Conciliazione vita-lavoro per i genitori e i prestatori di assistenzaFonte: D.Lgs. 30 giugno 2022 n. 105
10 Ottobre 2022
Introduzione
In data 29 luglio 2022 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il D.Lgs. 30 giugno 2022, n. 105, recante "Attuazione della direttiva (UE) 2019/1158 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 giugno 2019, relativa all'equilibrio tra attività professionale e vita familiare per i genitori e i prestatori di assistenza e che abroga la direttiva 2010/18/UE del Consiglio".
La Direttiva persegue l'obiettivo di porre rimedio alla sottorappresentanza delle donne nel mercato del lavoro e di promuovere l'attuazione del principio della parità tra uomini e donne in ambito lavorativo. Le modalità per perseguire tale obiettivo sono, da un lato, il miglioramento dell'accesso alle misure di conciliazione per tutti i lavoratori e le lavoratrici con responsabilità familiari, e, dall'altro, la promozione dell'esercizio di tali misure da parte degli uomini.
Il D.Lgs. 30 giugno 2022, n. 105, emanato in attuazione della menzionata direttiva ed entrato in vigore il 13 agosto 2022, interviene, con modifiche ed integrazioni, sia sul testo del D.Lgs. 26 marzo 2001, n. 151 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità), sia su disposizioni di legge diverse, quali la Legge n. 104/1992 (Legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate), la Legge n. 81/2017 (Misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l'articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato), il D.Lgs. n. 81/2015 (Disciplina organica dei contratti di lavoro e revisione della normativa in tema di mansioni), in un'ottica di armonizzazione e coerenza con il nuovo dettato normativo.
Vale la pena evidenziare che le disposizioni in materia di congedi, permessi ed altri istituti oggetto del d.lgs. 105/2022, “salvo che non sia diversamente specificato, sono direttamente applicabili anche ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni” (art. 1, comma 2, d.lgs. 105/2022), in un'ottica di piena equiparazione dei diritti alla genitorialità ed all'assistenza. Sugli istituti oggetto di modifica e/o integrazioni. Sul Congedo di paternità obbligatorio ed alternativo
Il D.lgs. 105/2022 inserisce nel corpo del T.U. n. 151/2001 (di seguito solo T.U.) l'art. 27-bis che disciplina il “congedo di paternità obbligatorio”, recependo ed ampliando le tutele previste per il congedo obbligatorio del padre introdotto dalla legge 92/2012 e successive modifiche. Tale istituto riconosce al padre lavoratore, dai due mesi precedenti la data presunta del parto ed entro i cinque mesi successivi (quindi non più solo entro i cinque mesi successivi alla nascita come previsto dalla normativa previgente), il diritto ad astenersi dal lavoro per un periodo di dieci giorni lavorativi, non frazionabili ad ore, da utilizzare anche in via non continuativa. Tale periodo viene aumentato a venti giorni lavorativi in caso di parto plurimo.
Due sono quindi le modifiche principali effettuate dalla norma citata alla normativa previgente: l'arco temporale in cui il padre può usufruire dei 10 giorni di congedo obbligatorio e la durata dello stesso in caso di parto plurimo.
Il D.lgs. 105/2022 dispone anche le modalità di esercizio di tale diritto, ovvero il padre deve comunicare in forma scritta al datore di lavoro i giorni in cui intende fruire del congedo, con un anticipo non minore di cinque giorni, ove possibile in relazione all'evento nascita, sulla base della data presunta del parto, fatte salve le condizioni di miglior favore previste dalla contrattazione collettiva.
Ai sensi dell'art. 29 del TU del 2001 come modificato dal D.lgs. 105/2022, per i giorni di congedo di paternità obbligatorio è riconosciuta un'indennità giornaliera pari al 100% della retribuzione; il trattamento normativo ed economico è poi il medesimo previsto per il congedo di maternità (art. 22 commi da 2 a 7 ed art. 23 T.U.).
L'art. 27-bis precisa poi che il congedo obbligatorio è fruibile, entro lo stesso arco temporale, anche in caso di morte perinatale del figlio ed anche qualora il padre sia adottivo o affidatario. Tale congedo si configura come un diritto autonomo del padre lavoratore e pertanto spetta indipendentemente dal diritto della madre al proprio congedo di maternità.
