La perizia grafologica in ambito penale. Le metodologie di analisi della scrittura
13 Giugno 2018
Abstract
La perizia grafologica in ambito penale, così come in ambito civile, deve rispettare criteri di rigore e oggettività, senza coinvolgimenti emotivi che potrebbero portare a conclusioni errate. Il suo oggetto è l'acquisizione di dati o valutazioni finalizzate alla verifica di uno scritto, oltre che rilevare elementi che contribuiscano a produrre la prova o i gravi indizi che la scrittura oggetto di analisi sia autentica o falsa, nel rispetto assoluto di quanto sancito dall'art. 220 c.p.p. secondo cui «non sono ammesse perizie per stabilire l'abitualità o professionalità nel reato, la tendenza a delinquere, il carattere e la personalità dell'imputato e in genere le qualità psichiche indipendenti da cause patologiche». Tale disposizione è diretta ad assicurare la più idonea competenza tecnica e scientifica dei periti, nonché l'efficienza di tale fondamentale mezzo di prova. Il metodo peritale deve pertanto basarsi su leggi e teorie scientifiche e utilizzare un linguaggio tecnico non solo in grado di comunicare un elenco di dati, ma di esprimere dei contenuti per mezzo di definizioni a cui il perito giunge sulla base di precise osservazioni effettuate.
Descrivere pertanto significa tradurre quanto è stato osservato non effettuando un elenco di dati statici, ma esprimendo e interpretando la grafodinamica, ossia il processo che ha portato alla produzione dello scritto in esame, avvalendosi sia dell'esperienza immediata, ossia a occhio nudo, che di quella mediata, ossia strumentale. I concetti sopra espressi dovrebbero fornire gli elementi necessari per l'analisi critica di ogni metodo, ricordando che obiettivo della perizia su manoscritti è quello di stabilirne la paternità ad una stessa mano oppure a mani diverse. Il metodo calligrafico
Il metodo calligrafico, detto anche grammatomorfico o morfologico, esamina lo scritto dal punto di vista estetico e opera la verifica sulla base del criterio morfologico per cui due scritture vengono definite omografe se sono morfologicamente simili, mentre vengono definite eterografe nel caso in cui non lo fossero. Il limite di questo metodo risiede nella valutazione esteriore e statica della grafia mentre il prodotto scrittorio è una attività spontanea che si manifesta attraverso un impulso interiore che giunge dal cervello di ciascun individuo e come tale è espressione personalissima e propria. La forma delle lettere non è infatti l'unico parametro che può ricondurre alla paternità di uno scritto poiché la scrittura deve essere valutata nella sua dinamicità e tenendo in considerazione gli elementi che la possono influenzare quali ad esempio lo stato d'animo, lo stato di salute, la psicologia commissiva, tutti elementi che possono intervenire sensibilmente nella morfologia delle lettere. Spesso gli esperti calligrafi hanno anch'essi evidenziato la necessità di andare oltre alla forma delle lettere.
Il metodo grafometrico
Il metodo grafometrico si basa sull'impiego di misure, ossia sull'individuazione di rapporti proporzionali tra curve, angoli, intergrammi, interlettere, rappresentati in diagrammi. Pertanto, curve e angoli assimilabili danno origine a una probabile omografia, se invece divergenti, a probabile eterografia.
Pur risultando un metodo rigoroso e oggettivo nella fase metrica, nello stadio del confronto il processo si destruttura, poiché ha origine appunto da elementi esatti e precisi per poi chiudersi con medie e range di variazione. Ciò significa che tutte le firme o le scritture che fuoriescono da tali range, potrebbero non essere riconosciute autografe, principio pertanto estremamente superficiale e limitativo. Quanto sopra detto è dimostrabile ad esempio, se si pensa a scritture eseguite con velocità molto diverse tra loro, poiché la rapidità del gesto grafico porta inevitabilmente ad una destrutturazione della forma; ne consegue che il metodo grafometrico applicato a scritture vergate a velocità differenti darebbe necessariamente origine a dati discordanti tra loro. Pertanto, poiché il gesto grafico non è banalmente riconducibile ad una struttura misurabile, ne consegue il limite di base di tale metodo. Il metodo grafonomico o segnaletico-descrittivo
Tale metodo – utilizzato dalla Polizia di Stato e dal C.C.I.S. di Roma (Centro Carabinieri Investigazioni Scientifiche) – prende in esame il gesto grafico come prodotto cerebrale, psichico e neuromuscolare che si traduce nella personalità di ciascun soggetto. Segue un protocollo ben preciso che prevede: a) l'osservazione; b) il rilievo o segnalamento dei caratteri che deve essere in prima istanza descrittivo, poi metrico e infine fotografico e che deve tener conto dei connotati personali, salienti e dei contrassegni particolari e del tipo grafico individuale; c) il confronto dei caratteri; d) il giudizio di identità.
