Da quanto esposto supra ben si evince come la principale questione sottesa alla vicenda in commento concerna la verifica della sussistenza dello stato d'insolvenza della società, che è presupposto per la relativa dichiarazione di fallimento. In particolare, la decisione involge il tema degli elementi sintomatici di uno stato di dissesto irreversibile, in presenza dei quali sia necessario e ragionevole dichiarare il fallimento della società.
Sulla questione la Cassazione prende posizione ricordando l'orientamento prevalente della giurisprudenza di legittimità a proposito degli indici rivelatori dello stato d'insolvenza.
Sul punto, è appena il caso di ricordare che l'art. 5 l.fall. – di cui il ricorrente aveva, non a caso, lamentato la violazione – si “limita” a ricollegare il fallimento allo stato di insolvenza dell'imprenditore e, con definizione alquanto tautologica, individua lo stato d'insolvenza nel manifestarsi di “inadempimenti od altri fatti esteriori, i quali dimostrino che il debitore non è più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni”.
La norma, quindi, non offre l'elencazione concreta degli elementi in presenza dei quali debba/possa esser dichiarato il fallimento, ma fornisce soltanto l'indicazione degli indizi che ne costituiscono elementi sintomatici e che “sono apprezzabili dal giudice al fine della dimostrazione della sua sussistenza” (Cass., 11 marzo 2019, n. 6978). Spetta, dunque, all'interprete il compito di procedere a tale operazione sulla scorta delle disposizioni che regolano la materia.
Ebbene, la giurisprudenza prevalente, confermata anche nella sentenza in commento, ritiene che il concetto di insolvenza rilevante ai fini della declaratoria di fallimento della società stia ad indicare “uno stato d'impotenza economico – patrimoniale, idoneo a privare tale soggetto della possibilità di far fronte, con mezzi ‘normali', ai propri debiti”, che si presenta (in prognosi) irreversibile, e non già come “mera temporanea impossibilità di regolare adempimento delle obbligazioni assunte” (Cass., 30 settembre 2004, n. 19611; Cass., 11 febbraio 2003, n. 1997).
Più che dal rapporto tra attivo e passivo (cfr., sul punto, ex plurimis, S. Perrotta, Lo stato di insolvenza di una società in liquidazione e l'incerta applicazione del criterio patrimoniale, in Dir. fall. e soc. comm., 2021, 3-4, pt. 2, pp. 776-792), tale situazione di dissesto deve essere ricavata dalla possibilità per l'impresa di continuare ad operare proficuamente sul mercato, fronteggiando con mezzi ordinari le proprie obbligazioni dal lato passivo (Cass., 20 novembre 2018, n. 29913; Cass.,7 febbraio 2001, n. 2830. Nel caso di specie, peraltro, la ricorrente non aveva afferma di avere dedotto nel procedimento di reclamo che gli immobili di cui è proprietaria potevano essere in tempi brevi venduti, onde onorare poi i debiti scaduti; sì che le argomentazioni spese quanto alla rilevanza di tale componente nell'attivo patrimoniale si collocavano al di fuori dell'interpretazione dell'art. 5 l.fall., come offerta la giurisprudenza unanime e come applicata dalla sentenza di appello).
Spiega, infatti, la Corte, che la verifica dello stato di insolvenza del debitore, più che dalla (presenza ovvero) assenza di indizi concreti dell'esistenza di passività in capo alla società, come potrebbe ricavarsi dalla esistenza di protesti o azioni giudiziarie in capo alla fallenda – la assenza dei quali non è di per sé sola sufficiente ad escludere lo stato di irreversibile dissesto sociale – si fonda su di un giudizio di inidoneità solutoria strutturale del debitore, oggetto di una valutazione complessiva; anche la più recente giurisprudenza conferma che lo stato di insolvenza rilevante ai sensi dell'art. 5 l.fall. “deriva da una valutazione circa le condizioni economiche necessarie (secondo un criterio di normalità) all'esercizio di attività economiche”, valutazione che “sottende un giudizio di inidoneità solutoria strutturale del debitore”. Cfr. Cass., 20 gennaio 2020, n. 1069.
In altre parole, il giudice richiesto di dichiarare il fallimento della società è tenuto ad effettuare una valutazione prognostica, non limitandosi alla verifica del rapporto tra attivo e passivo, ma prestando attenzione, in particolar modo, alla capacità dell'impresa ad estinguere tempestivamente i propri debiti, prima che ne risulti compromessa l'operatività dell'impresa (Cass., 19 maggio 2017, n. 23437; Id., 27 febbraio 2008, n. 5215 del 2008. Sull'accertamento dello stato di insolvenza dell'imprenditore in dottrina – si consideri che la dottrina è tendenzialmente tesa a valorizzare più il dato oggettivo patrimoniale, che la incapacità di adempiere alle proprie obbligazioni – cfr., ex multis, G. Terranova, Lo stato di insolvenza, in Le procedure concorsuali, Il fallimento, Torino, I, 2000 p. 239 ss., il quale osserva che per il giudice è indifferente la causa del dissesto, in quanto lil giudice deve accertare la gravità e l'irreversibilità del dissesto; G. U. Tedeschi, Manuale di Diritto fallimentare, Padova, 2001, p. 38; S. Satta, Diritto fallimentare, Padova, 1996, p. 52, secondo il quale l'insolvenza “è un fenomeno generale che abbraccia tutto il patrimonio del debitore e può pertanto essere rivelata da qualunque fatto esteriore”; Cfr. altresì F. Ferrara, Il fallimento, Milano, 1995, p. 142; U. Azzolina, Il fallimento e le altre procedure concorsuali, Torino, I, 1961, p. 273; G. Rossi, Equivoci sul concetto di insolvenza, in Dir. Fall., 1954, I, pp. 175 ss.).
Il rovescio della medaglia è rappresentato dalla sostanziale possibile irrilevanza di taluni inadempimenti, ove questi posseggano un carattere meramente irrisorio: in altre parole, così come la assenza di fatti esteriori, id est gli adempimenti alle obbligazioni che gravano sulla società, non è di per sé sufficiente ad escludere l'assenza dello stato di insolvenza della società, per converso è vero pure che la esistenza di inadempimenti non giustifica di per sé sola la declaratoria di fallimento, quando si tratti di inadempimenti di scarsa rilevanza (in altre parole, gli inadempimenti sono “equiparabili agli altri fatti esteriori idonei a manifestare quello stato, con valore, quindi, meramente indiziario, da apprezzarsi caso per caso, e con possibilità di escludersene la rilevanza ove si tratti di inadempimento irrisorio”. Cass., 15 dicembre 2017, n. 30209. Cfr., altresì, Cass., 8 agosto 2013, n. 19027, secondo la quale lo stato di insolvenza “consistendo nell'impossibilità di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni, non suppone necessariamente l'esistenza di inadempimenti, né è da essi direttamente deducibile, essendo gli stessi, se effettivamente riscontrati, equiparabili agli altri fatti esteriori idonei a manifestare quello stato, con valore, quindi, meramente indiziario, da apprezzarsi caso per caso, e con possibilità di escludersene la rilevanza ove si tratti di inadempimento irrisorio”).