Esclusione del dirigente dall'ambito di applicazione soggettivo del divieto di licenziamento per giustificato motivo oggettivo

Alessandro Tonelli
Giulia Passaquindici
19 Ottobre 2022

L'ultima sentenza del Tribunale di Napoli che conferma l'esclusione del dirigente dall'ambito di applicazione soggettivo del divieto di licenziamento per giustificato motivo oggettivo ex art. 46 d.l. 18/2020 e s.m.i.
Massima

In ordine al divieto del licenziamento che avrebbe come destinatari tutti i lavoratori, inclusa la categoria dei dirigenti, il Tribunale reputa preferibile la soluzione esegetica più restrittiva perché più ossequiosa del dettato normativo, coerente col sistema degli ammortizzatori sociali (inesistente per i dirigenti), rispondente ad un delicato bilanciamento tra interessi costituzionalmente tutelati quali la libertà di iniziativa economica privata rispetto al diritto al lavoro della persona.

Il caso

La dirigente ha impugnato il licenziamento intimatole per giustificato motivo oggettivo stante la definitiva soppressione della posizione dirigenziale dalla stessa ricoperta con lettera dell'ottobre 2020.

La ricorrente, lamentando l'invalidità del recesso datoriale sotto plurimi profili, ha svolto - tra le altre - domanda di nullità del licenziamento per violazione del divieto previsto dall'art. 46 d.l. 18/2020 con conseguente richiesta di condanna della società alla reintegrazione e al risarcimento del danno.

La questione

La questione giuridica considerata riguarda l'applicabilità al dirigente della disposizione contenuta nel d.l. 18/2020 che vietava il licenziamento per giustificato motivo oggettivo durante la crisi sanitaria dovuta al Covid-19.

La soluzione giuridica

Il giudice partenopeo, conformandosi all'interpretazione già proposta da alcuni colleghi di Roma e Milano, ha ritenuto di escludere il dirigente dall'ambito di applicazione soggettivo del divieto di licenziamento previsto dalla decretazione emergenziale.

Tale decisione si fonda su tre motivazioni.

La prima, di carattere letterale, valorizza il riferimento alla l. 604/1966 contenuto nell'art. 46 d.l. 18/2020: detto richiamo non viene inteso come limitato al motivo del licenziamento (giustificato motivo oggettivo) ma, più in generale, alla l. 604/1966 che espressamente non si applica alla categoria dei dirigenti.

Il giudice ha, inoltre, considerato che il recesso dal rapporto di lavoro con il dirigente non deve essere giustificato da motivo oggettivo ma da “giustificatezza”. L'espresso richiamo da parte della norma considerata alla prima nozione esclude, quindi, la sua applicazione anche ai dirigenti.

In ultimo, l'esegesi più restrittiva si fonderebbe anche sulla preclusione ai dirigenti dell'accesso agli ammortizzatori sociali in costanza di rapporto. Per tale motivo un'interpretazione inclusiva della norma invocata avrebbe l'effetto – a detta del Tribunale, irragionevole – di addossare integralmente sulla sola parte datoriale il costo collegato al divieto di licenziamento.

Il giudice, in conclusione, ha ribadito la necessità di un'interpretazione rigorosa in considerazione dell'eccezionalità della misura in argomento, la cui ratio è individuata nella straordinarietà delle esigenze economico-organizzative che hanno determinato la necessità di risolvere i rapporti di lavoro per giustificato motivo oggettivo.

Osservazioni

La pronuncia in esame si inserisce nella corrente interpretativa che ha escluso l'estensione del blocco dei licenziamenti ai dirigenti.

L'occasione è utile per riflettere sulle motivazioni che hanno condotto la giurisprudenza a dividersi sull'interpretazione dell'art. 46 d.l. 18/2020 (decreto Cura Italia) e s.m.i.

L'orientamento, forse non più minoritario, che ha preferito un'interpretazione estensiva della norma, ha considerato, in primo luogo, il motivo letterale. In particolare, il richiamo da parte della normativa emergenziale al solo art. 3 l. 604/1966 e non alla legge complessivamente intesa avrebbe l'obiettivo esclusivo di individuare la tipologia di licenziamento investito dal divieto, cioè quello per motivi oggettivi. Non rileverebbe, al contrario, la circostanza per cui la disciplina richiamata trova applicazione solo per operai, impiegati e quadri.

Anche l'inclusione della disciplina dei licenziamenti collettivi dall'ambito del divieto previsto dell'art. 46 conduce, poi, i sostenitori dell'approccio estensivo a ritenere irragionevole escludere da detto divieto il licenziamento individuale del dirigente quando quello collettivo è, anche per tale categoria di lavoratori, vietato.

Scrive il Tribunale di Roma: “se è difficile capire perché i dirigenti dovrebbero essere esclusi da un “blocco” dei licenziamenti chiaramente improntato al criterio della giustificazione economica, ancor meno risulta comprensibile perché il divieto dovrebbe operare per costoro in caso di licenziamento collettivo e non in caso di licenziamento individuale” (cfr. Tribunale di Roma, sez. lav., 26 febbario 2021).

È stato dato, inoltre, rilievo al rapporto di continenza tra giustificazione oggettiva, richiesta per il licenziamento del dirigente, e il più ristretto concetto di giustificato motivo oggettivo ex art. 3 l. 604/1966, che non motiverebbe una differenziazione di trattamento coerente con una lettura costituzionalmente orientata della disciplina in relazione al principio di uguaglianza, anche sotto il profilo della ragionevolezza.

In ultimo, un argomento di ordine politico-sociale. Gli interpreti, sostenitori della tesi estensiva, non concepiscono l'esclusione dei dirigenti da una normativa volta a tutelare i lavoratori dalle conseguenze economiche della pandemia; l'interpretazione restrittiva, a loro giudizio, finirebbe per “scaricare” ingiustamente sui dirigenti gli effetti economici della situazione emergenziale.

Al contrario, gli interpreti, che hanno sostenuto la tesi più rigorista, pur condividendo la ratio della normativa in analisi, ritengono inaccettabile che il costo del divieto debba essere sopportato dall'imprenditore che si troverebbe, da un lato, impedito nel recesso dal rapporto di lavoro, peraltro più costoso rispetto a quello relativo ad altre categorie di lavoratori, e, dall'altro, impossibilitato ad accedere agli ammortizzatori sociali in costanza di rapporto.

Tale considerazione, accompagnata da quello che si ritiene debba interpretarsi come un rinvio specifico all'art. 3 l. 604/1966 e quindi a una disciplina strettamente applicabile ai soli operai, impiegati e quadri, conduce i sostenitori dell'interpretazione restrittiva a escludere dal blocco il licenziamento dei dirigenti, tenuto altresì conto che il giustificato motivo oggettivo è “nozione non propria del licenziamento del dirigente” e che, anzi, è consolidato l'orientamento giurisprudenziale secondo cui “la nozione di giustificatezza del licenziamento, prevista dalla contrattazione collettiva, non coincide con quella di giustificato motivo di cui all'art. 3, legge n. 604/1966 (prevista e disciplinata per operai, impiegati, quadri), o non è equiparabile ad essa” (cfr. Tribunale di Milano sez. lav. del 17.07.2021).