Il regime fiscale delle fusioni tra enti religiosi
07 Febbraio 2023
Premessa
In particolare, è stato chiesto di chiarire se la descritta operazione di fusione per incorporazione non configuri un'operazione "realizzativa", posto che i beni appartenenti agli enti che si estingueranno:
Ai fini dell'applicazione dell'imposta sul valore aggiunto, è stato chiesto se è applicabile l'articolo 2, comma 3, lettera f) del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, secondo cui non sono assoggettati ad IVA i passaggi di beni posti in essere a seguito di fusione.
Infine, per quanto riguarda l'imposta di registro, viene richiesto se sia applicabile all'operazione descritta il regime agevolativo introdotto dall'articolo 1, comma 737,della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (legge di stabilità per il 2014) per i trasferimenti gratuiti di beni di qualsiasi natura, effettuati nell'ambito di operazioni di riorganizzazione tra enti appartenenti per legge, regolamento o statuto alla medesima struttura organizzativa politica, sindacale, di categoria, religiosa, assistenziale o culturale, ovvero le imposte di registro ipotecaria e catastale nella misura fissa di 200 euro ciascuna.
A queste domande, l'Agenzia delle Entrate ha dato risposta positiva. Gli aspetti fiscali delle operazioni di fusione tra enti non commerciali
In merito al trattamento tributario della fusione tra enti non commerciali, è utile richiamare alcuni chiarimenti rilasciati a seguito di una interrogazione parlamentare (Interrogazione - Camera dei Deputati - 11 dicembre 2014-5-04255 Fragomeli: Chiarimenti in merito all'imposta di registro applicabile agli atti di fusione realizzati tra enti non societari).
In particolare, è stato chiesto se le suddette operazioni tra soggetti non profit devono essere assoggettate alle imposte di registro, ipotecarie e catastali in misura fissa, così come previsto per le società commerciali; ovvero se le stesse devono essere assoggettate alle imposte in misura proporzionale. La risposta al quesito ha confermato quanto sostenuto dall'Amministrazione finanziaria in una risoluzione (del 15 aprile 2008, n. 152), secondo la quale l'operazione di fusione tra enti non commerciali sconterebbe l'imposta di registro nella misura proporzionale del 3%, ex art. 9 della Tariffa, Parte I, allegata al d.P.R. n. 131/86, norma residuale nella quale ricadono tutti gli “atti diversi da quelli altrove indicati aventi per oggetto prestazioni a contenuto patrimoniale.
In merito al trattamento fiscale di tali operazioni, si ricorda che la suddetta risoluzione 152/2008 dell'Agenzia delle Entrate si è occupata del relativo regime, non solo ai fini delle imposte indirette, anche ai fini delle imposte dirette, che ora si esporrà, in quanto tale tesi è stata confermata dalla risposta 555/2022 in commento.
Imposte dirette
In particolare, è stato chiarito che un'operazione di fusione, che coinvolge due enti, non è da considerare "realizzativa" ai fini delle imposte dirette (IRES) e può quindi, beneficiare della neutralità fiscale ex articolo 172, comma 1, del TUIR; e questo a seguito del rinvio previsto dal successivo art. 174, il quale stabilisce che "le disposizioni degli articoli 172 e 173 valgono, in quanto applicabili, anche nei casi di fusione e scissione di enti diversi dalle società".
Posto che gli enti non commerciali, ai sensi dell'art. 143 del TUIR, possono svolgere in via non prevalente anche attività commerciali, la neutralità sarebbe garantita limitatamente a quei beni gestiti dall'ente incorporato in regime di impresa (e, pertanto, indicati nell'inventario, ai sensi dell'articolo 144, comma 3, del TUIR) che, dopo la fusione, confluiscano nell'attività d'impresa dell'ente incorporante. Qualora, invece, detti beni non confluiscano in un'attività d'impresa dell'Ente incorporante, gli stessi si considerano realizzati a valore normale, in analogia a quanto disposto dall'art. 171, comma 2 del TUIR in materia di trasformazione eterogenea, generando plusvalenze imponibili a causa della loro destinazione a finalità estranee all'esercizio dell'impresa.
Per i beni relativi all'attività istituzionale e non commerciale dell'ente incorporato occorre distinguere a seconda che gli stessi confluiscano o meno, in conseguenza dell'operazione di fusione, nell'attività d'impresa esercitata dall'ente incorporante.
Nel primo caso (cioè beni non relativi ad impresa che confluiscono nell'impresa), si applica in via analogica l'art. 171, comma 2 del TUIR che, in caso di trasformazione da ente non commerciale in società commerciale, rinvia alle disciplina del conferimento per i beni non ricompresi nell'azienda o nel complesso aziendale dell'ente stesso. L'assimilazione del conferimento alla cessione a titolo oneroso, rilevante ai fini delle imposte sui redditi ai sensi dell'art. 9 del TUIR, comporta che i beni in ipotesi, qualora confluiscano nella sfera "commerciale" dell'ente incorporante, devono intendersi realizzati in base al valore normale, generando in capo all'ente incorporato, sempre che sussistano i presupposti, una plusvalenza imponibile ai sensi degli artt. 67 e 68 TUIR.
