Riforma processo civile: le modifiche apportate all'art. 709-ter c.p.c.
31 Agosto 2022
Premessa
Come noto, con la l. 206/2021 («Delega al Governo per l'efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie e misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie nonché in materia di esecuzione forzata») il Governo è stato «delegato ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi recanti il riassetto formale e sostanziale del processo civile, mediante novelle al codice di procedura civile e alle leggi processuali speciali, in funzione di obiettivi di semplificazione, speditezza e razionalizzazione del processo civile, nel rispetto della garanzia del contraddittorio, attenendosi ai principi e criteri direttivi previsti dalla presente legge». Tale l. 206/2021, pertanto, ha ovviamente fissato i principi e criteri direttivi per l'esercizio di tale delega. Inoltre tale legge delega, oltre per l'appunto a fissare i principi e criteri direttivi per l'esercizio della delega, contiene altresì delle norme immediatamente precettive (nel senso che non rientrano nell'ambito della delega e quindi non rientreranno nell'ambito dei decreti legislativi che il Governo dovrà adottare), seppur, per la precisione, con decorrenza non immediata bensì differita di centottanta giorni rispetto alla data di entrata in vigore della l. 206/2021. Di conseguenza, dal momento che la l. 206/2021 è entrata in vigore il 24 dicembre 2021, le disposizioni direttamente applicabili di cui si è appena detto si applicano ai procedimenti instaurati a decorrere dal 22 giugno 2022 (i.e. centottanta giorni dopo la data di entrata in vigore della l. 206/2021, giusta quanto disposto dall'art. 1, comma 37, l. 206/2021, ai sensi del quale «Le disposizioni dei commi da 27 a 36 del presente articolo si applicano ai procedimenti instaurati a decorrere dal centottantesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore della presente legge»). Oggetto di indagine del presente contributo sarà per l'appunto il fondamentale istituto disciplinato dall'art. 709-ter c.p.c. e gli aspetti processuali dello stesso oggetto di riforma. Di seguito un breve quadro riassuntivo delle disposizioni dell'art. 1 della l. 206/2021 che hanno ad oggetto l'art. 709-ter c.p.c. In particolare, — il comma 23, il quale dispone che «Nell'esercizio della delega di cui al comma 1, il decreto o i decreti legislativi recanti modifiche alla disciplina processuale per la realizzazione di un rito unificato denominato “procedimento in materia di persone, minorenni e famiglie” sono adottati nel rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi»; — alla sua lettera r) prevede che «[...] qualora il processo debba continuare il giudice relatore, nel contraddittorio tra le parti: adotti i provvedimenti temporanei e urgenti che reputa opportuni nell'interesse delle parti stesse, nel limite delle rispettive domande e anche d'ufficio per i minori, per i figli maggiorenni non economicamente autosufficienti e per i figli maggiorenni portatori di handicap grave ai sensi dell'art. 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, che costituiscono titolo esecutivo e titolo per l'iscrizione di ipoteca giudiziale, disciplinando il regime della reclamabilità dinanzi al giudice, che decide in composizione collegiale; ammetta le prove o adotti gli altri provvedimenti istruttori, fissando l'udienza per la prosecuzione del giudizio; prevedere che nell'adottare i provvedimenti temporanei e urgenti il giudice possa formulare una proposta di piano genitoriale nella quale illustrare la complessiva situazione di vita del minore e le sue esigenze dal punto di vista dell'affidamento e dei tempi di frequentazione dei genitori, nonché del mantenimento, dell'istruzione, dell'educazione e dell'assistenza morale del minore, nel rispetto dei principi previsti dall'art. 337-ter del codice civile; prevedere altresì che all'interno del piano genitoriale siano individuati i punti sui quali vi sia l'accordo dei genitori e che il mancato rispetto delle condizioni previste nel piano genitoriale costituisce comportamento sanzionabile ai sensi dell'art. 709-ter del codice di procedura civile»; — mentre alla sua lettera mm) prevede che si dovrà «[...] procedere al riordino della disciplina di cui all'art. 709-ter del codice di procedura civile, con possibilità di adottare anche d'ufficio, previa instaurazione del contraddittorio, provvedimenti ai sensi dell'art. 614-bis del codice di procedura civile in caso di inadempimento agli obblighi di fare e di non fare anche quando relativi ai minori»; — il comma 28 prevede che «All'art. 38 delle disposizioni per l'attuazione del codice civile e disposizioni transitorie, di cui al r.d. 30 marzo 1942, n. 318, il primo comma è sostituito dai seguenti: “Sono di competenza del tribunale per i minorenni i procedimenti previsti dagli artt. 84, 90, 250, ultimo comma, 251, 317-bis, ultimo comma, 330, 332, 333, 334, 335 e 371, ultimo comma, del codice civile. Sono di competenza del tribunale ordinario i procedimenti previsti dagli artt. 330, 332, 333, 334 e 335 del codice civile, anche se instaurati su ricorso del pubblico ministero, quando è già pendente o è instaurato successivamente, tra le stesse parti, giudizio di separazione, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, ovvero giudizio ai sensi degli artt. 250, quarto comma, 268, 277, secondo comma, e 316 del codice civile, dell'articolo 710 del codice di procedura civile e dell'art. 9 della l. 1° dicembre 1970, n. 898. In questi casi il tribunale per i minorenni, d'ufficio o su richiesta di parte, senza indugio e comunque entro il termine di quindici giorni dalla richiesta, adotta tutti gli opportuni provvedimenti temporanei e urgenti nell'interesse del minore e trasmette gli atti al tribunale ordinario, innanzi al quale il procedimento, previa riunione, continua. I provvedimenti adottati dal tribunale per i minorenni conservano la loro efficacia fino a quando sono confermati, modificati o revocati con provvedimento emesso dal tribunale ordinario. Il pubblico ministero della procura della Repubblica presso il tribunale per i minorenni, nei casi di trasmissione degli atti dal tribunale per i minorenni al tribunale ordinario, provvede alla trasmissione dei propri atti al pubblico ministero della procura della Repubblica presso il tribunale ordinario. Il tribunale per i minorenni è competente per il ricorso previsto dall'art. 709-ter del codice di procedura civile quando già pendente o è instaurato successivamente, tra le stesse parti, un procedimento previsto dagli artt. 330,332,333,334 e 335 del codice civile. Nei casi in cui è già pendente o viene instaurato autonomo procedimento previsto dall'art. 709-ter del codice di procedura civile davanti al tribunale ordinario, quest'ultimo, d'ufficio o a richiesta di parte, senza indugio e comunque non oltre quindici giorni dalla richiesta, adotta tutti gli opportuni provvedimenti temporanei e urgenti nell'interesse del minore e trasmette gli atti al tribunale per i minorenni, innanzi al quale il procedimento, previa riunione, continua. I provvedimenti adottati dal tribunale ordinario conservano la loro efficacia fino a quando sono confermati, modificati o revocati con provvedimento emesso dal tribunale per i minorenni”». — il comma 33 prevede che «All'art. 709-ter, secondo comma, del codice di procedura civile, il numero 3) è sostituito dal seguente: “3) disporre il risarcimento dei danni a carico di uno dei genitori nei confronti dell'altro anche individuando la somma giornaliera dovuta per ciascun giorno di violazione o di inosservanza dei provvedimenti assunti dal giudice. Il provvedimento del giudice costituisce titolo esecutivo per il pagamento delle somme dovute per ogni violazione o inosservanza ai sensi dell'articolo 614-bis”». Pertanto, il comma 28 che va a toccare l'art. 709-ter c.p.c. circa la competenza e il comma 33 che invece va a rafforzare la “sanzione” già prevista a