Esso si aggiunge al congedo di paternità disciplinato dall'art. 28 TU, il quale riconosce al lavoratore padre il diritto di astenersi dal lavoro per tutta la durata del congedo di maternità o per la parte residua che sarebbe spettata alla lavoratrice, in caso di morte o di grave infermità della madre ovvero di abbandono, nonché in caso di affidamento esclusivo del bambino al padre.
Il congedo di paternità riconosciuto ai sensi dell'art. 28 T.U., alla luce di quanto previsto dall'art. 27-bis che lo precede ed in forza dell'art. 2 del D.lgs. 105/2022, è stato denominato “congedo di paternità alternativo”, proprio perché tale diritto viene riconosciuto in aggiunta al congedo di paternità obbligatorio e deve essere esercitato in alternativa a quello di maternità.
L'art. 54 comma 7 T.U. modificato dal D.lgs. 105/2022 dispone altresì che in caso di fruizione del congedo di paternità obbligatorio o alternativo, il divieto di licenziamento si applica anche al padre lavoratore per la durata del congedo stesso e si estende fino al compimento di un anno di età del bambino.
In caso di dimissioni nel periodo in cui è previsto il divieto sopra esposto, al padre che ha usufruito del congedo di paternità spetta l'indennità di preavviso e la NASPI e lo stesso non è tenuto a prestare alcun preavviso (art. 55 comma 1 e 2 TU). Sul congedo parentale per i genitori lavoratori dipendenti
Innanzitutto è bene segnalare che, in relazione alla predetta disciplina rimangono immutati i limiti massimi individuali e cumulativi sussistenti per entrambi i genitori per beneficiare di tale istituto previsti dall'art. 32 T.U. (1).
Il D.lgs. 105/2022, modificando la lettera c) del 1 comma dell'art. 32, ha però riconosciuto, qualora vi sia un solo genitore ovvero un genitore nei confronti del quale sia stato disposto l'affidamento esclusivo del figlio, il limite massimo di un periodo continuativo o frazionato non superiore a 11 mesi (quindi non più solo 10 come previsto dalla disciplina previgente).
Per quanto concerne il trattamento economico e normativo, il D.lgs. 105/2022 modificando l'art. 34 1 comma ha previsto che a ciascun genitore lavoratore spetta sino al dodicesimo anno di vita del figlio o dall'ingresso in famiglia in caso di adozione o affidamento (non più quindi fino al sesto come previsto dalla disciplina previgente) un periodo indennizzabile di tre mesi non trasferibile all'altro genitore.
I genitori hanno altresì diritto, in alternativa tra di loro, ad un ulteriore periodo di congedo della durata complessiva di tre mesi, per i quali spetta un'indennità pari al 30% della retribuzione. Da ciò ne consegue che il periodo massimo complessivo indennizzabile tra i genitori è di nove mesi (non più di soli sei come previsto dal testo previgente). Nel caso vi sia un solo genitore o vi sia un affidamento esclusivo ad uno di essi, al singolo genitore spetta un'indennità pari al 30% della retribuzione per un periodo massimo di nove mesi (non più quindi di solo sei mesi come previsto dalla disciplina previgente).
Ed ancora, il D.lgs. 105/2022 modificando il comma 2 dell'art. 34 ha previsto che per tutto il periodo di prolungamento del congedo di cui all'articolo 33 comma 3 del TU è dovuta alle lavoratrici ed ai lavoratori un'indennità pari al 30 per cento della retribuzione (2).
Sempre il D.lgs. 105/2022, modificando il comma 3 dell'art. 34, ha previsto che per i periodi di congedo parentale ulteriori ai nove mesi indennizzabili per entrambi i genitori o per il solo genitore è dovuta, sino al dodicesimo anno di vita del bambino o dall'ingresso in famiglia in caso di adozione o affidamento (e non più sino all'ottavo come previsto nella disciplina previgente), un'indennità pari al trenta per cento della retribuzione, a condizione che il reddito individuale dell'interessato sia inferiore a 2,5 volte l'importo del trattamento minimo di pensione a carico dell'assicurazione generale obbligatoria.
