Addebito di interessi anatocistici sul conto corrente: la Cassazione fa il punto sui mezzi di prova

Redazione scientifica
04 Gennaio 2023

Gli estratti conto non costituiscono l'unico mezzo di prova attraverso cui è possibile ricostruire il rapporto di conto corrente; infatti, è possibile utilizzare altri strumenti idonei a rappresentare le movimentazioni.

In una controversia promossa da una società per ottenere dal proprio istituto di credito la restituzione di somme illegittimamente addebitate a titolo di interessi su tre diversi conti correnti, la Corte di cassazione ha operato alcuni chiarimenti sui mezzi di prova con i quali è possibile ricostruire le movimentazioni del conto corrente.

In particolare, la Corte, premettendo brevi cenni sull'onere del cliente di produrre gli estratti conto secondo il principio sancito dall'art. 2697 c.c., ricorda che tale documento non costituisce l'unico mezzo di prova attraverso cui è possibile ricostruire il rapporto di conto corrente.

Esso consente di avere un appropriato riscontro dell'identità e della consistenza delle singole operazioni poste in atto e, tuttavia, in assenza di un indice normativo che autorizzi una diversa conclusione, non può escludersi che l'andamento del conto possa accertarsi avvalendosi di altri strumenti rappresentativi delle intercorse movimentazioni. In tal senso, a fronte della mancata acquisizione di una parte dei citati estratti, il giudice del merito potrebbe valorizzare, esemplificativamente, le contabili bancarie riferite alle singole operazioni o, a norma degli artt. 2709 e 2710 c.c., le risultanze delle scritture contabili (ma non l'estratto notarile delle stesse, da cui risulti il mero saldo del conto: Cass. 10 maggio 2007, n. 10692 e Cass. 25 novembre 2010, n. 23974): e, per far fronte alla necessità di elaborazione di tali dati, quello stesso giudice può avvalersi di un consulente d'ufficio, essendo sicuramente consentito svolgere un accertamento tecnico contabile al fine di rideterminare il saldo del conto in base a quanto comunque emergente dai documenti prodotti in giudizio. Rilevano, altresì, la condotta processuale della controparte ed ogni altro elemento idoneo a costituire argomento di prova, ai sensi dell'art. 116 c.p.c.

Sulla base degli indicati principi la Corte d'appello ha cassato con rinvio la sentenza della Corte d'appello che, in riforma della decisione di primo grado, aveva condannato la società a restituire alla banca quanto corrisposto in esecuzione della sentenza di primo grado. Con motivazione contradditoria e monca, infatti, la Corte territoriale aveva - dapprima - condiviso la valutazione di illegittimo addebito degli interessi anatocistici, dalla data dell'apertura alla data della chiusura del rapporto, ma poi ha ritenuto, avendo aderito al rilievo della banca appellante circa la mancata produzione integrale degli estratti conto, che la CTU, redatta in primo grado fosse carente, non avendo il consulente utilizzato corretti metodi di calcolo; quindi, è giunta alla riforma integrale della sentenza con (implicito) rigetto della domanda originariamente proposta. In tal modo, tuttavia, la sentenza ha mancato di trarre le conseguenze dalle premesse, anche in ordine alla rinnovazione della CTU.

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