Medici assolti nel procedimento penale perché il fatto non sussiste: c'è responsabilità civile dell'azienda sanitaria?

Renato Savoia
15 Settembre 2022

La Terza sezione della Cassazione ha chiarito a quali condizioni l'ente ospedaliero possa giovarsi della sentenza di assoluzione nel procedimento civile.

La vicenda giunta all'attenzione della Terza Sezione della Cassazione Civile riguarda l'impugnazione effettuata dall'azienda ospedaliera nei confronti della sentenza della Corte d'Appello che ne aveva dichiarato la responsabilità per il decesso di un paziente, ritenendo che si fosse verificato a causa della condotta colposa dei sanitari dell'Ospedale, condannandola quindi al risarcimento dei danni patiti dal coniuge superstite.

Sin dal primo grado l'azienda ospedaliera aveva eccepito, ai sensi dell'art. 1306, comma 2, c.c., il giudicato esterno formatosi con la sentenza penale oramai irrevocabile del Tribunale, resa all'esito del dibattimento in giudizio nei quale era costituita parte civile la moglie del deceduto, in cui il giudice penale aveva assolto i sanitari con la formula «perché il fatto non sussiste» dall'imputazione del reato di omicidio colposo.

La Corte d'Appello aveva osservato che l'effetto preclusivo del giudicato penale si produce nel giudizio civile allorquando, sotto il profilo soggettivo, ci sia coincidenza delle parti dei due giudizi (il che non era, nel caso di specie), mentre sotto il profilo oggettivo sussiste una differenza negli elementi costitutivi dell'illecito rappresentati dalla colpa e dal nesso causale, operando per quest'ultimo la regola del "più probabile che non".

L'azienda ospedaliera nel proprio ricorso ha sostenuto che il giudice d'Appello avrebbe da un lato errato a ritenere applicabile l'art. 652 c.p.p. solo in caso di coincidenza soggettiva assoluta tra giudizio penale e civile (laddove azienda ospedaliera, quale responsabile civile, non era stata parte del procedimento penale) e, dall'altro, avrebbe confuso l'efficacia diretta del giudicato esterno ex art. 652 c.p.p. con l'efficacia riflessa del giudicato esterno di cui all'art. 1306 c.c.

L'assenza di coincidenza soggettiva non è decisiva per escludere l'efficacia extrapenale del giudicato di assoluzione.

La Terza Sezione, ponendosi nel solco dell'orientamento di legittimità costante sul punto, ha anzitutto ricordato quali siano le tre condizioni che devono necessariamente coesistere affinché una sentenza penale di assoluzione «perché il fatto non sussiste» possa spiegare effetto di giudicato nel procedimento civile di risarcimento del danno:

1) la sentenza penale deve essere stata pronunciata in esito a dibattimento;

2) il danneggiato deve essersi costituito parte civile, ovvero deve essere stato messo in condizione di farlo;

3) in sede civile la domanda di risarcimento del danno deve essere stata proposta dalla vittima nei confronti dell'imputato, ovvero di altro soggetto che abbia comunque partecipato a giudizio penale nella veste di responsabile civile.

La Suprema Corte ha poi ricordato come la scelta di esercitare in sede penale l'azione civile volta al risarcimento del danno sia una scelta rimessa al danneggiato che comporta la conseguenza di subire tutte le conseguenze derivanti dalla funzione e dalla struttura del processo penale e, tra queste, anche quelle derivanti dalla sentenza definitiva di assoluzione che accerti l'insussistenza del "fatto" con effetti, ex art. 652 c.p.p., di giudicato extra penale determinatosi in quella sede secondo le regole proprie del giudizio penale sul "fatto-reato".

Nel caso in esame l'azione di risarcimento proposta in sede civile dal coniuge superstite non ha investito la posizione dei sanitari assolti in sede penale ma è stata invece intentata, ai sensi dell'art. 1228 c.c., nei confronti della struttura sanitaria presso la quale fu ricoverato il coniuge e presso la quale operavano i medici assolti in sede penale.

Il fondamento della responsabilità per fatto degli ausiliari è l'accertamento del fatto colposo del personale medico ausiliario, in assenza del quale non si può parlare di alcuna responsabilità contrattuale dell'ente nei confronti del paziente.

Pur se tale responsabilità della struttura sanitaria è autonoma da quella del medico di cui essa si si avvalsa in qualità di ausiliario, peraltro entrambi rispondono solidalmente nei confronti del danneggiato.

L'art. 1306, comma 2, c.c., invocato dall'ente ospedaliero sin dalla costituzione in primo grado, consente al condebitore di invocare il giudicato favorevole formato nei confronti di altro condebitore, alla duplice condizione che il giudicato non sia fondato su ragioni personali dell'altro condebitore e che il condebitore faccia valere tempestivamente quel giudicato nel processo contro di lui.

Essendo unico il fatto dannoso imputabile a tutti contributori e risultando il comportamento dei medici elementi costitutivo della responsabilità della struttura stessa, il giudicato che escluda l'illecito colpevole degli ausiliari ben potrà essere opposto, secondo la Cassazione, per escludere la propria responsabilità civile dal condebitore-struttura sanitaria, che correttamente aveva eccepito l'opponibilità nei confronti dell'attrice sin dalla comparsa di costituzione di primo grado.

Accogliendo dunque il ricorso dell'ospedale e rigettando definitivamente la domanda risarcitoria la Cassazione ha enunciato il seguente principio di diritto: «nella controversia civile di responsabilità sanitaria, promossa dal danneggiato al fine di ottenere la condanna della struttura sanitaria al risarcimento dei danni, a titolo di responsabilità contrattuale esclusivamente fondata sull'art. 1228 c.c. per il fatto colposo dei medici dei quali si sia avvalsa nell'adempimento della propria obbligazione di cura, la sentenza – pronunciata all'esito di dibattimento nel processo penale al quale abbia partecipato (o sia stata messo in condizione di parteciparvi) soltanto il danneggiato come parte civile e divenuta irrevocabile – che abbia assolto i medici con la formula “perché il fatto non sussiste”, in forza di accertamento effettivo sulla insussistenza del nesso causale tra la condotta degli stessi sanitari e l'evento iatrogeno in danno del paziente in relazione ai medesimi fatti oggetto del giudizio civile di danno, esplica, ai sensi dell'art. 652 c.p.p., piena efficacia di giudicato ostativo di un diverso accertamento di quegli stessi fatti ed è opponibile, ai sensi dell'art. 1306, comma 2, c.c., dalla convenuta struttura sanitaria, debitrice solidale con i medici assolti in sede penale, all'attore danneggiato, ove l'eccezione sia stata tempestivamente sollevata in primo grado e successivamente coltivata».

(Fonte: dirittoegiustizia.it)