Modificando il comma 5 dell'art. 34, il D.lgs. citato ha sancito infine che i periodi di congedo parentale sono computati nell'anzianità di servizio e non comportano riduzione di ferie, riposi, tredicesima mensilità o gratifica natalizia, ad eccezione degli emolumenti accessori connessi all'effettiva presenza in servizio, salvo diverse disposizioni della contrattazione collettiva. Sul congedo straordinario
L'art. 42 comma 5 del T.U. riconosce in capo al coniuge convivente di soggetto con disabilità in situazione di gravità accertata dalle commissioni competenti il diritto a fruire del congedo straordinario (di cui all'articolo 4, comma 2, della legge 8 marzo 2000, n. 53) (3) per un periodo massimo di due anni nell'arco della vita lavorativa.
Il D.lgs. 105/2022, modificando il menzionato comma, ha previsto che il congedo possa essere fruito entro 30 giorni dalla richiesta e non più 60, ha equiparato il coniuge al convivente di fatto oltre che alla parte di un'unione civile, nonché ha previsto che la convivenza, presupposto imprescindibile per la concessione del suddetto decreto, possa essere instaurata anche successivamente alla presentazione della domanda, purché sia garantita per tutta la fruizione del congedo (così come anche chiarito dall'INPS con apposito Messaggio n. 3096/2022 del 5 agosto 2022).
Fino ad oggi l'equiparazione del trattamento riservato al coniuge era riconosciuta solo nella casistica delle unioni civili; con la modifica ora apportata il congedo viene esteso anche alle “coppie di fatto” cui, in precedenza, non era riconosciuto questo tipo di tutela.
La modifica legislativa, oltre ad equiparare ai fini della concessione del menzionato congedo il convivente di fatto al coniuge ed alla parte di un'unione civile, definisce altresì quali sono i titolari in ordine decrescente.
In caso di decesso, mancanza o in presenza di patologie invalidanti del coniuge convivente o parte di un'unione civile o convivente di fatto hanno diritto di fruire del congedo il padre o la madre anche adottivi. In caso di decesso, mancanza o in presenza di patologie invalidanti di quest'ultimi ha diritto di fruire del congedo uno dei figli conviventi.
In caso di decesso, mancanza o in presenza di patologie invalidanti di quest'ultimi ha diritto di fruire del congedo uno dei fratelli o sorelle conviventi. In caso di decesso, mancanza o in presenza di patologie invalidanti di quest'ultimi ha diritto di fruire del congedo il parente o l'affine entro il terzo grado convivente.
Sui permessi di cui alla Legge 104/1992
Come detto, l'art. 33 della Legge 104/1992 riconosce in capo alla lavoratrice madre o, in alternativa, al lavoratore padre, il prolungamento del congedo parentale, fruibile in misura continuativa o frazionata, per un periodo massimo, comprensivo dei periodi di cui all'articolo 32 sopra argomentato, non superiore a tre anni, in caso abbiano un minore con handicap in situazione di gravità accertata dalle competenti commissioni ed a condizione che il bambino non sia ricoverato a tempo pieno presso istituti specializzati.
Il D.lgs. 105/2022, introducendo il comma 2 all'art. 33, riconosce, nell'ipotesi sopra esposta, la possibilità alla lavoratrice madre o, in alternativa, al lavoratore padre (anche adottivi), di chiedere ai rispettivi datori di lavoro di usufruire, in alternativa al prolungamento fino a 3 anni del congedo parentale, di due ore di permesso giornaliero retribuito fino al compimento del terzo anno di vita del bambino.
Ed ancora il D.lgs. citato, introducendo il comma 3 al menzionato articolo, riconosce altresì al lavoratore dipendente il diritto a fruire di 3 giorni di permesso mensile retribuito coperto da contribuzione figurativa anche in maniera continuativa per assistere una persona con disabilità in situazione di gravità che non sia ricoverata a tempo pieno rispetto alla quale il lavoratore sia coniuge, parte di un'unione civile, convivente di fatto, parente o affine entro il secondo grado. In caso di mancanza o decesso dei genitori o del coniuge o della parte di un'unione civile o del convivente di fatto, ovvero qualora gli stessi siano affetti da patologie invalidanti o abbiano compiuto i sessantacinque anni di età, il diritto è riconosciuto a parenti o affini entro il terzo grado della persona con disabilità in situazione di gravità.