L'osservazione deve ispirarsi ad un metodo preciso, esatto, completo, ordinato, obiettivo e scientifico. Il segnalamento dei caratteri deve essere prima di tutto descrittivo, poi metrico e infine fotografico. L'uso del microscopio è importante sia nella fase osservativa che in quella illustrativa perché consente di evidenziare ripassi, ritocchi, stacchi, oppure il tipo di carta e l'inchiostro. Tale metodologia prende in esame nello specifico i connotati personali che vengono dapprima analizzati a livello generale ossia forma, dimensione, direzione e posizione e poi a livello particolare. Importante evidenziare che l'esame della scrittura di comparazione, ossia autentica, viene effettuata prima di quella in verifica. A seguire i connotati salienti ossia quelli rappresentati da caratteri particolari per loro dimensione in eccesso o in difetto e relativa variabilità, importante ampiezza degli spazi. Inoltre anche gli errori di ortografia rientrano in tale specie. I connotati salienti possono essere ricorrenti in più soggetti. Successivamente i contrassegni particolari che sono caratteristici dei singoli individui. Ad esempio, nella scrittura, possono essere riferibili a elementi patologici che danno origine a tremori, agrafie, disgrafie, spezzettamenti di parole, segni particolari e convenzionali. A differenza dei connotati salienti, sono personali e riconducibili ad un particolare soggetto e solo allo stesso riferibili. Ne consegue che in presenza di contrassegni particolari corrispondenti, può essere attribuita a due grafie la medesima paternità. Infine il tipo grafico individuale che è invece rappresentato da elementi che si ripetono in continuazione, anche in presenza di dissimulazione o imitazione di uno scritto a mano libera poiché essendo spontaneo e rappresentativo di ciascun soggetto, non potrebbe mai essere dissimulato. Il confronto finale potrà essere effettuato solo nel momento in cui si è giunti all'individuazione del tipo grafico, mediante la verifica dei connotati, dei contrassegni e delle connessioni dinamiche tipiche della scrittura. La rilevazione di uguaglianza tra i connotati salienti, la costanza degli stessi e il tipo grafico evidenzierà somiglianza tra le scritture. E' del tutto evidente che si avrà maggiore somiglianza quando si sarà in presenza anche di coincidenza dei contrassegni particolari. Ottolenghi propone di raggruppare i caratteri della scrittura in cinque categorie ossia la forma, la dimensione (più importante della forma), la posizione delle lettere con riferimento all'asse verticale e orizzontale, all'ordine e alla distanza delle diverse linee, la direzione delle lettere, delle linee, degli assi letterali e la distanza tra lettere, tra elementi e tra parole. Per forma, a livello generale, fa riferimento al modello calligrafico che può essere elegante, primitivo, ecc., alle curve e agli angoli, agli slanci, alla regolarità o alla irregolarità, per poi passare alla forma più in particolare analizzando ogni singola lettera nel suo insieme e nei suoi dettagli, prendendo sempre in considerazione curve e angoli, ovali, occhielli, lacci, apostrofi, filetti e i puntini sia delle lettere che dalla punteggiatura. Passando alla dimensione, più importante della forma, viene analizzata nel suo insieme ossia con riferimento alle lettere piccole, medie e grandi per poi passare alle singole lettere e verificarne l'altezza, la larghezza, la lunghezza, la variabilità della dimensione; successivamente si passa alla posizione delle lettere e al dettaglio dei caratteri generali analizzando ad esempio la fittezza e l'ordine mentre dei caratteri speciali, ad esempio, la distanza tra le linee. Infine viene verificata la posizione delle lettere sia con riferimento all'asse verticale che