carico di uno dei genitori che abbia ostacolato il corretto svolgimento delle modalità dell'affidamento (art. 709-ter, comma 2, c.p.c.) si applicano ai procedimenti instaurati a decorrere dal centottantesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore della l. 206/2021 e quindi per i procedimenti incardinati a partire dal 22 giugno 2022. Come già evidenziato, si tratta dunque di disposizioni immediatamente modificate dalla legge delega con la particolarità che non entreranno in vigore nei processi pendenti, ma in quelli di nuova introduzione, con un regime transitorio tipicamente processuale id est tempus regit actum. Invece le modifiche di cui al comma 23 lettere r) e mm) dovranno essere tradotte nei decreti legislativi che il Governo dovrà approvare entro un anno dalla data di entrata in vigore della l. 206/2021 e quindi entro il 24 dicembre 2022. Ne consegue che inizialmente le nuove disposizioni di immediata entrata in vigore (22 giugno 2022) e le disposizioni del rito unico che saranno dettate dai decreti delegati entro un anno avranno modo di essere applicate ancora nella ripartizione delle competenze tra Tribunale per i minorenni e Tribunale ordinario, mentre solo in un secondo momento (nel 2025) innanzi al Tribunale unico per le persone, per i minorenni e per le famiglie. Ma vi è di più. Alcune disposizioni, con l'istituzione del Tribunale unico per le persone, per i minorenni e per le famiglie, saranno destinate a decadere; si fa in particolare riferimento all'art. 38 delle disposizioni di attuazione del c.c. che — come si vedrà — tanti problemi ha suscitato e tanti altri ne susciterà anche nella nuova formulazione di immediata entrata in vigore. Ad ogni buon conto, prima di passare in rassegna le disposizioni della riforma suindicate che hanno interessato l'art. 709-ter c.p.c. si reputa necessaria una breve disamina della disciplina attuale dell'istituto e delle maggiori problematiche interpretative venutesi a creare, cui la l. 206/2021 ha voluto fornire una soluzione. Come preannunciato, la l. 206/2021 ha fornito una risposta positiva alla dibattuta tematica relativa all'applicabilità dell'esecuzione forzata indiretta ex art. 614-bis c.p.c. alle statuizioni riguardanti l'affidamento dei minori e l'esercizio della responsabilità genitoriale. A tal proposito, così come già illustrato in apertura, si rammentano le disposizioni dell'art. 1 l. 206/2021 che hanno sancito il definitivo riconoscimento dell'applicabilità dell'art. 614-bis c.p.c. al diritto di famiglia. In particolare, — il comma 23, il quale dispone che «Nell'esercizio della delega di cui al comma 1, il decreto o i decreti legislativi recanti modifiche alla disciplina processuale per la realizzazione di un rito unificato denominato “procedimento in materia di persone, minorenni e famiglie” sono adottati nel rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi», — alla sua lettera mm) prevede che si dovrà «[...] procedere al riordino della disciplina di cui all'art. 709-ter del codice di procedura civile, con possibilità di adottare anche d'ufficio, previa instaurazione del contraddittorio, provvedimenti ai sensi dell'art. 614-bis del codice di procedura civile in caso di inadempimento agli obblighi di fare e di non fare anche quando relativi ai minori»; — il comma 33 prevede che «All'art. 709-ter, secondo comma, del codice di procedura civile, il numero 3) è sostituito dal seguente: “3) disporre il risarcimento dei danni a carico di uno dei genitori nei confronti dell'altro anche individuando la somma giornaliera dovuta per ciascun giorno di violazione o di inosservanza dei provvedimenti assunti dal giudice. Il provvedimento del giudice costituisce titolo esecutivo per il pagamento delle somme dovute per ogni violazione o inosservanza ai sensi dell'art. 614-bis”». Si rammenta che il comma 33 (disposizione immediatamente precettiva), il quale va a rafforzare la “sanzione” già prevista a carico di uno dei genitori che abbia ostacolato il corretto svolgimento delle modalità dell'affidamento (art. 709-ter, comma 2 c.p.c.), si applica ai procedimenti instaurati a decorrere dal centottantesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore della l. 206/2021 e quindi ai procedimenti incardinati a partire dal 22 giugno 2022 (come già evidenziato, si tratta dunque di disposizioni immediatamente modificate dalla legge delega con la particolarità che non entreranno in vigore nei processi pendenti, ma in quelli di nuova introduzione, con un regime transitorio tipicamente processuale id est tempus regit actum), mentre la modifica di cui all'art. 1 comma 23 lettera mm) dovrà essere tradotta nei decreti legislativi che il Governo dovrà approvare entro un anno dalla data di entrata in vigore della l. 206/2021 e quindi entro il 24 dicembre 2022. Prima di commentare le disposizioni su riportate, appare rilevante ripercorrere sinteticamente l'ampio dibattito dottrinale e giurisprudenziale sviluppatosi in ordine all'applicabilità dell'esecuzione forzata indiretta ex art. 614-bis c.p.c. alle statuizioni riguardanti l'affidamento dei minori e l'esercizio della responsabilità genitoriale, nonché il suo rapporto con il rimedio di cui all'art. 709-ter c.p.c.. A tale ultimo riguardo, in effetti, appare utile sottolineare come «tutte le statuizioni di cui all'art. 709-ter c.p.c. presuppongono, però, che siano già intervenuti la condotta di inadempimento che deve presentare un profilo di gravità, la cui valutazione è rimessa al Giudice, o gli altri comportamenti descritti dalla citata norma di sostanziale violazione delle modalità di gestione dell'affidamento stabilite dal provvedimento giudiziale, condotte tutte che devono formare oggetto di accertamento da parte del Tribunale. Hanno, quindi, una funzione propriamente repressiva di pregresse condotte di inadempimento e di violazione e operano ex post. La statuizione ex art. 614-bis c.p.c., invece, è posta in via preventiva, su richiesta di parte, sempre previa valutazione di non manifesta iniquità della misura in relazione a tutte le circostanze del caso concreto da parte del giudice, con lo stesso provvedimento (cioè contestualmente) con cui il giudice della famiglia pone gli obblighi circa le modalità di esercizio della responsabilità genitoriale in capo ai genitori per il caso in cui l'obbligato non adempia o anche solo ritardi l'adempimento. Ha, quindi, una funzione di coercizione anticipata ed indiretta, una sorta di penale già quantificata dal giudice nella misura e nei tempi di attuazione per le ipotesi di ritardo, proprio in ragione del carattere infungibile dell'obbligo di fare o di non fare» (Muscio, Esecuzione dei provvedimenti sulla responsabilità genitoriale: l'art. 709-ter e la nuova formulazione dell'art. 614-bis c.p.c., 30 settembre 2015, in ilFamiliarista). In effetti la norma di cui all'art. 709-ter c.p.c. era stata introdotta con la l. 54/2006 allo scopo di sanzionare le condotte da parte dei genitori dei loro doveri diversi da quelli di natura economica e ovviamente anche allo scopo di fungere da deterrente in tal senso; tuttavia essa incontrava il limite dell'effettiva impossibilità di prevenire ulteriori futuri inadempimenti in considerazione del carattere continuativo delle prestazioni richieste dai provvedimenti relativi all'affidamento dei figli (Simeone e Sapi, Il nuovo processo per le famiglie e i minori, 62). Infatti, diversamente dai provvedimenti di natura economica, nel caso dei provvedimenti di natura personale una tale coercizione non è possibile. Di conseguenza parte della dottrina aveva ipotizzato che, trattandosi di attuazione di obblighi di fare infungibile o di non fare, il giudice, con il provvedimento ex art. 709-ter c.p.c., potesse anche fissare la somma di denaro dovuta per ciascuna violazione o inosservanza successiva, ovvero per il ritardo nell'esecuzione del provvedimento, proprio come previsto dall'art. 614-bis c.p.c.. La giurisprudenza di merito si era attestata sulla stessa