Principale novità introdotta sulla materia dal D.lgs. citato è il superamento del c.d. "regime del referente unico dell'assistenza", in base al quale nel previgente sistema, a esclusione dei genitori per i quali era sempre stata prevista tale facoltà, non poteva essere riconosciuta a più di un lavoratore dipendente la possibilità di fruire dei giorni di permesso per l'assistenza alla stessa persona in situazione di disabilità grave. La nuova formulazione dell'art. 33 comma 3 legge n. 104/1992 prevede infatti che, fermo restando il limite complessivo di tre giorni, per l'assistenza allo stesso individuo con disabilità in situazione di gravità, il diritto può essere riconosciuto su richiesta a più soggetti tra quelli sopra elencati, che possono fruirne in via alternativa tra loro.
Resta confermata, invece, la possibilità per lo stesso dipendente di assistere più persone in situazione di handicap grave, con la conseguenza che, ove ne ricorrano tutte le condizioni (4), il medesimo lavoratore potrà fruire di permessi anche in maniera cumulativa per prestare assistenza a più persone disabili.
Ed ancora, introducendo il comma 6-bis, il D.lgs. 105/2022 riconosce per i lavoratori che usufruiscono dei permessi sopra menzionati (comma 2 e 3 introdotti anch'essi dal D.lgs. 105/2022) il diritto di priorità nell'accesso al lavoro agile, salvo eventuali previsioni più favorevoli previste dalla contrattazione collettiva. Come noto il T.U. all'art. 68 comma 2 ed all'art. 70 comma 1 riconosce alle lavoratrici autonome ed alle libere professioniste iscritte ad un ente che gestisce forme obbligatorie di previdenza il diritto per i due mesi antecedenti la data del parto e per i tre mesi successivi alla stessa data effettiva del parto, a percepire un'indennità di maternità.
Il D.lgs. 105/2022, inserendo il comma 2 ter all'art. 60 e modificando il comma 1 dell'art. 70 entrambi del T.U., riconosce in capo alle lavoratrici autonome ed alle libere professioniste il diritto all'indennità giornaliera anche per i periodi antecedenti i due mesi prima del parto, in caso di gravi complicanze della gravidanza o di persistenti forme morbose che si presume possano essere aggravate dallo stato di gravidanza, sulla base di accertamenti medici effettuati dall'ASL. L'indennità spettante è la stessa calcolata per i periodi di tutela della maternità a seconda della categoria di appartenenza della lavoratrice autonoma. Sui congedi parentali dei lavoratori autonomi
Il D.lgs. 105/2022, modificando l'art. 69 comma 1 del T.U., riconosce anche in capo ai lavoratori autonomi (prima riconosciuto solo alle lavoratrici) il diritto al congedo parentale di cui all'art. 32 T.U., compresi il relativo trattamento economico e previdenziale, limitatamente ad un periodo di tre mesi, entro il primo anno di vita del bambino. Sul congedo parentale degli iscritti alla gestione separata
Come noto l'art. 8 comma 4 L. 81/2017 prevede che le lavoratrici ed i lavoratori iscritti alla Gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, non titolari di pensione e non iscritti ad altre forme previdenziali obbligatorie, tenuti al versamento della contribuzione maggiorata di cui all'articolo 59, comma 16, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, hanno il diritto ad un trattamento economico per congedo parentale.
La disciplina previgente prevedeva però che tale trattamento non poteva complessivamente superare il limite massimo complessivo di sei mesi entro i primi tre anni di vita del bambino.
Il D.lgs. n. 105/2022, in modifica a quanto previsto all'articolo sopra citato, ha previsto che ciascun genitore ha diritto ad un trattamento economico per congedo parentale per un periodo pari a tre mesi entro i primi dodici anni di vita del bambino ed entro lo stesso termine, in alternativa tra loro, ad ulteriori tre mesi di congedo. I trattamenti economici riconosciuti ad entrambi i genitori non possono però complessivamente superare il limite complessivo di nove mesi. L'art. 18 comma 3-bis, L. 81/2017 come modificato ha disposto che i datori di lavoro, che stipulano accordi per l'esecuzione della prestazione di lavoro in modalità agile, sono tenuti in ogni caso a riconoscere priorità alle richieste di esecuzione del rapporto di lavoro in modalità agile formulate dalle lavoratrici e dai lavoratori con figli fino a dodici anni di età, o senza alcun limite di età nel caso di figli in condizioni di disabilità ai sensi dell'articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104 (5).