orizzontale. Si analizza poi la direzione delle linee, delle lettere e di tutti gli elementi presenti nello scritto con riferimento al parallelismo, alla verticalità, all'obliquità verso destra o verso sinistra. Da ultimo, la distanza tra lettere, tra i vari elementi presenti nello scritto, tra parole. Il confronto tra scritto in verifica e scritture comparative serve a individuare somiglianze o dissomiglianze che devono essere analizzate tenendo conto che una uguaglianza perfetta, così come i ritocchi e la corrispondenza di lettere e/o particolari, conduce sempre alla definizione di un falso; inoltre la somiglianza tra caratteri non deve mai essere scambiata per loro identità. Si addiviene al giudizio finale di identità constatando la prevalenza, l'insufficienza o la mancanza di somiglianze o dissomiglianze nei caratteri. È del tutto evidente che in presenza di forte somiglianza si giunge sempre ad un giudizio di probabilità di maggiore o minore autenticità, ma mai di assoluta certezza, mentre si potrà giungere ad un giudizio di certezza in presenza di falso provato, ossia nel caso di esatta sovrapposizione di lettere e/o di parole e in presenza di ritocchi. Il metodo grafologico
Il metodo grafologico si ispira alla teoria dell'espressione a cui si sono ispirati Aristotele, Hengel e altri studiosi, teoria ripresa successivamente in grafologia da Crepieux Jamin e da Ludwig Klages secondo cui «ogni movimento espressivo manifesta il carattere personale, secondo le modalità del sentimento che vi è espresso». È infatti evidente la modificazione che può avere una scrittura a seconda che sia vergata in piedi o da seduti, su un piano d'appoggio precario, su un treno in movimento, con o senza occhiali da vista o addirittura ad occhi chiusi, in una giornata in equilibrio emotivo o di tensione. L'espressività deriva dal rapporto tra le aree motorie corticali e i centri emotivi subcorticali che raggiungono il midollo spinale e di conseguenza le placche motrici dando origine alla scrittura. Da qui è evidente che sia personale e rappresentativa di ciascun individuo. Nel momento in cui scrivere diviene un processo automatico, il gesto scrittorio si stacca dalla parte conscia (livello corticale) per acquisire, attraverso il subconscio (livello subcorticale) modalità emotive. Ed è a questo concetto che si ispira il metodo grafologico, che coglie l'espressività del gesto grafico attraverso la manifestazione neuromuscolare, psichica e psicologica del soggetto. Il metodo grafologico si basa su un insieme di segni attraverso i quali si può individuare il contenuto degli stessi. Ad esempio, la lentezza e la chiarezza sono rappresentative di diligenza scrittoria, mentre la velocità di impulsività o fretta. Occorre anche considerare le condizioni del soggetto sottoposto ad analisi comparativa, tenendo conto delle modificazioni, talvolta anche importanti, che possono intervenire in relazione alle condizioni psicologiche del momento. Ad esempio la pressione può subire notevoli modifiche in relazione all'emotività, così come la forma può destrutturarsi quando il gesto scrittorio aumenta nella velocità. Dall'analisi del tratto e del tracciato si può altresì individuare l'efficienza funzionale del soggetto (ossia la presenza o meno di turbative, l'individuazione di eventuali deficit dei centri interessati). Pertanto il metodo grafologico va oltre il metodo segnaletico-descrittivo, analizzando i fenomeni anche nella ricerca delle cause e il perito grafologo dovrà necessariamente tenere in considerazione i cambiamenti naturali o artificiali intervenuti nell'ambiente dello scrivente, poiché il fattore di variabilità potrebbe creare non poche difficoltà. La consapevolezza di ciò dovrebbe ridurre il rischio di commettere errori.
