La relazione dell'ufficiale giudiziario non è soggetta a querela di falso

Redazione scientifica
07 Settembre 2022

La relazione dell'ufficiale circa l'effettiva residenza (o dimora o domicilio) del destinatario dell'atto, presso l'indirizzo indicato dal notificante, costituisce mera presunzione, superabile con qualsiasi mezzo di prova, senza necessità di ricorrere alla querela di falso.

La Corte di cassazione, nell'ordinanza in esame, si è pronunciata sulla nullità della notificazione dell'atto introduttivo di un giudizio di primo grado (nella specie di un ricorso promosso ai sensi dell'art. 702-bis c.p.c. da una società contro i fidejussori dai quali pretendeva di essere garantita).

Uno dei garanti, LUB, aveva promosso appello contro l'ordinanza ex art. 702-ter c.p.c. emessa in primo grado, deducendo, per quanto d'interesse, che la notifica del ricorso di primo grado era nulla perché eseguita ad un indirizzo dal quale si era trasferito quattro anni prima.

La Corte d'appello rigettava il ricorso, evidenziando che la relazione introduttiva del ricorso del primo grado recava l'indicazione che il destinatario era sì residente nel luogo indicato dal mittente, ma che era “irreperibile”.

Precisava inoltre che «poiché le attestazioni compiute dall'ufficiale postale nella relata di notifica fanno piena fede fino a querela di falso, sarebbe stato onere dell'appellante contestarle con tale mezzo» e che «in mancanza di querela di falso, erano irrilevanti le certificazioni anagrafiche attestanti l'avvenuto trasferimento».

Avverso tale pronuncia proponeva ricorso per cassazione LUB, deducendo l'errore commesso dalla Corte d'appello per aver ritenuto che, per dimostrare la nullità della notificazione dell'atto introduttivo del giudizio di primo grado, avrebbe dovuto proporre una querela di falso avverso la relata di notifica.

La Corte ha ritenuto fondato il motivo di ricorso.

Infatti, la dichiarazione con cui l'ufficiale giudiziario (o l'ufficiale postale, nel caso di notifica per mezzo del servizio postale) dichiara di non aver trovato nessuno all'indirizzo indicato dal mittente non postula alcun accertamento sull'effettiva residenza del destinatario, né costituisce un'attestazione dotata di pubblica fede.

L'ufficiale postale, infatti, quando annota nella relazione di notificazione "l'assenza" del destinatario non compie certo ricerche anagrafiche, né compie indagini di altro tipo. Il postino legge un nome su una cassetta postale, e se corrisponde a quello del destinatario dell'atto, immette quest'ultimo nella cassetta.

Si tratta di nozioni di fatto rientranti nella comune esperienza, sicché pretendere - come ha fatto la sentenza impugnata - che per effetto di tali semplici gesti il postino abbia attribuito pubblica fede alla circostanza della coincidenza tra residenza effettiva del destinatario e indirizzo indicato dal mittente è affermazione non solo assai lontana dalla realtà delle cose, ma anche giuridicamente scorretta.

Infatti, la circostanza che la notifica risulti effettuata nel luogo indicato dal mittente costituisce "una mera presunzione che in quel luogo si trova la residenza effettiva del destinatario dell'atto", superabile con qualsiasi mezzo senza necessità di ricorrere alla querela di falso: e tra i mezzi di prova idonei a vincere la suddetta presunzione, ovviamente, rientrano anche le certificazioni anagrafiche.

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