La stessa priorità è riconosciuta da parte del datore di lavoro alle richieste dei lavoratori con disabilità in situazione di gravità accertata ai sensi dell'articolo 4, comma 1 L. n. 104/1992 (ovvero quando l'accertamento dell'handicap è avvenuto dalle unità sanitarie locali mediante le specifiche commissioni mediche), o che siano caregivers ai sensi dell'articolo 1, comma 255 L. n. 205/2017 (6).
L'art. 18 comma 3-bis modificato rafforza la tutela dei lavoratori che, nelle condizioni precedentemente citate, richiedono di fruire del lavoro agile, vietando nei loro confronti qualsiasi sanzione, demansionamento, licenziato, trasferimento o altra misura organizzativa avente effetti negativi, diretti o indiretti, sulle condizioni di lavoro.
La norma dispone infatti che qualunque misura adottata in violazione del sopra menzionato divieto è da considerarsi ritorsiva o discriminatoria e, pertanto, nulla. E' evidente che una siffatta disposizione comporterà problemi pratici organizzativi di non poco conto in capo al datore di lavoro che, ricevuta la richiesta di lavoro agile da parte del lavoratore, si troverà sostanzialmente impossibilitato ad interessare il medesimo di qualsiasi modifica organizzativa aziendale, sebbene giustificata. Come noto l'art. 8 comma 4 D.lgs. 81/2015 riconosce la priorità nella trasformazione del contratto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale del lavoratore o della lavoratrice che abbia il coniuge, i figli o i genitori con patologie oncologiche o gravi patologie cronico-degenerative ingravescenti; nonché nel caso in cui il lavoratore o la lavoratrice assista una persona convivente con totale e permanente inabilità lavorativa con connotazione di gravità ai sensi dell'articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, che abbia necessità di assistenza continua in quanto non in grado di compiere gli atti quotidiani della vita.
Tale priorità è riconosciuta altresì anche al lavoratore o alla lavoratrice, con figlio convivente di età non superiore a tredici anni o con figlio convivente portatore di handicap ai sensi dell'articolo 3 della legge n. 104 del 1992 (7).
Il D.lgs. 105/2022, modificando l'art. 8 comma IV D.lgs. 81/2015, si limita a riconoscere la priorità nella trasformazione del contratto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale anche nel caso in cui le patologie invalidanti e richiamate nel comma IV del citato articolo 8 riguardino non solo il coniuge ma anche la parte di un'unione civile o il convivente di fatto (8).
Il comma 5 bis all'art. 8 del D.lgs. 81/2015 modificato rafforza la tutela dei lavoratori che, nelle condizioni citate ai commi 4 e 5 del medesimo articolo, richiedono la trasformazione del contratto di lavoro in part time, vietando nei loro confronti qualsiasi sanzione, demansionamento, licenziato, trasferimento o altra misura organizzativa avente effetti negativi, diretti o indiretti, sulle condizioni di lavoro.
La norma dispone infatti che qualunque misura adottata in violazione del sopra menzionato divieto è da considerarsi ritorsiva o discriminatoria e, pertanto, nulla. Sono evidenti anche in questo caso, come quello che precede, i problemi pratici organizzativi di non poco conto che conseguiranno in capo al datore di lavoro a seguito di una siffatta disposizione. Sul divieto di discriminazione di cui alla L. 104/1992
L'art. 2-bis L. 104/1992 inserito dal D.lgs. 105/2022 dispone il divieto di discriminare o riservare un trattamento meno favorevole ai lavoratori che chiedono o usufruiscono dei benefici di cui all'articolo 33 della L. 104/1992 (sui permessi – cfr. punto IV), agli articoli 33 e 42 del T.U. del 2001 (sul prolungamento del congedo parentale e sul congedo straordinario – cfr. punto III), all'articolo 18, comma 3-bis, della legge 22 maggio 2017, n. 81 (sulla priorità di accesso allo smart – cfr. punto VIII), all'articolo 8 del D.lgs. 15 giugno 2015, n. 81 (sulla priorità alla trasformazione in part time- cfr. punto IX), nonché di ogni altro beneficio concesso ai lavoratori medesimi in relazione alla condizione di disabilità propria o di coloro ai quali viene prestata assistenza e cura.
