraltro risulta “a monte”, cioè già supportata dall'anonimato e dalla “distanza” che la tecnologia e l'ambiente online presuppone. Inoltre il non “vedere” le conseguenze delle azioni sulla vittima impedisce ed esclude qualsiasi possibilità di empatizzare con la sua sofferenza, fino ad arrivare a vere e proprie situazioni di depersonalizzazione e di investimento in altro ruolo (avatar) vissuto come altro da sé.

Gli spettatori infine possono essere passivi ma anche attivarsi ed in parte “agire” da cyberbulli condividendo modalità, materiale affiancandosi al cyberbullo incrementandone in termini spazio-temporale le azioni.

Quali sono le possibili conseguenze psicologiche di situazioni legate al fenomeno del bullismo/cyberbullismo?

L'impatto è sempre piuttosto negativo sulla crescita e sullo sviluppo psicoaffettivo di un adolescente. Va considerato che quanto gli è più necessario per confrontarsi con il mondo e sviluppare al meglio le sue risorse e le sue caratteristiche di personalità, di fatto viene sottratto per l'isolamento dal gruppo, il rifiuto, il rimando negativo e la conferma dall'esterno della propria inettitudine e scarso valore. L'impossibilità di comunicare il proprio malessere, la mancanza di un supporto, la vergogna di farsi vedere rifiutato ed emarginato possono far insorgere gravi conseguenze che possono sfociare in problematiche di tipo psicopatologico più o meno grave in età adolescenziale (depressione, ruminazione, chiusura ed isolamento, ideazione suicidaria, atti autolesionistici).

In particolare per la vittima possono emergere sintomi che dovrebbero essere oggetto di particolare attenzione da parte degli adulti di riferimento siano essi i genitori o i docenti.

Tra questi, in generale:

a breve termine:

  • malessere fisico e psicologico,
  • problemi di concentrazione e apprendimento, calo del rendimento scolastico,
  • rifiuto di andare a scuola,
  • svalutazione della propria identità e scarsa autostima, chiusura, problemi nella progettazione del proprio futuro.

A lungo termine:

  • psicopatologia/depressione,
  • abbandono scolastico,
  • scarsa autostima e problemi nell'autorealizzazione e nelle relazioni sociali.

In un'ottica di prevenzione e di attenzione globale al problema vanno considerate altresì anche le problematiche relative al bullo/cyberbullo in quanto non esente da difficoltà e da conseguenze psicologiche, affettivo-relazionali, sociali.

Anche per il bullo infatti possono emergere problematiche di tipo psicopatologico o nella socializzazione, essendo le sue caratteristiche di personalità non meno problematiche di quelle della vittima.

In tal senso:

a breve termine si ritrovano spesso

  • un basso rendimento scolastico,
  • problematiche nel percorso scolastico con interruzione dello stesso,
  • disturbi della condotta,
  • difficoltà relazionali con l'autorità,

a lungo termine:

  • comportamenti asociali e devianti,
  • aggressività in ambito sociale e lavorativo,
  • problematiche che possono ricondurre successivamente a problematiche di disturbi di personalità (antisociale, narcisistico, psicopatia).

Quali ancora sono le differenti conseguenze nelle vittime di bullismo e in quelle di cyberbullismo?

Da uno studio dell'Osservatorio Nazionale Adolescenza e Skuola.net del 2017 riguardante 8.000 studenti dai 14 ai 18 anni emerge che:

  • le vittime di bullismo si attestano nel 2016 intorno al 20% e nel 2017 al 28% rilevando quindi un trend in crescita;
  • le vittime di cyberbullismo invece risulterebbero in un range più limitato: nel 2016 al 6,5% e nel 2017 al 8,5% attestando comunque un trend di crescita significativo.