linea della dottrina dominante dal momento che si sono registrate diverse pronunce che riportavano una condanna ex art. 614-bis c.p.c. finanche emessa d'ufficio (Trib. Roma, 16 dicembre 2016) e congiuntamente ad un provvedimento ex art. 709-ter c.p.c. (Trib. Salerno, ord., 22 dicembre 2009, in Fam. e dir., 2010, 924; Trib. Firenze, ord., 11 novembre 2011, in Foro it., 2012, 6, I, 1941 e in Danno e resp., 2012; cfr. anche Trib. min. Genova, ord., 26 settembre 2012, in Nuova giur. ligure, 2012; Trib. Roma, ord., 10 maggio 2013, in Giur. merito, 2013; Trib. Roma, sez. I, sent., 27 giugno 2014; Trib. Milano, 7 gennaio 2018; Trib. Mantova, 25 maggio 2021). Circa l'applicabilità d'ufficio di tale misura in relazione ai provvedimenti in materia di diritto di famiglia non vi era tuttavia unanimità di vedute. Al dato letterale della norma che deponeva, infatti, per la necessità della richiesta di parte si aggiungevano considerazioni legate all'esigenza che fosse la stessa parte ad avere un effettivo interesse alla previsione della sanzione anticipata sia per le possibili conseguenze connesse a tale misura sul piano dell'aggravarsi del conflitto sia perché alla stessa parte è destinata poi la somma di danaro. Il legislatore della riforma ha, quindi, recepito l'orientamento prevalente consacrando la definitiva compatibilità tra i due istituiti di cui all'art. 709-ter c.p.c. e art. 614-bis c.p.c. prevedendo espressamente che il giudice chiamato ad esprimersi ai sensi all'art. 709-ter c.p.c. possa, in previsione di futuri possibili ulteriori inadempimenti, in aggiunta alla condanna del genitore inadempiente al risarcimento del danno in favore dell'altro genitore, altresì individuare la somma giornaliera dovuta per ciascun giorno di violazione o inosservanza dei provvedimenti assunti, con la precisazione che «Il provvedimento del giudice costituisce titolo esecutivo per il pagamento delle somme dovute per ogni violazione o inosservanza ai sensi dell'art. 614-bis». I nuovi criteri di riparto della competenza
Fra le altre cose, la riforma di cui alla l. 206/2021 è intervenuta anche modificando in maniera significativa il riparto delle competenze tra Tribunale per i minorenni e Tribunale ordinario, modificando l'art. 38 disp. att. c.c. anche con riferimento alla competenza in merito ai procedimenti ex art. 709-ter c.p.c.. Atteso che oggetto d'indagine del presente contributo sono le modifiche apportate dalla riforma all'art. 709-ter c.p.c., la questione della competenza circa le varie azioni in materia di famiglia, crisi dei rapporti fra genitori, affidamento dei figli, etc. non rientra direttamente nell'oggetto della presente analisi salvo influire infine, come vedremo nel presente paragrafo, sulla competenza a decidere gli stessi procedimenti ex art. 709-ter c.p.c.. Di conseguenza, sia consentito — al fine di poter (alla fine del presente paragrafo) comprendere quale sia la portata della riforma dell'art. 38 disp. att. c.c. in materia di competenza sulla competenza circa l'art. 709-ter c.p.c. — operare una preliminare disamina per l'appunto della menzionata riforma circa il riparto di competenza fra il Tribunale per i minorenni e il Tribunale ordinario. Tale intervento appare particolarmente opportuno in quanto, in virtù del quadro normativo antecedente alla riforma di cui alla l. 206/2021, il riparto di competenze tra Tribunale per i minorenni e Tribunale ordinario non era delineato in maniera sufficientemente chiara, con la conseguenza che a tal riguardo era nata un'accesa disputa sia giurisprudenziale che dottrinale, qui di seguito riassunta (Simeone e Sapi, Il nuovo processo per le famiglie e i minori). Tale disputa è sorta dopo la riforma apportata dalla l. 219/2012 e si è protratta fino ad oggi. Per meglio comprendere l'effettiva portata dell'intervento riformatore di cui alla l. 206/2021, è imprescindibile ricordare in breve quale sia stata l'evoluzione normativa riguardante tale riparto di competenze tra Tribunale per i minorenni e Tribunale ordinario e i problemi interpretativi inerenti a tale riparto, così come delineato dalle norme succedutesi nel tempo. Nella sua versione originaria l'art. 38 disp. att. c.c. prevedeva che: «I provvedimenti contemplati negli artt. 319 e 359 del codice sono di competenza del presidente del tribunale per i minorenni o, in caso di reclamo, del presidente della sezione di corte di appello per i minorenni. Sono di competenza del tribunale per i minorenni i provvedimenti contemplati dagli artt. 260, 330, 331, 332, 333, 334, 335, 338, 340, 371 del codice e dall'art. 128 di queste disposizioni. Negli altri casi contemplati dal codice i provvedimenti relativi ai minori di età sono di competenza del tribunale ordinario. In ogni caso il tribunale provvede in camera di consiglio sentito il pubblico ministero. Quando il provvedimento è emesso dal tribunale per i minorenni, il reclamo si propone davanti alla sezione di corte di appello per i minorenni», mentre, a seguito della riforma del diritto di famiglia operata dalla l. 151/1975, prevedeva che: «Sono di competenza del tribunale per i minorenni i provvedimenti contemplati dagli artt. 84, 90, 171, 194, comma secondo, 250, 252, 262, 264, 303, 316, 317-bis, 330, 332, 333, 334, 335 e 371, ultimo comma, del codice. Sono emessi dal tribunale ordinario i provvedimenti per i quali non è espressamente stabilita la competenza di una diversa autorità giudiziaria. In ogni caso il tribunale provvede in camera di consiglio sentito il pubblico ministero. Quando il provvedimento è emesso dal tribunale per i minorenni il reclamo si propone davanti alla sezione di corte di appello per i minorenni». Successivamente la legge sulle adozioni (l. 4 maggio 1983, n. 184) modificò il suddetto art. 38 disp. att. c.c., il quale quindi a partire da quel momento prevedeva che: «Sono di competenza del tribunale per i minorenni i provvedimenti contemplati dagli artt. 84, 90, 171, 194, comma secondo, 250, 252, 262, 264, 303, 316, 317-bis, 330, 332, 333, 334, 335 e 371, ultimo comma, nonché nel caso di minori dall'art. 269, primo comma, del codice civile. Sono emessi dal tribunale ordinario i provvedimenti per i quali non è espressamente stabilita la competenza di una diversa autorità giudiziaria. In ogni caso il tribunale provvede in camera di consiglio sentito il pubblico ministero. Quando il provvedimento è emesso dal tribunale per i minorenni il reclamo si propone davanti alla sezione di corte di appello per i minorenni». Pertanto, dopo la modifica apportata dalla legge sulle adozioni del 1983 a tale art. 38 disp. att. c.c., al Tribunale per i minorenni era attribuita la competenza funzionale esclusiva per l'autorizzazione del minore ultra sedicenne a contrarre matrimonio (artt. 84-90 c.c.), per l'emissione dei provvedimenti relativi all'amministrazione del fondo patrimoniale in presenza di figli minori (art. 171 c.c.), per la divisione della comunione (art. 194, comma 2, c.c.), per la dichiarazione giudiziale di paternità (art. 269 c.c.), per l'impugnazione del riconoscimento per difetto di veridicità da parte del figlio minorenne (art. 264 c.c.), per l'attribuzione del cognome (art. 262 c.c.), per l'autorizzazione al minore alla continuazione all'esercizio dell'impresa (art. 371, ult. comma, c.c.), per tutti i procedimenti relativi all'affidamento dei c.d. figli naturali (oggi: figli nati fuori dal matrimonio) (allora artt. 316 e 317-bis c.c.), nonché per i procedimenti c.d. de potestate, id est quelli limitativi o ablativi della (allora) potestà genitoriale (artt. 330, 332, 333, 334, 335 c.c.). Per quanto concerne in particolare la questione inerente ai figli nati fuori dal matrimonio, a partire soprattutto dall'inizio dell'ultimo decennio del secolo scorso, in ragione dell'incremento esponenziale del numero di coppie non legate da matrimonio con figli minori, si è posto con forza il problema dell'individuazione del giudice competente in caso di crisi della coppia. Se inizialmente