La grafologia quantitativa di Padre Girolamo MORETTI (1879-1963) e dei suoi successori, a partire dallo scorso secolo, sancisce che ad ogni segno può essere assegnato un grado, a seconda della pulsione che esprime e, pertanto, dal grado dei segni di una determinata scrittura è possibile rilevare la forza delle pulsioni e la relativa gestualità espressiva. Ogni segno grafologico tende a dominare oppure a essere accessorio, a seconda della personalità dello scrivente. MORETTI infatti distingue i segni sostanziali dai modificanti e ancora dagli accidentali. Ci sono anche segni fautori, contrari e indifferenti che esprimono sinergia, opposizione o indifferenza rispetto ad altri. Questo consente di fare una approfondita verifica e di rilevare quali di questi segni sono prevalenti e di individuare le caratteristiche peculiari dello scrivente. Inoltre MORETTI attribuisce un valore rilevante ai cosiddetti gesti fuggitivi ossia ai piccoli tratti scrittori quali i tagli delle t, i ricci, che integrano e contribuiscono a confermare l'attribuzione della paternità di uno scritto. Sono parte integrante di un soggetto e in perfetta sinergia con gli altri segni tipici dello scrivente; se così non fosse, si sarebbe senza dubbio in presenza di un falso. Non sono pertanto visti come automatismi ma come correlati all'intero scritto e rappresentazione necessaria e coerente dello stesso. Il MORETTI inoltre dà un importante significato alla grafologia somatica, sulla base della corrispondenza che deve esserci tra l'espressione somato-mimica e la scrittura. Infatti egli sostiene che un soggetto con mimica corporea esuberante avrà necessariamente una scrittura esuberante, mentre ad una personalità contenuta corrisponderà una grafia parca. A sostegno di tale teoria, il VETTORAZZO ribadisce che il perito grafologo non può prescindere dal fascicolo relativo al processo in corso da cui può desumere informazioni extragrafologiche importantissime e da cui non si può astrarre, quali ad esempio l'anamnesi medica del soggetto o del de cuius, la cultura, l'estrazione sociale, la professione, la situazione economica e professionale, la modalità di stesura dello scritto, in modo da collocare fatti e persone nell'adeguato contesto da cui tale scritto ha avuto origine. Il metodo grafologico aderisce al metodo grafonomico nella parte osservativa, nella visione dinamica, nella ricerca e nella prudenza del giudizio ma ne opera un salto di qualità integrando tali aspetti con quello dinamico, con l'espressività neurofisiologica e psicologica del gesto grafico. La divergenza tra i due metodi risiede nel fatto che il metodo grafonomico non è particolarmente attento ai mutamenti che può subire il gesto grafico, e alle variazioni quantitative e qualitative della carica energetica connessa all'elemento psicologico. Altra divergenza, tuttavia a giudizio del VETTORAZZO infondata, nascerebbe dal dettato dell'art. 220 c.p.p.in relazione al fatto che non si possono effettuare perizie sul carattere e sulla personalità dell'indagato/indiziato. La ragione di tale infondatezza nascerebbe dal fatto che il gesto grafico è un processo psicofisico e pertanto non c'è ragione per cui l'indagine grafologica debba limitarsi all'aspetto fisico, trascurando quello psicologico e psichico. Tuttavia, Moretti sottolinea che «l'ottica grafologica deve comunque mantenersi strumentale rispetto allo scopo dell'indagine, che è solo attributivo». Egli evidenzia il metodo grafologico applicato alla perizia dandone la definizione di perizia grafica su base grafologica (come ancora oggi peraltro definita), che mette in risalto l'attività peritale con il metodo adottato; ciò significa avvalersi di tutti i contenuti della grafologia finalizzati esclusivamente ad aspetti relativi all'identificazione della paternità di uno scritto o di una firma. La perizia in ambito grafologico deve essere condotta con univocità metodologica, nomotetica e linguistica. Metodologica poiché segue una linea coerente che si riferisce ad un preciso metodo a cui ciascun tecnico si può ispirare; più concretamente, deve attenersi al complesso dei fondamenti teorici su cui il metodo grafologico è costruito, ossia le regole da applicare nell'elaborazione della perizia. Nomotetica poiché viene eseguita sulla base di leggi grafologiche prescritte dai vari autori; linguistica poiché il tecnico deve garantire la chiarezza e la comprensione del linguaggio, rendendo i concetti espressi chiari e comprensibili anche ai non esperti del settore. Inoltre, mentre il metodo grafonomico si limita a osservare e descrivere i connotati di immediato valore segnaletico nella loro fisicità dinamica, il metodo grafologico, facendo espresso riferimento alle Leggi a cui si ispira, li inquadra in un ambito più vasto. In una perfetta sintesi e nella massima manifestazione del concetto di perizia grafologica, il MORETTI dice che «non basta – per espletare con vera oggettività una perizia di scritture – conoscere i segni grafologici […] Il perito grafico deve acquistare l'occhio pratico per raccogliere i sintomi grafici nati dalle diverse combinazioni e sapere