La norma dispone che chi intende agire in giudizio per il riconoscimento della sussistenza di una delle discriminazioni di cui all'art. 2-bis L. 104/1992 e non ritiene di avvalersi delle procedure di conciliazione previste dai contratti collettivi, può promuovere il tentativo di conciliazione ai sensi dell'articolo 410 c.p.c.; i giudizi civili instaurati avverso i predetti atti sono invece regolati dall'art. 28 D.lgs. 150/2011.
Si segnala che sebbene la direttiva UE 2019/1158 abbia previsto il rafforzamento della posizione processuale del lavoratore o della lavoratrice mediante l'estensione dell'inversione dell'onere della prova sul datore di lavoro in caso di presunta discriminazione per motivi legati all'esercizio o alla richiesta di un congedo, la normativa di recepimento, richiamando il procedimento ex art. 28 D.lgs. 150/2011 (9), prevede invece solo un affievolimento dell'onere della prova in capo al lavoratore con parziale inversione dello stesso in capo al datore di lavoro. Sulle sanzioni in capo al datore di lavoro
Il D.lgs. 105/2022 prevede l'irrogazione di pesanti sanzioni per i datori di lavoro in caso di inosservanze nell'applicazione della normativa ivi contenuta e precedentemente esposta. Per quanto d'interesse in questa sede, giova segnalare innanzitutto che l'inosservanza delle disposizioni sul congedo di paternità obbligatorio, sul congedo parentale, sul congedo straordinario, sulla disciplina dei permessi ex art. 33 D.lgs. 104/1992 è punita con una sanzione amministrativa compresa tra 516 e 2.582 euro.
Ma non solo. Il rifiuto, l'opposizione o l'ostacolo all'esercizio dei diritti di assenza dal lavoro tutelati dalla legge, ove rilevati nei due anni antecedenti alla richiesta della certificazione della parità di genere di cui all'articolo 46-bis del decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198 (o di analoghe certificazioni previste dalle regioni e dalle province autonome nei rispettivi ordinamenti), impediscono al datore di lavoro il conseguimento delle stesse certificazioni.
In particolare, tale sanzione è espressamente prevista in relazione a tutti i congedi riconosciuti dalla legge (ovvero per il congedo di paternità obbligatorio e alternativo ex art 31-bis comma 1 e 2, per il congedo parentale ex art. 38 comma 1 D.lgs. 151/2001, per il congedo straordinario ex art. 46 D.lgs. 151/2001, per i congedi parentali previsti per gli iscritti alla gestione separata ex art. 8 comma 7-bis L. 81/2017), ai permessi ex art. 33 L. 104/1992 comma 7-ter, alla priorità di accesso allo smart working ex art. 18 comma 3 ter L. 81/2017, alla priorità nella trasformazione del contratto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale ex art. 8 comma 5 ter D.lgs. 81/2015, al diritto al congedo ed al permesso di tre giorni per eventi e cause particolari previsto dall'art. 4 comma 4 ter L. 53/2000, ai diritti previsti dall'art. 52 del D.lgs. 151/2001 in relazione al congedo per malattia del figlio, ai diritti previsti dall'art. 53 del D.lgs. 151/2001 in relazione al divieto di adibire a lavoro notturno le donne in stato di gravidanza sino ad un anno di età del bambino ed alle condizioni ivi esposte in caso di lavoratori con figli in tenera età o che abbiano a carico un soggetto disabile, ai diritti previsti dagli artt. 54 e 56 del D.lgs. 151/2001 in relazione al divieto di licenziamento ed al diritto al rientro ed alla conservazione del posto di lavoro per i genitori che usufruiscono del periodo di congedo sino ad un anno di vita del bambino. Note
(1) La madre, trascorso il periodo di congedo di maternità, può quindi fruire di massimo sei mesi di congedo parentale per ogni figlio entro i primi dodici anni di vita o dall'ingresso in famiglia in caso di adozione o affidamento. Il padre può usufruire di massimo sei mesi (elevabili a sette nel caso in cui si astenga per un periodo intero o frazionato non inferiore a tre mesi) per ogni figlio entro i primi dodici anni di vita o dall'ingresso in famiglia in caso di adozione o affidamento. Entrambi i genitori possono poi fruire complessivamente di massimo dieci mesi di congedo parentale (elevabili a 11 nel caso in cui il padre si astenga per un periodo intero o frazionato non inferiore a tre mesi) per ogni figlio entro i primi dodici anni di vita o dall'ingresso in famiglia in caso di adozione o affidamento.