era previsto un sistema binario, in forza del quale l'affidamento era deciso dal Giudice minorile e le questioni economiche dal Tribunale ordinario, a seguito dell'introduzione della legge sull'affidamento condiviso (l. 54/2006) è intervenuta la Corte di Cassazione (Cass. 3 aprile 2007, n. 8302) la quale, in ossequio al c.d. principio di concentrazione delle tutele, ha individuato nel giudice minorile l'unico competente all'assunzione di tutti i provvedimenti (affidamento, diritto di visita, assegnazione della casa familiare, assegno perequativo) a tutela dei figli minorenni di genitori non coniugati. Tuttavia tale sistema nel corso degli anni ha dimostrato non soltanto di non funzionare, ma anche di continuare a mettere in atto un'ingiustificata e intollerabile disparità di trattamento tra minori figli di coppie sposate e minori nati fuori dal matrimonio. Di conseguenza il Legislatore con la l. 219/2012 di “riforma della filiazione” (che ha introdotto lo status unitario di figlio) dal punto di vista processuale, ancora una volta in omaggio al principio di concentrazione delle tutele, ha previsto un significativo spostamento, dal Tribunale per i minorenni al Tribunale ordinario, delle competenze in materia di crisi familiare. Dopo tale l. 219/2012, infatti, il suddetto art. 38 disp. att. c.c. prevedeva che: «Sono di competenza del tribunale per i minorenni i provvedimenti contemplati dagli artt. 84, 90, 330, 332, 333, 334, 335 e 371, ultimo comma, del codice civile. Per i procedimenti di cui all'articolo 333 resta esclusa la competenza del tribunale per i minorenni nell'ipotesi in cui sia in corso, tra le stesse parti, giudizio di separazione o divorzio o giudizio ai sensi dell'art. 316 del codice civile; in tale ipotesi per tutta la durata del processo la competenza, anche per i provvedimenti contemplati dalle disposizioni richiamate nel primo periodo, spetta al giudice ordinario. Sono emessi dal tribunale ordinario i provvedimenti relativi ai minori per i quali non è espressamente stabilita la competenza di una diversa autorità giudiziaria. Nei procedimenti in materia di affidamento e di mantenimento dei minori si applicano, in quanto compatibili, gli artt. 737 e seguenti del codice di procedura civile. Fermo restando quanto previsto per le azioni di stato, il tribunale competente provvede in ogni caso in camera di consiglio, sentito il pubblico ministero, e i provvedimenti emessi sono immediatamente esecutivi, salvo che il giudice disponga diversamente. Quando il provvedimento è emesso dal tribunale per i minorenni, il reclamo si propone davanti alla sezione di corte di appello per i minorenni». Pertanto a seguito della l. 219/2012, rispetto a prima, al Tribunale ordinario veniva trasferita la competenza sul fondo patrimoniale (art. 171 c.c.), sulla comunione dei beni (art. 194, comma 2, c.c.), sul cognome (art. 262 c.c.) nonché, di fatto, su tutte le azioni di stato e sui procedimenti aventi a oggetto le modalità di esercizio della responsabilità genitoriale sui figli “nati fuori dal matrimonio” (art. 316 c.c.). In seguito, ad opera del d.lgs. 154/2013 veniva anche attribuita al giudice minorile la competenza sui procedimenti di autorizzazione al riconoscimento del figlio incestuoso (art. 251 c.c.) nonché quelli aventi ad oggetto i rapporti dei minori con gli ascendenti (art. 317-bis c.c.); infatti, per effetto di tale d.lgs. 154/2013 il suddetto art. 38 disp. att.c.c. prevedeva che: «Sono di competenza del tribunale per i minorenni i provvedimenti contemplati dagli artt. 84, 90, 330, 332, 333, 334, 335 e 371, ultimo comma, del codice civile. Per i procedimenti di cui all'art. 333 resta esclusa la competenza del tribunale per i minorenni nell'ipotesi in cui sia in corso, tra le stesse parti, giudizio di separazione o divorzio o giudizio ai sensi dell'art. 316 del codice civile; in tale ipotesi per tutta la durata del processo la competenza, anche per i provvedimenti contemplati dalle disposizioni richiamate nel primo periodo, spetta al giudice ordinario. Sono, altresì, di competenza del tribunale per i minorenni i provvedimenti contemplati dagli artt. 251 e 317-bis del codice civile. Sono emessi dal tribunale ordinario i provvedimenti relativi ai minori per i quali non è espressamente stabilita la competenza di una diversa autorità giudiziaria. Nei procedimenti in materia di affidamento e di mantenimento dei minori si applicano, in quanto compatibili, gli artt. 737 e seguenti del codice di procedura civile. Fermo restando quanto previsto per le azioni di stato, il tribunale competente provvede in ogni caso in camera di consiglio, sentito il pubblico ministero, e i provvedimenti emessi sono immediatamente esecutivi, salvo che il giudice disponga diversamente. Quando il provvedimento è emesso dal tribunale per i minorenni, il reclamo si propone davanti alla sezione di corte di appello per i minorenni». Tornando al significativo intervento della l. 219/2012 di “riforma della filiazione”, va osservato come sia stata conservata la competenza del giudice minorile per i procedimenti de potestate, tuttavia prevedendo la vis attractiva del Tribunale ordinario «nell'ipotesi in cui sia in corso, tra le stesse parti, giudizio di separazione o divorzio o giudizio ai sensi dell'art. 316 del codice civile». Pertanto il conflitto veniva risolto in base al criterio della c.d. prevenzione, nel senso che, per l'appunto, anche i procedimenti de potestate erano di competenza del Tribunale ordinario laddove un ricorso per separazione, divorzio, modifica o ex artt. 316-337-ter c.c. per i figli nati fuori dal matrimonio fosse stato depositato prima del deposito, da parte del genitore o del Pubblico Ministero, del ricorso per la limitazione o la decadenza dalla responsabilità genitoriale presso il Tribunale per i minorenni. È stato evidenziato supra quanto fosse stato opportuno l'intervento, da parte della l. 206/2021, sul riparto delle competenze tra Tribunale per i minorenni e Tribunale ordinario, proprio perché sul testo dell'art. 38 disp. att. c.c. così come risultante dalla riforma del 2012 si era generata un'accesa disputa giurisprudenziale e dottrinale in relazione a diversi rilevanti problemi interpretativi, come di seguito riassunti (Simeone e Sapi, Il nuovo processo per le famiglie e i minori). Per esempio, un primo problema interpretativo scaturiva dal fatto che il menzionato art. 38 disp. att. c.c. prevedesse uno specifico inciso dal seguente tenore «tra le stesse parti» nel seguente periodo: «Per i procedimenti di cui all'art. 333 resta esclusa la competenza del tribunale per i minorenni nell'ipotesi in cui sia in corso, tra le stesse parti, giudizio di separazione o divorzio o giudizio ai sensi dell'art. 316 del codice civile; in tale ipotesi per tutta la durata del processo la competenza, anche per i provvedimenti contemplati dalle disposizioni richiamate nel primo periodo, spetta al giudice ordinario». Orbene, a tal riguardo si era posto il problema di verificare se tale inciso (id est «tra le stesse parti») dovesse interpretarsi nel senso che la vis attractiva operasse esclusivamente per le domande de potestate proposte dai genitori oppure anche per le domande de potestate avanzate dal Pubblico Ministero minorile. A tal riguardo, la Corte Suprema di Cassazione ha chiarito come la corretta interpretazione fosse quella estensiva, affermando che: «Il principio secondo il quale, nella pendenza dei procedimenti di separazione o divorzio o di quelli per le modifiche dei provvedimenti relativi alla prole, introdotti ai sensi dell'art. 710 c.p.c., o dell'art. 337-quinquies c.c., i provvedimenti di cui agli artt. 330 e segg. c.c. sono di competenza del tribunale ordinario, non trova deroga nella circostanza che ad assumere l'iniziativa di questi ultimi sia stato il P.M. presso il tribunale per i minorenni, atteso che la competenza attribuita al tribunale ordinario, ex art. 38 disp. att. c.c., trova giustificazione nella necessità di