Il CCII introduce per la prima volta una definizione di misure protettive e di misure cautelari, disciplinando poi dettagliatamente il procedimento per la loro concessione agli artt. 54 e 55 nell'ambito del procedimento unitario per l'accesso agli strumenti di regolazione della crisi o dell'insolvenza e all'art. 19 per quanto riguarda la nuova procedura di composizione negoziata.
Tali previsioni sono poi integrate dalle disposizioni in materia di concordato preventivo e liquidazione giudiziale, segnatamente con riferimento ai rapporti contrattuali pendenti. Si tratta, in termini generali, di misure provvisorie e funzionali ad evitare la dispersione dei valori dell'impresa soltanto nel tempo necessario ad “aprire” la procedura concorsuale. La ratio che ispira, infatti, il CCII è assicurare forme di protezione del patrimonio il più possibile anticipate, già a partire dalle trattative con i creditori, al fine di agevolare il successo della procedura di composizione della crisi scelta.
L'art. 2, comma 1, lett. p), CCII definisce le misure protettive genericamente come «le misure temporanee richieste dal debitore per evitare che determinate azioni dei creditori possano pregiudicare, sin dalla fase delle trattative, il buon esito delle iniziative assunte per la regolazione della crisi o dell'insolvenza, anche prima dell'accesso a uno degli strumenti di regolazione della crisi e dell'insolvenza» e l'art. 54, comma 2, CCII le specifica nelle seguenti:
1.divieto di iniziare o proseguire azioni esecutive o cautelari sul patrimonio del debitore o sui suoi beni e sui diritti con cui viene esercitata l'attività di impresa;
2.sospensione delle prescrizioni e non verificarsi delle decadenze;
3.impossibilità di pronunciare sentenza di apertura della liquidazione giudiziale;
4.ulteriori misure temporanee chieste dal debitore al fine di evitare che determinate azioni di uno o più creditori possano pregiudicare, sin dalla fase delle trattative, il buon esito delle iniziative assunte per la regolazione della crisi o dell'insolvenza.
Si tratta, per lo più, di misure tipiche, operanti in incertam personam e pertanto con riferimento alle iniziative di tutti coloro che compongono il ceto creditorio (sebbene sia prevista la possibilità per il giudice di selezionare singoli creditori o categorie di essi), concedibili su richiesta del debitore e che, come vedremo nel paragrafo successivo, vengono concesse con un meccanismo semi-automatico, a differenza di quanto previsto dalla legge fallimentare.
La prima differenza che si coglie nell'ambito oggettivo delle misure protettive rispetto alla legge fallimentare è l'espressa previsione della inibitoria dell'apertura della liquidazione giudiziale o di accertamento dello stato di insolvenza (per le grandi imprese soggette ad amministrazione straordinaria) e la previsione di una ipotesi residuale aperta (vedi sopra sub lett. d.), che al suo interno può accogliere qualunque misura idonea ad impedire che azioni dei creditori pregiudichino il buon esito delle trattative.
Il tutto ovviamente nel solco della ratio complessiva del codice della crisi, finalizzato a favorire soluzioni che possano portare alla continuità aziendale (diretta o indiretta) evitando, se possibile, l'alternativa liquidatoria e, conseguentemente, a concedere al debitore per il tempo necessario a definire gli accordi con i creditori un ombrello protettivo sul patrimonio aziendale nel rispetto della par condicio creditorum.
Passando, invece, all'esame della definizione di misure cautelari contenuta nel CCII, l'art. 2, comma 1, lett. q), dispone che il giudice possa emettere i provvedimenti cautelari «a tutela del patrimonio o dell'impresa del debitore, che appaiano secondo le circostanze più idonei ad assicurare provvisoriamente il buon esito delle trattative e gli effetti degli strumenti di regolazione della crisi e dell'insolvenza e delle procedure di insolvenza», disposizione poi ripresa pedissequamente dall'art. 54, comma 1.
In tal caso la finalità è per lo più quella di adottare misure al servizio dei creditori a tutela dell'integrità della garanzia patrimoniale nelle more dell'apertura della procedura di regolazione della crisi. Solo un caso tipico viene declinato dal legislatore del CCII, il quale include nelle misure cautelari, all'art. 54, comma 1, «la nomina di un custode dell'azienda o del patrimonio».
