La CTU non è un mezzo di prova in senso proprio

Redazione scientifica
29 Agosto 2022

La CTU non è un mezzo di prova in senso proprio, poiché è volta ad aiutare il giudice nella valutazione degli elementi acquisiti ed è quindi sottratta alla disponibilità delle parti, essendone rimessa l'ammissione, o la mancata ammissione, al prudente apprezzamento del giudice di merito.

La Corte di Cassazione, con la sentenza in esame, si è pronunciata sul ricorso per cassazione promosso da un motociclista avverso la sentenza del Tribunale di Siena che, confermando la sentenza del giudice di pace, aveva rigettato l'opposizione a sanzione amministrativa.

La sanzione amministrativa era stata comminata al motociclista per un sinistro stradale occorso con un'auto, a causa dell'elevata velocità tenuta dal ricorrente, che non gli aveva permesso di non costituire pericolo in relazione al tratto di strada che stava percorrendo.

Fulcro centrale della vicenda era la CTU riguardante la dinamica dell'incidente stradale. Il ricorrente denunciava in cassazione che il Tribunale aveva erroneamente rigettato l'istanza di acquisizione della CTP e di ammissione della CTU sulle modalità del sinistro.

I giudici di legittimità evidenziano che il Tribunale di Siena aveva ritenuto superflua l'acquisizione della CTP e l'ammissione della CTU sulla dinamica del sinistro stradale, in quanto, alla luce dei rilievi e delle dichiarazioni rese dai testimoni, riteneva provato che il ricorrente non aveva regolato la velocità in modo da non costituire pericolo in relazione al tratto di strada che stava percorrendo, in un centro abitato, in salita e senza visuale libera e in prossimità di un incrocio, così incorrendo in una grave violazione del Codice della Strada.

Ricorda quindi il Collegio che «la CTU non è un mezzo di prova in senso proprio, poiché è volta ad aiutare il giudice nella valutazione degli elementi acquisiti ed è quindi sottratta alla disponibilità delle parti, essendone rimessa l'ammissione, o la mancata ammissione, al prudente apprezzamento del giudice di merito» (Cass. n. 6155/2009), che, nel caso di specie, ha adeguatamente motivato le ragioni del proprio convincimento.

In conclusione, secondo la Corte, le censure del ricorrente si risolvono, in realtà, in una diversa valutazione del complessivo materiale probatorio, con conseguente inammissibilità del ricorso.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.