concentrazione delle tutele volte ad evitare che, in riferimento ad un'identica situazione conflittuale, possano essere aditi organi giudiziali diversi ed assunte decisioni contrastanti ed incompatibili, mentre, il fatto che l'esigenza dell'adozione dei provvedimenti de potestate possa emergere da informazioni acquisite dal procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni non esclude la possibilità di attivare meccanismi di raccordo e trasmissione degli atti tra i diversi uffici del pubblico ministero» (cfr. Cass. Civ. sez. VI, 10 giugno 2021, n. 16339, e altresì Cass. Civ. sez. VI, 23 gennaio 2019, n. 1866, Cass. civ., sez. VI, 26 gennaio 2015, n. 1349; cfr. Cosmai, Il riparto di competenza tra Tribunale ordinario e Tribunale per i minorenni, in ilFamiliarista.it.). Un secondo problema interpretativo scaturiva dal fatto che l'art. 38 disp. att. c.c. da un lato prevedesse, con esclusivo riferimento ai procedimenti di cui all'art. 333 c.c., che «Per i procedimenti di cui all'art. 333 resta esclusa la competenza del tribunale per i minorenni nell'ipotesi in cui sia in corso, tra le stesse parti, giudizio di separazione o divorzio o giudizio ai sensi dell'art. 316 del codice civile» e, immediatamente dopo, prevedesse che «in tale ipotesi per tutta la durata del processo la competenza (...) spetta al giudice ordinario» in generale «anche per i provvedimenti contemplati dalle disposizioni richiamate nel primo periodo» e quindi anche per i procedimenti e provvedimenti di decadenza dalla responsabilità genitoriale ex art. 330 c.c. Tale problema interpretativo veniva infine risolto dalla Corte Suprema di Cassazione la quale, con diverse pronunce, chiariva che l'art. 38, comma 1, disp. att. c.c. (come modificato dall'art. 3, comma 1, della l. 219/2012, applicabile ai giudizi instaurati a decorrere dall'1 gennaio 2013), dovesse interpretarsi nel senso che, per i procedimenti di cui agli artt. 330 e 333 c.c., la competenza è attribuita in via generale al Tribunale dei minorenni, ma, laddove sia pendente un giudizio di separazione, di divorzio o ex art. 316 c.c. e fino alla sua definitiva conclusione, in deroga a questa attribuzione, le azioni dirette ad ottenere provvedimenti limitativi o ablativi della responsabilità genitoriale, proposte successivamente e richieste con unico atto introduttivo dalle parti (così determinandosi un'ipotesi di connessione oggettiva e soggettiva), spettano al giudice del conflitto familiare, individuabile nel Tribunale ordinario, se sia ancora in corso il giudizio di primo grado, ovvero nella corte d'appello in composizione ordinaria, se penda il termine per l'impugnazione o sia stato interposto appello (cfr. Cass. Civ. 10 giugno 2021, n. 16339; Cass. Civ, sez. VI, 11 febbraio 2021, n. 3490; Cass. Civ. sez. VI, 12 settembre 2016, n. 17931; Cass. Civ. sez. VI, 22 novembre 2016, n. 23768; Cass. Civ. sez. VI, 26 gennaio 2015, n. 1349; Cass. civ. sez. VI, 12 febbraio 2015, n. 2833; per una completa disamina cfr. Costabile, Decadenza dalla responsabilità genitoriale: Tribunale per i Minorenni o Tribunale ordinario, in ilFamiliarista.it; Muscio, Riparto di competenza tra Tribunale dei minorenni e Tribunale ordinario, in ilFamiliarista.it.). Tale orientamento non era univoco in quanto, in assenza di un intervento da parte delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, si erano altresì registrate decisioni di segno contrario che avevano al contrario dichiarato che la vis attractiva del Tribunale ordinario non operasse per le domande e i provvedimenti di decadenza dalla responsabilità genitoriale (Cass. Civ. sez. I, 11 giugno 2021, n. 15659). Infine, un ultimo problema interpretativo si era posto con riguardo alla competenza del Tribunale ordinario, investito successivamente della domanda ex art. 310-bis c.c. per i figli nati al di fuori del matrimonio, a decidere sull'assegno perequativo dovuto per il figlio, laddove fosse pendente un procedimento de potestate innanzi al Tribunale per i minorenni. A tal riguardo l'orientamento dominante risulta a favore della declinatoria di competenza del Tribunale ordinario (Trib. Milano, sez. IX, 26 giugno 2019; Trib. Milano, sez. IX, 18 giugno 2020, Trib. Pavia, 26 agosto 2020, cfr. Simeone, Il riparto di competenze tra T.o, e T.m sulle domande economiche: una questione irrisolta, in ilFamiliarista.it.) anche se, sul punto, è stato recentemente sollevato regolamento di competenza ex art. 45 c.p.c. dal Tribunale di Pavia (Trib. Pavia, 9 luglio 2020, in ilFamiliarista.it.). Si è appena visto, dunque, come fossero molteplici (e tutti di notevole rilievo pratico) i problemi interpretativi che erano sorti in relazione al riparto di competenza fra Tribunale ordinario e Tribunale per i minorenni sulla base del testo dell'art. 38 disp. att. c.c. Ebbene, dopo aver per l'appunto ricordato quali fossero tali problemi interpretativi da risolvere, è possibile finalmente analizzare in che modo la l. 206/2021 abbia inciso sul riparto di competenza tra il Tribunale ordinario e il Tribunale per i minorenni. A ben vedere, la l. 206/2021 ha cercato di fornire finalmente una soluzione a buona parte dei suddetti problemi interpretativi, letteralmente rivoluzionando l'art. 38 disp. att. c.c. Infatti, ai sensi dell'art. 1, comma 28, della l. 206/2021, «All'art. 38 delle disposizioni per l'attuazione del codice civile e disposizioni transitorie, di cui al regio decreto 30 marzo 1942, n. 318, il primo comma è sostituito dai seguenti: “Sono di competenza del tribunale per i minorenni i procedimenti previsti dagli artt. 84, 90, 250, ultimo comma, 251, 317-bis, ultimo comma, 330, 332, 333, 334, 335 e 371, ultimo comma, del codice civile. Sono di competenza del tribunale ordinario i procedimenti previsti dagli art. 330, 332, 333, 334 e 335 del codice civile, anche se instaurati su ricorso del pubblico ministero, quando è già pendente o è instaurato successivamente, tra le stesse parti, giudizio di separazione, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, ovvero giudizio ai sensi degli artt. 250, quarto comma, 268, 277, secondo comma, e 316 del codice civile, dell'art. 710 del codice di procedura civile e dell'art. 9 della l. 1° dicembre 1970, n. 898. In questi casi il tribunale per i minorenni, d'ufficio o su richiesta di parte, senza indugio e comunque entro il termine di quindici giorni dalla richiesta, adotta tutti gli opportuni provvedimenti temporanei e urgenti nell'interesse del minore e trasmette gli atti al tribunale ordinario, innanzi al quale il procedimento, previa riunione, continua. I provvedimenti adottati dal tribunale per i minorenni conservano la loro efficacia fino a quando sono confermati, modificati o revocati con provvedimento emesso dal tribunale ordinario. Il pubblico ministero della procura della Repubblica presso il tribunale per i minorenni, nei casi di trasmissione degli atti dal tribunale per i minorenni al tribunale ordinario, provvede alla trasmissione dei propri atti al pubblico ministero della procura della Repubblica presso il tribunale ordinario. Il tribunale per i minorenni è competente per il ricorso previsto dall'art. 709-ter del codice di procedura civile quando è già pendente o è instaurato successivamente, tra le stesse parti, un procedimento previsto dagli artt. 330, 332, 333, 334 e 335 del codice civile. Nei casi in cui è già pendente o viene instaurato autonomo procedimento previsto dall'art. 709-ter del codice di procedura civile davanti al tribunale ordinario, quest'ultimo, d'ufficio o a richiesta di parte, senza indugio e comunque non oltre quindici giorni dalla richiesta, adotta tutti gli opportuni provvedimenti temporanei e urgenti nell'interesse del minore e trasmette gli atti al tribunale per i minorenni, innanzi al quale il procedimento, previa riunione, continua. I provvedimenti adottati dal tribunale ordinario conservano la loro efficacia fino a quando sono confermati, modificati o revocati con provvedimento emesso dal tribunale