(2) L'art. 33 comma 3 T.U. riconosce in capo alla lavoratrice madre o, in alternativa, al lavoratore padre, in caso di minore con handicap in situazione di gravità accertata dalle commissioni competenti, il diritto, da esercitare entro il compimento del dodicesimo anno di vita del bambino, al prolungamento del congedo parentale, fruibile in misura continuativa o frazionata, per un periodo massimo, comprensivo dei periodi di cui all'articolo 32, non superiore a tre anni, a condizione che il bambino non sia ricoverato a tempo pieno presso istituti specializzati.
(3) Si ricorda che ai sensi del comma 2 dell'art. 4 L 53/2000 durante tale periodo di congedo straordinario il dipendente conserva il posto di lavoro, non ha diritto alla retribuzione e non può svolgere alcun tipo di attività lavorativa; tale congedo non è poi computato nell'anzianità di servizio né ai fini previdenziali.
(4) Il lavoratore ha altresì diritto di prestare assistenza nei confronti di più persone con disabilità in situazione di gravità, a condizione che si tratti del coniuge o della parte di un'unione civile o del convivente di fatto o di un parente o affine entro il primo grado o entro il secondo grado qualora i genitori o il coniuge della persona con disabilità in situazione di gravità abbiano compiuto i 65 anni di età oppure siano anch'essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti.
(5) Sussiste disabilità ai sensi dell'articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104 quando la minorazione, singola o plurima, abbia ridotto l'autonomia personale, correlata all'età, in modo da rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione
(6) Caregiver è una persona che assiste e si prende cura del coniuge, dell'altra parte dell'unione civile tra persone dello stesso sesso o del convivente di fatto, di un familiare o di un affine entro il secondo grado, ovvero, nei soli casi indicati dall'articolo 33, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, di un familiare entro il terzo grado che, a causa di malattia, infermità o disabilità, anche croniche o degenerative, non sia autosufficiente e in grado di prendersi cura di sé, sia riconosciuto invalido in quanto bisognoso di assistenza globale e continua di lunga durata ai sensi dell'articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, o sia titolare di indennità di accompagnamento ai sensi della legge 11 febbraio 1980, n. 18.).
(7) Ai sensi dell'articolo 3 della legge n. 104 del 1992 è persona handicappata colui che presenta una minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, che è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa e tale da determinare un processo di svantaggio sociale o di emarginazione.
(8) Si segnala, per completezza, e al di fuori dell'analisi del Decreto legislativo 105/2022, che per le lavoratrici e per i lavoratori del settore pubblico e del settore privato affette/i da patologie oncologiche nonché da gravi patologie cronico-degenerative ingravescenti, per le/i quali residui una ridotta capacità lavorativa, eventualmente anche a causa degli effetti invalidanti delle terapie salvavita, non c'è solo priorità nella concessione del passaggio da lavoro a tempo pieno a lavoro a tempo parziale, ma esiste un vero e proprio diritto (art. 8, Decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81).
(9) Art. 28 D.lgs. 150/2011 comma 4: “Quando il ricorrente fornisce elementi di fatto, desunti anche da dati di carattere statistico, dai quali si può presumere l'esistenza di atti, patti o comportamenti discriminatori, spetta al convenuto l'onere di provare l'insussistenza della discriminazione. I dati di carattere statistico possono essere relativi anche alle assunzioni, ai regimi contributivi, all'assegnazione delle mansioni e qualifiche, ai trasferimenti, alla progressione in carriera e ai licenziamenti dell'azienda interessata”.
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