A differenza delle misure protettive, i provvedimenti cautelari hanno destinatari specifici ed individuati e non sono mai ad applicazione automatica nemmeno temporanea, ma vengono concessi dal Tribunale a seguito di apposita istanza, eventualmente anche dei creditori se sono parte del procedimento. Resterà pur sempre necessario dimostrare, come per tutti i provvedimenti cautelari, il fumus boni iuris ovvero la fondatezza della domanda di accesso alla procedura di regolazione della crisi e quindi le chances di risanamento e il periculum in mora, ovvero il pericolo che si vuole evitare in relazione al patrimonio del debitore (che dovrebbe essere in re ipsa, in quanto il debitore risulta in stato di crisi).
L'aspetto di maggiore criticità che emerge riguarda i provvedimenti cautelari e, in particolare, l'interpretazione della previsione riguardante la possibilità di nominare un custode dell'azienda o del patrimonio (si veda al riguardo F. Guerrera, Le misure cautelari in fase di accesso della società alle procedure di crisi o di insolvenza: profili critici di diritto societario e processuale, in La crisi d'impresa e del consumatore dopo il D.L. n. 118/2021, liber amicorum per A. Jorio, Torino, 2021, 498).
Come accennato in premessa, la giurisprudenza, a fronte delle richieste dei creditori di un intervento sul governo societario di sostituzione dell'imprenditore con un terzo al fine di gestire meglio l'azienda ed evitare la dispersione del patrimonio aziendale, è stata spesso propensa ad ampliare la portata dei provvedimenti cautelari fino a concedere, nella fase che precede l'apertura delle procedure di risoluzione della crisi e dell'insolvenza, la sospensione dell'organo amministrativo e la sua sostituzione con un amministratore giudiziario, paralizzando e destabilizzando in tal modo l'assetto organizzativo (cfr. in tal senso Trib. Vicenza, 15 gennaio 2018; Trib. Trieste, 17 ottobre 2014; Trib. Torre Annunziata, 18 marzo 2013; Trib. Napoli, 30 marzo 2012, cit. da F. Guerrera, op. cit.).
Ci si domanda se tale interpretazione estensiva sia ancora possibile alla luce, da un lato, della definizione di misure cautelari di cui all'art. 2, comma 1, lett. q), CCII che rimette al giudice ogni più opportuna valutazione e scelta caso per caso in base alle esigenze concrete, e, dall'altro, del tenore letterale dell'art. 54, comma 1, che considera espressamente soltanto il caso di nomina del custode di azienda, lasciando il dubbio se il legislatore abbia inteso escludere qualunque diversa ipotesi tra cui la nomina di un amministratore giudiziario in sostituzione degli amministratori (ipotesi tuttavia ovviamente ancora possibile nel caso di mala gestio degli amministratori ai sensi dell'art. 2409 c.c.).
Il tema risulta di particolare rilevanza soprattutto nel caso della domanda di accesso al concordato preventivo: in tale ipotesi gli effetti che la misura cautelare intende anticipare alla proposizione della domanda sono concessi con largo anticipo rispetto al provvedimento di omologazione, in un momento in cui il piano non è ancora definito e quindi con difficoltà a verificare la strumentalità della misura rispetto al provvedimento di omologa e alle conseguenze sulla organizzazione e gestione dell'attività di impresa (come ricordato da F. Guerrera, op. cit., in questa fase possono essere compiuti, se pur sotto la vigilanza del commissario ed eventualmente con l'intervento autorizzativo del giudice, atti idonei a modificare la struttura dell'impresa, ad esempio la cessione di partecipazioni societarie di controllo o le relazioni con i creditori mediante lo scioglimento di contratti in corso).
L'art. 118 consente la sostituzione dell'imprenditore nella gestione dell'impresa, ma nella fase di esecuzione forzata del concordato, ipotesi del tutto differente da quella delle misure cautelari sia nei tempi, in quanto siamo nella fase di avvenuta definizione del piano, sia nei presupposti, in quanto l'inadempimento al piano da parte del debitore legittima tali provvedimenti incisivi.