per i minorenni”». A tal riguardo va evidenziato come la più volte menzionata l. 206/2021, oltre a fissare ovviamente i principi e criteri direttivi per l'esercizio della delega, contiene altresì delle norme immediatamente precettive (nel senso che non rientrano nell'ambito della delega e quindi non rientreranno nell'ambito dei decreti legislativi che il Governo dovrà adottare), seppur, per la precisione, con decorrenza non immediata bensì differita di centottanta giorni rispetto alla data di entrata in vigore della l. 206/2021, e quindi, dal momento che la l. 206/2021 è entrata in vigore il 24 dicembre 2021, le disposizioni direttamente applicabili di cui si è appena detto si applicano ai procedimenti instaurati a decorrere dal 22 giugno 2022 (i.e. centottanta giorni dopo la data di entrata in vigore della l. 206/2021 giusta quanto disposto dall'art. 1, comma 37, l. 206/2021, ai sensi del quale «Le disposizioni dei commi da 27 a 36 del presente articolo si applicano ai procedimenti instaurati a decorrere dal centottantesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore della presente legge»). Orbene, fra le disposizioni dei commi da 27 a 36 dell'art. 1 della l. 206/2021 che «si applicano ai procedimenti instaurati a decorrere dal centottantesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore della presente legge» vi è per l'appunto anche il summenzionato comma 28 dell'art. 1 della l. 206/2021 che, come si è visto, ha riscritto l'art. 38 disp. att. c.c. sostituendo al “vecchio” comma 1 due nuovi commi. Chiaramente tale norma perderà di efficacia (o quanto meno di interesse pratico) allorquando, tra la fine del 2024 e il 2025, entrerà a regime il Tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie. Tornando, quindi, alla riscrittura dell'art. 38 disp. att. c.c. ad opera della l. 206/2021, è possibile riscontrare un deciso favor per la competenza del Tribunale ordinario, tranne che per il caso dei provvedimenti ex art. 709-ter c.p.c.. Infatti, ai sensi del nuovo testo dell'art. 38 disp. att. c.c., se da un lato è vero che è prevista la competenza del Tribunale per i minorenni per i procedimenti previsti dagli artt. 84, 90, 250, ultimo comma, 251, 317-bis, ultimo comma, 330, 332, 333, 334, 335 e 371, ultimo comma, c.c., dall'altro lato è espressamente prevista la competenza del Tribunale ordinario per i procedimenti previsti dagli artt. 330, 332, 333, 334 e 335 del codice civile — anche se instaurati su ricorso del pubblico ministero (tale precisazione consente definitivamente di superare uno dei problemi interpretativi precedentemente generatisi) — non soltanto quando fra le stesse parti sia già pendente un giudizio di separazione, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, ovvero un giudizio ai sensi degli artt. 250, quarto comma, 268, 277, secondo comma, e 316 c.c., dell'art. 710 del c.p.c. e dell'art. 9 l. 1° dicembre 1970, n. 898, ma anche quando tale giudizio venga instaurato successivamente. In tali casi, in virtù della vis attractiva del Tribunale ordinario, è previsto che il Tribunale per i minorenni — d'ufficio o su richiesta di parte, senza indugio e comunque entro il termine di quindici giorni dalla richiesta — adotti tutti gli opportuni provvedimenti temporanei e urgenti nell'interesse del minore e debba trasmettere gli atti al Tribunale ordinario, innanzi al quale il procedimento, previa riunione, dovrà continuare. I provvedimenti adottati dal Tribunale per i minorenni conservano la loro efficacia fino a quando siano confermati, modificati o revocati con provvedimento emesso dal Tribunale ordinario. Il pubblico ministero della Procura della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni, nei casi di trasmissione degli atti dal tribunale per i minorenni al Tribunale ordinario, provvede alla trasmissione dei propri atti al pubblico ministero della Procura della Repubblica presso il Tribunale ordinario. Pertanto, la competenza del Tribunale per i minorenni è rimasta con riferimento alle domande de potestate (id est ex artt. 330, 332, 333, 334, 335 c.c.) “autonome”, nonché con riferimento alle domande di autorizzazione del minore ultra-sedicenne a contrarre matrimonio (ex artt. 84, 90 c.c.), alle domande di autorizzazione a continuare nell'esercizio dell'impresa (ex art. 371, ult. comma, c.c.), alle domande di autorizzazione al riconoscimento del figlio incestuoso (ex art. 251 c.c.) e alle domande degli ascendenti tese a mantenere significativi rapporti con i minori (ex art. 317-bis c.c.); peraltro, per armonizzare il sistema, al Tribunale per i minorenni è stata in tale occasione spostata la competenza sull'autorizzazione al riconoscimento del figlio da parte del genitore infrasedicenne (ex art. 250, ult. comma, c.c.). Invece, nel caso in cui sia pendente (anche su richiesta del Pubblico Ministero) un procedimento di separazione, divorzio, regolamentazione dell'esercizio della responsabilità genitoriale per i figli nati fuori dal matrimonio, o di modifica delle condizioni della separazione o del divorzio (o anche — deve ritenersi — un procedimento per lo scioglimento dell'unione civile fra persone dello stesso sesso), ovvero anche nel caso in cui uno di tali procedimenti venga instaurato successivamente, per le domande de potestate è competente non più il Tribunale per i minorenni, bensì il Tribunale ordinario e a tal riguardo è previsto l'apposito meccanismo di translatio iudicii sopra descritto [non appena la riforma entrerà in vigore, tale meccanismo di translatio iudicii opererà altresì nell'ipotesi di azione di stato esercitata davanti al Tribunale ordinario, prima o dopo l'inizio del giudizio minorile (riconoscimento ex art. 250 c.c.; impugnazione del riconoscimento per difetto di veridicità ex art. 263 ss. c.c., giusta il riferimento dell'art. 38 disp. att. c.c. all'art. 268 c.c.; dichiarazione giudiziale di paternità o maternità ex art. 269 c.c., giusta il richiamo all'art. 277 c.c.); il trasferimento di competenza, dal Tribunale per i minorenni al Tribunale ordinario, sulle domande de potestate non opererà invece nell'ipotesi di azione di disconoscimento della paternità e del reclamo e della contestazione dello stato di figlio, trattandosi di due azioni regolate da norme (rispettivamente l'art. 244 c.c. e gli artt. 248 e 249 c.c.) non richiamate dall'art. 38 disp. att. c.c. (v. in particolare Cass. Civ. 15 luglio 2021, n. 20248); cfr. Simeone e Sapi, Il nuovo processo per le famiglie e i minori, 49]. Diametralmente opposta appare l'impostazione scelta per i procedimenti ex art. 709-ter c.p.c. Infatti, ai sensi del nuovo testo dell'art. 38 disp. att. c.c., è prevista la competenza del Tribunale per i minorenni per i ricorsi ex art. 709-ter c.p.c. laddove fra le stesse parti sia già pendente — ovvero venga instaurato successivamente — un procedimento previsto dagli artt. 330, 332, 333, 334 e 335 c.c. È previsto altresì che, laddove sia già pendente, ovvero venga instaurato, un autonomo procedimento ex art. 709-ter c.p.c. davanti al Tribunale ordinario, quest'ultimo — d'ufficio o a richiesta di parte, senza indugio e comunque non oltre quindici giorni dalla richiesta — adotti tutti gli opportuni provvedimenti temporanei e urgenti nell'interesse del minore e debba trasmettere gli atti al tribunale per i minorenni, innanzi al quale il procedimento, previa riunione, dovrà continuare. I provvedimenti adottati dal Tribunale ordinario conservano la loro efficacia fino a quando sono confermati, modificati o revocati con provvedimento emesso dal Tribunale per i minorenni. La Commissione Luiso, durante i suoi lavori, ha evidenziato che la formulazione dell'art. 38 disp. att. c.c., dopo la l. 219/2012, «ha generato dubbi interpretativi e difficoltà nella pratica applicazione che sono sfociati in numerosi conflitti di competenza... L'attuale situazione genera concrete e a volte insuperabili difficoltà applicative, con duplicazione di giudizi e rischio di giudicati contrastanti. Deve