distinguere una combinazione grafica da un'altra e diagnosticare, su quelle personalità grafiche quelle particolarità che emergono dalla falsificazione dei segni grafologici». SIVIERI pone risalto alla differenza tra perizia grafica e perizia grafologica, sottolineando che la perizia grafologica pone in risalto quegli aspetti psicologici della personalità necessari a definire il profilo di personalità di un condannato per l'adeguamento della pena (come attualmente sancito dal comma 2 dell'art. 220 c.p.p), piuttosto che l'autodeterminazione di un soggetto che redige un testamento o appone una firma, considerando la grafologia come un utile sussidio all'indagine del perito di scritture. Egli aggiunge che «l'intuito del consulente potrà giovarsi con discrezione e senza sorpassare e sopraffare i limiti assegnati alla perizia grafica, anche dell'elemento grafologico, che varrà a confrontare e confermare quanto l'esame tecnico-grafico può avergli suggerito. Lo studio della grafologia appare pertanto utile ad integrare e completare le cognizioni che il consulente grafico deve possedere: cognizioni di legge, di chimica, di fisiopatologia nervosa, di psicologia di medicina legale, le quali costituiscono il fondamento scientifico necessario per ben adempiere la sua importante e delicata funzione. Infine sottolinea che sarebbe davvero preoccupante e dannoso alla giustizia un parere incontrollabile, fondato su basi discutibili, se non addirittura molte volte frutto di fantasia, anziché risultato di una precisa e seria indagine scientifica». Come precisato, assume rilevanza la distinzione tra perizia grafologica e grafica poiché nella pratica si fa spesso confusione, prescindendo dal fatto che esse fanno riferimento ad un diverso campo di indagini. Si ribadisce infatti che la perizia grafologica analizza la scrittura come espressione della personalità, e può andare incontro al divieto di cui all'art. 220, comma 2, c.p.p.. La perizia grafica tende invece all'accertamento dell'autenticità o della falsità di uno scritto, nonché dell'eventuale identità di provenienza di diversi elaborati. Ed è su questo contenuto importante che è necessario far leva e tenere ben distinte le due tipologie. La perizia grafica consente di apportare un notevole contributo al raggiungimento della verità anche se ancora oggi spesso non si presta a sentenze precise a discapito della sua credibilità. Essa infatti, come tutte le scienze umane, non è codificabile da leggi precise. Ciò nondimeno le possibilità di successo sono elevate. Da qui l'esigenza che il perito depositi una relazione il più possibile chiara ed esaustiva, nella quale vengano indicati i criteri utilizzati per addivenire alla conclusione prodotta. È pertanto doveroso che il giudice si accerti dell'affidabilità del perito non perdendo mai di vista il filo logico seguito dal perito nel giungere alle conclusioni espresse nella perizia. Innegabile peraltro che il giudice dia maggior credito al proprio perito piuttosto che ai tecnici nominati dalle parti. È pertanto fondamentale che il perito dia certezza solo ed esclusivamente se ha raggiunto certezze. Pertanto, l'interazione con analisi tecniche di altro tipo quali ad esempio le analisi chimico-fisiche, così come si è approfondito nel corso del terzo capitolo, contribuisce a dare maggior rilievo alla perizia. Infatti, l'evoluzione dell'indagine scientifica ci permette di dare ulteriore supporto alle metodologie tradizionali, consentendo di addivenire ad un più approfondito esame delle parti documentali stampate (ormai prevalenti) oltrechè delle manoscritture. Il perito, con l'intento di portare alla luce la verità, deve utilizzare tutti i mezzi a sua disposizione e consentiti dalla legge, evitando di affrontare con leggerezza l'incarico affidatogli. Non dovrebbe pertanto perdere di vista che la collaborazione e l'interazione con altre figure professionali spesso potrebbe portare all'ottenimento di risultati chiari e precisi e comprensibili a tutti i suoi destinatari, contribuendo al difficile compito del giudice. Come in ogni settore, anche in quello grafologico, è possibile imbattersi in tecnici che antepongono il proprio interesse economico a quello volto all'ottenimento della giustizia. Pertanto, focalizzare l'attenzione alla propria professionalità e non perdere mai di vista l'aspetto deontologico a cui è chiamato nell'accettare il proprio incarico, porterà il perito ad assolvere con massima serietà il proprio compito. CRISTOFANELLI, Grafologicamente – Manuale di perizie grafiche, Roma, 2004; GUSTAPANE, TRAVAGLINI, Manuale di grafologia giudiziaria, Bologna, 2016, p. 109. KLEGES – Graphologie – Stock, Paris, 1975; KLEGES, Valori e limiti della grafopsicologia, Milano, 1964, p. 67, nota. cfr. pure R. Kirchoff, in Dizionario di Psicologia (voce “espressione”), Torino, 2° ed., 1969; MORETTI, Perizie grafiche su base grafologica, Verona, 1942; TORBIDONI, CRISTOFANELLI, Il metodo grafologico di G. Moretti, in Orientamenti della grafologia contemporanea, Ancona, 1994; VETTORAZZO, Metodologia della perizia grafica su base grafologica, Milano, 1998. |