Si osserva, inoltre, che custodire l'azienda come espressamente concesso dall'art. 54, comma 1, CCII è cosa del tutto diversa da amministrarla a seguito di revoca dell'amministratore: si potrebbe forse, conformemente a quanto ritenuto da parte della dottrina (cfr. M. Fabiani, Tutela cautelare e rapporti fra l'imprenditore e l'amministratore giudiziario dell'impresa, in ilcaso.it, 9 settembre 2011, il quale ritiene possibile la nomina di un amministratore giudiziario nell'ambito di una portata non sanzionatoria ovvero non contro l'impresa come soggetto, ma come misura concessa a favore dell'impresa considerata come attività in una ottica conservativa), ammettere la possibilità della nomina di un amministratore giudiziario al quale vengano concessi solo i poteri necessari al fine della conservazione del valore dell'impresa e l'interesse dei creditori, restando l'impresa pur sempre “governata” dai suoi amministratori. Tuttavia, anche tale limitata ipotesi presenta criticità, soprattutto nei casi di ristrutturazione con continuità aziendale: sarebbe irragionevole sottrarre all'imprenditore la piena gestione della sua impresa, quando il piano che sta predisponendo implica la gestione dell'azienda da parte sua e senza interferenza esterna alcuna.
Forse la soluzione che il legislatore dovrebbe adottare al fine di circoscrivere il potere di decisione dei giudici circa l'emissione di misure cautelari così invasive, al momento improntato a criteri vaghi e indeterminati, è di consentire sanzioni così gravi come la sottrazione della amministrazione dell'impresa a casi circostanziati, al ricorrere di condizioni particolari che legittimano l'emissione di tali incisive misure.
Che poi al giudice, nella valutazione della strumentalità della protezione richiesta rispetto al percorso di regolazione della crisi o dell'insolvenza intrapreso, si richiedano conoscenze aziendalistiche che gli consentano di leggere adeguatamente i dati economici forniti dal debitore, è un ulteriore elemento di criticità (in tal senso L. Baccaglini e L. Calcagno, Le misure protettive e cautelari nel CCII, in DC, 11 ottobre 2022) che di fatto caratterizza molti aspetti del CCII.
Ulteriore aspetto di criticità afferente alle misure cautelari riguarda la possibilità che esse abbiano ad oggetto la sospensione dei pagamenti o dei contratti. Taluni (Trib. Ivrea 10 febbraio 2022) escludono tale possibilità nell'ambito della composizione negoziata, in quanto per ottenerne l'effetto si deve ricorrere alla fattispecie della rinegoziazione del contratto per eccessiva onerosità sopravvenuta di cui all'art. 17, comma 5.
A tale riguardo si osserva (in tal senso cfr. G. Limitone, Misure protettive e cautelari nel codice della crisi (alla prova della bolletta di luce e gas), in ristrutturazioniaziendali.it, 4 ottobre 2022), che lo strumento della rinegoziazione è sicuramente meno veloce della concessione della misura cautelare ed implica la ricerca di un nuovo equilibrio contrattuale, non richiesto in sede cautelare. A conferma della possibilità della presenza di uno squilibrio contrattuale si consideri che l'art. 18, comma 5, con riferimento alla composizione negoziata, e l'art. 94-bis per il concordato preventivo in continuità aziendale, vietano ai creditori di rifiutare l'adempimento dei contratti o di provocarne la risoluzione per il mancato pagamento dei crediti. Recenti pronunce (Trib. Parma 10 luglio 2022), ritenendo possibile lo squilibrio contrattuale in sede di concessione di misure cautelari, hanno consentito la sospensione delle linee bancarie autoliquidanti e delle relative compensazioni, pur non presupponendo esse la sospensione delle reciproche prestazioni.
Non resta che attendere al riguardo le prime pronunce giurisprudenziali conseguenti al caro bollette, tema attuale in questo momento storico, risultando del resto ragionevole che, a fronte della concessione della misura cautelare della sospensione dell'obbligo di pagamento, la controparte non possa sospendere l'adempimento della propria prestazione di fornitura di energia elettrica o di gas, essenziale per la prosecuzione della attività aziendale.