inoltre rilevarsi come il tribunale ordinario successivamente investito di una domanda di affidamento non possa spogliarsi della competenza in favore del tribunale specializzato preventivamente adito di un giudizio di potestate tra le stesse parti, essendo la domanda formulata dinanzi al giudice ordinario più ampia e dovendo comunque essere emessa una decisione su altre domande connesse, in primo luogo sulla domanda di affidamento. Si comprende, pertanto, l'esigenza di concentrazione delle tutele, che trova la sua ratio sia nella necessità di evitare ai minori e alle parti plurimi accertamenti posti in essere da diverse autorità giudiziarie, sia nella necessità di evitare giudicati contrastanti» e che «La scelta della autorità giudiziaria in capo alla quale concentrare le competenze è imposta dalla natura dei procedimenti: i giudizi di separazione, divorzio, affidamento dei figli nati fuori dal matrimonio e loro modifiche, hanno ad oggetto nella quasi totalità dei casi anche altre domande (attinenti allo status ovvero il mantenimento dei figli) che devono comunque essere decise... una razionale distribuzione delle risorse impone, pertanto, la concentrazione dei giudizi in capo al tribunale ordinario che in tal modo potrà decidere ogni aspetto relativo alle vicende familiari, con unico giudizio» (Cfr. Relazione Commissione Luiso). Di conseguenza il legislatore si è mosso nella direzione del riconoscimento di un netto favor per il Tribunale ordinario. Tuttavia anche la nuova versione dell'art. 38 disp. att. c.c. — ancorché, come si è detto retro, abbia innegabilmente fornito una risposta a diversi dei problemi interpretativi che si erano posti circa il riparto di competenza fra il Tribunale ordinario e il Tribunale per i minorenni — appare potenzialmente foriera di problemi interpretativi, specialmente con riguardo ai procedimenti ex art. 709-ter c.p.c. (Cfr. Simeone e Sapi, Il nuovo processo per le famiglie e i minori, 52). Anzitutto, la stessa scelta del legislatore di riservare al Tribunale per i minorenni la competenza sui procedimenti ex art. 709-ter c.p.c. allorquando sia pendente, ovvero venga instaurato successivamente, un procedimento de potestate dinanzi al Tribunale per i minorenni appare potenzialmente foriera di problemi. Infatti, non può obliterarsi (proprio perché ciò è destinato ad incidere notevolmente sul riparto della competenza con precipuo riferimento ai procedimenti ex art. 709-ter c.p.c.) il fatto che l'art. 709-ter c.p.c. era stato introdotto dalla legge sull'affidamento condiviso (l. 54/2006) proprio «per la soluzione delle controversie insorte tra i genitori in ordine all'esercizio della responsabilità genitoriale o delle modalità dell'affidamento» (come espressamente previsto dal comma 1 dell'art. 709 ter c.p.c.), e che «a seguito del ricorso, il giudice convoca le parti e adotta i provvedimenti opportuni» e «in caso di gravi inadempienze o di atti che comunque arrechino pregiudizio al minore od ostacolino il corretto svolgimento dell'affidamento, può modificare i provvedimenti in vigore e può, anche congiuntamente: 1) ammonire il genitore inadempiente; 2) disporre il risarcimento dei danni, a carico di uno dei genitori, nei confronti del minore; 3) disporre il risarcimento dei danni, a carico di uno dei genitori, nei confronti dell'altro; 4) condannare il genitore inadempiente al pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria, da un minimo di 75 euro a un massimo di 5.000 euro a favore della Cassa Ammende», e anzi [giusta quanto disposto dall'art. 1 comma 33 (ai sensi del quale «All'art. 709-ter, secondo comma, del codice di procedura civile, il numero 3) è sostituito dal seguente: “3) disporre il risarcimento dei danni a carico di uno dei genitori nei confronti dell'altro anche individuando la somma giornaliera dovuta per ciascun giorno di violazione o di inosservanza dei provvedimenti assunti dal giudice. Il provvedimento del giudice costituisce titolo esecutivo per il pagamento delle somme dovute per ogni violazione o inosservanza ai sensi dell'art. 614-bis ;”») della l. 206/2021, a partire dai procedimenti instaurati a decorrere dal centottantesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore della l. 206/2021 (posto che, infatti, l'art. 1 comma 37, l. 24 novembre 2021, n. 206 prevede che «Le disposizioni dei commi da 27 a 36 del presente articolo si applicano ai procedimenti instaurati a decorrere dal centottantesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore della presente legge ;»], potrà «disporre il risarcimento dei danni a carico di uno dei genitori nei confronti dell'altro anche individuando la somma giornaliera dovuta per ciascun giorno di violazione o di inosservanza dei provvedimenti assunti dal giudice. Il provvedimento del giudice costituisce titolo esecutivo per il pagamento delle somme dovute per ogni violazione o inosservanza ai sensi dell'art. 614-bis». Orbene, specialmente il fatto che l'art. 709-ter c.p.c. preveda (come si è visto) la possibilità che il Giudice modifichi i provvedimenti in vigore ma anche il fatto che esso preveda (come si è appena visto) la possibilità che il Giudice condanni il genitore inadempiente a un risarcimento danni anche secondo lo schema delle c.d. astreintes pone essenzialmente due problemi (Cfr. Simeone e Sapi, Il nuovo processo per le famiglie e i minori, 52) Anzitutto si pone il problema dell'esatta delimitazione del suo ambito di operatività. Infatti, atteso che un procedimento ex art. 709-ter c.p.c. può sfociare in un provvedimento di modifica di provvedimenti in vigore, e considerato che tuttavia i nuovi criteri di riparto della competenza riservano sempre al Tribunale ordinario e mai al Tribunale per i minorenni la competenza per tali modifiche, ne consegue che probabilmente sarebbe stato preferibile limitare la vis attractiva del Tribunale per i minorenni alle sole ipotesi di risoluzione delle controversie sull'esercizio della responsabilità genitoriale, giacché il semplice riferimento alla norma, che prevede anche il potere del giudice di modificare i provvedimenti in essere, rischia di creare confusione e di dar luogo a pericolosi conflitti di competenza tra le due autorità giudiziarie, così come limitare la vis attractiva del Tribunale per i minorenni alle sole ipotesi in cui il procedimento de potestate sia stato instaurato prima del ricorso ex art. 709-ter c.p.c. In ogni caso, in considerazione della ratio sottesa alla norma e in ossequio al principio di concentrazione dei giudizi, si ritiene che l'art. 38 disp. att. c.c. debba essere interpretato in senso restrittivo, nel senso che laddove le parti si limitino a chiedere l'intervento del giudice per risolvere una controversia sull'esercizio della responsabilità genitoriale e sia pendente o venga instaurato successivamente un giudizio de potestate, la competenza su entrambi i provvedimenti sia del Tribunale per i minorenni; laddove, invece, le parti, o anche una sola di esse, chiedano modifiche dei provvedimenti in corso, la competenza a decidere, sia sulla controversia ex art. 709-ter c.p.c. sia sugli eventuali provvedimenti limitativi o ablativi della responsabilità genitoriale, spetti al Tribunale ordinario (Cfr. Simeone e Sapi, Il nuovo processo per le famiglie e i minori, 52). Inoltre sembra porsi un problema di coordinamento tra le due parti della norma (con precipuo riferimento alla competenza rispetto ai procedimenti ex art. 709-ter c.p.c.). Infatti, mentre la prima parte del nuovo comma 1 dell'art. 38 disp. att. c.c. prevede la competenza del Tribunale ordinario anche per i procedimenti de potestate qualora sia pendente ovvero venga instaurato successivamente anche un giudizio di modifica delle condizioni di separazione, divorzio (e scioglimento dell'unione civile) o di precedenti condizioni determinate ex art. 316 c.c. (figli nati fuori dal matrimonio), la seconda parte del nuovo comma 1 dell'art. 38 disp. att. c.c. prevede la competenza del Tribunale