Infatti, come precisato dalla risposta 555/2022 in commento, visti gli effetti evolutivo-modificativi ed esitintivo-successori propri dell'operazione di fusione (Cfr. ordinanza della Corte di Cassazione del 27 settembre 2022, n. 28269), si ritiene che l'operazione di fusione prospettata determini un passaggio di beni dagli enti incorporati all'ente incorporante che non produce l'emersione di fattispecie "realizzative" ai sensi del richiamato articolo 67 del TUIR. Imposte indirette
Ai fini dell'imposizione indiretta, in una recente Risoluzione (11 gennaio 2019, n. 2) è stato evidenziato che i passaggi di beni a seguito di atti di fusione o di trasformazione di società e di analoghe operazioni poste in essere da altri enti non sono soggetti ad IVA, ai sensi dell'art. 2, comma 3, lettera f) del d.P.R. n. 633/1972. I relativi atti devono essere assoggettati, pertanto, all'imposta di registro, ma con aliquote differenti rispetto a quelle previste per i soggetti commerciali.
Infatti, la fusione tra enti non commerciali non potrebbe essere assoggettata ad imposta di registro in misura fissa, come avviene, ad esempio, per le fusioni tra società, ai sensi dell'art. 4 comma 1 lett. b) della Tariffa, Parte I, allegata al d.P.R. 131/86, in quanto l'applicazione dell'art. 4 citato è limitata alle operazioni che avvengano tra società o enti “aventi per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciale od agricola”.
A sostegno di tale tesi, viene citata una sentenza della Corte di Cassazione (Cfr. n. 4763 del 27 febbraio 2009), che ha escluso l'applicabilità dell'imposta fissa ad un'operazione di fusione tra due associazioni di categoria, atteso che esse non possono essere ricondotte tra i soggetti cui si applica l'imposta fissa indicata dall'art. 4 comma 1 lett. b) già più volte citato.
L'Agenzia delle Entrate ha chiarito, con la suddetta risoluzione 2/2019 che, nel caso di specie, poiché l'operazione di fusione per incorporazione coinvolge soggetti che non hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciale o agricola, troverebbe applicazione l'articolo 9 della tariffa, allegata al d.P.R. n. 131/1986 (di seguito anche TUR), che reca “Atti diversi da quelli altrove indicati aventi per oggetto prestazioni a contenuto patrimoniale”, da tassare in misura proporzionale con l'aliquota del 3%.
Per quanto attiene alla determinazione della base imponibile, lo stesso Ufficio ritiene che occorra fare riferimento al valore, determinato alla data di efficacia giuridica della fusione (data di stipula dell'atto di fusione), dei beni e dei diritti, compresi i beni immobili, assunti al netto delle passività, iscritti nel patrimonio della sola fondazione incorporata. Ciò in considerazione del fatto che, a norma dell'art. 2504 bis del codice civile, in ipotesi di fusione per incorporazione, l'ente incorporante assume i diritti e gli obblighi facenti capo all'ente incorporato alla data di efficacia reale della fusione.
Pertanto, laddove, come nel caso di specie, tra i beni dell'ente incorporato vi siano immobili, occorrerà fare riferimento, ai fini della determinazione della base imponibile dell'imposta di registro, al loro valore venale in comune commercio, in applicazione di quanto previsto dall'art. 51, comma 2, del TUR.
Anche la risposta ad interpello 555/2022 in commento ritiene che non sia applicabile al caso di specie, la disposizione di cui all'articolo 4, comma 1, lettera b) della Tariffa, Parte prima, allegata al d.P.R. n. 131/1986, essendo detta previsione, subordinata alla condizione che le operazioni di fusione avvengano tra società od enti "aventi per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciale o agricola.
In merito alla condizione dell'esercizio delle attività, si ricorda che le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno confermato che il requisito normativo dell'oggetto esclusivo o principale di natura commerciale o agricola non concerne le società ma soltanto gli enti diversi da queste (Cfr. sentenza del 25 luglio 2022, n. 23051).
Per quanto attiene alle imposte ipotecaria e catastale, l'Agenzia delle Entrate, ritiene applicabili, in via analogica, l'articolo 4 della Tariffa allegata al TUIC e l'art. 10, comma 2, dello stesso TUIC, in base ai quali sono soggetti ad imposta nella misura fissa di Euro 200 "gli atti di fusione o di scissione di società di qualunque tipo".
Infatti, come riportato da una risoluzione (Cfr. n. 162/2008) e da una circolare (Cfr. n. 18/2013), le imposte ipotecaria e catastale si applicano nella misura fissa di Euro 200, ai sensi dell'articolo 4 della Tariffa allegata al TUIC e dell'articolo 10, comma 2, dello stesso TUIC, in base ai quali sono soggetti a tale importo "gli atti di fusione o di scissione di società di qualunque tipo".