Relativamente le conseguenze si evidenzia:

nelle vittime di bullismo:

  • ideazione suicidaria (46%)
  • comportamenti autolesionistici (32%)
  • riduzione drastica dell'alimentazione (43%)
  • abbuffate (57%)
  • frequenti crisi di pianto (54%)
  • tristezza e depressione (75%)

Nelle vittime di cyberbullismo:

  • ideazione suicidaria (59%)
  • comportamenti autolesionistici (52%)
  • riduzione drastica dell'alimentazione (49%)
  • abbuffate (60%)
  • frequenti crisi di pianto (71%)
  • tristezza e depressione (82%)

Rilevando peraltro che ben l'80% delle vittime di cyberbullismo è contemporaneamente vittima anche di bullismo.

Quanto sopra riportato descrive in modo inequivocabile non solo l'incidenza di tali fenomeni e della loro intrinseca “relazione” e frequente contemporaneità, ma anche l'incisività in termini di conseguenze psicopatologiche gravi e rilevanti che spiegano purtroppo anche la drammaticità di alcuni casi di cronaca.

Altri dati della stessa ricerca su 8.000 studenti delle scuole medie inferiori (11-13 anni) evidenzia una rilevanza statisticamente minore ma sempre preoccupante (depressione al 70%, crisi di pianto 45%, comportamenti autolesionistici intorno al 50% per le vittime di cyberbullismo e intorno al 33% per le vittime di bullismo).

Quali i segnali da considerare in termini di prevenzione in presunte vittime di cyberbullismo?

Nelle vittime si riscontra generalmente un abbassamento dell'autostima, stati ansioso-depressivi, problemi scolastici e relazionali (che possono portare al rifugio nell'isolamento sociale o esclusione sociale), tentato suicidio (in questo caso sono presenti spesso fattori concomitanti come disagio psichico e bullismo tradizionale), rifiuto di parlare di ciò che fa online, utilizzo di Internet eccessivo e fino a tarda notte, turbamento visibile dopo aver utilizzato internet o chattato.

Criticità

La rilevanza del fenomeno risulta chiarissima e ancor più preoccupante dalla rilevazione di studi scientifici e statistici.

La nuova legge quindi si inserisce in un contesto fortemente problematico, a seguito di casi di cronaca che comunque evidenziano, con esiti drammatici, solo molto parzialmente la situazione odierna degli adolescenti.

I dati sopra descritti evidenziano un excursus del fenomeno del bullismo, ormai presente da parecchi anni nelle scuole e negli ambiti educativi e sociali di bambini e adolescenti, che è andato progressivamente in crescendo, come evidenziano le statistiche, nonostante gli interventi nelle scuole ed in ambito educativo.

Il cyberbullismo si inserisce quindi come un ulteriore forma di tale fenomeno che spesso si affianca a quella tradizionale, ancora più “lesiva” ed incisiva in termini negativi nella vita degli adolescenti, in un periodo della loro crescita e sviluppo psicoaffettivo particolarmente critica e delicata, soprattutto in quanto legata agli aspetti della socializzazione.

Le conseguenze psicologiche, relazionali, affettive e psicopatologiche risultano estremamente preoccupanti.

Risultano quindi condivisibili le finalità di tutela della vittima, di tempestività negli interventi e di prevenzione negli ambiti educativi contemplati dalla legge, con un maggiore coinvolgimento formale dell'istituzione scolastica, primo “contenitore” educativo e primo luogo “fisico” in spesso in cui avvengono angherie e soprusi tra pari, in particolare anche relativamente la possibilità di intervenire anche in termini sanzionatori relativamente gli autori di tali azioni.

L'attenzione che gli adulti istituzionalmente dovranno porre a tali situazioni sarà sicuramente un ulteriore passo in avanti nel far emergere criticità e comportamenti spesso, purtroppo, in passato sottostimati. Colpisce infatti il fatto che le vittime si sentano spesso sole ed indifese nel contrastare l'aggressività del gruppo e della comunità online, non avendo sinora strumenti nè possibilità effettive di intervento. Il silenzio in cui spesso si sono rifugiate per vergogna e paura, si auspica non sia considerata più l'unica opzione disponibile.

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