per i minorenni in relazione ai provvedimenti ex art. 709-ter c.p.c. qualora sia pendente o venga instaurato successivamente un procedimento de potestate. Orbene, da tale considerazione risulta evidente il rischio di conflitto fra la prima parte e la seconda parte del nuovo comma 1 dell'art. 38 disp. att. c.c. proprio con riferimento alla competenza in merito ai procedimenti ex art. 709-ter c.p.c. Infatti, se da un lato è espressamente previsto che per i procedimenti ex art. 709-ter c.p.c. sia competente il Tribunale per i minorenni laddove fra le stesse parti sia già pendente — ovvero venga instaurato successivamente — un procedimento de potestate (ex artt. 330, 332, 333, 334 e 335 c.c.), dall'altro lato è previsto che per i procedimenti de potestate sia competente non più il Tribunale per i minorenni bensì il Tribunale ordinario laddove sia pendente, ovvero venga instaurato successivamente, un procedimento di separazione, divorzio, regolamentazione dell'esercizio della responsabilità genitoriale per i figli nati fuori dal matrimonio, o di modifica delle condizioni della separazione o del divorzio (o anche — deve ritenersi — un procedimento per lo scioglimento dell'unione civile fra persone dello stesso sesso). Ebbene, a tal riguardo, considerata la ratio sottesa a tale riforma, pare doversi ritenere che la parte che prevede che per i procedimenti de potestate sia competente non più il Tribunale per i minorenni bensì il Tribunale ordinario laddove sia pendente, ovvero venga instaurato successivamente, un procedimento di separazione, divorzio, regolamentazione dell'esercizio della responsabilità genitoriale per i figli nati fuori dal matrimonio, o di modifica delle condizioni della separazione o del divorzio, debba prevalere sulla parte che prevede che per i procedimenti ex art. 709-ter c.p.c. sia competente il Tribunale per i minorenni laddove fra le stesse parti sia già pendente — ovvero venga instaurato successivamente — un procedimento de potestate (ex artt. 330, 332, 333, 334 e 335 c.c.) (Cfr. Simeone e Sapi, Il nuovo processo per le famiglie e i minori, 53). Di conseguenza, laddove venisse instaurato prima un procedimento per la risoluzione delle controversie sull'esercizio della responsabilità genitoriale, poi un giudizio de potestate e, infine, un terzo procedimento di modifica, la competenza finale dovrebbe essere fissata, in maniera definitiva, a favore del Tribunale ordinario anche per i provvedimenti de potestate (Cfr. Simeone e Sapi, Il nuovo processo per le famiglie e i minori, 53). Si è già detto del meccanismo di raccordo che è stato ideato dal legislatore della riforma (translatio iudicii ma con previsione della possibilità di adottare tutti gli opportuni provvedimenti temporanei e urgenti nell'interesse del minore, prima di trasmettere gli atti al Tribunale competente) onde scongiurare vuoti di tutela (nel possibile rimpallo fra il Tribunale ordinario e il Tribunale per i minorenni o viceversa) con conseguente grave pregiudizio per i sacrosanti diritti del minore. Infine, un ultimo problema che pare potersi porre risiede nel fatto che, mentre nei procedimenti ordinari valgono i principi del processo civile telematico, per quanto concerne i procedimenti dinanzi al Tribunale per i minorenni funziona ancora il tradizionale sistema “cartaceo” nonché inquisitorio (tant'è che per ottenere copia degli atti e dei documenti del fascicolo è ancora necessaria l'autorizzazione del giudice). A tal riguardo, la riforma prevede l'obbligo di informatizzazione per i procedimenti innanzi al giudice specializzato collegandola per l'appunto all'istituzione del Tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie e dunque rimandandola di fatto al 2025, e quindi la riforma imporrà le conclusioni di protocolli di intesa tra giudice ordinario e giudice minorile al fine di permettere che la trasmissione degli atti da un giudice all'altro avvenga effettivamente senza indugio e, comunque sia, entro 15 giorni dalla richiesta, come previsto dal nuovo art. 38 disp. att. c.c. Analogo obbligo di collaborazione dovrà fondare i rapporti tra Procura minorile e Procura presso il Tribunale, così da rendere effettiva la presenza del Pubblico Ministero anche nei giudizi innanzi al Tribunale ordinario (Cfr. Simeone e Sapi, Il nuovo processo per le famiglie e i minori, 53). Conclusioni
In conclusione, come visto, il legislatore della riforma ha, quindi, recepito l'orientamento prevalente consacrando la definitiva compatibilità tra i due istituiti di cui all'art. 709-ter c.p.c. e 614-bis c.p.c. prevedendo espressamente che il giudice chiamato ad esprimersi ai sensi all'art. 709-ter c.p.c. possa, in previsione di futuri possibili ulteriori inadempimenti, in aggiunta alla condanna del genitore inadempiente al risarcimento del danno in favore dell'altro genitore, altresì individuare la somma giornaliera dovuta per ciascun giorno di violazione o inosservanza dei provvedimenti assunti, con la precisazione che «Il provvedimento del giudice costituisce titolo esecutivo per il pagamento delle somme dovute per ogni violazione o inosservanza ai sensi dell'art. 614-bis». A tal riguardo, come evidenziato da attenta dottrina (Simeone e Sapi, Il nuovo processo per le famiglie e i minori, 63), sarà interessante vedere se tale novella legislativa varrà a modificare l'orientamento recentemente espresso dalla Suprema Corte, la quale, con l'ordinanza n. 6471/2020, ha affermato il seguente principio: «Il diritto-dovere di visita del figlio minore che spetta al genitore non collocatario non è suscettibile di coercizione neppure nella forma indiretta di cui all'art. 614-bis c.p.c. trattandosi di una potere-funzione che, non sussumibile negli obblighi la cui violazione integra, ai sensi dell'art. 709-ter c.p.c., una "grave inadempienza", è destinato a rimanere libero nel suo esercizio quale esito di autonome scelte che rispondono, anche, all'interesse superiore del minore ad una crescita sana ed equilibrata». Circa la nuova formulazione dell'art. 38 disp. att. c.c. ad opera della l. 24 novembre 2021, n. 206 si è visto come la stessa abbia sancito un netto favor per la competenza del Tribunale ordinario (tranne che per il caso dei provvedimenti ex art. 709-ter c.p.c.), assoggettando alla competenza del Tribunale ordinario (quale giudice del conflitto familiare), rispetto al Tribunale per i minorenni, anche i provvedimenti de potestate laddove, come si è visto, sia pendente (anche su richiesta del Pubblico Ministero) un procedimento di separazione, divorzio, regolamentazione dell'esercizio della responsabilità genitoriale per i figli nati fuori dal matrimonio, o di modifica delle condizioni della separazione o del divorzio (o anche — deve ritenersi — un procedimento per lo scioglimento dell'unione civile fra persone dello stesso sesso), ovvero anche nel caso in cui uno di tali procedimenti venga instaurato successivamente. A tal riguardo — premesso che in ogni caso non appena la riforma entrerà a pieno regime, con l'introduzione del Tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie, la situazione non rimarrà quella descritta— fintantoché tale Tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie non verrà istituito, occorrerà affrontare con cura il problema, anche alla luce della nuova formulazione dell'art. 38 disp. att. c.c., del riparto di competenza fra Tribunale ordinario e Tribunale per i minorenni. Infatti anche la nuova versione dell'art. 38 disp. att. c.c. — ancorché, come si è detto retro, abbia innegabilmente fornito una risposta a diversi dei problemi interpretativi che si erano posti circa il riparto di competenza fra il Tribunale ordinario e il Tribunale per i minorenni — appare potenzialmente foriera dei problemi interpretativi sopra analizzati, specialmente con riguardo ai procedimenti ex art. 709-ter c.p.c. (Cfr. Simeone e Sapi, Il nuovo processo per le famiglie e i minori, 52). Riferimenti
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