Qualora, però, l'operazione rientri tra quelle di riorganizzazione, sarebbe possibile applicare l'articolo 1, comma 737, della legge di stabilità per il 2014, il quale dispone che: “Agli atti aventi ad oggetto trasferimenti gratuiti di beni di qualsiasi natura, effettuati nell'ambito di operazioni di riorganizzazione tra enti appartenenti per legge, regolamento o statuto alla medesima struttura organizzativa politica, sindacale, di categoria, religiosa, assistenziale o culturale, si applicano, se dovute, le imposte di registro, ipotecaria e catastale nella misura fissa di euro 200 euro ciascuna”.
Come evidenziato dalla Circolare dell'Agenzia delle Entrate (la n. 2/E del 21 febbraio 2014, paragrafo 9.5), la disposizione in commento introduce un regime agevolativo, ai fini dell'applicazione dell'imposta di registro, ipotecaria e catastale per gli atti di trasferimento di beni a titolo gratuito di qualsiasi natura (beni immobili, titoli, ecc.), posti in essere nell'ambito di operazioni di riorganizzazioni di enti appartenenti per legge alla medesima struttura organizzativa politica, sindacale, di categoria, religiosa, assistenziale o culturale.
Tali atti sono soggetti all'imposta di registro nella misura fissa di euro 200 e, qualora rechino il trasferimento a titolo gratuito di beni immobili, scontano le imposte ipotecaria e catastale nella misura fissa di euro 200.
Il regime in argomento trova applicazione, ad esempio, per le operazioni di riorganizzazione volte all'accorpamento di strutture provinciali facenti capo ai medesimi enti in regionali, o per l'accorpamento di unità territoriali di federazioni di categoria.
È necessario a questo punto ricordare che il codice degli entri del terzo settore (D.lgs. 117/2017 e di seguito anche CTS) ha previsto, nell'art. 82, comma 2, che agli atti costitutivi e alle modifiche statutarie, comprese le operazioni di fusione, scissione o trasformazione poste in essere da enti del Terzo settore di cui al comma 1, le imposte di registro, ipotecaria e catastale si applicano in misura fissa.
Pertanto, a tutti gli enti del Terzo settore comprese le cooperative sociali ed escluse le imprese sociali costituite in forma di società, non sarà applicabile l'imposta di registro in misura proporzionale, come richiesto dall'Agenzia delle Entrare.
Per quanto riguarda l'entrata in vigore di tale norma, si ricorda che, ai sensi dell'art. 104, comma 2, del CTS, le disposizioni relative al regime fiscale degli enti del Terzo settore si applicano agli enti iscritti nel Registro unico nazionale del Terzo settore a decorrere dal periodo d'imposta successivo all'autorizzazione della Commissione europea di cui all'articolo 101, comma 10, e comunque, non prima del periodo di imposta successivo a quello di operatività del Registro stesso. Una deroga alla suddetta previsione è recata dall'articolo 104, comma 1, del CTS in base al quale per le ONLUS, le organizzazioni di volontariato (ODV) e le associazioni di promozione sociale (APS) iscritte nei relativi registri, è stabilita l'applicabilità in via transitoria, a decorrere dal periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2017 (quindi dal 1° gennaio 2018) e fino all'entrata in vigore delle disposizioni del titolo X, di alcune disposizioni, espressamente previste dall'art. 104, comma 1, del CTS.
Tra le disposizioni che si applicano dal 1° gennaio 2018 alle ONLUS, alle ODV e alle APS è ricompreso, in particolare, l'art. 82 del CTS concernente disposizioni in materia di imposte indirette e tributi locali (così Risoluzione dell'Agenzia delle Entrate n. 158/E del 21 dicembre 2017. Si veda anche Studio n. 72-2018/T, del Consiglio Nazionale del Notariato, la tassazione degli atti degli enti del terzo settore (ets): le imposte indirette.).
A seguito della recente modifica normativa dell'art. 104, comma 1, a cui è stato introdotto un ulteriore periodo, è stato previsto che per le norme tributarie previste dal primo periodo del medesimo comma, tra cui rientra quella della fusione, anche per gli enti diversi dalle ONLUS, ODV e APS, non sia più necessaria la richiesta di autorizzazione dell'Unione europea, ma sia sufficiente l'iscrizione presso il registro degli enti del terzo settore (infatti, l'art. 26, comma 1, lett. i), D.L. 21 giugno 2022 n. 73, convertito, con modificazioni, dalla L. 4.8.2022 n. 122, ha previsto che le disposizioni richiamate al primo periodo si applicano, a decorrere dall' operatività del Registro unico nazionale del Terzo settore, agli enti del Terzo settore iscritti nel medesimo Registro). |